60 Recensioni su

La grande bellezza

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Al Ballo Mascherato della Felicità / 3 Febbraio 2019 in La grande bellezza

Perdonate, arrivo in ritardo al ballo mascherato che si è tenuto attorno a questo film. Ma mi è venuta voglia di vederlo solo ora. Non avevo voglia di vederlo per dire la mia opinione così, sulla cresta dell’onda tanto per fare. L’ho messo da parte. E poi me lo sono guardato, e l’ho divorato. Sorrentino ha la capacità di incantarmi quando si mette a girare con la cinepresa, non ci posso fare niente. Certo, lunghezza, complessità non sono punti a favore di questo film. Ma ha fatto parlare di sè nel bene e nel male. Eccome se ha fatto parlare di sè. Ed è curioso perché se c’è una cosa certa, è che questo film criticava proprio, è parlare, di sè. Criticava quelle chiacchiere da salotto, quelle contese da innescare e disinnescare per noia, e quel bla bla bla dell’alta società alla ricerca di una bellezza da idealizzare per ogni artista o presunto tale.
Si parla d’arte ma l’arte non è immagine padrona. I veri padroni sono i bulimici di arte, che la raccontano, che la spiegano e che non la capiscono. Carrellata e dettagli, bestiario umano variegato, a volte misero ma mai messo alla sbarra e giudicato colpevole. Squallido certo, ma parte dell’esistenza inevitabile.
E poi sovrana svetta tra tutti la nostalgia per il passato, per le scelte. Nostalgia canaglia o nostalgia padrona, è unica vincitrice della cultura occidentale, dai tempi di Ulisse di ritorno da Itaca.
Si parla di una vita stantia che sa di vecchio. Una cultura stantia che sa di morto. Non mi stupisce che il passo successivo di Sorrentino sia stato Youth a questo punto. Youth era un film anche più bello forse rispetto alla Grande Bellezza, ma era meno incisivo, meno magnetico, più facile da ignorare.
Adesso a distanza di qualche anno, mi viene da chiedermi che fine abbiano fatto tutte quelle polemiche sulla Grande Bellezza, tutto quel chiacchiericcio superfluo ecco. Non credo perlomeno che su Niente Popcorn ci sia altro film con 60 recensioni tutte insieme, e poi null’altro. Ti da da pensare….

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Pretenzioso e vuoto / 6 Febbraio 2018 in La grande bellezza

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Penso siano gli aggettivi che meglio possano descrivere questo film.
Accanto a una fotografia esteticamente molto gradevole ma spesso esagerata e troppo surreale per il genere di film (questo stile che va di moda negli ultimi anni: saturazioni assurde, luci surreali, scenari esteticamente meravigliosi totalmente lontani dlla realtà), troviamo personaggi inconsistenti, senza passato né futuro.
Storie che si intrecciano, tutte accavallate sull’unica “star” del film: Servillo. Che ha saputo anche in questo caso portare a casa le lodi, anche in questo personaggio, grazie alla sua mimica e alla sua recitazione.
Tuttavia questo non basta, troviamo un arraccante personaggio secondario interpretato da Verdone, che tenta di fare la parte dell’amico dell’eroe, non riuscendoci e abbandonando il campo a fine film senza un motivo vero e proprio. Una Ferilli non del tutto in forma, che termina la sua parte come in un singulto, come il canto del cigno di una bellezza femminile che si avvia verso la mezza età.
Altri personaggi privi di consistenza si susseguono in scene spesso scollegate tra loro o estremamente misteriose alla comprensione, come se dietro a tutto questo film ci fosse tanto di più, tanto da raccontare che al pubblico viene misteriosamente celato.
Allora aspettiamo pazienti la fine del film, per tirare le somme e vedere cosa pensare di questo tanto decantato “capolavoro italiano” e riuscire a dare un senso alla trama.
Così mentre tutto si fa inspiegabilmente più grottesco e sempre più lontano dal resto del film, Servillo ci regala un grande discorso, presentato in maniera magistrale, con voce pacata e cadenzata, quasi che ci stesse spiegando il significato stesso dell’esistenza sulla terra, quando in realtà non sta dicendo niente di trascendentale, ma solamente banalità imbellettate in un discorso lungo e borioso, quasi a sussumere l’essenza stessa del film.

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Attraente e sfacciato / 14 Settembre 2017 in La grande bellezza

Ora che il clamore su quest’opera è passato, ora che tutti gli italiani tranne il sottoscritto l’avevano già visto e le chiacchere post Oscar si sono affievolite fino a sparire del tutto… Mi sono visto serenamente il film su Netflix 😛
Avevo un forte pregiudizio su Sorrentino e sul film, lo ammetto. Mi ero un po’ adeguato all’immagine stereotipata di lui come un regista dalle mirabolanti premesse (e in effetti Le conseguenze dell’amore mi era piaciuto parecchio) poi disattese (Il Divo è uno dei film più noiosi che abbia mai visto). Questo film, tributario in maniera forse troppo sfacciata di Fellini (non solo la Dolce Vita, anche 8 e 1/2 come nella scena in cui il protagonista si disseta a una fontana davanti a una visione di un bianco accecante) presenta il mondo di quella Roma vip, sballata e sbarellata con colori accesi – la fotografia di Bigazzi è sfrontata, forse banale ma indubbiamente fascinosa – e una sceneggiatura che si atteggia un po’ troppo a pazzeriell’. L’italico divo Servillo gigioneggia come un pavone – Mastroianni sta a a distanze siderali, chiaro – attirando attorno a sè il popolo inebetito e depresso, tra i quali fanno bella figura la Ferilli e Verdone. Insomma, come dire, mi aspettavo di stoppare il film e invece me lo sono visto tutto; c’è qualcosa di attraente nella sua imperfezione e nella sua sfacciataggine.

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Il potere di trasmettere / 13 Febbraio 2017 in La grande bellezza

Sorrentino prende un banale ma allo stesso tempo indecifrabile personaggio per raccontare la sua sensibilità per la vita, le sensazioni e i sentimenti che dettagliatamento egli percepisce.
Si chiama Jep Gambardella, il protagonista, un semplice mondano, anzi il re dei mondani, che vive tutti i giorni nella roma che conta, circondato da grandi nomi.
Jep è uno scrittore che ha perso l’ispirazione, e cerca tutti i giorni di trovarla, si annoia ma la sua noia lo porta a esaltare tutti i dettagli della sua quotidianità, che se pur sregolata e impressionante ai suoi occhi sembra monotona.
Sorrentino in questo film tratta argomenti esistenziali tramite personaggi al baratro della società.
La morte, la curiosità, la spiritualità e la bellezza, quella che tutti cercano non rendendosi conto che la hanno sotto gli occhi.
Infine giunge alla conclusione più sottile e cruda della sua percezione, la finzione, quella che porta l’uomo a distinguersi dagli animali.
Perchè l’homo sapiens è l’unico essere nella terra capace di parlare di cose che non esistono, come le divinità, le leggi e l’ego, basando se stesso e tutto ciò che lo circonda intorno a questa menzogna.
Con le sue immagini e un suono inarrivabile comunica.
Con il suo solito tocco mistico e blasfemo.
10.
Un’esperienza visiva senza precedenti

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Uno dei miglior film italiani degli ultimi 20 anni / 24 Novembre 2015 in La grande bellezza

Signore e signori, ci tenevo molto a vedere e commentare questo nuovo lavoro di Paolo Sorrentino, uno dei più bravi registi Italiani in circolazione (se non il migliore), un regista che film dopo film è (quasi) riuscito a farmi stare tranquillo su una cosa: il film sarà più o meno bello, ma almeno sarà sicuramente interessante! De “La Grande Bellezza”se n’è parlato (nel bene e nel male) moltissimo, un film che rappresenterà l’Italia agli oscar 2013 e che ci ricorda che nel nostro paese è ancora possibile fare un Film con la “F” maiuscola se si ha coraggio di fare certe scelte che, per rigor di logica, non potranno accontentare tutto il pubblico italiano (pazienza), ma che sicuramente danno una sferzata di energia all’agonizzante cinema italiano, un po’ come un fagiolo di Balzar, chi ha visto l’anime giapponese “Dragon Ball” capirà.
Dopo questa breve introduzione parliamo del film:
Il film comincia (tralasciando i primissimi minuti) mostrando i festeggiamenti per il compleanno dell’amico di tutti, il grande ed unico Jep Gambardella (Toni Servillo), uno scrittore sessantacinquenne famoso per aver pubblicato un solo romanzo: “L’apparato Umano” scritto quarant’anni prima. Dopo aver ottenuto il successo realizza il suo sogno, trasferirsi nella capitale dove oltre a fare il giornalista a tempo perso ed attendere l’ispirazione per un nuovo potenziale romanzo, comincia a condurre una vita mondana all’insegna di festini notturni , in cui si riunisce con vari personaggi, amici della Roma bene, tra cui Romano (Carlo Verdone) un vecchio amico ed autore teatrale un po’ sfigato sfruttato da una donna a cui Romano fa la corte da tempo immemore senza mai essere ricambiato; Lello (Carlo Buccirosso), commerciante di giocattoli dalla dialettica sciolta ed arrapamento cronico, che ogni sera sbava su una donna diversa mormorando sibillino durante la danza: “te chiavass!”; Viola (Pamela Villoresi), ricca borghese con figlio mentalmente instabile annesso; Stefania (Galatea Ranzi), scrittrice cinquantenne arrivata a pubblicare 11 romanzi grazie alla “vicinanza” con il capo del partito (non si specifica quale), infine Dadina (Cristina Aubry), la caporedattrice nana del giornale per cui Jep saltuariamente scrive. Gente ricca e nullafacente a cui piace ballare, “fare trenini” , tirare cocaina e fare le sei di mattina parlando di argomenti vacui e superficiali, totalmente avulsi dalla realtà odierna. Tutti chiedono a Jep quando scriverà il prossimo capolavoro e lui, disilluso, durante un ennesimo festino a casa sua, confidandosi alla cameriera afferma lapidario:” Ma l’hai vista sta gente? Sta fauna? Questa è la mia vita, non è niente, Flaubert voleva scrivere un romanzo sul niente e non c’è riuscito, ci posso riuscire io?!?!”. Questa dichiarazione vale tutto il film…
Dopo aver saputo da un amico che la sua prima fidanzata è morta, lasciando un diario in cui c’è scritto che lo ha sempre amato, Jep comincia a vedere la vita sotto un altro punto di vista, ponendosi domande mai poste prima e chiedendosi se è davvero felice. Da quel momento incontrerà vari personaggi: dalla spogliarellista quarantenne (Sabrina Ferilli) all’illusionista Arturo che fa scomparire le giraffe (Vernon Dortcheff) , personaggi più o meno surreali, che lo porteranno ad una evoluzione personale e (forse) definitiva.
La regia di Sorrentino è assolutamente perfetta e curata maniacalmente in ogni dettaglio , il film scorre bene pur avendo qualche momento di lentezza nella seconda parte, niente di grave comunque. L’ottima fotografia del fido Luca Bigazzi ci mostra una Roma splendida e onirica, quasi felliniana, così carismatica da rivaleggiare con Jep per il ruolo di protagonista. La sceneggiatura e i dialoghi sono il pezzo forte di questo film, vi innamorerete delle elucubrazioni filosofiche di Jep ed il modo in cui intrattiene i suoi amici e spesso li “smonta” con eleganza, la scena del terrazzo in cui Jep in 2 minuti manda K.O verbale Stefania è spassosa e M-a-g-i-s-t-r-a-l-e. La colonna sonora di Lele Marchitelli, che alterna brani festaioli e leggeri ad altri solenni e rilassanti è azzeccatissima e dà quel tocco in più d’eleganza alla pellicola, il che non guasta.
Le interpretazioni di TUTTI gli attori sono sopra la media, spicca su tutti l’ormai affidabilissimo Toni Servillo (miglior attore italiano per me), che con la sua mimica facciale e la sua voce serafica e pacata, leggermente dialettale riesce a incarnare perfettamente il personaggio eccentrico di Jep Gambardella donandogli un carisma e un fascino che mi fa affermare tranquillamente che ci ricorderemo di questo personaggio anche tra 50 anni. Quando un attore riesce a non farti immaginare il suo personaggio interpretato da qualunque altro attore… beh, vuol dire che ha centrato l’obiettivo e l’attore ed il personaggio si fondono in un unico essere. Carlo Verdone si dimostra sempre all’altezza della situazione anche interpretando un ruolo minore, il suo personaggio (Romano) è forse atipico rispetto agli altri “amici” di Jep, lui almeno un cuore ce l’ha! Una bontà innata (forse troppa), dei sentimenti puntualmente mai ricambiati che lo porteranno a una delusione cocente verso Roma, capendo che forse la città eterna gli ha più tolto rispetto a quello che gli ha dato. Da segnalare anche una buonissima interpretazione di Sabrina Ferilli nel ruolo di una spogliarellista quarantenne (Ramona) che lavora in un locale gestito da suo padre, amico di Jep. Il padre odia vedere la figlia ancora fare questo lavoro alla sua età e soprattutto non capisce dove finiscano tutti i suoi introiti, tanto che in una stupenda conversazione Jep gli chiede: ” Ma che compra la droga ?” e la risposta è : “Ma magari! Almeno avremmo n’interesse in comune!” . Ramona è una bella donna, ma diffidente verso gli uomini perché durante la sua vita nessuno di loro ha voluto altro da lei che il suo corpo. Jep invece nutre una certa “curiosità umana” verso di lei e questo la coglie davvero impreparata. Da segnalare anche la presenza del cardinale Bellucci (Roberto Herlitzka) che pensa più a cucinare e (soprattutto) ad illustrare le ricette ed i suoi manicaretti ai suoi ospiti, preoccupandosi più della loro pancia che della loro anima; critica da parte di Sorrentino ad una chiesa moderna troppo assente e troppo lontana dal proprio ruolo originario, assorbita anch’essa da una mondanità esagerata e sbagliata.
In conclusione non posso che invitare TUTTI, nessuno escluso, a vedere e rivedere questo splendido film di Paolo Sorrentino, affresco (purtroppo) reale di una città e di una popolazione moderna in avanzato disfacimento psicofisico. Potrà piacervi, potrà non piacervi, ma un opera di questo tipo DEVE essere visionata senza sé e senza ma.

