Recensione su The Wolf of Wall Street

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Yuppies never die / 30 Settembre 2015 in The Wolf of Wall Street

Jordan Belfort e la sua sbarellatissima corte di yuppies parvenu vivono al massimo e non smettono di scopare, sniffare e ingollare pasticche come fossero m&m’s. I dollari piovono a palate, non si sa neanche quanti.
Questo drogato angelo nero della finanza è incarnato alla perfezione da Di Caprio, non si placa un attimo, si spinge sempre oltre il limite fino all’epilogo, metafora dell’immortalità di questa mentalità speculativa.
Le trovate di Scorsese sono lampi di genio cristallino; si muove perfettamente a suo agio nell’ambiente sfavillante e marcio del jet-set come aveva già dimostrato nell’immortale Casinò, e qui ci propone gustosissimi sfasamenti narrativi: le Ferrari o le Lamborghini che cambiano colore in corsa, i momenti di sguardo in camera in cui Belfort ci racconta lucidamente i suoi eccessi, la visione di sequenze ‘adulterate’ dalle droghe poi ripercorse per come sono andati realmente i fatti (Jordan che rincasa dal Country Club per avvisare il socio che i telefoni sono controllati).
Da antologia la sequenza in cui Belfort strafatto si rivitalizza con la coca per salvare l’amico Donnie (un grandissimo Jonah Hill), mentre alla tivù Popeye spreme il suo iconico barattolo di spinaci
Con Scorsese, la colonna sonora non può essere che da sballo: pezzi blues, rap rock, lo hum hum di McConaughey nel “Money Chant”, la fantastica “Mercy, mercy, mercy” di Cannonball Adderley riproposta in finale con quella sorta di alternate take, nella parafrasi pianistica di Alain Toussaint. Simply gorgeous.

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