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Il Grande Gatsby

/ 20137.2953 voti

Un’occasione persa / 27 Gennaio 2017 in Il Grande Gatsby

Il film parte molto bene, ma finisce per perdersi nella seconda parte. Come sempre, Baz Luhrmann dà il meglio di sé nelle sequenze di musica e ballo. Molto buona la colonna sonora e la prova attoriale di DiCaprio, che mette troppo in ombra i colleghi, in particolar modo Toby Maguire e Carey Mulligan. Ottimi invece Edgerton e Debicki. In sostanza, un’occasione persa per riportare sullo schermo un grande capolavoro della letteratura americana, dopo la prima deludente trasposizione del 1974, con Robert Redford e Mia Farrow.

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La speranza è un cocktail classico e moderno / 27 Gennaio 2017 in Il Grande Gatsby

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Accolto in modo freddo a Cannes 2013, dove è stato il film d’apertura del festival, e criticato da più parti in modo negativo, a me “Il Grande Gatsby”, invece, è piaciuto. Film fazioso sì, ma coerente. Ricco di orpelli, ma che non lo rendono stucchevole, anzi, emotivamente coinvolgente.

Tratto dal romanzo omonimo, uno degli apici della letteratura americana anni ’20, di Francis Scott Fizgerald, il film di Baz Lurhmann è essenzialmente Gatsby: il film ruota su di lui, fin dall’inizio, quando resta dietro il palco, fuori dall’inquadratura, non lo vediamo, ma ne sentiamo parlare; e poi, a maggior ragione, quando entra in scena e diventa vero mattatore dell’azione narrativa, degli snodi della vicenda, dei cambi di ritmo e tono. Perché dietro a questo enigamtico protagonista, interpretato quasi in modo “neoclassico” per la storia del cinema da uno struggente Leonardo di Caprio, si nasconde il segreto più antico del mondo, forse scontato, ma certo scontatamente necessario: l’amore. Ed è così, di fatto, che Luhrmann firma, come sua consuetudine, una poderosa storia d’amore. Che non solo vuole farsi guardare, tanto è pulita e ricca di coinvolgimenti visivi l’esteriorità de Il grande Gatbsy, quasi fosse una chiesa barocca, ma anche involontariamente e in modo naturale farsi altro di più, entrando nelle cripte dell’animo umano, affinché lo spettatore possa scandagliare le sue intimità, teorizzate appunto dalle perfette equazioni dell’amore, e fare i conti con il proprio passato e il proprio presente, tempo di amanti, in quanto persone che amano. Di fatto dietro a tutto quello che Jay Gatbsy fa, dietro a ogni minimo e singolo suo gesto, si nasconde ogni dettaglio e particolare della sua amata, la dolce Daisy (un’ottima e atipica Carey Mulligan): costruisce il suo immenso castello nella riva opposta rispetto a dove abita lei, a Long Island, e organizza feste alle quali partecipano tutti gli abitanti di New York, aspettando il giorno che fosse comparsa proprio lei; si fa amico il cugino, un prezioso Tobey Maguire, per orchestrare un incontro con lei; si fa impostore, arrivando a deturpare la sua anima, per trovare i soldi fondamentali per apparire qualcuno a suoi occhi. Tutto per lei, per poter rivivere quel passato che l’ha visti insieme, prima della separazione forzata causata dallo scontro mondiale. Luhrmann è esagerato, è lucido, sia nella meticolosa perfezione dell’immagine, sia nel processo creativo del film, in quello che vuole, in quello che desidera lasciare a noi. È coraggioso, perché ambizioso, è un dj che alla console mixa il classico con la modernità, e non mi riferisco solo alla stravagante colonna sonora del film. È maestro: scopriamo pagine d’antologia, in particolar modo nella prima parte quando Gatsby non compare, ma viene suggerito ed evocato da ogni inquadratura del regista australiano, come fosse un’entità divina, che possiede il fascino dell’eroe di un racconto epico.

È talvolta predicatore: con noi e per noi. Perché l’ultima inquadratura è dedicata a quella luce verde, simbolo quanto mai esplicito di speranza, che per Gatsby non solo era il segno identificativo della casa di Daisy, ma anche faro di un nuovo passato, che si fa presente e poi futuro, con la sua donna amata; di più, era motore delle sue giornate, lumicino di salvezza quotidiano. E seppur noi conosciamo il destino amaro a lui riservato, quei squilli di un telefono fino a quel momento muto di un silenzio assordante, sono stati per Gatsby motivo di una morte felice. Il faro per noi resta acceso. E allora come Gatsby tendiamo la mano ogni giorno, verso la speranza che si fa Sogno, il nostro sogno. E “continuiamo a remare, come barche controcorrente”.

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Siamo sicuri che a F. Scott Fitzgerald non sarebbe piaciuto? (e chi può dirlo)… / 8 Ottobre 2016 in Il Grande Gatsby

Il grande Gatsby di Luhrmann è infarcito di anacronismi e dell’esuberante euforia stilistica tipica del regista australiano.
L’età del jazz si trasforma così nel trionfo della dance music e dell’hip hop (tributo ad uno dei produttori, il rapper Jay Z) e i celebri Gatsby parties sembrano richiamare la movida agostana di Ibiza, con buona pace per lo stile dei roaring twenties.
Scelte discutibili, ma chiaramente volute e che innegabilmente rendono il film originale e movimentato.
Con buona pace di Francis Scott Fitzgerald (a cui magari uno scompiglio del genere sarebbe anche piaciuto), il regista ci mette davvero molto del suo, soprattutto nella prima parte, incluse corse in auto esagerate, sempre alla ricerca dell’iperbole e della spettacolarizzazione.
Il film diventa così videoclip secondo una tendenza ormai inevitabile nel cinema contemporaneo, almeno quello che è mosso da mere logiche di profitto o di ricerca estetica che non ha timore di sfociare nel kitsch.
La seconda metà della pellicola si normalizza leggermente e viaggia verso un finale drammatico, gestito discretamente.
Un Di Caprio superiore alla media delle sue interpretazioni (finalmente un ruolo adatto a lui), accompagnato però da comprimari soltanto modesti.
Curiosa la quasi contemporaneità di uscita con un film di struttura abbastanza simile ma di risultato artistico diametralmente opposto: La grande bellezza di Sorrentino.

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Mi ha colpito / 10 Ottobre 2015 in Il Grande Gatsby

Anche se il romanzo è tutt’altra storia devo dire che mi ha colpito la scelta dello stile, dei colori.. voglio dire che è un film che non annoia, per me ci sta un 8..

Wow / 20 Luglio 2015 in Il Grande Gatsby

Visivamente eccessivo, folle e tragico: è il tipico Baz Luhrmann. Ed io lo amo.