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26 Ottobre 2015 in La grande bellezza

28 Maggio 2015 in La grande bellezza

Nella prima metà del film lo sguardo di Jep Gambardella si posa sulla Roma decadente di una borghesia volgare e parassita; sguardo critico, cinico, ma anche (come ogni cinismo) vagamente moralista. Eppure Jep di quel mondo decadente ha accettato di far parte a pieno titolo, anche con una certa visibile soddisfazione. Sullo sfondo la grande bellezza di Roma, ma è difficile dire se contrasti o sottolinei la volgarità dei festini degli arriccchiti.
A un tratto, con la comparsa di Ramona, sembra che Jep stia per assumere il ruolo di un Pigmalione, deciso a elevare la sua nuova amica a una forma di volgarità più raffinata. Ma lo spunto ben presto evapora con la morte della donna, e prende il sopravvento il tema più scontato del sentimento del tempo che passa e del timore della fine. Poi, inesplicabilmente, più o meno dall’episodio della giraffa, il film vira verso l’onirico e il grottesco, toccando il culmine nell’episodio della monaca santa. La critica di costume è sempre presente (il cardinale che parla solo di cibo), ma declinata in forme irreali, e quindi anche più ambigue.
Sembra quasi che il regista abbia perso il controllo del film. Forse Sorrentino si è reso conto di non essere in grado di riempire tutte le due ore di durata con altre immagini di mondanità degradata, nell’assenza sostanziale di trama. Come che sia, mi pare che ci troviamo di fronte a un film ambizioso, visivamente impeccabile (i primi quindici minuti sono da antologia), ma fondamentalmente sbagliato.

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La grande noia / 12 Maggio 2015 in La grande bellezza

Io onestamente non capisco tutto il clamore ed ovazione di fronte a questo film… quando avevo visto solo il trailer non capivo tutto questa meraviglia per una cosa che mi sembrava niente di che, poi per lo più spinto dal tanto clamore che sembrava aver contagiato la maggior parte dell’Italia verso il film l’ho visto… ed la mia prima impressione quando avevo visto il trailer si è confermata anzi è addirittura peggiorata.
il film mi pare molto confuso, a tratti neanche si capisce dove voglia andare a parare, non ci si emoziona a guardarlo non ti cattura, solo noia e ancora noia con tanti sbadigli che se rimani sveglio fino alla fine è un miracolo.

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La Grande Bellezza / 19 Febbraio 2015 in La grande bellezza

Ok, ci provo anch’io. Lo hanno fatto tutti, del resto. Quindi proverò come tanti altri a dire la mia su questo film. Dico subito che lo ritengo un grandissimo film. Capolavoro? Forse. Se non lo è ci si è avvicinato molto. Toni Servillo strepitoso e irresistibile. Tutti gli altri attori su livelli altissimi di intensità (penso alla Ferilli, che qui ha tirato fuori un’interpretazione che sinceramente non mi aspettavo, a dimostrazione del fatto che in Italia non mancano gli attori ma le storie, gli sceneggiatori e i registi capaci di esaltarne le qualità).
Mi sono avvicinato a questo film prima del clamore suscitato dall’Oscar, molto incuriosito dalle critiche nostrane in occasione della candidatura. Per carità, ognuno la pensi come crede, ma mi ha stupito la ferocia con cui alcuni critici hanno attaccato il film. Ho la sensazione che molti di loro hanno letto il film come uno spietato affresco del decadimento della società italiana. Lo è? Anche. E quanto c’è di vero in questo affresco? Poco, dicono alcuni. Molto, dico io. Certo è che, per ragioni tutte da indagare, a molti ha dato parecchio fastidio. In particolare ad alcuni esponenti politici, che non hanno perso l’occasione di distinguersi per ottusità.
Ancora, è stato detto che il film si regge su una sceneggiatura debole e un uso ruffiano dell’immagine di Roma. Penso invece che la sceneggiatura sia straordinaria, finalmente non banale, perfettamente funzionale alla lenta leggerezza del film. Quanto a Roma, non credo ci sia città più ruffiana: lo è proprio di suo e Sorrentino non fa che approfittarne con grande abilità e perizia.
Altri hanno descritto il film come un pasticciato insieme di spezzoni di una storia di cui non si riesce a cogliere il senso generale. Personalmente odio i film in cui si coglie un qualsivoglia “senso generale”, una finalità precisa, una giustificazione etica da portarci a casa come contropartita del biglietto. Lasciamo fare queste cose agli americani, che sono maestri, e che tuttavia hanno apprezzato molto più di noi questo film, forse proprio perchè vi riconoscono una capacità di raccontare per immagini talune vicende umane apparentemente minime, di scandagliare l’animo umano con piccole ma perfette pennellate, una capacità insomma che per tradizione e cultura, è per loro inarrivabile. Un dialogo come quello in cui Jep Gambardella sputtana l’amica radical-chic non lo troverete mai in un film americano, e comunque non lo troverete mai raccontato con un tale disincanto del protagonista, e sopratutto del regista, che lo butta lì in mezzo al film come una perla, senza enfatizzarne in alcun modo il senso di sunto narrativo del film. Ecco, se dovessi dire cosa mi ha colpito di questo film, è un senso di disincanto al quadrato, quello del protagonista e della varia umanità che gli gravita intorno, elevata alla potenza del disincanto con cui il regista sembra osservare tutto questo; non ci sono giudizi di valore, né morali da trarre, non ci sono vincitori né vinti, ma uno sguardo nitido e tagliente su un inutile e dolente agitarsi, sullo sfondo di una grande, enorme, immensa ma vana bellezza. Sta a noi scegliere cosa mettere a fuoco.

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Extrasensoriale. / 6 Gennaio 2015 in La grande bellezza

Paolo Sorrentino io non l’ho mai capito. Ha sempre fatto un tipo di cinema che non ha saputo coinvolgermi emotivamente (o che non ho mai capito), da Le conseguenze dell’amore a This Must Be the Place. Chissà se è più colpa di quella sua faccia da bamboccione snob o della mia innata ignoranza e insensibilità. A volte credo di averlo solamente affrontato nei momenti più inopportuni, altre che sono stupida come un banco. Ma sono anche convinta che il “momento” in cui si guarda un film, è di primaria importanza per un giudizio finale all’opera e io, l’ho sbagliati tutti.
Ma La Grande Bellezza, il suo ultimo film dalla fama alimentata più da tutto il ‘blabla’ di contorno che dal riconoscimento vinto, è riuscito a ristabilire parte della nostra conflittualità. Perché? Bè, perché è semplicemente un’esperienza meravigliosa…

Oscar 2014 al miglior film straniero, La Grande Bellezza racconta la presa di coscienza di un uomo che ha sprecato la sua vita in frivolezze e vacuità. Che si è concesso il vizio di un’esistenza facile, ricca di niente, circondato dalla fauna dell’alta movida romana, che non ha certo fama e virtù migliori della sua.

A raccontare quest’uomo c’è la figura di Toni Servillo, con il suo viso solcato da rughe aggraziate e affascinanti e dalla sua incredibile capacità recitativa, che il più delle volte risulta pura poesia. A cui però non ritengo opportuno concedere tutto il merito per l’inequivocabile riuscita del film, perché Sorrentino ci ha messo del suo, oltre il cuore, le paure e scelte registiche di gran gusto, anche se è stato più volte criticato per non aver saputo raccontare Roma nella sua interezza. Ma chi mai riuscirebbe a farlo, se non il Fellini de La dolce vita, che mi sembra anche inadatto da menzionare ora!?

Festini trash e chiassosi, si alternano a lunghe carrellate che ritraggono angoli di paradiso di una capitale decadente e immobile, rimasta incastrata in un confronto infelice e nostalgico tra il nuovo e il vecchio. L’arte e la cultura che hanno reso grande una città come Roma, si interfacciano con l’odierna società pseudo artistica over 40, ormai svuotata di ogni credo e volontà, ridotta alla miseria interiore.

Proprio perché carente nel lato “trama”, La Grande Bellezza è un’esperienza extrasensoriale per persone che possiedono quel tipo di “sensibilità” raccontata dal personaggio nelle sue prime battute. Quella di chi sa captare nel frastuono e nella noia annichilente, la bellezza di un gesto, il sapore di un silenzio… Non penso esistano altri chiavi di lettura “terra terra” se non questa.

La Grande Bellezza è una visione lenta e straziante di una realtà con la quale il nostro Paese fa i conti tutti i giorni, ma dalla quale c’è forse ancora una speranza per redimersi.

