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The Wolf of Wall Street

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10 Gennaio 2022 in The Wolf of Wall Street

Chiunque non abbia compreso la critica a Wall Street e al mercato azionario probabilmente dovrebbe riconsiderare la sua capacità di lettura di un film.
Il rischio che queste operazioni glorifichino i malfattori, tra eccesso di consumi di droga, alcol, depravazioni e l’attuazione di truffe è riconoscibile soltanto in uno spettatore privo di quoziente intellettivo e buonsenso.
The Wolf of Wall Street avrebbe alcune analogie con Goodfellas: personaggi ambiziosi che dal nulla costruiscono il loro impero del crimine (perché chiunque ignori che ciò che avviene sia contro la legge, semplicemente perché “è un film”, magari simpatizzando anche per i suoi personaggi, ripeto, non ha capito granché), mostrandoci tutti i processi che li conducono ad occupare i vertici di potere fino all’inesorabile caduta (con il fasullo pentimento e la collaborazione con la legge pur di ottenere un’attenuazione della pena), accompagnati dalla narrazione del protagonista.
Anche la durata, certamente non indifferente, è un comune denominatore tra questo film e Quei Bravi Ragazzi.
Ed entrambi hanno la capacità di intrattenere lo spettatore.
Se Goodfellas faceva vivere e respirare le atmosfere, The Wolf of Wall Street stimola depravazioni e peccati, concedendo allo spettatore qualche grassa risata.
Talvolta Scorsese eccede nell’eccesso.
Lungi dall’essere un moralista, ma per quanto possa essere divertente vedere dei broker sniffare montagne di coca, scopare e fare scemenze, è un circolo vizioso che si ripete ad nauseam, tanto da divenire una parodia dopo un’ora di film (su circa 3 ore di durata).
Forse era questo l’intento del regista: ridicolizzare coloro che aspirano la droga acquistata con i soldi dei poveri investitori. Mostrarci che per loro, i soldi degli onesti lavoratori truffati dalla promessa di un cospicuo guadagno nel mercato azionistico, finiscono nel loro naso. C’è forse uno scimmiottamento ma anche un sincero divertimento da parte di Scorsese di rinnegare, fino al parossismo, l’amore e la dipendenza dalla droga che contraddistinse una fase della sua vita.
Film indubbiamente divertente, con un Leo che la fa da padrone ma che si sollazza un po’ troppo.
Probabilmente la pellicola più adatta per far conoscere Scorsese ai giovani, forse perché è tra le più accessibili e, non me ne vogliate, anche tra le più puerili. Volutamente puerili, ovviamente. Anche un po’ troppo,

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Tra American Pie e Wall Street / 26 Giugno 2017 in The Wolf of Wall Street

Questo curioso ibrido fra American Pie e Wall Street rimane sopportabile per circa due terzi della sua durata. Si sorride, più raramente si ride (la cocaina usata come analogo degli spinaci di Braccio di Ferro, per esempio), talvolta si aggrotta la fronte. Ma nel terzo finale la trama comincia a sfrangiarsi, a tornare su se stessa: è palese che non si sa bene che fine fare al protagonista, che si ritira, anzi no, confessa tutto, si rimangia la confessione, inguaia gli amici avvertendoli che li sta inguaiando per poi inguagliarli ancora. Riflesso, mi pare, della fondamentale ambiguità morale del film: al protagonista va la simpatia neanche tanto furtiva degli autori, che non si rassegnano a fargli fare la fine meritata. L’antagonista dell’FBI è una sagoma di cartone che alla fine contempla con apparente rimpianto il vagone della metro in cui viaggia, pieno – orrore! – di poveri invece che di prostitute e allegri truffatori. Le vittime di Belfort rimangono voci distanti al telefono, cui è divertente fare gestacci mentre le spenni.

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questo è cinema, signori! / 5 Dicembre 2015 in The Wolf of Wall Street

Cos’è “The wolf of Wall Street”?

Io non riesco a capirlo. 
Scorsese mi ha scaraventato nel mondo di Jordan Belfort.
Mi sono sentito, alla fine del film, piú fatto di Jonah e Leo. Cosa è successo, mi sono chiesto. Sono passate tre ore? No.. ti sbagli, solo un quarto d’ora.. l’orologio sarà rotto.

L’opera cinematografia più assurda, incredibile, pazzesca, aberrante, divertente, spettacolare, che i miei occhi abbiano potuto vedere, le mie orecchie abbiano potuto ascoltare.
Non venite a dire che non ha una morale, è volgare ed è insensato. Perché dietro al lavoro unico e irripetibile degli attori, che lasciano senza fiato, di regia, montaggio, fotografia e sceneggiatura, c’è una storia, uno dei ritratti più belli di sempre, probabilmente, dell’avidità, dell’insaziabilità, ma anche della speranza, dell’ambizione e della perseveranza.

Cinema puro ed intrattenimento di altissimo livello.

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Metodico 0 / 10 Ottobre 2015 in The Wolf of Wall Street

Film che non mi ha annoiato, ma mancava qualcosa.. non mi è rimasto, bravo Di Caprio.. ma con questo film si aspettava un oscar? xD ..

Yuppies never die / 30 Settembre 2015 in The Wolf of Wall Street

Jordan Belfort e la sua sbarellatissima corte di yuppies parvenu vivono al massimo e non smettono di scopare, sniffare e ingollare pasticche come fossero m&m’s. I dollari piovono a palate, non si sa neanche quanti.
Questo drogato angelo nero della finanza è incarnato alla perfezione da Di Caprio, non si placa un attimo, si spinge sempre oltre il limite fino all’epilogo, metafora dell’immortalità di questa mentalità speculativa.
Le trovate di Scorsese sono lampi di genio cristallino; si muove perfettamente a suo agio nell’ambiente sfavillante e marcio del jet-set come aveva già dimostrato nell’immortale Casinò, e qui ci propone gustosissimi sfasamenti narrativi: le Ferrari o le Lamborghini che cambiano colore in corsa, i momenti di sguardo in camera in cui Belfort ci racconta lucidamente i suoi eccessi, la visione di sequenze ‘adulterate’ dalle droghe poi ripercorse per come sono andati realmente i fatti (Jordan che rincasa dal Country Club per avvisare il socio che i telefoni sono controllati).
Da antologia la sequenza in cui Belfort strafatto si rivitalizza con la coca per salvare l’amico Donnie (un grandissimo Jonah Hill), mentre alla tivù Popeye spreme il suo iconico barattolo di spinaci
Con Scorsese, la colonna sonora non può essere che da sballo: pezzi blues, rap rock, lo hum hum di McConaughey nel “Money Chant”, la fantastica “Mercy, mercy, mercy” di Cannonball Adderley riproposta in finale con quella sorta di alternate take, nella parafrasi pianistica di Alain Toussaint. Simply gorgeous.

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Tutti i nodi vengono al pettine / 20 Settembre 2015 in The Wolf of Wall Street

Ripristinare il disgusto per un immeritevole eroe. Ecco che cosa vuole fare il vecchio Martin Scorsese. Perché a mio parere Jordan Belfort ne esce tutt’altro che come un uomo degno di complimenti. Jordan arriva a Wall Street come un piccolo bastardo ambizioso affamato di soldi. E non è difficile fare un sacco di soldi se uno ci tiene (disse Orson Welles in Quarto Potere, film che tra l’altro ricorda the Wolf of Wall Street). E per tenerci non si intende faticare, si intende non guardare in faccia niente e nessuno, compreso te stesso: A fare gli onori di casa per lo speranzoso DiCaprio c’è un impomatato e macchiettistico Matthew McConaghey, perfetto nei panni non tanto di una persona, ma come riassunto di diverse personalità, un personaggio di cui il giovane Jordan non può non rimanere affascinato. E’ come se dietro l’atteggiamento del broker si nascondesse la chiave per ottenere ciò che vuole: soldi. E i soldi si sa, non bastano mai, una volta ottenuti se ne vuole ancora di più. Non solo ti comprano le cose migliori ma ti rendono anche una persona migliore. Nonostante un difficile inizio Jordan riesce a avere i soldi, più di quanti ne avesse mai immaginati. Tuttora in America viene considerato uno dei più grandi Brocker di sempre. Ma Scorsese non vuole che Jordan venga vista come una persona da ammirare. Per questo mostra con tanta chiarezza la vita di eccessi e tende a celare i dettagli tecnici del mondo della finanza. E l’incalzante ripetizione in ogni dialogo della parola “fuck” forse tende a dire, non sono persone toste, intelligenti, sono persona squallide. Tutti loro sono persone che hanno pianificato ogni cosa della loro vita in base al denaro. Cocaina, soldi, animali, donne nude, nani volanti… fanno solo pensare: basta, fa schifo tutto ciò.
E attenzione, perché il denaro non è un pilastro stabile su cui si può appoggiare una vita, il denaro può andarsene.Scomparire, e se scompare il denaro in una vita in cui è le fondamenta, crolla tutto.
Scorsese costruisce così una parabola sull’avidità, una critica sul capitalismo che consente a chi al denaro di farla franca sempre. Ma il vero nemico, o anti eroe non è Jordan Belfort. E’ quello che rappresenta Jordan Belfort, un qualcosa accaduto perché reso dalla società qualcosa di possibile. E così questo film ci strappa amare risate su dei ridicoli piccoli uomini, non bisogna provare pietà per loro, dopotutto, hanno deciso loro di entrare nella tana del Lupo

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Scorsese fa overdose, ma di tette e culi. / 31 Marzo 2015 in The Wolf of Wall Street

Bellissimo film, dall’impatto molto forte, che sconsiglio vivamente da vedere in famiglia essendo costituito per un buon 30% da scene di sesso, per non contare poi quelle di droga.
Mi associo alle critiche sulla durata esagerata: 3 ore sono davvero troppe per un film che, se si fossero levate un po’ di porcate, sarebbe trascorso facilmente in 2 ore e senza bisogno di fare tagli alla trama principale!
Capisco che si voglia denunciare uno stile di vita fatto di eccessi, ma abbi pietà di me Martin Scorsese, io all’ ennesima orgia non aspettavo altro che lo mandassero in galera per finire il film auahahaha
Nonostante non abbia molta voglia di rivederlo credo sia un film che valga la pena di essere visto almeno una volta, e per chi ha più pazienza di me penso anche di più.