Ehm… / 27 Maggio 2015 in Il Grande Gatsby

Partendo dal presupposto che il romanzo di Francis Scott Fitzgerald è tutta un’altra cosa, Il Grande Gatsby non è un brutto film.
Il problema è che se vuoi produrre un film basato su un libro, devi assicurarti che sia fedele a esso, e che rispecchi il contesto in cui è ambientato. E questo film, sotto questo aspetto, è un disastro: in particolare la scena della festa in cui Nick conosce Gatsby è incredibilmente stupida. Mi chiedo se i produttori si siano resi conto che Beyoncé non è adatta all’atmosfera anni 20 che in teoria ci sarebbe dovuta essere.
L’idea di far narrare tutto a Nick non è originale, così come non lo è l’idea che lui stia scrivendo il romanzo che sta raccontando. Questa scelta ha però dei lati positivi, come ad esempio l’inserimento frequente di frasi prese direttamente dal romanzo.
Assolutamente nulla da ridire sulle performance degli attori, il cast è ben scelto; mentre si potevano benissimo evitare i clichés da classico film hollywoodiano che non c’entrano proprio nulla.
Se però dovessi scegliere tra la versione di Jack Clayton del 1974 e questa di Baz Luhrmann, sceglierei la prima. Assolutamente più fedele in fatto di ambientazione e dettagli.
Si merita un 6 solo perché Di Caprio è il Jay Gatsby perfetto, e perché la storia di fondo bene o male c’è.

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27 Maggio 2015 in Il Grande Gatsby

Avevamo bisogno del remake del grande Gatsby?
Mah…
Il precedente (quello con Robert Redford) è sicuramente più dentro il contesto del periodo.
Stiamo negli anni post bellici nell’America in completa evoluzione.
Il mistero dell’affascinante Gatsby delle sue incredibili feste viene svelato con molta lentezza e neanche con tanto emozione. Certo che la stessa trama non che sia chissà cosa.
Ho trovato poi fuori contesto la scelta della colonna sonora: troppo attuale per il periodo considerato, a tratti anche psichedelica.
Redford batte sicuramente Di Caprio anche se non è male.
Mi è invece molto piaciuto il contrasto dei colori scuri nella zone delle miniere: il carbone, le polveri, le facce degli stessi minatori nere contro l’eleganza e la forza dei colori accesi e sfarzosi dei ricchi e delle loro auto. Molto forte. 🙂
Però francamente un film totalmente inutile. Non serviva.
“Noi non possiamo perderci…”
Ad maiora!

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6,5 / 16 Settembre 2014 in Il Grande Gatsby

Bhe da questo mi aspettavo senz’altro di più, devo dire che mi ha deluso, Di Caprio recita bene ma per il resto non è poi sto gran film

Combinazione non vincente / 27 Agosto 2014 in Il Grande Gatsby

Buon film, ma la scelta delle musiche è da dimenticare e pur essendo DiCaprio un ottimo attore non è stato diretto nel migliore dei modi. Mi aspettavo qualcosa di più!

Fantastico. / 23 Giugno 2014 in Il Grande Gatsby

Così fedele al libro di Fitzgerald che mi ha a dir poco estasiato sentire le parole che ho letto da Di Caprio. Soddisfatta.

Il piccolo grande Gatsby / 22 Marzo 2014 in Il Grande Gatsby

Purtroppo non ho letto il racconto originale di Fitzgerald e quindi non sono in grado di fare un prevedibile confronto. Cosa posso dire quindi della mia esperienza di visione? Questo film tratta una storia ricca di temi (si va dall’amor tragico all’esagerata ricchezza) e presenta un’atmosfera che ricrea abbastanza bene il periodo in cui esso è ambientato. Tutto appare sfavillante, sfarzoso. Ma anche, in un certo senso, oscuro e misterioso. L’avvicinarsi al finale smonta pian piano tutto quel belvedere a cui è stato sottoposto lo spettatore e chiude la parabola (discendente) del protagonista. DiCaprio fornisce l’ennesima buona prestazione e riesce a dare quel valore aggiunto ad una comunque buona pellicola.
E’ da menzionare poi la colonna sonora. Non perché essa sia eccelsa o scadente, quanto piuttosto appaia particolare se rapportata al contesto temporale (una ricca selezione di brani pop in un film ambientato nell’America degli anni ’20).

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9 Marzo 2014 in Il Grande Gatsby

Questa trasposizione cinematografica del Grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald, è un abito confezionato su misura del libro, pur allontanandosi dal quel classico disegno di antinomia e contraddizione che lambiva lo scheletro del romanzo . A discapito di un classicismo accuratamente oscurato per dare più risalto ai lussi e agli sfarzi tipici del momento, di quel mito americano che non voleva tramontare; l’anima del capolavoro di Fitzgerald vive in questo lavoro di Baz Luhrmann, perché in esso si può riscontrare tutta la paura, tutta la fragilità, e l’irresolutezza che una generazione ha provato. La stessa, seppur di minore intensità, che descriveva così bene il noto scrittore statunitense. I punti deboli, così come le incongruenze, aleggiano nella pellicola, ma nascono come contorno a una storia che per la sua peculiarità si regge su se stessa, anche grazie alla splendida interpretazione di DiCaprio, che riesce a rendere viva tutta quell’illusione su cui Gatsby aveva creato un mondo, e dal quale fu abbandonato.

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Il grande vuoto / 6 Gennaio 2014 in Il Grande Gatsby

Ralenti senza ragion d’essere, flashback patinati degni di una soap, commento sonoro onnipresente (per un istante ho temuto che partisse una versione ri-arrangiata di YMCA), panoramiche sfarzose che non fanno altro che sottolineare in continuazione l’inconsistenza dell’intera opera, musica hip hop che probabilmente doveva sembrare una genialata ma che invece risulta essere ridicola, buttata lì a casaccio nei Roaring Twenties (mancava giusto un po’ di dubstep versione fox-trot), escamotages pensati per l’inutile 3D che senza occhialetti risultano essere di una tristezza inaudita e che dimostrano ancora una volta che la peggior trovata del cinema non sopperirà mai all’inadeguatezza registica. Sfarzo fine a se stesso e decontestualizzato, attori insopportabili (Maguire e Mulligan), così tanto didascalico che mancavano giusto dei fumetti disegnati che integrassero la fastidiosissima voice over (ma è un film o un libro? Che diamine, si lascino parlare le immagini!). Due ore (ezeronove) buttate, mi sono rinvigorita giusto il tempo di Young and Beautiful. Provoca anche un lieve mal di testa, come se non bastasse.