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27 Novembre 2014 in La grande bellezza

Una palla per mezzora, poi ho chiuso. Qualcosa mi sfugge…

16 Settembre 2014 in La grande bellezza

Sinceramente non so come abbia fatto a vincere, io ho fatto una fatica bestiale a finirlo, l’unica parte carina è stata quella della tipa che deve intervistare, stop, per il resto mi stupisco di non essermelo dormito o di non aver cambiato, probabilmente perché cercavo disperatamente il motivo di tanta acclamazione

15 Settembre 2014 in La grande bellezza

Lo ho trovato un film superficiale: i personaggi non hanno spessore (mi sono sentita quasi in imbarazzo durante il discorso sull’impegno civile) e le dinamiche che hanno portato a questo vuoto cafonal non sono nemmeno accennate. Sembra che il film voglia farti sentire meglio con te stesso. Il 5 è perchè se sul piano estetico lo ho trovato abbastanza appagante.

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sotto il titolo…. niente! / 19 Agosto 2014 in La grande bellezza

Non sono riuscito a vederlo tutto.
E’ una sequenza di immagini. Molte anche belle.
Ma tutto qui.
In un film cerco qualcosa di piu’!

La grande bellezza: ha un significato così difficile? / 29 Giugno 2014 in La grande bellezza

“La grande bellezza”, come tutti sanno, è il film italiano che ha vinto il Premio Oscar come Miglior film straniero del 2014.
La cosa assurda è che tanti italiani sono dispiaciuti da questo fatto, perché avrebbero fatto vincere un altro film. Quale non viene mai specificato, ma penso che una volta ogni tanto si potrebbe essere di parte. Il film italiano vince l’Oscar e gli italiani non sono contenti… che popolo di stolti, è proprio il caso di dirlo!
Ovviamente non tutti, perché, nonostante quello che si dice, La grande bellezza è stato trasmesso su Canale 5 il 4 marzo ed ha avuto novemilioni di telespettatori. Inoltre, il DVD ha raggiunto il podio di quelli più venduti.

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28 Aprile 2014 in La grande bellezza

Me lo aspettavo diverso, ma per i concetti espressi è stato un bel film. Un po’ troppo lento, ma ci sono dialoghi che mi ricorderò a vita XD

Sopravvalutato / 26 Aprile 2014 in La grande bellezza

insieme di scene anche forti.. il tutto legato da un discorso finale che non ha senso.

Terzo / 6 Aprile 2014 in La grande bellezza

tentativo di vedere il film e terzo sonno. Questa volta mi mancavano solo tre quarti d’ora per arrivare alla fine ma non ce l’ho fatta ugualmente. A questo punto Oscar o non Oscar .. dichiaro ufficialmente che il film non mi piace.

2 Aprile 2014 in La grande bellezza

Basandoci, per pigrizia, sul confronto con Fellini, porrei in secondo piano l’immediato richiamo alla “Dolce vita” per affermare casomai un parallelismo con “E la nave va”, altro film barocco e inevitabilmente noioso, ma capace di esprimere perfettamente l’impossibilità di raccontare il niente. Non la decadenza di Roma e dell’Italia sembrano essere l’oggetto de “La grande bellezza”, ma il tempo perduto, la vecchiaia e il suo disincanto. La capitale, orgogliosamente chiusa nella prigione del proprio passato e nell’immobilismo dei suoi monumenti, diventa protagonista in quanto dimensione spaziale ideale per rappresentare l’idea del tramonto. Ma la Roma di Sorrentino diventa una città da cartolina, non meno goffa e caricaturale di quella del Woody Allen di “To Rome with Love”. Il circo di personaggi-macchiette (lo scrittore la puttana la cocainomane la madreteresadicalcutta l’antonellovenditti la marinabramovich) sembra uscito dai libricini di un Baricco intento a riscrivere Tonino Guerra. Ben lontano dalla poetica metafisica di Fellini, lo stile di Sorrentino si rifugia nel grottesco: la sua indiscutibile abilità tecnica finisce con l’infastidire, scivolando troppo spesso in leziosismi e prolissità alla peggior Terrence Malick, con sarcasmo saccente (travestito da sagace ironia) e monologhi autocompiaciuti (travestiti da brillanti dialoghi). Finisce tutto così, in questo niente, nascosto sotto il chiacchiericcio e il bla bla bla.

LA GRANDE BELLEZZA

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7 Marzo 2014 in La grande bellezza

Capolavoro? Certo che se viene messo a confronto con le produzioni italiche del main stream degli ultimi 10 anni e’ difficile non considerarlo tale, abituati come siamo a film che, una volta usciti dalla sala, soprattutto se “multi”, vanno subito nel dimenticatoio. In questo caso e’ diverso, se ne e’ parlato, se ne parla ancora, tutti cercano di saltare sul carro del vincitore, (mentre lui sale sulla 500, va be’…lasciamo perdere…).
Servillo e’ ormai uno dei piu’ grandi interpreti italiani e non solo; magari il suo Jep si concede qualche “sbrago” di troppo ma tant’e’.
Ma qual’e’ in fondo “La grande bellezza”? Le scene all’alba senza la minima presenza umana?……

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Incontenibile / 6 Marzo 2014 in La grande bellezza

Un vorticoso viaggio nella mondanità romana del nostro tempo: artisti, starlette, ipocriti, frivolezze, perversioni, pettegolezzi e via dicendo; al centro un T. Servillo magistrale stretto da personaggi normali e persone snob. C’è voglia di uscire dal vortice, tornare a una vita semplice come da ragazzo, cercando banalmente la grande bellezza che ci circonda, prima di una fine, forse, imprevedibile.
Regia impeccabile, alterna primi piani a una dolce camera volatile che ruota e si manifesta ovunque, in ogni posizione. Tutti i movimenti sono studiati, niente è lasciato al caso: fotografato magnificamente, una luce aurea avvolge ogni scena.
Colonna sonora enfatica accarezza tutta la pellicola, prima come base poi come alternativa al dialogo: musiche varie passando da ritmi dance a incantevoli melodie a canti sacri.
Roma è incantevole, esternamente: le fontane, le piazze, i monumenti, il lungo Tevere e internamente: gli antroni, gli atri, i giardini, le chiese. Ogni scorcio, ogni immagine è potenza visiva.
Incontenibile
9

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Puramente Personale / 6 Marzo 2014 in La grande bellezza

Non ricorderò postivamente questo film perchè è il ritratto dell’italia che rinnego, del pezzo di società dal quale mi isolo, dell’approccio alla vita che voglio ignorare o non considerare. La visione del film mi ha innervosito e indispettito perchè non appartiene al mio mondo o almeno cerco di non far si che non ci appartenga… non ne nego l’esistenza sia chiaro, mi impegno a trascurarla come trascurerò questo film. Almeno nei film preferisco sognare o soffrire, preferisco vedere un mondo diverso, che non vuol dire più felice, allegro.. ma un mondo più vero, più terreno, più viscerale anche nel dolore o nella disperazione, preferisco la vita più legata al sentimento, alla terra, alle radici, all’anima…

Questa è la mia personalissima critica al film che non mi è piacuto, che mi ha annoiato, che mi ha portato a dedicare del tempo a qualcosa da cui, quel tempo, solitamente lo recupero…

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And the oscar goes to… / 5 Marzo 2014 in La grande bellezza

Malgrado tutto, alla fine ha vinto: quindi fottetevi !

Partiamo dal presupposto che l’arte e la poesia non si spiegano, ma si godono e si vivono. Quindi, detto questo, non ha alcun senso cercare una trametta in un film come la grande bellezza, non ha alcun senso voler a tutti i costi essere aggrappati ad un filo sottile che ti tiene legato ad i tuoi preconcetti. Sorrentino filma e firma un’opera veramente notevole, di forte impatto sensoriale, non accondiscendente e ricca di cliché come in alcuni suoi vecchi film, bensì con un proprio stile poetico che non passa inosservato e che non vuole farsi ammirare. E’ semplicemente il film di Sorrentino, non schiavizzato da un produttore o dal sistema italiano del cinema. Dunque è un’opera assai personale e e poetica. Certo, di palese ispirazione felliniana, ma comunque con un proprio stile e un certo modo di fare cinema ora poco in voga. Non si può criticare la sua ispirazione a fellini, anzi, denota un certo tipo di personalità del regista che è sì, nostrano ed all’avanguardia, ma che prende dal passato, perché, almeno qui in Italia, è stato l’unico cinema veramente significativo e importante, sotto tutti i punti di vista. Chiarito questo, però, è da dire che la grande bellezza non raggiungerà mai i livelli di 8 e mezzo, ad esempio, né sarà un’opera che ti fa venir nostalgia di quel vecchio cinema, tuttavia un film che non può passare inosservato in un periodo così brutto della nostra storia.
Una Roma così, non veniva fotografata da parecchio tempo, nella sua bellezza e anche nella sua mondanità. Ciò che più rimarrà impresso di questo film è proprio quella mescolanza di immagini suggestive e di contenuti così malinconici e al contempo critici, che rappresentano la nostra Italia, ma anche, un po’, l’umanità.
Sceneggiatura stupenda, quasi perfetta, Sorrentino, sembra strano dirlo, si è evoluto col tempo, è maturato tantissimo e, secondo me, è assolutamente errato dire che questo sia un lungometraggio inferiore o simile ai suoi altri, certo il suo stile rimane, ma c’è da dire che un’opera così spirituale e poetica non l’aveva mai fatta, non con questa voce così profonda, almeno.
Musiche stupende, una colonna sonora davvero a tagliare il fiato, non ti strappa la lacrima voluta, ma ti colpisce diretto al cuore, in un periodo così oscurato dal nostro paese, perché non si sofferma solo su Roma, il nostro Paolo, ci mette in faccia un po’ tutta l’Italia.
Quindi l’impatto sensoriale è potente, sotto tutti i punti di vista: l’immagine così meravigliosa e stupenda, favolosa e incantevole si mescola ad una musica che è veramente superlativa.
Il tutto, ben filmato da Sorrentino che muove con saggezza e mestiere la cinepresa, senza sfociare nella leziosità e no, non è un esercizio di stile.
Che altro dire, tecnicamente ottimo, la prova di Servillo, poi, è semplicemente fantastica !
Fin quando sono fondate, le critiche ci stanno, fin quando sono fatte con sapienza e se un minimo ne capisci. Ad ogni modo, questo film è qualcosa di discutibile, certo, ma comunque un prodotto di qualità altissima, specie se comparato a quelli che sono i film attuali in Italia.
Non mi dilungo più di tanto, preferisco ora solo concentrarmi sul film in sé. Quell’onnipresente incomunicabilità che accompagna tutti i personaggi, ognuno con i suoi problemi, nessuno escluso, neanche la “santa” che riesce ad ispirare Jep Gambardella, è ben inserita nell’opera. Ma, alla fin fine, è Jep Gambardella il protagonista dell’intera pellicola e la sua crisi creativa, ispirata a 8 e mezzo di Fellini, certamente. Criticabile la scelta di certi attori che sì, non sfigurano, ma comunque poco adatti: con una Ferilli, un Buccirosso e un Verdone in meno magari sarebbe stato un capolavoro chissà. Perchè non lo è, non nel senso tale del termine, ma confrontato a l’immondizia che c’è in giro, come non poter apprezzare un’opera del genere ? Alcuni spocchiosetti continueranno a essere ciechi, io non sto qui a vantarmi, assolutamente no, ma quello che sta succedendo in questo paese in particolare e certe critiche che vengono rivolte al film, mi dispiace, proprio non mi vanno giù.