In tutto questo mi chiedo perchè non abbiano dato il dannato Oscar a Leonardo 🙁 penso sia stato fenomenale in tutto il film e anzi, in alcune scene ho temuto per la sua vita auahahahahahaha
Leo siamo tutti con te.

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23 Febbraio 2015 in The Wolf of Wall Street

Non mi è piaciuto per niente! Non ha una morale ed è volgarissimo!

Tu chiamalo se vuoi clichè….. / 2 Gennaio 2015 in The Wolf of Wall Street

Il film è nel complesso bello ma allo stesso tempo vuoto, è come se avessero messo insieme tutti gli eccessi senza alcun filo logico , a tratti un po’ scontato.
E’ stato, a mio modesto parere, molto sopravvalutato come film.

17 Dicembre 2014 in The Wolf of Wall Street

Un modo per passare circa tre ore in modo piacevole. Il film è vuoto, ma piacevole. La fine mi ha lasciata un po’ così, ma avrei dovuto aspettarmelo credo.

27 Novembre 2014 in The Wolf of Wall Street

Carino, leggero, da non prendere troppo sul serio. Troppo lungo per raccontare una non-storia come questa.

16 Settembre 2014 in The Wolf of Wall Street

Beh su questo che dire… Sapevo che era fatto in un certo modo, ma non pensavo così tanto. Di Caprio molto bravo, ma il film… Mboh non so se mi è piaciuto, troppo lungo e forse troppe troppe battute volgari, ok che si parla del mondo dei soldi e della corruzione, però a me parevano troppo sboccati

Fuori dal coro / 8 Giugno 2014 in The Wolf of Wall Street

A distanza di qualche mese dall’uscita nelle sale, spinta dalla curiosità ho deciso di guardarlo. Americanata senza precedenti.Scorsese pone l’attenzione su questo giovane alla ricerca della gloria,dedito all’uso di droghe e ce lo spiattella in tutte le salse. Il connubio al limite della superficialità,droghe/donne e motori la fa da padrone.Sceneggiatura spicciola e volgare.La sola curiosità potrebbe spingervi a vedere questo film.Unica nota positiva di questo inutile film è un Leonardo Di Caprio,impeccabile, e spietato.

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20 Aprile 2014 in The Wolf of Wall Street

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Jordan è questo brokerotto, prima sfigato poi ganzo poi stracotto, che nonchalamment attraversa le varie fasi da classico film americano. Parte, e al suo ingresso a Wall Street viene sputato fuori quasi subito dal sistema. Riparte dal basso, e il sistema lo fa esplodere facendolo suo e dettando le regole del gioco. Decade, per troppa potenza. In questa cornice narrativa tradizionale e piuttosto ritrita, il personaggio di Lenny DiCaprio è abnorme e fuori come un balcone, strafatto e impetuoso. Ed è lui, la materializzazione dell sogno americano all’incontrario, che prende il mondo e gli da fuoco per distruggerlo come un cerino, però ca**o quanto ci siam divertiti con la fiamma. Intorno a lui, la visione di Scorsese della finanza turbocapitalista, che vabbè, è una me**a e lo sapevamo già, ma minuziosamente qui è descritta, come un girone infernale popolato di criminali nemmeno troppo mimetizzati, però con una bella cravatta o una camicia hawaiana. Storia vera, dove chi si ferma è perduto e chi è perduto spinge gli altri nel baratro.
Perché i valori contano.
La corporeità delle scene tra Jordan e i suoi accoliti è magistrale e insistita, e funzionale al racconto, e fastidiosa anche, a mostrare il branco che segue il lupo-boss e si mangiano tutto, e puttane e droga come se piovesse, e fa paura. La seconda moglie di Jordan fa sesso, il mondo dei soldi fa schifo ma avercene, il crimine non paga e blà; lui alla fine se la cava perché uno così se la sarebbe cavata comunque, stesse mai zitto, e voi fate tutti schifo e vi schiaccerò. Perché ho i soldi.

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Un lupo “prolisso” / 31 Marzo 2014 in The Wolf of Wall Street

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Martin Scorsese non si smentisce mai e, anche con The Wolf of Wall Street, ha saputo rendere la vita sfrenata e senza limiti di Jordan Belfort, un broker senza scrupoli e, probabilmente proprio per questo, di maggior successo di Wall Street. Chi non ricorda “Quei bravi ragazzi”, “Il colore dei soldi” o, i più recenti, “Gangs of New York” o “The departed”?. Un denominatore comune: successo, potere e lotta, a dispetto di tutto e tutti, per ottenerlo.
Jordan Belfort, un contemporaneo Dorian Gray, che viene educato da Mark Hanna (Matthew McConaughey), il nuovo Lord Henry Wotton, a ottenere risultati eccelsi nel lavoro, grazie ad uno stile di vita dissoluto fatto di sesso e droghe. Solo l’orgasmo raggiunto pensando al denaro sarà indice della totale devozione al dio Denaro. Il giovane Jordan, a questo punto, non riesce a fare altro oltre che seguire alla lettera questi preziosi “insegnamenti” e si passa così al next level del brokeraggio. L’estrinsecazione completa della sua trasformazione sarà davvero completa quando Donnie Azoff (Jonah Hill), un semplice venditore di camere da letto per bambini affascinato dalla sua vita, si unirà a lui per fondare la Stratton Oakmont. Non ritroviamo Colin Sullivan (The departed) o Henry Hill (Quei bravi ragazzi)? Giovani spregiudicati, vittime della loro stessa smania di successo, e incapaci di porre freno a ciò che sono in grado di potersi permettere. Hanno il mondo in mano, almeno per un po’. 180 minuti in cui non mancano momenti esilaranti e momenti di riflessione ma che, comunque, risultano ridondanti e rischiano di sfinire lo spettatore. Il giro sulla giostra di Jordan poteva essere più breve e rendere ugualmente l’idea.

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20 Marzo 2014 in The Wolf of Wall Street

e 8 sia! Di Caprio da 10! Unico, pazzesco, fenomenale come solo lui sa essere e anche di più questa volta! inimitabile nella scena della paralisi. Un pochino lunghetto tutto sommato ma Scorsese riesce comunque a non annoiare, al contrario lo definirei un film da shock. Essere messi di fronte a questa storia non può che destabilizzare un attimo qualsiasi spettatore. Devastante, irreale, estremo. Un pò troppo al limite del porno in alcune scene. Non sono una fan particolare del regista ma ho apprezzato il tempo della narrazione, anche se certe scene paiono essere molto spettacolarizzate e gonfiate rispetto ad una possibile realtà. La scena Di Caprio/ Mc Conaughey al ristorante farà storia!

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15 Marzo 2014 in The Wolf of Wall Street

bello, ma eccessivo. nella durata in primis, alla lunga tre ore di cazzeggi tra droghe e mignotte annoiano un po’. ammetto, pur non amandolo, che di caprio è stato davvero notevole nella sua interpretazione del protagonista jordan belfort, e confermo l’ottima impressione avuta sul comprimario jonah hill ai tempi di moneyball, davvero una spalla grandiosa, con una fisicità strabordante ma al contempo leggera che mi ricorda a tratti il caro vecchio john goodman. la storia (vera) è un frullato new edition di quei bravi ragazzi e casinò per storture morali, fisiche ed economiche ma non riesce, nonostante tutto, a raggiungere le stesse vette di grandezza, anche per una grossa mancanza in termini di colonna sonora (mi trovo d’accordo su questo con @stefania che prima di me ha sottolineato, giustamente, questa lacuna). scorsese sceglie addirittura di ripetere il giochetto del protagonista voce narrante che trascina lo spettatore nel suo mondo, offrendo la sua visione della vicenda e calandolo, volutamente, nel suo inferno personale travestito da paradiso in terra. nonostante questo, forse ci si sentiva più vicini a ray liotta in “quei bravi ragazzi” o a robert de niro in “casinò”, azzardo: la carica di ironia è eccessiva anch’essa, in questo lupo di wall street, rendendo il protagonista un simpatico buffone in più di un’occasione ma allontanando lo spettatore dal coinvolgimento e (oso) dal giudizio morale che, in un film come questo, forse sarebbe bene non perdere di vista. magari, dare maggiore spazio alle conseguenze sul mondo dei comuni mortali del perseguire certi stili di vita avrebbe giovato, ma se scegliamo di dare ascolto a jordan belfort, è pur vero che dei poveracci all’altro capo del telefono c’importa ‘na sega.