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UN GATSBY CORAGGIOSO, SFUGGENTE, IMPERFETTO / 20 Novembre 2013 in Il Grande Gatsby

Ancora una volta, Luhrmann erige il suo enorme palco impazzito, caleidoscopico, visionario. E lo fa in un contesto – quello dei “ruggenti anni Venti” – che, in potenza, ben si presterebbe all’esplosione satura di colori, alla fotografia tanto eccessiva quanto patinata. Una fotografia caratteristica anche dei precedenti lavori del regista, sebbene mai a questo livello esplosivo. Come se non bastasse, l’intero carrozzone viene amplificato, ingigantito, esasperato tramite l’ausilio di un 3D che stavolta, miracolosamente, riesce a non infastidire e finanche a piacere.
Ecco quindi che, nella prima parte del film, con la macchina da presa che a stento imbriglia l’energia vorticosa delle feste nella villa di Gatsby, Luhrmann sfoggia un vortice di elementi i quali, tutti assieme, rendono il prodotto grossolano, o per meglio dire, caotico, pacchianotto e oltremodo kitsch: ma è proprio il marchio di fabbrica di Luhrmann. Lavora così, lo si ama o lo si adora, o in ogni caso, andando a vedere un suo film, ce lo si deve aspettare.
La carenza più grande risiede nel non aver accompagnato le sequenze delle feste ad una musica adatta – non per realismo, ma quanto meno per bellezza, per un valore estetico-uditivo, attraverso cui il velo surreale che copre tutte le opere del regista s’impreziosirebbe senz’altro di volta in volta (benché forse ancora nel postmodernismo di “Romeo + Giulietta” la colonna sonora sia giustificabile). Di fatto, questa musicaccia pop del tipo più becero – che nella seconda parte del film cede il passo, con maggior frequenza, ad una colonna sonora convenzionale – non c’entra niente col contesto. Molto più giustificata sarebbe stata la presenza di colossali complessi Jazz, così come il romanzo di Fitzgerald descriveva. Così, invece, si rischia di scivolare nell’ennesimo smisurato giocattolo-videoclip; mentre, con le dovute correzioni, e appunto con la musica adatta, il montaggio frenetico non avrebbe corso il rischio di una simile accusa, poiché tutto avrebbe contribuito a rendere omaggio al ritmo, alla velocità e alla frenesia autentica degli anni Venti, in corsa verso il baratro del ’29.
Tranne qualche sequenza e alcuni dettagli, la fedeltà al capolavoro di Fitzgerald è indubbia, anzitutto nello spirito della narrazione. La rovinosa caduta del sogno americano viene qui metaforizzata, racchiusa nella figura chiaroscura di Gatsby, nel suo slancio colmo di speranza, ma illusorio, a tratti delirante, automistificante e autodistruttivo. Di Caprio trasmette egregiamente tutta l’artificiosa grandezza, la sperduta fragilità, il camaleontismo di una nazione accecata dalla propria immagine fantasmagorica, le cui macchie vengono nascoste dalla troppa luce (verde?).
Carraway, interpretato da un simpatico Tobey Maguire, perde forse un po’ troppo la dimensione bigotta e moralistica che lo contraddistingue nel romanzo; ma le parole messegli in bocca sono esattamente quelle di Fitzgerald, del quale, nella deriva alcolizzata e depressiva, lo stesso Carraway diviene un alter ego.
Daisy, che ha i lineamenti delicatissimi e puerili di Carey Mulligan, appare sfuggente, malinconica, altalenante, emblema di una femminilità incerta, mai salda, mai netta, mai autonoma. E in questo la Mulligan compie un ottimo lavoro.
Purtroppo, per quanto è stato pubblicizzato, “Il grande Gatsby” attirerà un certo tipo di pubblico contro il quale duramente cozzerà il finale riflessivo, meditativo: un pubblico su cui le parole di Fitzgerald, fedelmente trasposte e rievocate tramite giochi di sovrimpressione e dissolvenze, scivoleranno inerti senza lasciare i giusti germogli, così come Gatsby farà con le vite di ognuno, se non quella di Carraway. Ma questo, come già accadde col romanzo di Fitzgerald nel 1925, è un problema di recezione e di assimilazione non imputabile all’opera in sé, quanto, nel 1925, all’incapacità di autoanalisi dell’America, ed oggi alla pubblicità parossistica che se n’è fatta.
VOTO: 7.

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20 Ottobre 2013 in Il Grande Gatsby

Povero povero Baz. Cosa c’è di male se è un tizio a cui piace esagerare e vivacizzare le sue storie barcollando sul filo sottile che lo separa dal pacchiano?
Consapevole di quello che fa Baz e di come lo fa, ho visto Gatsby con piacere, scegliendo di apprezzare il suo stile chiassoso,,che sicuramente divide le opinioni, ma che ha una sua forza e coerenza, e pure un certo fascino per quel che mi riguarda.
La storia procede spedita per 2 ore e 20, e la prima parte è un tripudio di lustrini, musica, colori, CGI onnipresente e carrellate di camera veloci, così come è veloce la vita dei ricchi che ballano fino all’alba a quelle che sono le feste meglio rese, cinematograficamente parlando, degli ultimi tempi. E quando spunta, tra i fuochi d’artificio, Leonardo Di Caprio/ Jay Gatsby il film ingrana davvero, perchè Leo si cuce addosso il ruolo come una seconda pelle, perchè ha il viso perfetto per la parte e perchè riesce a impegnarsi ancor una volta in una prova stupenda, con un ruolo un po’ diverso dai suoi ruoli tipo, coniugando un lato passionale e uno più malinconico e sognatore, sorreggendo sulle spalle un intero film. Affiancato da un Tobey Maguire funzionale e osservatore e da una Carey Mulligan delicata delicata, una buona Daisy, che da l’idea di fragilità e volubilità e puntellato qua e là dagli sguardi intelligenti di Elizabeth Debiki/Jordan Baker ( bella e brava lei), il film non annoia e si muove veloce tra dramma e sentimento, con scene preziose sparse in giro e adornato da una bellissima OST, che sfrutta molto la canzone più brutta o quasi ( Lana Lagna Del Ray) , ma si rifà sfruttando ancor di più i The XX, che con un ritmo battente scandiscono certi momenti clou… Se solo Florence and The Machine, con una delle canzoni più belle, fosse stata inserita meglio, allora sarebbe stata la perfezione. Fotografia accesa, coerente con il tono del film e dialoghi presi pari pari dal libro, molto efficaci e indubbiamente belli.
Con qualche cambiamento rispetto a libro, nulla di grosso, il film si conclude con classe, e in definitiva posso dire che l’esaltazione e l’esasperazione di ogni comparto non mi hanno disturbata, ma hanno dato un tocco in più, stridendo piacevolmente con la decadenza, il cinismo e l’amarezza della vicenda, infiorettata ma non snaturata.

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Negli anni più vulnerabili della giovinezza… / 15 Ottobre 2013 in Il Grande Gatsby

Impressionante come , nel mio caso , un ennesimo film mi abbia affascinato portandomi a leggere l’intero libro. Il romanzo di Scott è fedelissimo al film di Luhrmann , le fantastiche riprese unite al magico 3d rende il tutto fantastico. Colori , personaggi e dialoghi incantevoli. Di certo , un grande film del 2013.

2 Ottobre 2013 in Il Grande Gatsby

Inizialmente entusiasta della possibilità che Lurhman portasse in scena le atmosfere della New York degli anni ’20, ho perso gradualmente interesse quando ho cominciato a vedere le prime scene. Tutto patinato, colorato, plasticoso e odiosamente finto. Musiche moderne con Beyonce e compgnia cantando (stavolta è un modo di dire azzeccato) che con le descrizioni evocate dal libro non c’entrano un tubo.
Un Di Caprio che così insulso non appariva da un bel pò.
Come per On the road, si sacrifica lo spirito del libro sull’altare dell’intrattenimento e, francamente, è un’operazione da gente senza cervello o, nel caso l’intento sia voluto, da irrispettosi. Fare di un libro come quello di Scott Fitzgerald uno spottone natalizio, succhiando ogni goccia del suo significato per privilegiare un’estetica da patiti della pubblicità e pretendere pure che abbia un significato è proprio volgare.
Di Caprio vestito da confettino non riesce a riproporre la vena malinconica che Redford era riuscito a conferire a Gatsby, per non parlare del resto del cast.
Svuotato di tutto quello che rappresenta Il grande Gatsby diventa solo un’altra occasione per Lurhmann di giocare con i colori come se stesse girando lo spot della Chanel. Francamente patetico.