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5 Marzo 2014 in La grande bellezza

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Purtroppo noi italiani siamo fatti così, quando ci troviamo davanti alle cose belle non riusciamo ad apprezzarle, ci uniamo per trovargli ogni minimo difetto, ogni piccola pecca, ci uniamo per smontarle, per farle a pezzi…ma d’altronde cosa ci si poteva aspettare? Noi siamo coloro che ingrossano il portafoglio a Checco Zalone, ai fratelli Vanzina, noi siamo i cultori dei tronisti di Maria De Filippi, de “Il Grande fratello”, di “Amici”, come potremmo mai capire e apprezzare appieno un film di Fellini, di Pasolini o come “La Grande Bellezza”? No, quello si chiama cazz**e, come mi sento dire ormai da diversi giorni, quello si chiama una schifezza, quello non è cinema…sia ben chiaro, il mio non vuole essere un tentativo di fare la spocchiosa o la snob(nemmeno me lo posso permettere, figuriamoci…), è solo un dato di fatto…e lo dico con amarezza, con profonda amarezza…
E’ un film non per tutti. E non sono spocchiosa e snob nemmeno questa volta, sono solo sincera…perché è così, non tutti sanno apprezzare la bellezza di certe cose, non tutti sono dotati di quella profondità d’animo che dà loro la capacità di andare oltre la superficie…purtroppo è così, è un dato di fatto e mi dispiace constatarlo sempre di più ogni giorno che passa…
“La grande bellezza” è un capolavoro, è un capolavoro visivo, che ti cattura fin dal primo fotogramma, è un film che necessita di attenzione, di comprensione e non di superficialità e pressapochismo, è un film complesso, molto complesso, onirico, surreale, dove tutto è una continua antitesi, una continua opposizione tra decadenza e bellezza, fra squallore e spiritualità.
E’ un gioco di metafore, di allegorie che piano piano si sviluppano dando un senso al film…non c’è una trama lineare come di solito siamo abituati a vedere, è tutta una rappresentazione di uno stato d’animo, è una continua ricerca di atmosfere, di paesaggi, di immagini, di personaggi tanto cari a quei due grandissimi registi da me sopra citati, è un film che punta tutto sulle sensazioni visive, sulle emozioni dell’anima…si deve capire, non c’è niente da fare, non va guardato con superficialità, assolutamente…
La bellezza di Roma, la sua immensa magnificenza(forse noi italiani siamo troppo abituati alla sua bellezza che ormai non ce ne rendiamo più conto, non gli diamo più alcun peso e anche questo per me è un male…) che traspare da ogni vicolo, da ogni piazza, da ogni terrazza, da ogni monumento, una bellezza che fa da contrasto allo squallore di certi personaggi che vivono la loro squallida vita fatta solo di ricchezza, di superficialità, di noia, di continua ricerca del possesso, del denaro…ecco così che ci troviamo davanti l’amica che ostenta cultura e profonda intellettualità e viene smascherata davanti a tutti, ecco che ci troviamo davanti il cardinale che ambisce a diventare Papa solo perché interessato ai privilegi di quella carica, ecco che ci troviamo davanti l’arrivista senza talento che dà la colpa del suo fallimento al suo manager…tutti personaggi reali nei quali si rispecchiano i difetti di questa nostra società vuota, menefreghista e individualistica.
C’è solo un modo per salvarsi da tutto questo, riappropriarsi del proprio essere sé stessi, delle proprie origini, della propria spiritualità, rappresentata dalla santa che alla fine si riprende la propria interiorità.
E’ un film filosofico, un perfetto connubio tra neorealismo e surrealismo, un unione perfetta tra Fedrico Fellini e Luis Bunuel, un film a primo impatto incomprensibile per molti, ma comprensibile per coloro che sanno andare oltre le apparenze, per coloro che hanno il potere di andare oltre la superficialità delle cose.
Un film di una bellezza unica e rara, che ti colpisce nel profondo…peccato però che per un popolo troppo legato ai vari Muccino, Vanzina e compagnia cantante, per un popolo troppo abituato a un certo tipo di cinema tutto questo sia solo letame, sia solo noia, sia solo una cazz**e, sia solo me**a…peccato, davvero…
Forse è troppo per noi, così come lo erano Fellini e Pasolini…forse ce la meritiamo davvero questa lenta e inesorabile caduta del cinema italiano…

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Puro Cinema! / 5 Marzo 2014 in La grande bellezza

Il grande Cinema non è per tutti, lo sappiamo. E forse non lo è neanche per me: di primo impatto mi è risultato lento e noioso ma lasciarlo a un’ora dalla fine. Ma la seconda visione, più preparato e ambizioso, è stata rivelatrice. Regia, montaggio, e musica interagiscono attorno ad un Servillo davvero unico, malinconico, triste, impaurito e annoiato (che da solo vale il film!). Carrellate di impatto visivo, moltitudini di chiavi di lettura. Riduttivo dargli un giudizio in 4 righe. Rivedetelo meglio, perchè il “Miglior Film Straniero” è un Oscar meritatissimo! 8.

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La grande bellezza è solo un trucco / 5 Marzo 2014 in La grande bellezza

La mia visione.

La grande bellezza non è un film con una trama, è un film con un messaggio, che va accompagnato alla riflessione e che richiede sensibilità.

Non lancia in faccia concetti ed eventi esplicitamente (come può farlo un La vita è bella), ma richiede un lavoro di introspezione, affronta tematiche a mio avviso affascinanti, come quello della decadenza, del riempirsi la vita di vuoto, di convenzioni, di false certezze, della ricerca del piacere effimero, della felicità artificiale. A mio modo di vedere non riguarda la sola élite come alcuni dicono, ma tutti noi.

L’ho quindi percepito come un pensiero critico. Ma a cosa?
All’inutile ricerca di un senso alla vita (la grande bellezza che non si trova), che porta all’artificiosa costruzione di una felicità di plastica da parte dell’uomo, che si riempie di mondanità, menzogne e carriere (parte della “donna con le palle”) perché non saprebbe accettare l’idea della naturale e cruda realtà; persino Jep infatti rinuncia a parlare al cardinale, simbolo di massima autorità spirituale, per non rimanerne deluso, perché ha intuito che nemmeno lui saprebbe dargli risposte.
All’allontanarsi dalle piccole semplicità della vita (“i piccoli sparuti incostanti sprazzi di bellezza”) sedimentandoli “sotto il chiacchiericcio e il rumore, il silenzio e il sentimento, l’emozione e la paura”.

Alla fine quindi la felicità, il senso della vita sono solo un trucco, che l’uomo stesso si è creato per non morire di disperazione (“…hai 53 anni e una vita devastata, come tutti noi…”).

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5 Marzo 2014 in La grande bellezza

Ho pensato immediatamente ad Andrea Sperelli. Come non paragonare Jep all’antieroe dannunziano de “Il piacere” ?
Ho ritrovato lo stesso clima di mondanità, egoismo, vacuità, malessere, sensualità della Roma di 125 anni fa.
Perché i parassiti della società, esistono ancora oggi. Ma qualcuno si vuole salvare.

5 Marzo 2014 in La grande bellezza

Voto: 2/10
Non appassiona. Una noia mortale.
Ho staccato dopo 30 minuti.
Chissene frega di quella “elite” romana ricca, viziata e depressa. Quella non è la mia Roma.
Un film denuncia parla delle sofferenze del popolo intero non di quel 1% della popolazione.
Non mi piacciono gli effetti speciali tipici del nuovo cinema italiano es. il contraccolpo del cannone del gianicolo fateci caso (sembrano gli effetti di una scadente fiction mediaset), non mi piacciono quelle zoommate senza senso.
Non mi piace quelle inquadrature forzate su ogni particolare architettonico o scultoreo della capitale, quasi a ostentare la nostra bella cultura per forza.
Non gradisco quegli effetti di luce, ecc.
Non mi piacciono quei dialoghi per soli intellettuali, che di intellettuale non hanno niente.
Per chi ha messo un voto alto, non avete capito che vi hanno fregato? Giusto gli americani potevano bersi un remake della Dolce vita che Dolce vita non è.
Perché è Il Grande Pippone.

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5 Marzo 2014 in La grande bellezza

Una moltitudine di personaggi legati da un fattore comune: l’insoddisfazione -resa esasperazione.
Le continue feste, i conti a pagamento, le code “come dal salumiere” per esaltare una parte del corpo, i turisti, chi in silenzio muove le redini della società sino all’arresto, la donna sposata che della vita familiare non ha ancora capito nulla, l’artista di strada che non sa cos’è la propria arte (e tanto, tantissimo altro).
E’ come trovarsi dinanzi ad un’opera teatrale sulla scia di “Sei personaggi in cerca d’autore” in cui, realmente, i personaggi, richiamano su di sé l’etichetta di “stereotipo”.
Sin dal primo momento ho apprezzato riprese ed inquadrature : ad esaltare scorci o dettagli che difficilmente lasciano indifferenti.
Un punto a favore anche per l’interpretazione di Servillo : nonostante, a volte, facessi fatica a seguirne le parole (volontariamente biascicate).
Jep riesce a spiccare, tra l’ormai fedele congrega d’insoddisfatti, lasciando intendere di capire, realmente, quanto sia poco consistente quella realtà fatta di sfarzo e forzato divertimento -è del resto, come ammette presentandosi, destinato alla sensibilità.
Tutto è racchiuso in un magico monologo : «È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore, il silenzio e il sentimento, l’emozione e la paura…Gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza. E poi lo squallore disgraziato e l’uomo miserabile.» Ad indicare quanto davvero ne valga la pena.
Così come in “This must be the place” vi è racchiusa un’evoluzione : dalla pigrizia del “mi tengo ciò che c’è” allo slancio del “so cosa sto cercando e voglio ottenerlo”.

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4 Marzo 2014 in La grande bellezza

Sorrentino ci ha abituato a partenze stilisticamente entusiasmanti e La grande bellezza non fa eccezione: fin dalle prime scene il regista si dà all’accademia, al libero sfogo del suo virtuosismo, dimostrando una grande padronanza e fantasia nel movimento della macchina da presa, nel montaggio, nella combinazione immagine-sonoro.
E fin da subito infatti colpisce il contrasto scelto per la colonna sonora, un efficace mix di sacro e profano, che si rincorre per tutta la pellicola.
L’altalenante ritratto della Roma alto-borghese, decadente e meschina, schizofrenica e autoreferenziale, si trascina tra affascinanti dialoghi nei salotti della high society (che ricordano il Woody Allen serio) e vicende indubbiamente più astruse e faticose da seguire.
Un mix di attoroni e attoruncoli interpretano questi personaggi stanchi e lascivi, ma del resto con un casting tutto italiano non si potevano di certo fare miracoli.
Le passeggiate romane notturne di Gambardella non possono non ricordare quelle (storicamente) più celebri del Servillo-Andreotti de Il divo.
Un film che a tratti infastidisce, come una cancrena che ineluttabilmente divora le carni.
L’Italietta (rectius, la Roma) snob e surreale di Sorrentino è vuota e annoiata, specchio di un declino inarrestabile del Bel Paese.
Eppure La grande bellezza è davvero un gran bel film, forse non un capolavoro, ma davvero un gran bel film.
Se accantoniamo la solita, stupida, retorica italianocentrica (ossia di quando riteniamo bambinescamente di possedere il monopolio della Bellezza), sembra veramente impossibile che un film così possa essere frutto di un intelletto del Bel Paese in un’epoca che non è più, nemmeno cinematograficamente, la nostra età dell’oro.
In fin dei conti, i richiami a Fellini, che tanto mi inquietavano, non sono così inopportuni, tutt’altro.
La grande bellezza è un esercizio di stile quanto alla tecnica, una ventata di ossigeno per il cervello quanto al contenuto.
Uniche pecche il casting, come detto, e poi una certa fatica nell’innestare la marcia dopo i fuochi d’artificio iniziali.
Probabilmente per un non italiano (non emotivamente coinvolto), dev’essere ancora più facile apprezzarlo nella sua genialità e questo è il motivo di tanto successo fuori dai confini nazionali.
Per noi italiani, invece, che tutti i giorni cerchiamo la Grande Bellezza in mezzo al degrado, è come un dolorosissimo ma gioioso parto.