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Eccessivo e fuorviante… / 11 Marzo 2014 in The Wolf of Wall Street

Non sono un Fan sfegatato di Scorsese, di cui amo qualche titolo, ma che trovo nel complesso sopravalutato.
Purtroppo il rimando a Wall Street (Oliver Stone) nel titolo mi aveva preparato ad un film con un minimo di spessore e cultura finanziaria, invece è stato solo un mezzuccio per intortare più “beoti” La finanza ed il mondo che vi ruota attorno poco o nulla hanno a che fare con questo film, eccessivo sotto tutti i punti di vista. Il regista denota una fastidiosa ossessione per i coiti orali di cui infarcisce ogni spazio libero, ogni frase è a turpiloquio libero, mentre ogni broker per essere tale e di successo deve pippare almeno 5 gr. di coca al giorno, insomma una marea di luoghi comuni portati all’ eccesso oltre ogni ragionevole limite. Tre ore quasi di film quando ne sarebbero bastate molte meno, purtroppo a certi registi si perdona tutto, ed andare contro corrente risulta difficile, molto meglio accodarsi con giudizi mirabolanti, avevdo come pietra di paragone il nulla siderale. Fortunatamente tra un anno nessuno si ricorderà più di quest’opera, con buona pace di Di Caprio bravino ma nulla di eccezionale nella fattispecie molto ma molto più meritevole per altre performance.
Colgo l’occasione per consigliarVi : A 1 km. da Wall Street film sviluppato con pochi mezzi, ma dai contenuti e dalla trama sicuramente più veritieri.

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Gli ho dato 9, ma lo considero comunque un capolavoro. Sei grande Martin, fanculo le critiche ! <3 / 2 Marzo 2014 in The Wolf of Wall Street

Il contatto visivo tra questo film, che tanto ha fatto discutere me è avvenuto, chiaramente per colpa mia, solamente stamane.
Mi pento di non averlo visto prima, perché è un lungometraggio che, malgrado le critiche, ti colpisce fortissimo come una secchiata d’acqua gelida e ti prende fin da subito.
Un lungometraggio eccessivo, potente e giustamente tale, in quanto, malgrado questo eccesso onnipresente, riesce ad essere realistico e invita un po’ a riflettere su quello che è il mondo della finanza e, soprattutto, dei finanzieri.
E’ stato accusato di essere troppo lungo e ripetitivo, ma per me non stanca affatto e, alla fin fine, malgrado il ripetersi di determinate situazioni, non smette di essere realistico e lo scopo lo raggiunge.
Non si tratta di pura estetizzazione di sesso, droga e violenza (non troppo presente nel film, seppure è intuibile; negli altri film di Scorsese, comunque, era un elemento molto più di capitale importanza), ma di una satira e di una critica verso un mondo celato ai più, percorrendo gran parte della carriera di Jordan Belfort.
La lunga durata dell’opera consente di analizzare bene tutti i personaggi e le varie situazioni, che non smettono mai di divertire non celando quello che, a mio modo di vederla, è uno dei migliori umorismi neri della storia del cinema.
Sceneggiatura praticamente perfetta, adattata per il grande schermo e tratta dall’autobiografia di Belfort. Scorsese…caro Martin (perdonami se ti do confidenza) , il tuo ultimo lavoro è veramente fenomenale, così cinico e divertente al contempo. La regia di Scorsese è ottima accompagnata da un montaggio che, malgrado le critiche per la durata, è perfetto in ogni sua parte: le scene scorrono velocemente e in modo fluido, diretto verso lo spettatore, grazie anche all’aiuto del narratore (Belfort) la cui voce fuori campo di tanto in tanto ci accompagna per il film. Diversamente, invece, non ho apprezzato molto la soundtrack, che avrebbe potuto essere più incisiva e veloce, considerando il tipo di montaggio scelto.
“Fanculo le critiche, allora, caro alex?” direste voi.
Beh…non tutte. Insomma, le critiche ci stanno al buon Martin, ma di certo non si può dire che il suo cinema sia oramai passato. Tutt’altro ! Egli riesce a modernizzarsi pur mantenendo il suo stile. Non diventa, tuttavia, piacione e la speculazione che si è fatta sul film è certamente per “colpa” di DiCaprio. Quindi, un ottimo film che però è stato un successo al botteghino per motivi commerciali, non però voluti da Scorsese né da DiCaprio, nonostante quest’ultimo ne sia il principale “colpevole” indiretto. Detto questo, la smetto di infastidirvi con ste’ mia considerazioni e vi dico solo che sì, sono felice che il film sia stato un successo, ma non lo sono altresì per il motivo di questo successo e molti acclameranno il prodotto come ottimo senza tuttavia capirne il vero motivo. Ottimo film, non eccessivamente osannato, né lo è l’interpretazione di DiCaprio che qui raggiunge vette altissime, anche se secondo me quest’ anno l’oscar lo meriterebbe di più McConaughey; ma a coronamento di una carriera che finora avrebbe meritato già qualche statuetta, gliela potrebbero anche conferire al buon Leo.

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26 Febbraio 2014 in The Wolf of Wall Street

Film al limite del porno in alcuni punti ma comunque grandioso a mio avviso…Di caprio secondo me eccezionale come al solito se non altro per come finge la paralisi!! 😉 il regista dal mio punto di vista rende bene i temi cardine del film ossia la brama di soldi e la corruzione che ne deriva soprattutto in chi come il protagonista viene dal niente…..nulla da da ridire su questo film

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21 Febbraio 2014 in The Wolf of Wall Street

Nulla da dire sull’ottima regia o sulla performance di Di Caprio – e l’ho trovato bravo nonostante la mia galoppante antipatia per lui; un plauso alla capacità di Scorsese di farci vedere uno spaccato di vita da ricconi (sessodrogasoldisessodrogasoldisessodrogasoldi) senza retorica né perbenismo, quanto con un occhio cinicamente divertito: sappiamo già come andrà a finire, questo film, ma ci arriviamo con una certa allegria.
Un difetto? È faticoso: non noioso, non difficile, semplicemente può lasciare mentalmente stanchi.

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Sesso, droga e borsa! / 19 Febbraio 2014 in The Wolf of Wall Street

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Ho apprezzato il film sia per la storia, sia per l’interpretazione di Di Caprio sia per la fantastica regia di Scorsese. Ha saputo alternare, senza rovinare la dinamicità, scene in cui il protagonista comunicava direttamente con il pubblico dirigendo il suo sguardo e il suo discorso alla camera, e scene in cui lo spettatore si trovava al posto di Jordan (ad esempio quando è in paralisi celebrale per la droga e deve scendere i gradini, dal suo punto di vista sembrano una trentina, mentre quando la ripresa diventa oggettiva di vede che c’è n’erano solamente 4; un’altro esempio è quando lui crede di aver riportato la macchina a casa completamente intatta anche se in seguito si vede che è completamente sfasciata).
In alcune parti l’ho trovato un po’ noioso e qualche scena superflua, infatti ad un certo punto ci si rende conto che sono passate 2 ore ma che ne manca ancora una.

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11 Febbraio 2014 in The Wolf of Wall Street

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Se Di Caprio non vincerà l’Oscar con questa magistrale interpretazione capace di ritrarre gli eccessi alcolici, sessuali e soprattutto farmacologici di Jordan Belfort, avrà comunque raggiunto un punto di svolta nella sua carriera. In tanti anni non era mai stato così entusiasmante come in questo film, mai così intenso ed evocativo, delirante e psicotico come qui.
A parte le speculazioni e le chiacchiere da bar sugli imminenti premi oscar, l’ultimo lavoro di Scorsese rimane scolpito più per il suo protagonista che per il suo regista. Per una volta l’alunno supera il maestro e dopo dieci anni di scuola, Di Caprio si laurea a pieni voti alla Scorsese University of Cinema.
Detto questo, il film ha il pregio di mettere in risalto (per chi non le conoscesse) le abilità narrative di Scorsese che, complice anche una splendida storia (non poteva non divenire un film), riesce a far volare tre ore in un lampo, senza appiattimenti e rallentamenti inutili (a parte l’ostinata esasperazione di alcune scene che, però, nel conteggio dei minuti di film incidono poco). I rimandi a Quei bravi ragazzi si colgono nel descrivere la sadica ferocia di un sistema ambiguo come quello americano, che nasconde dietro una maschera invitante un volto gelido e spietato. La ricchezza facile (sia in ambienti mafiosi che negli uffici di Walla Street) delizia, conquista, è il motto del paese a stelle e strisce che premia chi si fa da sè e si ingegna (nel bene e nel male) ma ha una contropartita pesante.
Quello che è diverso in questo film (a parte l’abuso di volgarità e sesso tanto chiacchierati) è che Belfort sceglie di giocare fino in fondo, consapevole del prezzo da pagare, borioso e arrogante nel presumere di vincere anche questa sfida.
Scorsese si attiene al libro, soprattutto nella prima parte (quella che attrae lo spettatore con maggior efficacia), accelera nel finale ma non tralascia nulla e non riduce troppo. La fotografia colorata e le scenografie dense e variopinte contribuiscono a dipingere la poliedricità e l’irrefrenabilità di una vita bruciata in un attimo, un pò come i milioni del conto in banca di Belfort.
Intelligenti ma soprattutto ciniche le sequenze in cui DI Caprio salva la vita al suo amico (entrambi sono sotto la pesante influenza di droghe) e quella in cui, un pò come un branco di bambini birbanti, giustificano le loro spese folli in alcol e puttane davanti ad un padre che di paterno ha ben poco.
Scorsese irride la società di allora e quella di oggi con questi personaggi al limite e con un’ironia nera che non sempre si era vista.