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terribile / 28 Settembre 2013 in Il Grande Gatsby

Dopo aver letto il libro, prima, e visto il film del 1974, poi, avevo grandi speranze in questo film, di cui tanto si è sentito parlare. A parte i vestiti (firmati), devo dire che è un film raccapricciante. Parti inventate di sana pianta, errori storici notevoli, puntualizzazioni eccessive su alcuni aspetti che sono si e no accennati nel libro. Musica hip hop, luci spichedeliche, sfondi finti. Veramente un gran brutto film. Pubblicizzato bene. Meno male che l’ho preso solo a noleggio e non ho speso 10 euro per vederlo al cinema.

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21 Settembre 2013 in Il Grande Gatsby

Checché se ne dica, i film di Baz Luhrmann sono sempre stati un po’ pacchiani. Devo dire che negli anni è rimasto coerente, il suo stile è sempre lo stesso.
Come i suoi film precedenti anche Il Grande Gatsby è pomposo, una festa per gli occhi con immagini intense e cariche di colore ed inquadrature ben studiate. Forse un po’ esagerato, almeno secondo il mio gusto personale.
In ogni caso il film è in perfetta linea con la trama dell’opera di Fitzgerald, ho apprezzato molto che anche nei dialoghi Luhrmann abbia cercato di inserire citazioni dal romanzo. Insomma, direi che è rimasto fedele al libro nella trasposizione cinematografica.
Tobey Maguire non mi piace, non ci posso fare nulla. Il suo problema, secondo me, è che è sempre uguale, sempre lo stesso, non riesce a prendere le vesti del personaggio che interpreta, quindi la sua recitazione resta abbastanza piatta – basta guardare Spiderman per capire che è sempre identico, sempre lo stesso, sempre gli stessi atteggiamenti.
Devo dire che Leonardo DiCaprio invece mi è piaciuto, come mi è piaciuto molto in Django, per me è stato la rivelazione dell’anno, questa cosa mi ha fatta molto ricredere su di lui. Forse sarà vero che tutte le cose invecchiando diventano migliori, probabilmente vale anche per le persone. L’ho trovato molto adatto nei panni di Gatsby, davvero un’ottima interpretazione.
Per quanto io non ami Daisy Buchanan, non posso non apprezzare Carey Mulligan, la trovo strepitosa ogni volta, molto versatile, sempre diversa. Quando l’ho vista per la prima volta, in Shame, è stato subito amore. E’ adorabile.
Per tutto il resto, beh, direi che la fotografia è straordinaria, tutte le immagini sono evocative e cariche di colore, davvero una goduria per gli occhi.
Altro segno stilistico di Luhrmann è la scelta delle musiche che – per carità, ci starà anche bene – io non ho apprezzato molto. Il romanzo di Fitzgerald è quasi un’ode agli anni 20, allo sfarzo e alla bellezza dei roaring twenties, all’età jazz, ai lustrini ed ai flapper dress. Ecco, insomma, mancava quel tocco di jazz, musica e danze evocative.
Per il resto è sicuramente un buon film, un buon prodotto di intrattenimento, del tutto godibile.

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sarebbe un 9 e mezzo / 10 Agosto 2013 in Il Grande Gatsby

Luhrmann è un genio! Dopo avermi fatto innamorare di Moulin rouge è riuscito a portare su uno schermo uno dei miei libri preferiti e farmi rivivere in ogni scena esattamente le stesse sensazioni! Ha catturato in pieno lo spirito del libro di Fitzgerald! Sceneggiatura perfetta, fedele al libro (finalmente una trasposizione cinematografica che non mi faccia urlare ” ma abbiamo letto lo stesso romanzo???”. Attori magnifici (Di Caprio in special modo), la regia di Luhrmann riesce benissimo a farci tornare nella New York degli anni 20, con le sue luci e le sue ombre.
Effettivamente la colonna sonora in certi punti fa un pò storcere il naso (non sempre però). Uniche differenze che ho notato rispetto al romanzo è che non si dice che Daisy e il marito avevano una figlia(viene fatta vedere solo di striscio alla fine), ma non era poi così importante, e il ritorno del padre (quello è abbastanza grave che sia stato tagliato)

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18 Luglio 2013 in Il Grande Gatsby

Sono rimasta soddisfatta dalla fedeltà con il romanzo. Ma alla fine, credo che sarebbe stato chiaramente impossibile allontanarsi da quanto scritto da Fitzgerald. Nel complesso un buon film, anche se (pur sapendo quando sarebbe arrivata la fine) dopo l’intervallo mi sono ritrovata più volte a pensare “Ma ancora deve finire?”. La CG è orripilante (sembra infatti che Baz Luhrmann non sappia come allontanarsi da quelle scene di città “plasticose”, le stesse piazzate nel film nell’ ormai lontano “Moulin Rouge!” del 2001), al contrario delle scenografie scelte, dei costumi e dello sfarzo che necessitava di essere rappresentato. Al contrario di molti, a me la colonna sonora moderna è piaciuta, come mi piacque in “Marie Antoniette” della Coppola, ma capisco che sono scelte che possono non piacere. Come ad esempio quella di avvalersi di una regia completamente finalizzata alla creazione di un film in 3D. E il 3D, fa più schifo che altro. Un consiglio: la prossima volta, Buzz, lascia stare quelle corse surreali nelle macchine degli anni ’20, che veramente non si possono guardare.

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12 Luglio 2013 in Il Grande Gatsby

Ho adorato l’impeccabile interpretazione di Leonardo Di Caprio e l’ambientazione anni ’20.La trama del film non mi ha soddisfatta, assolutamente fuori luogo le colonne sonore, a mio parere troppo moderne per un film ambientato nei primi del 900.

Manierismo Luhrmanniano / 25 Giugno 2013 in Il Grande Gatsby

Baz Luhrmann è un regista di maniera. Lo si vede dal timbro dei suoi film, dalla fotografia e dai movimenti di camera, ciò fa sì che il giudizio su “Il grande Gastby” sia fortemente condizionato più da un gusto soggettivo che da un’analisi sul film. E’ comunque vero però che questo manierismo si presta indiscutibilmente alla rappresentazione cinematografica di una pellicola così caratterizzata dall’epoca e dal contesto lussureggiante in cui vive. La finezza registica è evidente, anche se non univocamente apprezzabile, ma tutto questo eccessivo infiocchettamento, comprensivo di musice pop, risulta coerente e stranamente non stucchevole. Più ci è dato di respirare tanta lussuria, e più l’effetto finale della dissoluzione di tanta sovrastruttura risulta efficace. Il messaggio è che, al di là degli opinabili obbiettivi del protagonista, pochi uomini si auto-alimentano di speranza, pochi uomini sanno vivere mantenendo viva la fede e riuscendo a compiersi coerentemente con essa.
Mi riservo la lettura del libro, per capire meglio le dinamiche e i rapporti, e fare, perchè no, un confronto.