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Tutto fumo e niente arrosto / 4 Marzo 2014 in La grande bellezza

Francamente non riesco a capire il perche di tanto rumore attorno a questo film ne tantomeno l’elevato numero di premi….non capisco nemmeno se l’inconsistenza della trama sia intenzionalmente volta a riflettere l’inconsistenza del protagnonista stesso…fatto sta che per me sono stati 150 minuti di pura NOIA! manca quello che per me e fonadamentale in un film e cioe la storia ossia quella parte del film che attrae di piu lo spettatore e lo fa interessare alla pellicola!!! salvo le inquadrature. e le ambiemtazioni che esaltano al massimo la nostra capitale….

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Labile bellezza / 18 Febbraio 2014 in La grande bellezza

In una Roma presa in ostaggio da una mondanità esasperata, la grande bellezza simula l’artificio più riuscito, l’inconsistenza. Tramite i suoi futili valori, essa ricalca l’impronta di un ideale vano, che cerca dietro un arcano simbolismo, di emergere dalle torbide acque dell’anonimato.
I penetranti silenzi, seguiti dagli striduli acuti di un tempo che non fa altro che commiserare sé stesso, sono una cornice adatta a quel tipo di solitudine che Sorrentino cerca di ritrarre nel corso del film, riuscendoci in minima parte.
Ma quel poco basta perché esclude il resto, l’inutile avanzo che si potrebbe creare quando un ricordo appassisce, e perde la sua naturale bellezza.

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27 Gennaio 2014 in La grande bellezza

Un mondo artefatto, un mondo di finzione e falsità, un mondo spesso che non si pensa possa essere reale e invece esiste.
Ho avuto modo di conoscere persone che sono affascinate dal mondo dei VIP e non nego che è imbarazzante la superficialità in cui vivono.
Di conseguenza vedo questo film con occhi diversi. Non una semplice storia inventata e esagerata ma un mondo reale e preoccupante.
Toni Servillo personalmente lo trovo eccezionale. Bravissimo e mai fuori ruolo.
Anche la Signora dei divani, la rifatta Sabrina Ferilli è perfetta nel ruolo che Sorrentino gli taglia.
Carlo Verdone è bravo come “sfigato” (anche lui quanto è reale nella vita… imbarazzante…).
Lo spaccato di Roma è poi affascinante. Ok, potrei essere di parte ma innegabilmente è splendida!!!
Da vedere!!!
Ad maiora!

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Capolavoro / 20 Gennaio 2014 in La grande bellezza

Film bellissimo che contrappone in maniera esemplare lo splendore che fu con la bassezza dei tempi moderni .. poetico in alcuni momenti .. graffiante in altri !!

sette e mezzo ma pure 8 / 10 Gennaio 2014 in La grande bellezza

Rivalità territoriali, Passo Corese /mia terra vs Fiano Romano.

La grande bellezza
Se il problema del Cinema Italiano è “La grande bellezza” tenetevi i Vanzina e affini.

La grande bellezza è un film che a tratti mi ha stupito e solo in parte mi ha deluso. Andiamo con ordine.

la vicenda prende piede in una Roma da cartolina, una Roma radical chic, quella delle feste pacchiane e opulente degne dell’ultima fase del romanico impero. I personaggi della storia raccontata da Sorrentino sono, tutti nessuno escluso, dei radical chic. Sono dei poser i quali ostentano il loro status, degli esibizionisti che trascorrono le loro vite parlando del gossip, del superfluo, sentendosi superiori a tutto e tutti. Badate, il regista non critica. Il regista presenta. Vengono presentate delle macchiette, dei personaggi in parte ridicoli ed in parte odiabili. Ad alcuni ci si affeziona facilmente e Jep è uno di questi.

Jep Gambardella è un tuttologo, un ricco giornalista nonché critico teatrale navigato. Jep è il re della mondanità. Fra ricordi di una vecchia fiamma, suo unico e vero amore, il ricordo di un romanzo scritto in passato, la voglia di farne uno nuovo ed il peso delle domande esistenziali che gravano sul protagonista, il film prosegue a cannone fra feste ed incontri. Altro personaggio degno di nota è Ramona, una spogliarellista romana (da quando Fiano Romano è Roma ?). Ramona è legata emotivamente alla figura di Jep, è interpretata da Sabrina Ferrili che nella recitazione ricorda vagamente il Libanese di Romanzo Criminale ma con due zinne grosse come una casa.
E’ un peccato che alla Ferilli sia legato un certo tipo di personaggio (vedasi quando le fanno fare la parrucchiera, la tata, la call-center girl, la trucida, la brina..) perché qui da prova di una buona ars recitativa. La macchina da presa impugnata dal regista cattura un’immagine della Capitale degna di un dipinto, sin dai primi momenti del film.
Non mi hanno convinto una vagonata di temi/scene/ruoli: approdare per forza al religioso, serviva ? Scava scava non è che poi la cosa risulti pretenziosa ? C’era bisogno della scena dei fenicotteri e quella della giraffa? I baffi di Verdone o il cammeo di Venditti, erano necessari ? Perché quella Fianese della Ferilli ancora non trova il coraggio di spogliarsi ? E’ dal 2001 (anno dello scudetto della A.S Roma) che mio padre attende.

L’ispirazione Felliniana c’è ma non ne farei una colpa, in fondo esiste un regista che da venti anni ormai va avanti facendo film “ispirandosi” a roba già vista e non mi sembra che gli rompete abbastanza il ca**o (cioè io si). Troppo spesso ci lamentiamo che il Cinema Italiano è morto, nel 2013 è uscito un film come La grande bellezza e siamo tutti pronti a sme**arlo ? Voglio dire, lungi dal ritenerlo un capolavoro, il film può non piacere ma bisogna essere obiettivi. Ci vuole coerenza e questo non è un film brutto, anzi è un film validissimo. Sicuro la seconda parte, paragonata alla prima, perde in mordacità e va ad infilarsi in un discorso più grande del film e del suo titolo stesso ma posso ritenermi più che soddisfatto dalla visione

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La Grande ricchezza / 8 Gennaio 2014 in La grande bellezza

La Grande Bellezza mi ha incantato e mi ha lasciato l’aria di Roma sotto la pelle.
Ero già stata colpita e affondata da This Must be the Place e ancora una volta non sono stata delusa. La Grande Bellezza è un film denso, di quelli che lasciano uno strato di piacevole malessere usciti dalla sala. Estatici durante, spiazzanti poi quando l’atmosfera si è persa in chiacchiere.
Senza voler dare un significato univoco e senza voler esprimere troppo direttamente la critica alla società contemporanea, il regista ci cala nell’atmosfera di disincanto e disillusione propria del protagonista.
Una nota speciale per la colonna sonora: più diversificata di così non si può, ma sapientemente orchestrata e ricca di tutti i generi.
Qui la mia recensione: http://elisewinrigby.wordpress.com/2013/07/20/la-grande-bellezza/

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Tecnica, mestiere e … Roma / 2 Gennaio 2014 in La grande bellezza

Forse sono arrivato sovraeccitato alla visione del film di Sorrentino, sta di fatto che dopo la prima mezzora di ambientamento, sforzandomi di intuire una trama, ho gettato la spugna e mi sono lasciato andare alla visione come fosse un film ad episodi. I rimandi a Fellini, i personaggi grotteschi, la sontuosa colonna sonora, non riescono purtroppo a regalarci un film indimenticabile. La sola presenza e maestria di Tony Servillo completamente a proprio agio nei panni di Gep, riescono a mascherare le falle narrative di un opera tecnicamente ineccepibile, ma piena di nulla, in cui i dialoghi, spesso ermetici, non decollano mai. Un cast molto discutibile a cominciare da Verdone, forse non più adatto nel ruolo di caratterista, passando per la Ferilli buona oramai solo per la pubblicità dei divani. Questo film denota la voglia di stupire a tutti i costi, di imporre e seguire la regola che un film per essere culturalmente apprezzabile debba per fora essere anche noioso.
Gli scorci e tante carrellate su Roma sono tecnicamente ineccepibili, emozionanti, ma non bastano certamente a riempire un film lento, noioso, pieno solo di se stesso, forse come il suo regista.

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L’odore delle case dei vecchi / 30 Dicembre 2013 in La grande bellezza

Visivamente e stilisticamente godibile, La Grande Bellezza è uno spaccato di vita, un tortuoso percorso di decadenza e rinascita. E’ il confronto tra il passato ed il presente, tra l’ambizione del cambiamento e la quotidianità che persiste.
La pellicola racconta la storia di Gep Gambardella, giornalista ed ex-scrittore chiuso in un involucro fatto di mondanità e pigrizia. Dopo un preciso evento, egli deciderà di interrogarsi sull’effettivo appagamento del suo modo di vivere e mediterà di riabbracciare i passi compiuti durante la giovinezza.
Un cast buono, con un Toni Servillo degno di menzione. In evidenza anche la colonna sonora. E le immagini della magnificenza di Roma parlano praticamente da sole.

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Sorrentino, ma che combini? / 22 Dicembre 2013 in La grande bellezza

Sono arrivato a un’ora e mezza di film e…. no, non ce l’ho fatta proprio ad andare avanti. Di Sorrentino avevo già visto “il divo” e “this must be the place”, opere un pò carenti in certi punti ma che almeno avevano una trama. Qui invece il regista napoletano osa troppo e si perde in un esercizio di stile che risulta lungo, noioso e ripetitivo, che viene parzialmente salvato dalla fotografia e dalla performance del buon vecchio Toni Servillo. Potrà anche essere stato candidato agli oscar, ma per me è pollice verso, MOOOLTO verso.

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10 Dicembre 2013 in La grande bellezza

Sorrentino si avventura in un esercizio di stile un po’ megalomane ma che visivamente è nettamente al di sopra del cinema italiano medio degli ultimi 20 anni. La cornice romana è suggestiva, ma la continua ricerca delle allegorie e la lingua rendono l’opera difficilmente sostenibile per il pubblico medio, soprattutto nella prima parte. Dentro questo film ci sono almeno 10 registi che hanno fatto la storia del cinema, diverse scene da antologia e un ritratto della mondanità romana che non si vedeva dai tempi di Fellini. Una grande bellezza solo per cinefili.

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Non so che dire… / 18 Ottobre 2013 in La grande bellezza

Non riesco a capire se sono io che non capisco la profondità di questo film, o se sia tutta fuffa. E’ tutto un trucco, come dicono spesso nel film…Se voleva parlare della bellezza di Roma, poteva fare un bel documentario, tagliando i pezzi della storia, che è assurdamente inconsistente…
Sorrentino visionario si (anche se non è certo Bosch), ma… Dietro c’è davvero qualcosa?