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7 Febbraio 2014 in The Wolf of Wall Street

Scorsese riprende a raccontare una storia dello stesso climax di Quei Bravi Ragazzi, spostandola dal mondo dei gangster a quello del mondo della borsa. Il risultato è sicuramente di altissimo livello, perché tutto è fatto davvero ad arte a partire dall’interpretazione degli attori: un mostruoso Leonardo Di Caprio spalleggiato da un sorprendente Johan Hill.
L’ostinata rappresentazione di sesso e droga, i due elementi che hanno caratterizzato la vita del broker rampante Jordan Belfort, inducono lo spettatore a un senso di disagio che non trova consolazione in un finale aperto ma chiaro.

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Homo homini lupus / 6 Febbraio 2014 in The Wolf of Wall Street

Scorsese è indiscutibilmente un ottimo regista, Di Caprio immenso ( quanti attori avrebbero saputo reggere un’interpretazione simile?).
Non credo che l’aspirazione massima di Scorsese fosse fare un critica negativa al modello Wall Street, quella la lasciamo a Michael Moore, non è un’opera fatta per moralisti benpensanti ma se piace pensarlo, chiunque è libero di farlo ma a mio modo di vedere non lo è. Ritmo godibilissimo, magistrale come sempre il susseguirsi delle diverse scene. Si inserisce nel ricco filone di stordimenti collettivi di questo inizio secolo, portando a suo modo materiale di discussione. Credo che sia più che altro una presa di coscienza, mostrando ciò che accade senza moralismi riesce a mantenersi piuttosto asciutto, mostrando la realtà per quella che è.

Non mi è piaciuto molto il finale, mi è sembrato su un binario narrativo differente rispetto al canovaccio precedente, forse poteva fare di meglio ma avrebbe probabilmente dovuto aumentare il minutaggio complessivo e 3ore per un film da sala sono fin troppe, oltre alla sceneggiatura obbligata dalla biografia.

Qui l’articolo originale di Forbes presente nel film:
http://www.forbes.com/sites/briansolomon/2013/12/28/meet-the-real-wolf-of-wall-street-in-forbes-original-takedown-of-jordan-belfort/

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a wall street non ci sono amici / 5 Febbraio 2014 in The Wolf of Wall Street

Si sa che un ti amo detto durante il sesso lascia il tempo che trova così in questa storia non contano tanto le parole quanto il modo in cui vengono pronunciate e la scena in cui Jordan fa la prima telefonata dalla sua appena nata società ne è l’esempio migliore.
Come molti altri avrei preferito un po’ più di riguardo da parte di Scorsese per la discesa negli affari di Jordan ( effettivamente moralmete parlando è una discesa dall’inizio) piuttosto dell’attenzione maniacale per l’ascesa ma oggettivamente gli spunti dati da droga, sesso e depravazione colpiscono lo spettatore (io sono un caso disperato perchè nelle scene con molta azione mi annoio sempre un po’).
Che altro dire? Gli attori sono superlativi, quello che meno mi ha convinto è Jean dujardin che senza baffi e con tutte quelle faccine farà fatica a trovare un ruolo credibile.

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3 Febbraio 2014 in The Wolf of Wall Street

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Visto ieri carica di aspettative come non mai, trattandosi, tra le altre cose, di un film diretto ed interpretato da due dei miei artisti preferiti in assoluto nel panorama cinematografico.
Ecco le mie impressioni.
Nel complesso giudico The Wolf of Wall street un buon film, diretto in modo sapiente, come sempre, dal caro Martin e interpretato superlativamente dall’ormai consacrato Leonardo Di Caprio.
La storia, peraltro tratta da fatti realmente accaduti, è incentrata sulla vita di Jordan Belfort, broker masticato e risputato alla velocità della luce da Wall Street e rientrato nel mondo della speculazione finanziaria in pompa magna, ma passando dalla porta sul retro.
E’ un uomo eccessivo Jordan. Questo è chiaro fin dal principio. Nei primi minuti di film guida una ferrari, sniffa cocaina dal didietro di una prostituta e atterra con un elicottero nel giardino di casa. Mica spicci.
Di modeste origini, ricco di ambizioni e povero di scrupoli: questi gli elementi per un cocktail di sicura riuscita, ma forse un po’ troppo carico, di quelli da cerchio alla testa pesante il giorno dopo.
Jordan annusa Wall Street, trova un mentore fugace, e si ritrova a spasso in men che non si dica. Il suo primo giorno da broker coincide con un crollo storico della borsa di New York, il così detto “lunedì nero”.
E così, sfogliando gli annunci di lavoro in cerca di qualsiasi cosa, illuso di poter fare a meno dello squillare dei telefoni, delle urla e del profumo dei soldi, Jordan trova l’offerta di lavoro che gli avrebbe cambiato la vita.
Eh sì, perchè proprio rispondendo ad un annuncio, Jordan finisce a lavorare in una modestissima società attiva nella compra vendita di azioni a bassissima quotazione, bidoni per eccellenza, spacciate a piccoli risparmiatori dietro il miraggio di affari sicuri e buoni per pagare conti, mutui, università per i figli, operazioni, etc…
E Jordan, a vendere, è bravo. Anzi, bravissimo.
Da lì all’apertura di una sua società di brokeraggio, insieme al suo neo – socio Don, un tipo inquietante ben interpretato dal sempre bravo Jonah Hill, il passo è breve. O forse troppo lungo, dipende dai punti di vista.
La società di Jordan e Don, poi rinominata “Stratton Oakmont”, conoscerà un’ascesa strabiliante, grazie soprattutto alle strategie di vendita messe a punto da Jordan e alla totale assenza di scrupoli nello gestire le transazioni.
Tanto liberale nella gestione degli affari, con un concetto veramente elastico di legalità ed etica, quanto nella vita privata, fatta di una vita coniugale di facciata e di una serie di eccessi per tutti i gusti, dalle droghe, all’alcol al sesso. Un tipino di modeste pretese, insomma.
E questi eccessi diventano la quotidianità anche alla “Stratton Oakmont”, dove si danno festini senza freni e si consumano droghe e rapporti sessuali fugaci in ogni anfratto. La scena della riunione per decidere se assumere o no i nani da lanciare contro i bersagli è un meraviglioso connubio di battute brillanti e politicamente scorrette all’inverosimile.
Chiaramente, un uomo schiavo di droghe, alcol, sesso e, soprattutto, soldi, per quanto brillante, per quanto ben voluto dai suoi dipendenti, per quanto circondato da lussi oltre modo sfrenati, sarà sempre uno schiavo.
E questo emerge spesso nel film e spicca con forza in alcune scene chiave, come quella della “cordiale” chiaccherata con gli agenti dell’F.B.I., o quella, davvero forte, della lenta strisciata fino alla macchina dopo aver assunto pasticche simil – sedativi per cavalli, o, per citarne un’altra, quella del discorso “conclusivo” ai suoi dipendenti, in cui traspare tutto il suo morboso attaccamento per quella realtà così distorta e viziata.
Jordan, dunque, è schiavo prima di tutto di sé stesso, dei suoi eccessi, del vuoto cosmico che lo attraversa, spingendolo alla continua ricerca di palliativi al suo senso di evidente (solo a chi guarda, lui ne è inconsapevole) infelicità esistenziale.
Pochi i momenti di introspezione vera del protagonista, in particolare mi vengono in mente la chiaccherata con la zia della moglie a Londra e le riflessioni sull’elicottero in Italia.
La costruzione delle scene, in generale, è stata, a mio parere, eccelsa, magistrale.
A partire dai testi dei dialoghi, davvero incalzanti, divertenti e penetranti, passando per la scelta delle inquadrature e giungendo al montaggio. Tutto riesce in modo perfetto.
Dove, secondo me, il film perde smalto, è, analizzandolo globalmente, nella scelta di costruire un secondo atto probabilmente troppo lungo, che ci mostra diverse scene aventi ad oggetto soprattutto gli eccessi di Jordan e dei suoi dipendenti, forse in parte evitabili in favore, magari, di un terzo atto meno frettoloso. Eh sì, perchè il terzo atto dà l’impressione di scorrere via in modo troppo fugace, quasi dando per scontati alcuni passaggi, senza soffermarsi dovutamente su alcuni aspetti cruciali delle vicende legali e della realtà della prigione o della “riabilitazione” successiva.
Non puoi parlarmi 2 ore e mezza quasi di un uomo, farmi vedere il bianco (per la verità pochissimo) e il nero (a palate) della sua vita e poi liquidarmi in fretta e furia una volta giunti ad un’amarissima resa dei conti.
Avrei probabilmente tolto un po’ alla parte centrale, magari, appunto, tagliando qualche scena superflua, come quella sull’aereo per la Svizzera, ampliando invece il terzo atto.
Si tratta di una pecca di struttura che, comunque, non inficia la godibilità del film che resta, a mio parere, davvero buono. Avrebbe potuto essere un capolavoro, ma quel qualcosa nella sua struttura di cui ho scritto sopra, appunto, mi ha disturbata non poco, lasciandomi una sensazione mista di esaltazione e insoddisfazione che mi ha portata ad esprimere questo parere.
Ciò posto, tanto di cappello a Di Caprio per la sua perfetta interpretazione di un personaggio controverso all’inverosimile, che difficilmente attira simpatie che vanno al di là della risata momentanea o del sorriso di compassione in certi momenti.
Un uomo che strizza l’occhio a Gordon Gekko di “Wall Street”, ma si presenta molto più eccessivo ed estremo, meno lucido e implacabile, risultando spesso quasi una caricatura di sé stesso, lungi dal possedere quell’aura di meschina e asettica avidità del personaggio interpretato da Michael Douglas.
Ottimi anche i comprimari, Jonah Hill si conferma interprete poliedrico e convincente e Matthew McConaughey, irriconoscibile, che in 10 minuti, sfodera un’interpretazione davvero massiccia.
Un buon film, che esplora la melma delle umane perversioni, mostrandoci, come consuetudine di Scorsese, un uomo ambiguo, dissoluto, schiavo di sé stesso e di una lucida follia, lasciando ben poco spazio alla redenzione. Tutto è in vendita, tranne la vera libertà.
Perfetta l’inquadratura finale, una panoramica su una platea di sguardi rapiti e occhi vitrei, a rappresentare il sempiterno e quanto mai amaro appeal che Jordan avrà sempre sugli altri.