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12 Giugno 2013 in Il Grande Gatsby

Partendo dal presupposto che il libro m’era piaciuto senza però farmi gridare al capolavoro, il film è per certi aspetti così fedele da avermi dato la stessa sensazione di “tutto qui?” del libro.
Dal punto di vista visivo è grandioso. Scenografie, costumi e fotografia a parte, si accentuano quelli che nel libro sono considerati temi fondamentali più di quanto si faccia nel libro stesso (la luce verde in primis), senz’altro un punto positivo.
Non mi sono piaciute granché le musiche: anacronismi in generale ok, ma nell’insieme non mi è sembrato che ci azzeccassero molto, senza contare che nella foga di metterle un po’ tutte non si dà molto spazio a nessuna canzone (quelle di Florence e Lana, di cui mi sono innamorato mesi prima di vedere il film, hanno così poco spazio che se non le avessi sentite nel trailer non mi sarebbe mai venuto in mente di andare a cercarle).
Gli avrei dato un 6, ma DiCaprio è formidabile. Mi ha fatto simpatizzare con un personaggio che su carta non mi ha detto molto.

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Meno male che l’ho visto durante la festa del cinema / 9 Giugno 2013 in Il Grande Gatsby

6, ed è pure troppo.
2 premesse: la prima è che non ho letto il libro di Fitzgerald; la seconda è che ho sempre sostenuto (e sempre sosterrò) che il 3d sia la morte del cinema. Bravo Di caprio (come sempre), posso dire che ha quasi salvato il film, e apprezzabile la colonna sonora. Per il resto è un film da due soldi, un’accozzaglia di riprese “titaniche” che lo rendono, registicamente parlando, uguale a tutti i prodotti che circolano al momento.

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Decisamente troppo Moulin rouge / 1 Giugno 2013 in Il Grande Gatsby

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Non avendo letto il libro, questo film non lo capisco. Praticamente Gatsby è un arrampicatore sociale?! Non c’è un personaggio che si salvi…
PErchè non si poteva dire?

29 Maggio 2013 in Il Grande Gatsby

Film troppo lento, grafica discutibile e scelte registiche fatte solo per rendere migliore la versione 3D. Le uniche cose degne di nota sono state la performance di Leonardo DiCaprio e la colonna sonora.

il grande romeo / 27 Maggio 2013 in Il Grande Gatsby

alla fine non è così male, anche se di caprio sembra fermo ai tempi di romeo + giulietta e fa ancora la parte dell’adolescente innamorato e io sinceramente gatsby non me lo immagino così

24 Maggio 2013 in Il Grande Gatsby

Il grande Gatsby,nuova trasposizione cinematografica del romanzo di Fitzgerald,diretto da Baz Lhurmann è interpretato da Leonardo di Caprio nel ruolo di Gatsby,Carey Mulligan nel ruolo di Daisy e Tobey Meguire narratore assoluto della biografia del “misterioso” signor Gatsby. Ambientato a New York negli anni venti,racconta la storia di Gatsby,un miliardario di cui si sa tutto o niente.Organizza feste lussuose nella sua sontuosa villa a Long Island alle quali partecipano americani di ogni ceto sociale.Quale sarà il vero scopo delle feste del signor Gatsby?
Baz Lhurmann torna ad affascinarci con le sua forte componente visiva e visionaria con delle scenografie particolari e surreali che lo rendono un regista geniale.Ritornano le scene sfarzose e variopinte delle feste che ricordano Moulin Rouge e Romeo e Giulietta.La fotografia e il montaggio spettacolari,il 3D utilizzato in modo intelligente,nonostante si possa apprezzare il film anche senza.Costumi bellissimi indossati dalle “mille”comparse che affollano le scene.Baz Lhurmann scopre Gatsby avvicinandosi pian piano,suscita così la curiosità nello spettatore che attende con ansia l’aspetto di Gatsby.Leonardo di Caprio magistrale nella sua interpretazione riesce a dar vita a tutti gli aspetti della personalità di quest’uomo.La Mulligan tiene testa con un’ ottima recitazione della bella Daisy.Tobey Meguire che siamo soliti vedere nel ruolo di Spiderman è abbastanza credibile ma il vero fascino sta senz’altro nel personaggio di Gatsby.La colonna sonora che fa da sottofondo è un tripudio di pop che contrasta con la musica jazz di quegli anni ma queste le scelte folli e al tempo stesso geniali di Baz Lhurmann che è un regista che divide per suoi gusti a volte eccessivi che vanno controcorrente.
Ho apprezzato il racconto di Baz Lhurmann che da risalto non solo alle atmosfere caleidoscopiche delle feste di Gatsby dove il 3D vuole essere un implicito invito allo spettatore a partecipare.Viene dato risalto anche agli aspetti emozionali e talvolta drammatici della storia.

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24 Maggio 2013 in Il Grande Gatsby

La mia premessa è che io odio Baz Luhrmann ma amo Fitzgerald. Quindi, le aspettative erano alte, ma il sentore che fossero infrante e trasformate nella solita mostra dell’assurdo e dell’eccesso molte. Mi rimangio tutto ciò.
Questo film è quello che doveva essere, bello, elegante (cosa che mai mi sarei aspettata) e dice ciò che deve dire. Questa era infatti la mia paura più grande, che la poetica di Fitzgerald, poetica che ne “Il Grande Gatsby” è più chiara che mai, ma allo stesso tempo più “fine” (al contrario per esempio di “Belli e Dannati”, fosse totalmente sconvolta, per fare spazio a un chiassoso circo di sentimentalismi. C’è chi ha detto che è stato così, e io mi chiedo, che film avete visto? Perché io ho trovato la poetica non solo rispettata, ma riportata con una comprensione altissima, senza nessun trucco di sorta. L’intreccio che lega tutto quanto, la caduta dei valori, i gusci vuoti di alcuni personaggi, la speranza e la volontà quasi compulsiva di Gatsby, potrei andare avanti quanto? C’è tutto, tutto quanto! Per quanto riguarda il cast, beh, io odio Maguire, lo trovo inadatto in qualsiasi parte, ma stavolta forse posso lasciargliela passare. Su DiCaprio neanche dico niente eh? La parte era sua, assolutamente. La colonna sonora, che in tanti hanno detto “che non era adatta al film” io l’ho trovata poco invadente e adatta, sì, adatta. Ragazzi, è un film del 2013, ok, gli artisti sono quelli molto molto commerciali del panorama americano, e allora? Ci stavano forse male quelle canzoni? Veramente? Io dico di no. Erano perfette per il film. Non capisco perché ci sia questa volontà di buttare me**a su un film che merita veramente, andando ad appigliarsi a 20320 motivi che poi non si sanno sostenere. L’uniche cosa che posso non aver apprezzato sono l’artificio delle parole scritte sullo schermo, non sono di mio gusto, ma penso che valorizzino la trasposizione, e l’altra cosa, e questa è difficile da mandare giù, è la mancanza della scena del padre di Gatsby al suo funerale. Quella scena a mio parere è essenziale, è il riscatto di Gatz su Gatsby, il mostrare veramente chi era in fondo, anche se ovviamente si era capito ugualmente. Non parlo neanche con chi dice che è tutto molto superficiale, che non è credibile e che il libro è stato sconvolto, mi vien da dire, ma il libro l’avete letto davvero?