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16 Settembre 2013 in La grande bellezza

Ma… la trama? Che fine ha fatto?
L’idea di base di questo film era molto buona, ma non è riuscito a catturarmi come avrebbe dovuto/potuto. Un po’ è la mancanza di una storia vera e propria (che per me è l’elemento fondamentale di un film), un po’ è il fatto che c’erano tutti i presupposti per qualcosa di migliore. Credevo che Sorrentino avrebbe mostrato lo squallore dell’Italia di oggi, ma in realtà mostra solo il degrado dell’alta società romana (che ne è solo una parte). Forse chiedevo troppo.

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grandioso / 28 Luglio 2013 in La grande bellezza

un sorrentino al di sopra di sempre con Toni Servillo che non perde mai lo smalto che lo contraddistingue. un film bello, ricercato nei particolari, belle le musiche stupenda la fotografia. da vedere

21 Luglio 2013 in La grande bellezza

non avevo capito prima di vederlo che era un film divertente, e invece fa straridere, 150 minuti che alla fine passano. che non è poco…

16 Luglio 2013 in La grande bellezza

“SULL’ORLO DELLA DISPERAZIONE NON RESTA CHE FARCI COMPAGNIA, PRENDERCI UN PO’ IN GIRO”. Visto ieri sera al cinema… SPLENDIDO! Raramente si ha la fortuna di vedere sul grande schermo un film di tale bellezza. Un film che sarebbe ugualmente eccezionale se lo si vedesse togliendo il volume e lasciandosi trasportare ed emozionare dalla potenza delle immagini, dai primi piani sui volti dei personaggi. Ed allo stesso modo, sarebbe meraviglioso, anche se lo si guardasse ad occhi chiusi, soltanto ascoltando i dialoghi, i monologhi del protagonista. Mettete insieme questi due elementi, immagini eccezionali e parole bellissime e viene fuori questo gioiello di film. E poi c’è il protagonista, interpretato magistralmente da Toni Servillo. Un Jep Gambardella che sembra un Marcello de La Dolce Vita invecchiato (ma a tratti ricorda anche Guido di 8 e mezzo)… ha scritto un solo romanzo, poi non ha scritto più niente perché voleva trovare la grande bellezza… E l’ha cercata per una vita intera nelle feste dell’alta borghesia, nella mondanità, riempiendosi di rughe e di una malinconia, mal celata sotto un sorriso pieno di sofferenza. Sembra quasi sul punto di arrendersi, mentre scruta con una certa pietà, commiserazione quella serie di personaggi-marionette, ben dipinti da Sorrentino, che gli si aggirano attorno. Non giudica più perché sa che quella miseria è condivisa… “SULL’ORLO DELLA DISPERAZIONE NON RESTA CHE FARCI COMPAGNIA, PRENDERCI UN PO’ IN GIRO”.

E poi c’è il ricordo di lei, la classica lei, la donna che ha sempre amato… Un ricordo che riaffiora sempre e fa commuovere il protagonista. E poi c’è Ramona (interpretata sorprendente bene dalla Ferilli) che con la sua “rozzaggine” sempre più vera di tanti altri. Ed il personaggio di Verdono, attore di teatro mezzo fallito, innamorato di un’attricetta spocchiosa ed antipatica che nemmeno lo considera, oppure l’editrice nana, o l’artista che ‘vive di vibrazioni’ ma non sa cosa significa…Sorrentino ci infila di tutto. Dalle prese di c**o ad un certo tipo di chiesa, alla commiserazione per una bambina costretta dal padre a diventare un enfant prodige dell’arte contemporanea… Ma ci sono soprattutto le immagini (in primis quella del mare sul soffitto che è qualcosa di straordinario) e le parole (“È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore, il silenzio e il sentimento, l’emozione e la paura… Gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza. E poi lo squallore disgraziato e l’uomo miserabile.”)

Poi si puo’ dire che è un film pretenzioso, ricco di dialoghi vuoti (ma lì sta il senso di quei dialoghi), pieno di personaggi teatrali (ma se si considera la vita un farsa in cui tutti recitano, mi sembra il minimo) troppo figlio dei film di Fellini (ma è un male?), troppo difficile… (e vabbé, ci vuole un po’ di sensibilità per vedere la triste umanità dietro le maschere ed i volti distorti dall’alcol e dalla solitudine nel mezzo di quelle feste)…
Per me, in ogni caso, è un film che un amante del cinema non dovrebbe farsi sfuggire

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28 Giugno 2013 in La grande bellezza

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Non sottovalutiamo l’importanza dei nani. Appurato questo, Jep-Sorrentino nel ruolo dello scrittore che non scrive, vorrebbe ma no, troppo impegnato a vivere e osservare quel che lo circonda, dal suo attico vista Colosseo, in una Roma che per la fauna che gira si può dire che sucks. La corte dei miracoli della borghesia, intellettualoide o arricchita, o chierici di varie forme e colori, nobiltà allo sfascio, disgustosa tutta senza distinzione. Feste e tette, un sacco di persone coi gessi (perché avevano tutti quei gessi? :/), party e coca, solo roba che non lascia più nulla. Su tutto quanto galleggia Jep, ma non si emoziona nemmen più, un tran tran noioso e scintillante, da cui non deriva altro che non sia una saggia noia e svogliatezza. I suoi highlights della giornata, figurati, sono quando scherza con la sua filippina o guarda il mare sul soffitto, come a dire “quanto era bella casa mia”, che è un po’ ciò che fanno anche quelli del sud che vanno in città, e ogni cosa te la dicono come a sottintendere “eh invece a casa mia sì che…”; ci sono Verdone e la Ferilli romaneggianti, che porca fanno la loro figura, sia loro sia i personaggi incarnati, soprattutto lei milfissima. E poi c’è Roma. Uhm. Tanta Roma, vuota Roma, levigata e architetturale (?), piazze vuote e palazzi, una gipsoteca immobile, in opposizione alle feste caciarone e al soffoco di chi li percorre. Per certi versi un atto d’amore, ma con la fotografia molto fica, per la città (AmicaP: “fosse stata, chessò, Catania sarebbe stato uguale”), probabilmente meglio assimilabile da chi la città l’abbia un poco vissuta anzichenò. Altrimenti il cuore non c’è, l’impressione è più quella della visita all’acquario che dell’immersione nel mare dei personaggi. Ma empatizzare all’acquario è dura, troppo contrapposti loro e noi, troppo altra quella vita, ridicola, e persino Jep, l’unico a rendersi conto di questa ridicolezza, ridicolo a desiderare una “vita normale”, da poveracci, una sera a letto presto davanti alla tv. Ma muori, e vallo a spiegare ai cassintegrati, per esempio, prima.
Resta nel complesso la critica alla società decadente e ebbra di se stessa, che fa molto Satyricon e Petron-Felliniblabla, resta un film troppo lungo (mezz’ora sul fondo che definire necessaria è improbabile, e poi ‘sta suora? Ma oh? I film coe suore? Ma ahò! Dopo Sister Act nessuno mai. E quella era pure nigga!), resta la fotografia di un momento storico ma, per il resto, resta un patinato prodotto che, al di là dell’immedesimazione con il respiro dell’urbe che personalmente non mi tocca, non porta veramente da nessuna parte. Sì è un trucco. Però lo sapevamo già :/
(e quella gente esiste; ma non lo merita – e si sapeva, pure).

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6 Giugno 2013 in La grande bellezza

Sorrentino (finora almeno)non ha mai fatto ed è pure probabile che ( forse ) non farà mai un capolavoro dato che con questo suo film non ha centrato l’opera imprescindibile…detto ciò abbiamo potuto vederci la pellicola con occhi scevri da pregiudizi così da poterne da gustare l’interseca bellezza autoriale che il regista italiano regala generosamente in ogni sequenza tanto da ricordarci il cinema di Luchino Visconti per l’impeccabile composizione formale e pure per un certo gusto decadente che rimanda ( perché no?) a un capolavoro come “Morte a Venezia”
Chi s’accontenta gode…e io lo feci.

È tutta la vita che suoni lo stesso disco.
E ora di cambiare.
Nel dolce naufragar del mio tormento assaporo questi attimi prima che il sonno mi colga
“nausea nausea nausea” è citando il maestro che posso ripensare alle vite passate di tutti gli esseri umani che sono stati accanto a me…
compagni di un viaggio non ancora finito sentinelle di una prigione dell’anima che risplende nonostante tutto…
vago nei ricordi sentendomi in colpa col passato fatto di fallimenti che pesano come fardelli sulle spalle tant’è che quasi cado in ginocchio prostrato mio malgrado…ma a differenza del nazareno nessuno mi aiuta a rialzarmi per portare con me la croce e quasi rido al pensiero della via crucis che mi meritatamente mi spetta dato il mio cammino percorso che mi ha portato dinanzi ai miei peccati riducendomi nello stato di accusato trovandosi dinanzi a questa corte di cortigiani appiedati come me dalla vita vissuta scialacquando ogni sorta di bene prezioso agli occhi degli altri ma non ai miei che ignari credevano di aver visto tutto […]
ora vedo riflesso nel mio io il loro giudizio…colpevole !
Le loro voci le ascolto come se l’eco non esistesse …
adesso vedendo la luce come se fosse giorno quasi mi aspetto d’incontrarli di nuovo
fantasmi dell’inconscio , spettri inquieti che vagano tra le pareti di casa […]
IO ESISTO
Ma nessuno mi ascolta […]

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Fantasmi a Roma / 1 Giugno 2013 in La grande bellezza

“Egocentricamente, cinicamente fingevo di credere che il mio modo di essere fosse soltanto il perfido inganno di un sopravvissuto che si prende gioco del mondo; dall’alto della sua sapienza, della sua notorietà, della sua saggezza, della sua crudeltà. Un mondo al tramonto, in una grottesca decadenza. Osservavo, come uno straniero attento e disincantato scruta una terra sconosciuta, osservavo e giudicavo. Ai margini, ma pur sempre presente. Brillavo per la mia studiata marginalità.
Ma adesso basta!, non ne posso più di questa ipocrisia, di questi pettegolezzi, di questa meschinità, di questa baracconata, di questi trenini, di questa nebbia che nasconde solo nebbia. Ma il mio futuro ha i giorni contati, non ho più nulla da dare, né da ricevere, la mia anima mi appare arida e accartocciata. Annientata. Mi rimane un solo desiderio, una sola preghiera, la stessa che recitavo da bambino prima di prendere sonno: “Signore, fa che domani mi possa stupire di qualcosa!”

L’ultima fatica di Sorrentino è un film sovraccarico, quasi barocco: interminabili piani sequenza, giochi d’ombra, panoramiche ardite, una fotografia luccicante, citazioni e rimandi, una folla di comparse, un carosello continuo, quasi stordente. Alla pienezza visiva si contrappongono vuoti nella sceneggiatura e una tesi di fondo non troppo originale: viviamo una società in decadenza, svuotata, priva di ogni valore etico, superficiale, frivola, kitsch e Roma è la città che incarna meglio di tute questa caratteristiche. Il tutto è rappresentato da personaggi macchietta, stereotipati, grotteschi, finti, posticci, banali. Il personaggio di Madre Teresa, la santa dell’epilogo, è l’emblema del ridicolo, sembra star lì come una figurina appiccicata sulla pagina sbagliata dell’album.
qui la colonna sonora.

