Recensione su La grande bellezza

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Labile bellezza / 18 Febbraio 2014 in La grande bellezza

In una Roma presa in ostaggio da una mondanità esasperata, la grande bellezza simula l’artificio più riuscito, l’inconsistenza. Tramite i suoi futili valori, essa ricalca l’impronta di un ideale vano, che cerca dietro un arcano simbolismo, di emergere dalle torbide acque dell’anonimato.
I penetranti silenzi, seguiti dagli striduli acuti di un tempo che non fa altro che commiserare sé stesso, sono una cornice adatta a quel tipo di solitudine che Sorrentino cerca di ritrarre nel corso del film, riuscendoci in minima parte.
Ma quel poco basta perché esclude il resto, l’inutile avanzo che si potrebbe creare quando un ricordo appassisce, e perde la sua naturale bellezza.

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