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7 e mezzo, otto grazie a DiCaprio. / 23 Maggio 2013 in Il Grande Gatsby

Ero partita con molte speranze verso questo film e purtroppo non sono rimasta pienamente soddisfatta. O meglio, alcune cose hanno soddisfatto pienamente le mie aspettative, altre mi hanno deluso; meglio andare con ordine.
Il film si apre con il co-protagonista Nick Carraway, ricoverato per alcolismo in una clinica, il quale racconta al suo medico la storia di Jay Gatsby. Perché si trova lì? Come ci è arrivato? Non ci è dato saperlo. Ok, nel libro Nick è la voce che narra e quindi c’era bisogno di un espediente per far partire il meccanismo, ma, esclusa la scelta a mio avviso pessima, non sarebbe stato meglio spiegare un po’ di più questa situazione iniziale?
Nonostante questo primo incespicare, la prima parte del film è davvero buona: la frivolezza dei Buchanan, il festino newyorkese, le feste di Gatsby sono dirette in maniera magistrale, troppo ridondanti, troppo colorate, troppo eccessive e per questo dipingono fedelmente l’atmosfera “ruggente” creata da Fitzgerald nel libro.
Il film mi ha letteralmente rapito con la comparsa di Gatsby/DiCaprio, maestoso, affascinante, carismatico quanto basta per essere ed interpretare al meglio questo personaggio letterario quasi leggendario. Oltre alla bravura del protagonista, ho trovato molto bravo anche Joel Edgerton, gorilla e pieno di se’ fino alla nausea (stesso sentimento che provo per il personaggio cartaceo), e di rilievo anche Isla Fisher e Elizabeth Debiki perfettamente calate nello spirito dell’epoca, le quali danno punti a favore a questa pellicola.
Un po’ sottotono Daisy di Carey Mulligan che non si fa notare particolarmente troppo e rende il personaggio un po’ piatto, rispetto alla donna ammaliante, sensibile, fastidiosa e frivola di Fitzgerald. Stendiamo un velo pietoso su Tobey McGuire.
Mi è piaciuto molto l’incontro tra Gatsby e Daisy e il sipario tragi-comico messo in scena da Luhrman, stessa cosa anche per la scena delle camicie, memorabile sia nel libro che nel film.
Tutto funziona nella prima parte, McGuire a parte (mi dispiace ma non riesco a sopportarlo in questa pellicola), nella seconda il film perde mordente, perché Luhrmann non è riuscito a ricreare la tragicità che è presente nel libro. Dalla colazione a casa Buchanan fino alla fine del film, tutto perde consistenza e se nel libro il castello di carta di Gatsby crolla per lasciare spazio alla drammaticità e alla solitudine di questo personaggio così contorto, nel film trova spazio il ridicolo e la pochezza. Quando i due uomini si fronteggiano all’interno della stanza di albergo tutto sembra una scenetta che ricalca quasi il comico, fatta eccezione per DiCaprio che riesce comunque a mantenere lo spessore del personaggio.
Nota dolente che pervade la fine del film è la ripresa passo passo delle frasi del libro, più che parlare di sceneggiatura, si assiste a un copia incolla di citazioni prese e incollate sullo schermo tanto per dire “Guardate come sono fedele al libro!”.
La fedeltà al libro è presente quando Baz Luhrmann esagera e va fuori dalle righe piuttosto che quando ricalca e copia spudoratamente l’opera di Fitzgerald, facendo risultare la pellicola piatta e a volte noiosa.
In conclusione, nonostante le scopiazzatura dal libro, l’interpretazione di McGuire, l’espediente iniziale e la mancanza di tragicità verso il finale il film mi è piaciuto perché in alcune parti, specialmente all’inizio, Baz Luhrmann riesce a cogliere lo spirito del tempo e del libro ma portando la sua visione personale.
Nonostante questo, però, sono convinta che l’unico ad aver capito il vero spirito di eccesso,grandezza e drammaticità dell’opera sia stato Leonardo DiCaprio, che resterà, almeno per me e finché non ci sarà un’altra trasposizione, IL grande Gatsby.

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23 Maggio 2013 in Il Grande Gatsby

Non mi è piaciuto, senza anima e senza carattere. Premetto che c’è troppa computer grafica, poi io l’ho visto in 2d e trovarmi di fronte due o tre effetti messi qui e lì per far in modo che risaltino in 3d non l’ho apprezzato per nulla.
L’ho trovato davvero senza una impronta minimamente autoriale o almeno personale, mi è sembrato calligrafico, illustrativo anche se gli elementi di Baz ci sono, musiche scenografie, troppo tirato sul grottesco sia se mi rifaccio al libro (che però ho letto da molto tempo, ammetto), sia se esulo dal romanzo, pesantemente grottesco e poco più. Nulla della regia e della messa in scena ha creato quell’aura tipica di Gatsby che sembra essere grande solo agli occhi dell’amico e per innumerevoli feste delle quali poi noi ne vediamo solo una: ma la scalata verso il denaro, il lato oscuro del personaggio nel suo passato, la purezza anche della gioventù davvero ruggente io non l’ho trovata. E non mi bastano gli attori, insomma a parte Di Caprio cosa rimane per l’appunto? La forza della frenesia della vita in un periodo in cui il possibile sembrava a portata di mano, ma con i debiti compromessi, lo struggimento per un sentimento incancellabile che nulla del brillio del lusso e della potenza può colmare io non l’ho visto.
Secondo me proprio non ci si è trovato lui Lurhmann, troppe ripetizioni di NY dall’alto, quasi quasi mi innervosivo, troppe carrellate sempre uguali tanto da restituire un sentimento di stanchezza. E in fondo anche il melò, che lui sa fare davvero bene, qui gli riesce meno. Anche la colonna sonora….davvero di accompagnamento, per quanto bella non elemento caratterizzante

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L’ immaginifico Gatsby / 23 Maggio 2013 in Il Grande Gatsby