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Sorrentino riflette su di se, e su Roma / 29 Maggio 2013 in La grande bellezza

Questa volta è difficile recensire, su questo non c’è dubbio, e penso che ognuno di noi debba concedersi almeno un’altra visione per cercare di afferrare qualcosa dal marasma del film. Non metterò sul piatto la distesa di citazioni al cinema felliniano o qualsiasi altra citazione di cui, innegabilmente, il film è traboccante, ma non vedo come ciò possa recare danno o turbare lo spettatore. Una volta fuori dalla sala non si capisce molto del film, ad alcuni piace, a pelle, ad altri no. Io sono tra quelli a cui, a pelle, è piaciuto. Dopo una giornata per metabolizzare il tutto inizio a dedurne sprazzi di concetti con cui tenterò di dare il mio parere al film. Scartando anche la polemica sul budget, che non fa testo dato che in america spendono molto ma molto di più per film decisamente mediocri, e giustificati dal fatto che la produzione è anche francese, vediamo come potrebbe essere districato un film così aperto a molte esperienze.
Se da un lato il film è sfolgorante, carico di estetismi e citazioni, dall’altro il vero nodo da sciogliere riguarda i contenuti: il film non parla del nulla, che poi volendo sarebbe anche il tema di fondo della nostra vita, ma parla appunto dell’esistenza umana, e lo fa tramite “capitoli”, non veri, ma più come poesie sparse per il film, dal cui complesso sorge una visione d’insieme carica di interrogativi che difficilmente possono non riguardarci. Questa caratteristica può effettivamente risultare ridondante, ma è null’altro che una scelta di Sorrentino, da condividere o meno. E’ così che il film si dispiega, tra flash e intensi aforismi che riflettono su un tema comune talmente vasto che effettivamente è difficile afferrare ad una prima visione. Per chi accusa di personalismi, io mi chiedo cosa voglia dire, a me pare un’accusa senza cognizione di causa. La colonna sonora è un contorno speciale a Roma, e ai pensieri che la attraversano.

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29 Maggio 2013 in La grande bellezza

Tutti i film di Sorrentino, anche questo, alla fine mi lasciano una sensazione di artefatto, di qualcosa di studiato per piacere a certi ambienti (che credo vogliano essere i ‘festival’).
Per me il film è troppo lungo e nell’ultima parte molto noioso e quindi all’uscita resta la sensazione di pesantezza.
Roma è fotografata e ripresa in modo favoloso, le musiche belle ed interessanti e Sevillo è magistrale e molti degli attori di ‘contorno’ molto bravi.
Bravo Sorrentino a dipingere la decadenza. Favolosi certi personaggi/macchiette che popolano la città eterna e, persi nella loro ‘vuotitudine’, si muovono senza rendersi conto di dove sono e che i palazzi, i giardini, le strade, i monumenti e le statue li osservano con pietà.
Film da vedere ma, forse, da non rivedere una seconda volta per intero.

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Lussuoso! / 28 Maggio 2013 in La grande bellezza

Non si può parlare di capolavoro, quello è più che palese, ma l’ultima fatica di Paolo Sorrentino, un regista che prova a fare bel cinema nel bel paese, non può di certo passare inosservata. Ciò, fortunatamente, sembra non stia accadendo, un pò per il notevole consenso ricevuto a Cannes, nonostante l’esclusione dal Palmarès, ma soprattutto per il notevole successo del pubblico pagante. “La grande bellezza” è un film lussuoso per gli standard della nostra produzione, ottimamente recitato da Toni Servillo e da un sorprendente Carlo Verdone su tutti, coadiuvati da un altrettanto ottimo cast e da una regia lenta, attenta alle attese, ma mai troppo stancante. E’ Roma la vera protagonista, il teatro delle lunghe, appunto lente, passeggiate notturne di Jep Gambardella, ma anche il luogo del disfacimento di una società pigra, festaiola, notturna e snob, dove fra un drink e l’altro, feste rumorose e mondane e trenini accompagnati dall’ultima Hit cafona di turno, ci conducono nel vuoto più assoluto, significativa la frase di Jep/Servillo: “I nostri trenini so i più belli di tutti, perchè non vanno da nessuna parte.” La lentezza è un personaggio invisibile in questo film, ma non rimane difficile accettarla, farla nostra, e il motivo sta nel fatto che dopo le chiassose baracconate sulle terrazze di una Roma inerme, festini squallidi fra divi, divetti, starlet più o meno note e vip falliti, quella calma imposta, forse, ci riporta ad una riflessione più che dovuta, su ciò che siamo, su ciò che siamo stati, su ciò che saremo, ma soprattutto su dove vogliamo andare.

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7.5 / 28 Maggio 2013 in La grande bellezza

Per un attimo ho pensato davvero che un film italiano (moderno) potesse confrontarsi con il cinema da festival. La grande bellezza non poteva vincere a Cannes e neppure il suo protagonista. Al solito, il giornalismo italiano tende a compiacere le nostre produzioni esaltandone le qualità al di sopra del reale valore. Con questo non voglio dire che il film di Sorrentino sia brutto, nè tantomeno che Servillo non sia stato bravo nel ruolo del giornalista annoiato, ma nessuno dei due aveva speranze. Forse anche la Vie di Adele è solo un tributo della giuria al dibattito politico sulle nozze gay (sarebbe un pò banale). Forse non era il miglior film, non lo so. Aspetto di vederlo per pronunciare un giudizio ma il film di Sorrentino, per quanto ben fatto, cede sul piano dei contenuti.
Visivamente magniloquente, imponente e, per certi versi, ridondante, lo stile di Sorrentino regala delle bellissime immagini di Roma, delle sue vie notturne, dei suoi musei e dei suoi palazzi. La grande bellezza è la bellezza di Roma e viene resa attraverso una danza di immagini e musica (il connubio riesce perfettamente a Sorrentino, così come gli era riuscito in This Must Be the place) speciale. Nulla a che vedere con i film da cartolina che sembrano incantare e invece sono tristi e vuoti.
In questo caso il vuoto non salta all’occhio attraverso l’immagine ma viene deliberatamente ricercato nella sceneggiatura. L’idea della ricerca di un ideale autentico attraverso la mondanità e l’eccesso, attraverso un ventaglio di personaggi che sviliscono il concetto di arte e lo rendono attraverso poche rimasticature new age o attraverso la strumentalizzazione dei sentimenti dei bambini è interessante, ma Sorrentino in questo è un pò vittima del suo manierismo. Specialmente quando accenna alla religione, momento in cui la ferocia del film scade un pò in caricatura. Molto più graffiante la prima parte, decisamente caricaturiale la seconda.
In questo il peregrinare cinico di Servillo è perfetto, anche se l’attore, come il regista risulta a tratti esasperato, così esasperato che anche nei momenti di debolezza risulta affettato.
Verdone ha significato solo in una frase, quella di commiato, la Ferilli ha una sua dimensione e mi è piaciuta decisamente di più. Serena Grandi è un ottima rappresentazione di quello che Sorrentino vuole ritrarre: la decadenza morale e la vacuità di una classe sociale che non ha (più) nulla da dire se non per autocompiacersi.
Giovani spiantati, vecchi debosciati, nobili senza onore, artisti senza talento, sono tutti parte dell’orrore che popola la città più bella del mondo. Chi paragona questo film a La dolce vita di Fellini prende una cantonata perchè per quanto simili i due film, o perlomeno i protaginisti, sono molto diversi. In Servillo non c’è ambizione ma solo autodistruzione, mentre in Mastroianni c’era l’impulso a superare uno stato di insoddisfazione.
Alla fine di tutto questo bla bla bla, sono innegabili il fascino e il significato del film ma il limite è proprio in una (non tanto) recondita autocelebrazione che poteva essere, quantomeno limitata un pò.

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27 Maggio 2013 in La grande bellezza

(Sei stelline e mezza)

Sorrentino o l’arte della prolissità.
La mia impressione è che, avendo più mezzi (economici) a disposizione del suo solito, l’autore si stia divertendo nel fare ciò che desidera fare, senza porsi troppi limiti. Il che non è sempre un male. Ma, purtroppo, qui, lo è stato.

Mi spiego: come è già accaduto nella sua prova letteraria, Hanno tutti ragione, questa pellicola del buon Paolo abbonda ben oltre la sua effettiva risoluzione narrativa, introducendo nel racconto elementi sostanzialmente fini a sé stessi, utili a “soddisfare” le sue velleità personali.
La parentesi religiosa conclusiva, per esempio, benché importante nella definitiva caratterizzazione del protagonista, è pallida, poco incisiva, votata alla ricerca di un potente effetto visivo ed allegorico (dopo aver recentemente visto My son… di Herzog, comincio a domandarmi se i fenicotteri abbiano un significato simbolico a me ignoto) che, in realtà, non arriva mai, nonostante i tantissimi richiami ad un immaginario cinematografico (Fellini, ovviamente, ma anche Pasolini, e chissà cos’altro) e pittorico di lusso (Antonello da Messina imperat).

Jep Gambardella è un personaggio bello ed interessante (e Servillo, ca va sans dire, è un corpo ed un volto magistrale) ed il suo vagare fisico e mentale è davvero fascinoso. Ma, paradossalmente, è inscritto in una narrazione troppo episodica e frammentaria, slabbrata, a tratti irrisolta, ed in una carrellata di altri personaggi troppo abbozzati per diventare indimenticabile come meriterebbe.
La compiutezza non è di questi luoghi.

Bella la fotografia, leziosi alcuni movimenti di camera troppo insistiti e manierati che, altrove (ovvero, in tutti i suoi lavori precedenti) ho apprezzato quasi incondizionatamente, ma che qui (vedi, soprattutto, i primi dieci minuti di pellicola) mi sono parsi quantomai vezzosi.

P.s.: Herlitzka che (voglio crederlo!) cita Gassman (per accentuare l’elusione dal peso della propria carica religiosa) mi è piaciuto molto. Eh, sono una mente semplice.

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27 Maggio 2013 in La grande bellezza