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3 Febbraio 2014 in The Wolf of Wall Street

TROPPO LUNGO! / 1 Febbraio 2014 in The Wolf of Wall Street

Tre ore, dico TRE ore( per l’esattezza 2 ore e 59 minuti), a prescindere dal regista, dalla storia, dalla sceneggiatura, dagli attori, dai costumi e da tutto quello che vi pare..non sono un film: sono un SEQUESTRO DI PERSONA!!!

Bel film, bel modo di trattare la storia, tanto di cappello a Di Caprio( e se non gli danno la statuetta nemmeno sta volta, vuol dire che l’Academy lo odia a prescindere) che è incredibilmente bravo e strepitosamente bello :3 . Jonah Hill è fenomenale( io darei l’Oscar anche a lui).
Però: capisco il voler esasperare l’immagine di un mondo corrotto, finto, frivolo e tutto quello che vi pare…capisco anche che magari non è esasperato nemmeno più di tanto e che forse è così davvero…ma servono davvero 3/4 di film di tette, culi, fighe, droga e festini, contro 1/4 di storia giudiziaria??metà e metà no??ridurre il film di 1 ora e far vedere giusto 45 minuti di belle gnocche???
Scorsese mio, posso chiamarti Martin?? beh caro Martin: l’età avanza, datti una calmata che poi mi muori di crepacuore tra un pizzo ed un tacco 12!!!

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31 Gennaio 2014 in The Wolf of Wall Street

STTTTEEEEEVE MMMMAAADDDEEEN!
Mi alzo alle sette e ti succhio le tette scendo le scale e inculo pasquale vado al lavoro mi fiondo di sotto tiro fuori l’uccello e me lo smanetto con l’uncinetto mi faccio una sega pensando alla tizia che di sopra sculetta impilando pratiche serrando le natiche dalla paura e io arrivando e venendo da lei che sorpresa caccia un urlo
ma nessuno la sente
c’è frastuono che assorda (martello pneumatico al lavoro )eheheheheheeh
senza di me che sfacelo sarebbe
tengo su la baracca leggendo la posta
all’orizzonte niente di nuovo
spunta l’arcobaleno ai suoi piedi una pentola d’oro
saltami in bocca
naso che cola
ma non so cosa farmene.

Logicamente siamo su un piano metafisico di quelli obliqui che anche volendo non si drizzano manco per il ca**o che [ ]è lui il solo modo operandi operato due volte ha il dono dell’obliquità,un fottio di gente ne è rimasta incantata tanto da cedergli l’anima che spiritualmente in formaldeide col cloroformio agiva di conseguenza anestetizzando l’operato che operante di suo costituiva un esemplare perfetto da laboratorio.

Macchina dispensatrice di morte a tutte le ore risvegliava il poliziotto comune che indagava sguazzando nel marcio e rimestando nel torbido organizzava incontri clandestini in bordelli di lusso dove la fregna frignava friggendo gamberetti rossi arrostiti e l’aragosta veniva servita in tavola ma l’uomo rifiutava preferendo il sale della vita (vera).

Film “mostruoso” (come i suoi protagonisti) reca danni esistenziali allo spettatore che povero tapino lavora (a volte) tutta la settimana per portare il pane in tavole apparecchiate alla bene e meglio da mogli devote (sante subito) che (svogliate)celebrano il rito ogni settimana alla stessa ora,e allora divertiamoci con un Di Caprio in forma smagliante che si scatena come mai prima d’ora( sembra Jim Carrey) dominando l’opera blandendo continuamente il pubblico, per poi arrivare al finale ( rivelatore)che obbligherà a guardarsi dentro,e forse non sarà un bel vedere.

è l’uomo pagante che volle a tutti costi farsi Re.

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Ho paura di dargli un 7… / 30 Gennaio 2014 in The Wolf of Wall Street

Un bel 7 al meritatissimo film di Scorsese che ci offre, come molti altri hanno già fatto, uno spaccato di storia dove l’indecenza è di casa. Una regia, un montaggio e dialoghi superbi, Di Caprio arricchisce ancora di più il suo curriculum con un ruolo che sembra apposta per lui.
Ma… c’è un MA. Volgarità, sesso, abusi di alcool, il genere femminile come semplice “trofeo sessuale”… Il film ci centrifuga il cervello in uno stile impeccabile ma che colpisce duro e a tratti deludendo. Insomma: sappiamo che quell’avido mondo di Wall Street è davvero devastante, ma 3 ore di film per raccontare (IN PRIMIS secondo me) le vicende di traffico di denaro, sesso e droghe, beh credo sia eccessivo. La prima cosa che ho pensato appena finito: “Questo è un film per esaltati!”. MI manca il buon cinema di Scorsese… che con una inquadratura di due minuti senza dialoghi raccontava una storia.
Candidato agli Oscar ok, ma probabile vincitore?….ho i miei dubbi!

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Annichilimento / 30 Gennaio 2014 in The Wolf of Wall Street

The Wolf of Wall Street è quello che viene definito un bel film. Nulla da dire sulle inquadrature, sui dialoghi e neppure sulla storia, di cui conosco pochissimo la versione originale, quindi mi risulta impossibile esprimermi sulle (quasi certe) esagerazioni a scopi cinematografici. Leo ineccepibile, autore di un’interpretazione magistrale di un personaggio certamente controverso. Purtroppo, però, devo appoggiare una delle critiche più forti mosse alla pellicola di Scorsese, che viene accusata di sfiorare più volte la pericolosa esaltazione del mondo perverso di Wall Street e dei metodi disonesti che permettono di raggiungere facilmente il successo più ambito. La facilità con cui Jordan e i suoi compari ottenevano milioni di dollari e, di conseguenza, le donne più belle e il divertimento più folle suscita, per quasi tutta la durata del film, quasi solo invidia e ammirazione. Nonostante la fine ingloriosa, nonostante lo sdegno che non si può fare a meno di provare di fronte alle scene in cui Belford dimostra che neppure la famiglia è in grado di contenere i suoi eccessi, ho davvero percepito il pericolo della sublimazione di un mondo in cui i valori non vengono solo dimenticati, ma totalmente annichiliti. Il rischio è, di conseguenza, quello di non cogliere il messaggio più importante, a mio avviso: non siate le pecore che si fanno mangiare dai lupi. Perchè, se i lupi sono diventati così ricchi, è perchè milioni di pecore sono cascati nei loro trucchi e nelle loro false promesse. (Leo/Jordan che spiega ai suoi futuri impiegati come fottere, passatemi il francesismo, i clienti docet.)

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29 Gennaio 2014 in The Wolf of Wall Street

Martin Scorsese, tra i “vecchi” registi glorie di fine ‘900, è forse quello che maggiormente proietta il proprio sguardo nella contemporaneità, ponendosi più di una volta il problema del “riprodurre ora”, in questo tempo, con spunti riguardo alla direzione che prenderà il cinema negli anni a venire. La sua preoccupazione (non intesa come perplessità, ma come voglia di approfondire) traspare in molte delle opere che lo riguardano, anche non filmiche, come la biografia-intervista “Scorsese on Scorsese” o il più banale articoletto su l’Espresso di qualche settimana fa indirizzato ai posteri. Ma soprattutto lo si vide con Hugo Cabret, prima impresa in 3D spassionatamente e romanticamente cinefila del regista italo-americano.