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Controverso, sfavillante e assordante. Il film più discusso della stagione che ha diviso pubblico e critica e pubblico nel pubblico e critica nella critica.
Ma dov’è la verità?
La verità è che Baz Luhrmann si riconferma genio dei nostri tempi, uno dei pochi cineasti in grado di trasmettere tutto sè stesso in ogni inquadratura.
Uno dei pochi ad avere la forza di un’idea e la follia di osare senza alcun ritegno.
Il film ha un respiro che coincide con quello del suo creatore. è un figlio e come tale è suo e suo soltanto, e anche se di versioni ne sono state girate circa cinque (tra produzioni cinematografiche e televisive) questa se ne distacca completamente. è differente, differente dalle altre e dagli altri film in sala, e distinguersi in un mercato così affollato non è semplice: è arte, è genio.
Ma partiamo con la descrizione della pellicola:
La storia inizia con un salto indietro, tatticca narrativa interessante che a molti ha ricordato Moulin Rouge ma che, a mio avviso, se ne distanzia in quanto non è Daisy a raccontare la storia di un amore finito ma Nick. Qui, diversamente dal terzo lavoro del regista l’amore non ha trionfato, non è stato suggellato dalla morte del protagonista.
Satine moriva comunque felice tra le braccia di Christian, Gatsby invece muore solo, mentre vede il suo sogno allontanarsi per sempre. Che dolce illusione nel momento in cui il telefono squilla e lui vede la villa e la sua luce verde avvicinarsi, e quanta amarezza quando, dopo lo sparo, essa scivola via per sempre, lasciandoci scoprire chi ha davvero fatto quella telefonata lasciandolo morire nel suo sogno immortale.
Il caos delle feste, lo sfarzo, la magnificenza, non sono inutili orpelli destinati a intrattenere (a detta di alcuni solo commercialmente) lo spettatore, ma sono strumenti, strumenti che servono allo scopo di nascondere la verità dell’immagine dell’uomo solo sul pontile, mai ritratta con più maestria.
Con acuta osservazione infatti le immagini assordanti, colorate, piene di ritmo e frenesia sfumano in scene intime e toccanti, dove la camera indugia sulle spalle di Gatsby, la musica si fa dolce, primeggia il violino acuto e sembra già l’eco del lamento finale che corona l’epica conclusione del film, dove il fantasma di Gatsby continua a cercare la sua luce verde, e forse, nella visione del regista, continuerà a farlo per sempre (idea che personalemente ho trovato di una forza incredibile).
I personaggi:
La Daisy di Carey Mulligan ha la stessa voce tintinnante che ti sembra di udire tra le pagine del libro, lo stesso acume celato sotto la falsa ingenuità e la stessa crudele indifferenza nell’ultimo gesto di abbandono.
La chiave di lettura del personaggio è nelle frasi: ”I wish I’d done everything on earth with you ” e ”I wish we could just run away”.
Qui, in due momenti separati, Daisy ci svela prima della scena al Plaza, che il passato è stato sostitutio da un presente che non può essere ignorato e che può solo limitarsi a indugiare in esso, senza davvero voler stravolgere la sua vita. Questo ”Wish” ha un peso enorme, è il desiderio lamentoso di qualcuno che ammette che avrebbe voluto che le cose fossero andate diversamente ma che non ha comunque la voglia di cambiare il suo destino.
Daisy è un personaggio contorto, non si esprime per imperativi come il suo amore di gioventù, non è mossa da quella determinazione. L’unico momento in cui la sentiamo prendere una decisione è quando confessa al marito Tom che non lo ha mai amato solamente perchè è Gatsby a farglielo ripetere, parola per parola. è lì che ci rendiamo conto di chi è davvero e di quanto siano diversi.
Di Caprio, nel ruolo del protagonista, oltre ad aver catturato l’essenza di un uomo improntato ad un eterno esercizio di stile e charme sa sfiorare la vera natura del personaggio nei momenti in cui esso è più sensibile: cala la maschera del perfetto gentiluomo e torna l’uomo, l’uomo che tentenna, che si commuove, che si arrabbia con la mascella vibrante e le mani rosse tese sul collo della camicia di Tom.
Le musiche:
Le musiche (fonte per molti di una perplessità inutile) contribuiscono a dare la sferzata moderna che la storia necessitava. Siamo davvero sicuri che avremmo sentito la vicenda così vicina se non fosse suonata così contemporanea? Che avrebbe avuto la stessa forza con una fedele e forse banale riproduzione di un’epoca passata?
Il cinema è un’arte giovane e come tale necessità di sperimentare e rinnovarsi.
Non si può pretendere nel 2013 di andare al cinema a vedere unicamente film pensati come se fossimo ancora negli anni ’70, ’80, ’90 o giù di lì, non si deve avere paura del 3D, delle scelte azzardate o di alcuni cammufamenti storici, non si va al cinema per vedere un trattato storico, si va per guardare una storia, un’opera emozionante. Se rinneghiamo questo approccio allora dobbiamo riconoscerci in quella fetta di pubblico che davanti alle opere di Picasso storse il naso definendole ” folli”,
esattamente come molti stanno facendo con questo nuovo, originale, immaginifico, grande, maestoso Gatsby.

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Datemi un senso / 22 Maggio 2013 in Il Grande Gatsby

Già la trama (tratta dal romanzo di Fitzgerald) è resa male e le tematiche ridotte a parole a caso come “speranza” e “ritornare al passato”, ma il vero problema del film è proprio il film. Una pellicola che gioca molto (ma molto molto molto) sul grottesco dei personaggi e sul trash esagerato della scenografia. La prima parte del film è da questo punto di vista eccessiva e a tratti addirittura nauseante. Le riprese della città dall’alto pensate per il 3D, le scene di festa, le parole della macchina da scrivere che si dissolvono nel cielo, la voce di Beyoncè che accompagna gli invitati alla dimora di Gatsby…
Uscita dalla sala non ho potuto fare altro che chiedermi se non ci sia un senso a tutto questo. Se forse non voglia essere una lezione agli “intellettuali” del cinema così insofferenti agli effetti speciali messi a caso e alle storie senza profondità. Ci deve essere un motivo per quella stella cadente grossa come la Luna che si vede tagliare il cielo in più scene di seguito. Ci deve essere un motivo per cui questo Gatsby è così grande. E no, non credo sia per le camicette.
Ma l’unico senso che mi viene in mente per ora è Leonardo di Caprio che dimostra come sempre di essere capace di qualsiasi cosa e che forse forse vale il biglietto.

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Il Discreto Luhrman / 22 Maggio 2013 in Il Grande Gatsby

Metti un po’ di “pessimo”. Aggiungi un po’ di “non male”. E poi butta dentro anche un paio di “davvero di qualità”. Sommali. Poi dividili. Esce un “discreto”. Che a numeri fa – per me – 6 e mezzo. Che siccome i mezzi non ci sono diventa un facile 7. Perché questo film già l’hanno demolito tutti, quindi, fosse anche solo per anticonformismo, mezzo voto in più glielo do volentieri. Perché la colonna sonora è ottima. Perché Di Caprio è quasi perfetto. Perché almeno il buon Baz ci prova. Poi non ci riesce del tutto, ma almeno ci prova.

Il film inizia davvero male. E male va avanti per i primi minuti. Un po’ perché Leo-Gatsby ancora non c’è, un po’ perché Baz Luhrman (sto per usare un termine prettamente cinematografico) caga decisamente fuori dalla tazza. Fa la caricatura del suo stesso stile. E’ disordinato, confuso. Ha il giocattolino del 3D e vuole usarlo tutto e subito. E allora giù Zoom e carrelli, giri e capogiri. Tagli e salti. E poi Luhrman in certe scene “smarmella” come nemmeno Duccio Patanè in Boris. Poi però, piano piano (diciamo con l’iniziare della prima festa a casa Gatsby) tutto quel caos – almeno per me – un po’ di ordine lo trova. Che però resta sempre ordine di Baz Luhrman. Un “ordine” che in Moulin Rouge ho adorato. Un ordine strano, fatto di dialoghi rapidi, argentini narcolettici che cadono dai soffitti, elefanti giganti e medley sui tetti di Parigi.