Il vuoto sì. Cosa muova tutto il film di Sorrentino è chiaro, una pesantissima sensazione di vuoto. Tralasciamo le motivazioni, c’è una fumo quasi di pesante nulla che arieggia nella vita della capitale, grandioso simbolo dell’italia tutta, una bruttezza (a discapito del titolo) imperante, una formidabile tensione ad arrancare verso il giorno successivo senza che nulla rimanga e nulla rimane. La performer è di un idiotismo unico, ma di successo; la ragazzina non fa arte, ma i galleristi se la contendono; lo scrittore non scrive, ma è comunque un uomo “che muove” la mondanità e la critica della stessa; il cardinale certamente non fa il suo mestiere; e tutto, tutto è rappresentazione, cafona per di più.
Forse il film è speculare al Garrone di Reality, lì dove si guardava alla società bassa intrappolata nella rappresentazione di un alternativo auspicato e desiderato che si sostituisce alla concretezza di un mondo comunque in perenne, teatrale inconsistenza (ricordiamo il folgorante incipit favolistico del matrimonio), qui si guarda alla società danarosa che non fa altro che mettere in scena feste, funerali, arte, passeggiate, incontri, anche il criminale nel suo balcone mette in scena, come da un palco, pezzi della sua vita, compreso il suo arresto. Rappresentazione appunto.
Che Sorerentino sappia girare è un dato di fatto, che sia il simbolismo esasperato, la scheggia improvvisa di qualcosa che si impone nei suoi film (la bambina che si nasconde, i bambini che corrono, il mare sul soffitto, anche i fenicotteri, il logo Martini su Roma, l’onirica passeggiata per i palazzi romani, lo splendido finale sui titoli di coda) di una bellezza, questa sì, incontrovertibile, diamolo per acquisito.
Ma non era il film che mi aspettavo da tanto chiacchiericcio. E’ un film sulla vecchiaia, sul tempo perduto e sulla nostalgia della giovinezza. Non ci sono giovani neppure alle famose feste se non qualche bambino felice e qualche bambino infelice che arringa per difendere il suo diritto all’infanzia, un ragazzo legato alla follia e ad una solitudine terrificante, due innamorati fugaci e la tristezza della propria giovinezza perduta. Questo è un film che guarda al tempo trascorso, al disfacimento fisico, all’urgenza gridata dalla consapevolezza che il tempo stesso sta finendo: Jep non vuole più fare ciò che non gli piace (non ha tempo da perdere), Ramona è un personaggio scollato dalla sua età anagrafica che di tempo fisico non ne ha più; Romano si arrende al fatto che abbia l’ultima occasione per stare sufficientemente bene: questo è un film in cui il futuro finisce quasi domani. Se c’è la potenza di un qualsivoglia messaggio questo secondo me è quello che dice dell’Italia, non c’è progetto, non c’è speranza, non c’è orizzonte oltre alla festa che sarà data domani, siamo ripiegati su un passato che è inesorabilmente alle nostre spalle.
Venti minuti in meno non avrebbero guastato.
Ottima la Ferilli, dolente e brava. Non mi è piaciuto Verdone. Servillo è ormai davvero un pezzo della nostra coscienza collettiva, camminava in un paesaggio a la De Chirico nel Divo, qui è peggio, passeggia in una Roma da affresco quasi rassicurante tanto da risultare un elemento fuori luogo in ogni luogo.
E Sorrentino almeno evita ogni ammiccamento alla politica alta/bassa/media, se deve fustigare qualcuno fustiga la borghesia progressista (di sinistra proprio e sempre popolata da tutti quei libri, li avete visti gli Einaudi anni 60, le belle edizioni anche in prossimità del letto di Jep? Oddio, mi ricorda proprio qualcosa) che magnifica le proprie qualità indecorosamente false, specchio di tutta quella autorappresentazione che nulla fa per squarciare il velo e guardare la verità, qualsiasi essa sia.
Mi lascia perplessa il suo avvilupparsi dentro a un disagio individuale e psicologico direi proprio di Jep, che il motore della sua decadente corrosiva analisi della vita sia l’amore di gioventù perduto sfiora l’ovvio e il banale. Certo che non si sbaglia mai a individuare nella “grande bellezza perduta” il primo amore, la prima esperienza sessuale, il vigore dei venti anni che guardavano, quelli sì, a un futuro più lungo del dopo domani. Davvero il grande vuoto e la grande bruttezza ci sono solo là dove ci si è lasciati sfuggire l’amore? Davvero il cinismo, la consapevolezza agre e il distacco disincantato si possono avere a seguito della “delusione” amorosa, o meglio, dell’arrendersi al fatto di essersi lasciati sfuggire l’amore? E che l’unico momento del presente in cui il vorticoso mondo di Jep perde sarcasmo è i trenta secondi del bacio dei due giovani (che sono dieci giorni che non fanno altro che baciarsi)? Insomma fate di tutto per non farvi sfuggire l’amore, altrimenti sarete Jep, disintegrati (o, come dico io, polverizzati)

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26 Maggio 2013 in La grande bellezza

Un inizio folgorante, 30 minuti di capolavoro, e poi l’assestamento su un binario scoppiettante, forte, grottesco e girato come pochi in Italia.
E’ un Sorrentino in pieno forma quello che tiene le redini de La grande bellezza; 2 ore e 20 di nulla, è innegabile, ma un nulla profondo, che nell’avvicendare immagini e musiche travolgenti, lascia in eredità un sottotesto di significati accennati o espliciti e in ogni caso riusciti, che impiegano l’immaginazione e la mente dello spettatore in un vortice di fascino e disgusto.
Dimostrando un’immensa bravura ed echi Malickiani e perchè no, Coppoliani ( Sofia), con uno stile che passa dal rarefatto e intimista allo sprezzante e in your face, Sorrentino confeziona scene perfette, tra tutte quelle senza dialoghi, dove sono i soli visi e corpi e la musica a farla da padrone. Qui mi riferisco alle feste, alle veduta di Roma, alle corse nei conventi, alla composizione scenica, tutti elementi che da sempre hanno il mio cuore e che qui sono resi con grazia e con un uso personale del mezzo cinematografico.
Un film pieno di bellezza, ma sulla bruttezza e la ricerca del suo contrapposto. Jep, cioè un Toni Servillo divino ( letteralmente ammaliata dalla sua comparsa in scena, con annesso sorriso indescrivibile, che rivedrei 1000 volte), spadroneggia incontrastato e con un paio di monologhi sarcastici e taglienti come non mai, marchia a fuoco la sua identità cinematografica, così penosa e grande, contraddittoria e magnifica, nostalgica e surreale, compiaciuta e piena di rimorsi. Insieme ad un cast bravissimo fatto di personaggi atipici e stereotipati, il tutto e il contrario di tutto compongono la bellezza e la bruttezza.
Bellissime musiche, un uso evocativo della CGI ( livelli discreti per un film italiano), una fotografia calda e brillante e una Roma stupenda, sono lo sfondo perfetto di una storia piena di simbolismi e dettagli di classe, che rimane impressa e necessitante di una seconda visione.

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Sorrentino come Allen / 24 Maggio 2013 in La grande bellezza

Chiunque abbia velleità artistiche in Italia vorrebbe partecipare ad un film di Sorrentico come fu in passato per Allen e proprio “velleità” dei cani mi è venuta in mente vedendo questo film soprattitto durante le performance cosiddette artistiche. Parliano in ordine sparso dell’apparizione della Grandi che fa se stessa, decadente al limite della pietà, la Ferrari con le maniglie dell’amore che la pubblicità dell’intimo aveva corretto con photoshop, e infine un Verdone più disilluso che mai.
La grande bellezza ovviamente è Roma dall’inizio alla fine tutto il resto contorno e ipocrisia, non della storia ma proprio dei protagonisti tanto per citare le lacrime di Jep al funerale che sono realtà o apparenza?

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“E’ soltanto un trucco” / 24 Maggio 2013 in La grande bellezza

Esordire sostenendo che questo film , a distanza di oltre mezzo secolo , si propone di ricreare l’atmosfera surreale e per quei tempi dissacrante della vita notturna romana immortalata ne “La dolce vita” non è certo originale perché è stato detto e ridetto da molti altri .
Ma Sorrentino non è Fellini ed allora l’operazione finale ne esce solo parzialmente riuscita e basta poco per farci rendere conto che la magia di “quelle” notti felliniane qui è soffocata dal cattivo gusto (voluto ) e dalla cacofonica musica delle feste (terribile quella del compleanno di Jep ) cosicché i personaggi vi si muovono per lo più come caricature , figure fasulle e grottesche che annaspano in uno scenario finto , del tutto irreale .
Ma la “bellezza” io l’ho trovata nello splendido coro a cappella di voci femminili di una delle scene iniziali , nelle belle inquadrature di una Roma sempre incantevole a dispetto dell’ ingiurioso degrado che si continua ad infliggerle , nel turbamento del giovanissimo Jep per la visione del seno (non mostrato) delle sua prima fidanzatina , ma anche in altri momenti di un film che verrà probabilmente molto criticato (intanto è troppo ed inutilmente lungo ) ma che a me non è dispiaciuto .
In un ampio cast nel quale hanno trovato spazio in molti , compreso Lillo (senza Greg) , una debordante e quasi irriconoscibile Serena Grandi , e persino Fanny Ardant e Antonello Venditti in una fugace apparizione come se stessi , oltre al “solito” sontuoso Servillo mi è piaciuto il frustrato e malinconico Romano , uno dei pochi personaggi positivi del film , interpretato da un insolito Verdone , quello altrettanto convincente della Ferilli, mentre mi è parso un po’ troppo sopra le righe e al limite del caricaturale quello del cardinale interpretato dal comunque sempre bravo Herlitzka .
Insomma , sufficienza piena ma niente di più .

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Contrasto straordinario… / 23 Maggio 2013 in La grande bellezza

…quello tra bellezza e squallore mirabilmente dipinto da Sorrentino. Fotografia, musica e parole molto ben orchestrate. Un personaggio sorprendente che stupisce in ogni azione e interpretazione. Una varietà e una ricchezza di personaggi e situazioni che lasciano il segno… il tutto nella città che per antonomasia è un contrasto vivente tra straordinaria bellezza e volgarità in ogni ambiente. Gran film!

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La grande bellezza / 23 Maggio 2013 in La grande bellezza

L’opera di Celine da cui Sorrentino estrapola l’incipit de “La grande bellezza” è terribile e secca come la sensazione che il film lascia ai pochi ospiti della sala. Roma, città che nell’immaginario collettivo vive nei versi di Catullo, viene presentata con il rumore assordante delle scene iniziali. E poi la solitudine, la notte prima dell’alba, le fontane di piazza Navona sono spente in un silenzio che urla lo svanire per sempre della grande bellezza. Roma non è più dolce come nelle scene di Fellini, ma bella di quella bellezza ormai passata e che adesso resta ferma, immobile in monumenti usati da sfondo per case costose o cattolici uffici. Predominano le luci sui cartelloni pubblicitari e l’incanto felliniano di un animale esotico tra mura storiche scompare con un’illusione. Sorrentino mette in scena personaggi e temi contrastanti: suore e spogliarelliste, divertimento sfrenato e immensa tristezza, meraviglia e monotonia, realtà e pettegolezzo, lusso sfrenato e arte squattrinata, spreco ed essenzialità. Infine, tutte le contraddizioni si risolvono ad una sola, essenziale: l’uomo miserabile e la grande bellezza. Toni Servillo interpreta con maestria un percorso ironicamente amaro e lo sforzo artistico di un uomo la cui ricerca si rivela vana poiché ha scordato il punto di partenza. Perché le vere radici non sono storiche, non abbiamo nulla di storico e la storia non ci ha insegnato nulla. Le vere radici sono i sentimenti che non siamo riusciti a scordare, la prima volta che ci siamo spogliati, il primo vero momento di vita o morte che sia. Tutta la nostra vita si riduce a quel momento e invecchiamo illudendoci di averlo vissuto ieri.

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“Cercavo la grande Bellezza. Non l’ho trovata.” / 23 Maggio 2013 in La grande bellezza

Sorrentino è fondamentalmente un depresso, questa ormai è una verità incontrovertibile. E, come aveva già fatto in This Must Be The Place, restituisce la sua depressione allo spettatore in forma puramente estetica, rischiando però di finire per specchiarsi continuamente in se stesso, a scapito della storia, della trama, e in ultima analisi dimenticandosi pure dello spettatore.
D’altronde, la vacuità e lo squallore di fondo dei “salotti bene” romani ce li aveva già abilmente raccontati negli ultimi due capitoli di “Hanno Tutti Ragione”: non a caso Jep Gambardella è una sintesi ben riuscita del disincantato Gegè Raia e del ruffiano Tonino Paziente.
Avendo associato immediatamente, fin dal primo trailer, questo film al libro non mi aspettavo niente di diverso, ma i tempi mi sono sembrati esageratamente dilatati, con buona pace della scelta stilistica: un buonissimo primo tempo contro un secondo tempo fin troppo lungo e inutilmente ridondante.
So già che lo rivedrò e lo rivaluterò, ma stavolta anche l’antico affetto per l’accoppiata Servillo-Sorrentino non basta a non farmi pensare che si tratti, in fondo, di un’occasione mezza sprecata.

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