Jordan Belfort è un ragazzo con il sogno americano addosso, o almeno quello che ne rimane dopo il turpiloquio capitalista dell’America di fine anni ’80. Entrato a Wall Street come apprendista broker, entra nelle grazie di Mark Hanna che gli insegna la lucidità della cocaina e la potenza del dollaro, nonché il principio fondante dell’intero mestiere: fregarsene. Distrutto al primo giorno da broker per un mezzo disastro in borsa decide di ripartire dal basso, per poi fondare quella che sarebbe stata la celeberrima Stratton Oakmont, società di quotazioni in borsa dove regna il sesso, la droga e il bigliettone verde.

Di Caprio veste i panni dell’ennesimo pezzo di pazzia umana ritratto da Scorsese, qui spinto agli eccessi visivi che ritrovano eguali solo in Taxi Driver (con le dovute proporzioni temporali), e forse perpetuando ancora più a fondo nel delirio, in maniera grottesca e anti-moralistica. Non è prettamente una storia biografica, nonostante il film sia basato sul libro scritto dallo stesso Belfort, ma più (come già da tempo ci ha abituato Scorsese) una parabola umana, concretizzata in commedia nera, dal grottesco talmente marcato da apparire spassoso; più di una volta si ride, e lo si fa talmente con gusto che tra i film comici degli ultimi anni potrebbe apparire come capolista, ma per quale motivo si ride? Non ci viene spiegato, o almeno non fino alle battute finali.
Il compendio orrorifico di sballo ai limiti del collasso cardiocircolatorio, di sesso promiscuo, la perdita totale di termini di paragone (negati allo stesso spettatore, se non fosse per l’agente dell’FBI, astutamente infilato a promuovere un confronto nella scena cardine sullo yatch) fanno del film un vero full immersion nello sbando, tirando in ballo (subliminalmente, fino al finale) la coscienza dello spettatore, bombardato inconsciamente perchè con umorismo. Come già detto, è la parabola delle tre ore a essere il vero fulcro, che si rifà senza obiezioni al capitalismo cieco, sfrenato. Ecco che risultano quantomai simboliche le scelte registiche, tra macro sulle pasticche di quaaludes e rallenty del delirio che ne enfatizza lo stato di benessere, oltre alla sapienza della cura delle immagini. Ed ecco il picco massimo, nella riunione in cui Belfort si sarebbe dovuto ritirare, esordisce con un “essere ricchi ti rende un uomo migliore”, non c’è niente di bello nell’esser poveri, e il sogno americano raggiunge il culmine dell’imbarazzo, e l’uomo ricco e ancora delirante diventa super eroe buttandosi nel vuoto, sicuro di poter anche volare oramai. Ciò che ne consegue è il grandissimo mestiere di Scorsese di trattare la storia, scardinandola nei meccanismi tra i vari personaggi, e approfondendone realmente le indoli ben delineate davanti ad una giustizia che terrorizza.
Il finale della storia siamo noi, confusi tra la folla, ad aspettar di vendere la penna al genio della finanza. Il finale della parabola siamo noi che fissiamo la folla incantata, assuefatta e complice del sogno capitalista.

Colonna sonora eclatante come il film, fotografia impeccabile, chiara e precisa come le giacche del protagonista, montaggio adrenalinico, perfetto nei tempi.
Se c’è una critica che possiamo muovere al film è l’indagare su un tema scomodo in tempi tutt’altro che sospetti, dove il consumismo è già stato portato alla gogna svariate volte, e le coscienze pian piano si risvegliano, ma si sa, l’America è l’America.

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“Vendimi questa penna…” / 29 Gennaio 2014 in The Wolf of Wall Street

SONO PASSATE 3 ORE???
Incredibile…
Scorsese riesce a far dimenticare il tempo. Ultimo spettacolo, cinema semi pieno, tutti con la curiosità di questo film che ne parlano anche come eccessivo per sesso, droga e scurrilità…
Invece è perfetto…
Non si può affittare, ne tanto meno scaricare ma DEVE essere visto sul grande schermo…
Finalmente esci dal cinema sei soddisfatto.
Jordan Belfort è semplicemente un bastardo ma nel vero senso della parola. Non ha che un unico obiettivo: fare soldi!!! E questo suo “vizio” lo consuma con sesso e droghe varie.
Sballato ma di successo, Di Caprio interpreta un broker alla perfezione. Passa dal crollo alla fama con eccessi incredibili.
“Io non voglio sopravvivere, IO VOGLIO VIVERE!!!”
E’ un mantra che ho fatto mio da qualche tempo…
Credetemi, ci ha venduto la penna… 🙂
ANDATE AL CINEMA A VEDERLO!!!!!!
Ad maiora!

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28 Gennaio 2014 in The Wolf of Wall Street

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Mastro-don Gesualdo è uno dei personaggi che più mi sono rimasti impressi nella mente pensando all’ incompiuto Ciclo dei Vinti scritto da Giovanni Verga. Mastro-don Gesualdo è un miserabile che ha sfidato la Sorte ed è divenuto Don.
Da muratore a signore.
Dalle stalle alle stelle.

In una scena del film “The wolf of Wall Street” è presente una battuta che mi ha ricordato il romanzo.
Un agente dell’FBI si reca dal protagonista Jordan Belfort, amabilmente interpretato da Leonardo DiCaprio, il quale da broker diventa un grosso imprenditore dedito a frodi con stile, per indagare sul modus operandi dello stesso e della sua società.
L’agente gli rinfaccia le origini, Jordan è figlio di due commercialisti, è un borghese piccolo piccolo e rimarrà un cafone ripulito dalla grana.
L’agente Patrick Denham lo detesta, lo detesta perché è uno squalo delle finanze alla Gordon Gekko del film Wall Street di O. Stone, lo detesta poiché come Gordon è un avido. Come Gordon ha un comportamento distruttivo verso sé e chi gli sta intorno. Ma l’agente Patrick Denham lo detesta per invidia siccome in passato anche egli tentò la carriera da broker.

Entrambi, sia Gesualdo che Belfort, hanno fatto il passo più lungo della gamba. C’è una sola differenza, Gesualdo viene detestato sia da quelli che non hanno ottenuto lo stesso successo che dal ceto notabile; Belfort del resto pippa cocaina, si fa di acidi, sniffa roba dal c**o di una prostituta, partecipa ed organizza feste, veste abiti fimati.
In poche parole è il re del mondo, è l’ incarnazione del self made man e del male breadwinner.

The Wolf of Wall Street parte a bomba.
Martin Scorsese dirige un film ambientato negli ardenti e mordaci anni ’80. Le battute sono secche, il montaggio è veloce. In dieci secondi lo spettatore si ritrova nell’Opulenza, con la o maiuscola proprio come fosse il nome di una nazione.
Una casa da svariati milioni di dollari, una barca pilotata da Schettino, due guardie del corpo, una bella baldracca come moglie, dei bambini che cresceranno viziati, una serie di puttane da fottere nei giorni pari, chili di droga da inserire nel corpo nei giorni dispari, nani da lanciare come frecce.
The Wolf of Wall Street è l’eccesso fatto pellicola.
La vita di Belfort scorre come una cavalcata lubrificata con la vasellina tra un baccanale ed un incontro con i vertici della finanza.
In meno di un’ora lo spettatore viene bombardato con una serie di colpi di scena: il nostro cade come un gigante d’argilla, il nostro risorge come l’araba fenice.
Dalle stelle alle stalle e dalle stalle a nuovamente le stelle passando per una carrellata di culi. Scene di nudo maschile e femminile rendono l’atmosfera barzotta, la sala è oltremodo divertita.
Da notare poi la citazione a Freaks, non la presenza dei nani ma il modo di esultare in riunione che ricorda vagamente il “Gooble, gobble, we accept her, we accept her, one of us, one of us!”

Fine primo tempo.
La sala è barzotta, il film è barzotto

Se la prima parte è semplicemente da urlo, tanto che se non è capolavoro poco ci manca, la seconda ha delle pecche da non sottavalutare. In soldoni mi aspettavo una seconda parte degna, non superiore, della prima. Quello che mi è sembrato è il riproporre ciò che già è stato sviluppato durante la prima fase.
Alcune scene perdono di potenza e il loro
fine viene minimizzato. Ad esempio, in una scena il personaggio interpretato da Leonardo DiCaprio è paralizzato per effetto di una droga in pasticche, la quale non è stata toccata per un decennio ed ha fermentato producendo degli effetti maggiori di svariate volte. La scena è senza dubbio d’impatto ma lo sarebbe stato ancor di più se non avessimo già visto (almeno secondo me) gli effetti della stessa droga con la sola paricolarità di non essere fermentata (scene ripetute svariate volte) su una serie di personaggi secondari e primari.
Altro punto che non ho ben compreso riguarda le vicende legate alla barca e la scena del maremoto in pieno Mediterraneo, il salvataggio da parte della Marina Italiana (da notare poi il cliché dell’Italiano il quale prepara la pasta e dopo averti salvato balla con tua moglie sotto la canzone “Gloria” di Umberto Tozzi). Oltretutto un aereo a distanza di dieci secondi precipita.

Non ci azzecca una cippa lippa.

Salvo pochi punti della seconda parte fra cui il contatto diretto fra spettatore e DiCaprio che detta spiegazioni in economia (presente anche nella prima).

Al di là di tutto ciò risulta un film piacevole ma uscendo dalla sala mi ha lasciato l’amaro in bocca e se lo salvo, lo salvo solo perché la prima parte è superba. Forse mi sono fatto fregare dall’aspettativa più che alta o forse il problema sono io.
Spero comunque che questo non sia l’ultimo film del regista perché, se questo è il testamento di Scorsese, non mi ha lasciato pienamente soddisfatto.

DonMax

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La trilogia del dollaro. / 27 Gennaio 2014 in The Wolf of Wall Street

Scorsese affronta un’altra decade della storia a stelle e strisce (gli ultimi anni Ottanta, i primi Novanta), usando l’amata New York come sfondo (stavolta, abbastanza incolore, in realtà) per una messinscena sulla decadenza, sfruttando ancora il tema del potere (sociale ed economico).
The Wolf… potrebbe agevolmente essere parte di una trilogia iniziata con l’inarrivabile Quei bravi ragazzi e proseguita con Casinò.
Cambiano i volti (Liotta, De Niro, Di Caprio), cambia la cornice (mafia italoamericana, Las Vegas, Wall Street), ma la materia è sempre la stessa: il desiderio di maneggiare l’intoccabilità legata alla fama, l’ascesa e la caduta di un individuo dotato, i suoi rapporti con il dollaro (in grande quantità) e le bionde. Scherzi a parte, lo schema è più che ricorrente: è letteralmente ossessivo (penso che Raging Bull potrebbe rientrare nella disamina ad honorem).

In questo senso, considero questo film uno sfavillante esercizio di stile, purtroppo fine a sé stesso: dinamismo visivo, vertigini tecniche ed adrenalina verbale, ingredienti più che mai collaudati durante l’onorabilissima carriera di Scorsese, supportano una messinscena di esplicite volgarità che, finora, perlomeno in forme sì gratuite, erano rimaste pressoché estranee alla sua filmografia.

Ho apprezzato, perciò, il coraggio dimostrato dal buon Martin nell’usare elementi disturbanti a iosa, per “giocare” con la sensibilità della platea: eppure, la ricerca estenuante della “sensazione”, alla lunga, mi ha stancata decisamente. Il mordente iniziale, lo shock, lo stupore si spengono con l’avanzare del racconto e l’abbondanza di lungaggini (che mai, finora, avevo conosciuto di tale portata nel cinema di questo autore) strenua. Penso, per esempio, alla lunghissima sequenza del quaalude ad effetto ritardato, a quella dello scambio di denaro nel parcheggio o a quella, altrettanto dilatata, della partenza da Portofino e del naufragio in un Mediterraneo agitato come l’Atlantico (prologo ad un’indecente caduta di stile di Scorsese: “Venire soccorsi in Italia è bello, perché si finisce a ballare e cantare”, dice, più o meno, Di Caprio).

Tecnicamente, visto anche il grandioso montaggio, c’è ben poco da eccepire: nonostante mi sia divertita, nel complesso, quel che mi ha delusa (oltre alla colonna sonora…), in conclusione, è la reiterazione ad libitum di un solo argomento.
Con buona pace dell’impressionante prova attoriale di un Di Caprio “fisico”, mutevole ed istrionico come in poche altre occasioni (vedi, Django).

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Il voto sarebbe un 7.5 / 27 Gennaio 2014 in The Wolf of Wall Street

Sesso, droga e soldi questi i temi principali del nuovo film di Martin Scorsese.
Un bravissimo Leonardo Di Caprio è Jordan Belfort, un uomo che aspira a far soldi e inizia come apprendista broker a Wall Street. Il film non si sofferma sulla finanza ma ci racconta soprattutto degli eccessi di Belfort, che segue in pieno i suggerimenti del suo mentore Matthew McConaughey.
Soprattutto droga e sesso senza farsi mancare nulla; il film inizia con la scena del “lancio dei nani” ed è carina la scena in cui discutono cosa possono e non possono fare con i nani. Di Caprio è ben spalleggiato da Jonah Hill negli eccessi; simpatica e allo stesso drammatica la scena con le vecchie pasticche di quaaludes. Splendida l’amante, che poi diventerà moglie, Margot Robbie in una folgorante prima apparizione: non fate i malpensanti, mi riferisco a quella al party e non quella in cui esce dalla sua camera da letto al primo appuntamento con Jordan.
Bravissimo Rob Reiner (più conosciuto come regista, ad esempio del fantastico Stand by me e di Harry ti presento Sally) nei panni del padre di Jordan, Mad Max.
Da sottolineare anche la scena in cui Jordan invita i federali sulla sua barca.
Film un pò lungo (quasi 3 ore) che però non annoia quasi mai, raccontando ascesa ed eccessi (Con relativa caduta) di un uomo ambizioso.

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27 Gennaio 2014 in The Wolf of Wall Street

ma dateglielo l’oscar all’immenso Di Caprio, e che ca**o…
il film invece… godibile e disgustoso q.b., ma un po’ lungo.

27 Gennaio 2014 in The Wolf of Wall Street

Il film regge, tre ore senza uno sbadiglio sono un gran traguardo per me.
Di Caprio è bravo e anche gli altri personaggi mi hanno divertito. Da qui a vincere un Oscar però sinceramente non saprei, bisogna vedere anche gli altri che sono in gara. Di Caprio ha sempre recitato bene, ma non vedo questo Oscar indispensabile, cioè, stavolta sì e le altre no? La sua performance non è stata migliore delle precedenti, anzi, l’ho trovato sempre allo stesso livello. A questo punto ho preferito Il grande Gatsby, dove il personaggio era un po’ diverso!
Sia chiaro, The wolf of Wall Steet è un bel film, mi è piaciuto anche se volgarotto, ma comincio a vedere Leo sempre negli stessi ruoli. Ecco perchè sono un po’ scettica riguardo all’Oscar. E Leonardo Di Caprio è uno dei miei attori preferiti!
Boh, il film è ispirato alla vera storia di Belfort e quindi non è che ci sia troppa originalità. Divertente però la voce fuori campo del protagonista che commenta in maniera ironica diversi momenti. Il film è promosso sicuramente ma non è un capolavoro.

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26 Gennaio 2014 in The Wolf of Wall Street

Sinceramente non so se c’era necessita’ di un (altro) film sul mondo marcio della finanza. Dopo aver visto quest’ultimo Scorsese mi sento di dire “si”, non solo per l’ennesima grande prova di Di Caprio (eh si’, sta diventando un gigante), ma per aver messo bene in chiaro che l’avidita’ non e’ solo dei famelici “lupi di Wall Street”, ma di tutti noi nel momento in cui ci viene messo davanti l’amo con la banconota infilata…

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La bella e la bestia / 26 Gennaio 2014 in The Wolf of Wall Street

Ultima, a dir poco straripante, opera di Martin Scorsese. Biografia del broker americano Jordan Belford (che lui stesso qui ha definito persino tenera in alcuni punti!) e panoramica senza veli di questo tipo di ambizione e stile di vita.
Dal punto di vista artistico Scorsese si è sfogato a più non posso (e ha lasciato sfogare anche uno smisurato Leonardo Di Caprio) esagerando in tutti i sensi.
La caratterizzazione così incisiva dei personaggi è sembrata un po’ Tarantiniana.

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I lupi siamo noi / 26 Gennaio 2014 in The Wolf of Wall Street

Martin Scorsese si arrende. E vince.

Si arrende alla scalata vuota e spensierata di Jordan Belfort, fatta di tanto sesso, tanta droga e tanti soldi, senza esaltarla né condannarla. Vince perché capisce che Belfort non è l’unico colpevole e punta il dito contro i più insospettabili (chi? Ve lo diciamo alla fine). Capisce anche che del personaggio in sé non c’è davvero molto da dire, si possono solo mostrare la famelica ambizione e gli esiti farseschi, eccessivi e degenerati.

Il giudizio morale sul truffaldino broker spetta a chi si trova al di là della quarta parete, a quel pubblico cui spesso, beffardo e provocatorio, si rivolge un DiCaprio folle e travolgente, che dopo Il Grande Gatsby e Django Unchained corona con The Wolf of Wall Street quella che ha definito come la sua personale trilogia su potere e ricchezza.

Jordan Belfort (Leonardo DiCaprio), quando entra alla Rotschild, la sua prima agenzia, non è ancora il lupo che imperverserà per i seguenti 180 minuti (sì, tre ore, perché il vuoto è fatto di eccessi e di accumulo). Lo trasforma Matthew McConaughey, capace di prendersi tutta la scena in una manciata di minuti, mentore perverso che, novello Dante, conduce il giovane Belfort nell’inferno del brokeraggio (la metafora è di DiCaprio stesso).

È un vortice, la finanza, un gorgo che risucchia chi ci mette piede e ne accetta le non-regole. Ha i suoi maestri e tanti aspiranti discepoli disposti ad ascoltare. Non è un caso che Belfort venga rappresentato come un abile oratore, un santone che parla simultaneamente ai suoi dipendenti e, come già detto, a noi del pubblico, ascoltatori complici. E di proseliti ne fa parecchi.

Chi guarda il film, infatti, fino al momento della caduta (poco rumorosa perché vuota tanto quanto la scalata che l’ha preceduta) non fa altro che divertirsi, complice l’impeccabile montaggio della sempre infallibile Thelma Schoonmaker, tra risate e sorrisi indirizzati a Belfort e al suo team capitanato da Jonah Hill.

Scorsese a questo punto potrebbe chiudere il film sui campi da tennis, e relegare il film al limbo dei compiaciuti divertissement stilistici. Invece sceglie di riprendere, per un’ultima volta, la metafora del predicatore e del suo pubblico.

E con una sola inquadratura ribalta tutto. Fissa il suo sguardo su un gruppo di persone che pendono dalle labbra di Belfort, come tanti piccoli lupi in potenza.

Quando ci accorgiamo che quei volti sono volti comuni, come i nostri, è ormai troppo tardi. Lo schermo è diventato uno specchio, e le persone che vediamo sono solo un riflesso, il nostro riflesso.

Quel pubblico siamo noi. E noi siamo i lupi.

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25 Gennaio 2014 in The Wolf of Wall Street

A 200 all’ora, vivacissimo e distruttivo, non userei “capolavoro” ma sicuramente magnifico, che coglie l’essenza di un personaggio sinceramente cogli**e, vanesio e terribilmente scemo fuori dal suo acquario, The Wolf of Wall Street è il Leonardo Di Caprio fest. Attore venerabile, per quel che mi riguarda, qua è una bomba: corre, urla, piange, striscia, domina, scopa, tutto e di tutto da una scena all’altra, senza mai stancare, senza risultare forzato, con una sicurezza che solo i grandi hanno. Scorsese alla regia è sempre la solita sicurezza e Terence Winter, conoscendolo per Bordwalk Empire, fa ancora una volta un lavorone coi fiocchi: la sceneggiatura è frizzantissima e le immagini di Scorsese anche. Tutto comunica festasoldidrogasesso, tra squallore e lusso ipertrash. Confezionando alcune scene fantastiche, grottesche, assolutamente ridicole ( I can roll! I can roll!) e potenti, si assiste alla discesa mai troppo ripida di Jordan Belfort, che pure alla fine della festa insegna ai poveracci a vincere! Lui che è perdente, ma non troppo, che si è fatto solo 22 mesi di galera e che scrive biografiche milionarie; al tal proposito scena finale eloquente e davvero desolante, per un personaggio a rischio macchietta per quanto è, nella vita vera, imbecille. Jonah Hill bravissimo, Margot Robbie strafiga spaziale con doti recitative (!) e in generale un cast riuscito, più scelte tecniche azzeccatissime ( la OST non originale è giustissima! ) e una storia esagerata hanno come risultato 3 ore che non mi hanno mai scocciata, e dati i pareri letti nel tempo, mi sarei aspettata ancora più scandalo. Poco male dico io, il film gira già benissimo così. Sarò ormai immune, ma masturbazioni, nudi integrali e scopate quotidiane sono poca roba, sono semplicemente il mezzo con cui si racconta una storia del genere, la storia di un cretino essenzialmente. Agli spettatori cogliere o meno la vena critica.

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Quello che rimane… / 21 Gennaio 2014 in The Wolf of Wall Street

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Il tema (tanto caro al regista) del percorso parabolico, quella rapida e ripida salita che porta inevitabilmente ad un’altrettanta inclinata discesa, raccontato con tanto di voce fuori campo, fa di questa epopea contemporanea uno dei lavori più classici del cinema di Scorsese.
Ma siamo sicuri che questo sia un bene o che basti?
Personalmente non lo credo, perché in lavori del genere, al di là dell’aspetto prettamente visivo, delle tre ore di immagini che comunque passano veloci e senza annoiare, la quasi totale assenza di originalità nel racconto in quanto tale, toglie una delle cose più importanti: la capacità di narrare qualcosa che dia al film la possibilità di rimanere grande nel tempo, anziché lasciarlo così tanto fine a se stesso (colpa sopratutto di una sceneggiatura quasi immobile).
Tarantino (non si offende se lo tiriamo in ballo tranquilli), che amo, adoro ecc.. col suo ultimo film, credo abbia fatto la stessa cosa, anche se in modo diverso e di sicuro più riuscito: un’incredibile e sfavillante spettacolo per gli occhi, ma prevedibile, ripetitivo e scarso di mordente…
Alla fine di uno dei suoi romanzi, uno dei più estenuanti ma anche epici, Stephen King scriveva che la vita è una tal ruota che nessuno è capace di resistervi in piedi a lungo e sempre, alla fine, si torna allo stesso punto.
Ecco se c’è qualcosa che mi rimarrà di questo film è l’avermi ricordato quel libro.
A Di Caprio però qualcosa rimarrà di certo: l’Oscar, meritato!

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19 Gennaio 2014 in The Wolf of Wall Street

Un mix tra “Quei bravi ragazzi” e “Casinò”, ambientato nel mondo della finanza anziché in quello mafioso. I punti in comune con i due capolavori degli anni ’90 sono parecchi: DiCaprio, come Ray Liotta, sogna un mondo che non gli appartiene e vorrà farne parte a tutti i costi, fino alla distruzione della propria morale. Se in “Casinò” la trappola del denaro era legata al gioco d’azzardo e alla malavita, qui è legata alla borsa, alle speculazioni e ai raggiri. Non ci sono più le pistole e le minacce della mafia, ma i telefoni e le promesse di ricchezza dei broker.
Un mondo patinato, distorto, dove droga e sesso a pagamento sono vizi irrinunciabili, dove l’etica e l’amicizia non esistono. Squali, più che lupi.
Tutto è descritto in modo esagerato, iperbolico, i personaggi di Scorsese sono fumetti, potrebbero essere usciti dalla penna di Tarantino, tant’è che molti dialoghi sono di “pulpfictioniana” memoria (guardate il dialogo a cena tra DiCaprio e McConaughey). Un film dal linguaggio eccessivo, volgare, dalle scene forti ed esplicite, in cui il buon DiCaprio svolge un lavoro incredibile, interpretando un personaggio ricco di sfumature, odioso quanto adorabile, pallone gonfiato quanto eccellente e credibile nelle sue mansioni. Un mix di generi che ha come anima principale quella di una black comedy tremendamente sopra le righe, ma efficace e divertente fino alle lacrime.
La morale è scontata, come in “Casinò”, chi “troppo vuole nulla stringe”, e la sequenza finale fa riflettere su come il mondo sia popolato da boccaloni che cercano di diventare qualcuno a tutti i costi.
Gran lavoro anche per Jonah Hill, quasi un Joe Pesci della finanza (il personaggio caz*one della situazione), bellissima e famme fatale la 23enne Margot Robbie.
Scorsese si sbizzarrisce e si diverte come un ragazzino, utilizzando artifici narrativi di ogni genere, rivelandosi un regista lucidissimo ed un comunicatore incredibile. Se “Hugo Cabret” era una dichiarazione d’amore per il cinema, questa è una dichiarazione d’ amore per il suo lavoro.
Onore a te Martin e alla tua voglia di raccontarci storie con un’ arte fantastica.

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“Di più non basta mai” / 19 Gennaio 2014 in The Wolf of Wall Street

La nuova pellicola della collaudata accoppiata Scorsese-DiCaprio è ispirata alla storia di Jordan Belfort, ex-broker che negli anni ’90 accumulò un’immensa fortuna, anche con mezzi non propriamente legali. Partendo dal gradino più basso, Belfort raggiunse rapidamente la cima e assimilò perfettamente il modello dell’uomo d’affari avvolto nella coperta della corruzione morale. I soldi vengono spesi con una facilità impressionante per i beni materiali più appariscenti, e le forme di piacere più ricercate e proibite diventano la base del suo stile di vita. Scorsese non filtra nulla e sbatte in faccia costantemente allo spettatore tutti gli aspetti della vita del “lupo”, tra “sniffate” di cocaina e orgie esagerate.
In questo viaggio sulla strada errata, dove la perdita della propria umiltà e della “nobiltà del povero” viene sapientemente sottolineata nella parte iniziale del film, e dove la redenzione e il pentimento assumono sempre di più i contorni della chimera, Scorsese riesce anche a ricorrere egregiamente alla commedia nera, regalando sequenze davvero apprezzabili, come ad esempio la sequenza in cui passa Braccio di Ferro alla televisione (non scendo nei dettagli per evitare spoiler, ma chi vedrà il film capirà).
Nota di merito per DiCaprio, che si cala perfettamente in un personaggio sfaccettato. Diplomatico, dotato di una grande capacità di persuasione. Una figura senza morale e senza perbenismi di sorta, a metà tra un Dorian Gray più moderno e un Raoul Duke più sfrenato.

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XXI secolo… / 19 Gennaio 2014 in The Wolf of Wall Street

Ovvero come siamo arrivati alle soglie della decadenza, e come i romani passiamo il tempo, in stupide feste, il cui unico scopo è instupidirci, drogarci, e dimostrare come dovremmo essere fighi. I film di questo bienno 2013-2014 ci parlano proprio di questo. Vedi: la grande bellezza, il grande Gatsby, il lupo di wall street.
L’epoca odierna, come la grande depressione e la decadenza romana… Forse dovremmo imparare qualcosa dalla storia?

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