E anche in Gatsby ho ritrovato in certe scene quel fascino iperbolico, coreografico e caleidoscopico delle esagerazioni di Luhrman. . Questo regista, insomma, ci va giù pesante. L’esagerazione è la sua firma, l’iperbole il suo imperativo. Il suo è un cinema pieno di punti esclamativi. Certe inquadrature, certi passaggi, certi momenti. Scenografie e coreografie. Le ville, la rincorsa in macchina, gli abiti, certi dialoghi, le musiche, Leonardo di Caprio, LE FESTE. Qui ci sono sprazzi di cinema vero, puro, bello. Quello che – direbbero in America – “sit back, relax, enjoy the show”. E pace se il romanzo è una storia assoluta e profonda che il film non sa trasmettere. E pace se certi personaggi non hanno una psicologia profonda e complessa. Da Nanni Moretti non m’aspetto sparatorie e inseguimenti, da Luhrman non m’aspetto camere fisse e masturbazioni cerebrali. Luhrman è Luhrman anche qui. Meglio che in Australia, peggio che nello “spettacolo spettacolare” di Moulin Rouge. Unico problema di questo film è che, alle volte, si esagera nell’esagerare.

Ultima nota: c’è più capacità recitativa in un sorriso di Di Caprio con un bicchiere in mano che in tutta la carriera di Tobey McGuire. Uno che – per recitare nei film in cui recita nonostante la totale assenza di carisma e talento che lo contraddistinguono – deve essere parente di qualcuno di molto importante. Indegno attore per quello che sarebbe potuto essere uno splendido ruolo.

E comunque, se mai dovessi organizzare una festa, chiamerei Baz. Tobey McGure lo lascerei fuori. La rovinerebbe.

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22 Maggio 2013 in Il Grande Gatsby

Bellissimo film, bravissimi attori, stupenda regia! Magico, opulento, fantasmagorico, eccessivo, commovente.
Il cinema deve anche far sognare e questo film mi ha fatto sognare.
Di Caprio si è superato!
L’ho visto in 3D ma credo sia inutile in questo film.

Il piccolo Gatsby / 20 Maggio 2013 in Il Grande Gatsby

Nonostante lo sforzo evidente e alcuni ottimi lavori del passato, Baz Luhrmann questa volta non ha fatto un buon film.
Il “Grande Gatsby” del 2013 era carico di aspettative verso il pubblico sia veterano sia da puro intrattenimento, e gli ingredienti per la riuscita sono stati ben preparati: un cast discreto, un budget notevole, una meticolosa attenzione ai dettagli sfavillanti di un’epoca teatrale. Cosa non ha funzionato dunque?
Si è trattato di una totale mancanza di contenuto. A nulla di quanto profondo ed interessante è stato scritto da Francis Scott Fitzgerald è stata data un’immagine degna. Nemmeno una pista: la sceneggiatura non ha scelto di sviscerare il rapporto morboso e borderline tra Carraway e Gatsby, nè di ritrarre in maniera nitida una voluttuosa New York nell’epoca del jazz e delle sue contraddizioni, prima del tracollo a Wall Street, nè di romanzare una storia d’amore che aveva grande potenzialità, nè di analizzare una personalità così carismatica e, nel contempo, vittima di una corruzione manifesta.
Tutti questi temi, profondamente espressi in un romanzo, emblema della crisi dell’uomo e del materialismo sfrenato, sono stati suggeriti appena.
Si tratta più che altro di una grande squadra di costumisti, scenografi e direttori della fotografia, che ha saputo dipingere in modo magistrale un sogno di cartapesta nel sogno autentico dell’umanità, immediatamente precipitato nel disincanto. Questo è da elogiare.
Per il resto, niente da dire. Un film vuoto di concetti altrimenti importanti, che si perde molto di quanto avrebbe potuto rincorrere.
Di Caprio, comunque molto bravo, avrebbe saputo fare molto meglio, se ben diretto e soprattutto con un copione ben scritto. Il vero protagonista della storia è uno sfigato, rispetto al Fitzgerald che assapora la vita vera e poi ne prova disgusto. Gli enigmi diventano retorici a forza di essere segnalati, fino al punto in cui vengono rivelati e nemmeno ce ne si accorge.
E che dire delle musiche? Per un Romeo + Giulietta meravigliosamente kitsch e chicano, Baz scelse le calotte polari dei Radiohead. In un Mouline Rouge, bohemien per davvero, riscrisse la storia della musica, passando per Elton John, i Nirvana e un tango di Buenos Aires.
Oggi, relega una delle sinfonie più straordinarie del mondo ed il suo demiurgo Gershwin, in due inquadrature aeree e affida il compito di colonna sonora a Jay z, Byoncè e Rihanna.
La fortuna del principiante?

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20 Maggio 2013 in Il Grande Gatsby

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Partiamo dagli attori,
Joel Edgerton e Elizabeth Debicki sono perfetti nella parte, lui strafottente quanto serve e lei, attrice australiana del ’90 (cavolo, è più giovane di me!) che ricorda Emily Blunt, ammaliante e con un visino in stile anni Venti. Isla Fisher (ammogliata con Sacha Baron Cohen) è la vera rivelazione, forse per me che l’avevo ormai identificata con gli straccetti fashion di I love shopping.
Carey Mulligan è Daisy quanto basta e mi ha stupito come una ragazzina con la faccia da fan molesta sia riuscita a trasformarsi in una moglie sofferente per i tradimenti del marito.
Leonardo di Caprio è diCaprio, non ti colpisce per la sua recitazione ma tanto per la presenza, il sorriso e quell’aria di eterna speranza che gli leggi in volto, era forse l’unico in questi anni a poter rievocare la figura letteraria di Jay Gatsby. E credo che per certi versi sia riuscito a entrare perfettamente nel personaggio, anche se questo dipende soprattutto dall’idea che si ha di Gatsby. E’ finto, inquieto (nonostante la speranza o meglio l’illusione che si porta dietro) come se stesse recitando una parte che non è sua, perché questo è Gatsby, così maledettamente in guerra con se stesso per non essere nato perbene, per non essere tra i rispettabili. E questo l’ho capito guardando il film di Baz Luhrman che dice «Nessuno potrà mai uguagliare la grandezza di Mr. Redford; era il più cool dell’universo. Però quel film non è riuscito a farmi capire chi fosse Gatsby» . Ecco, io non l’avevo capito neanche leggendo il libro – che è pieno di spazi vuoti e li riempie solo chi legge – perché credevo che Gatsby fosse solo un romantico, uno innamorato delle luci verdi, delle stelle, delle cose lontani e irraggiungibili, impalpabili che forse neanche esistono. Ed è così anche nel film, ma non avevo centrato appieno che il cruccio profondo di Gatsby è di natura sociale, che il suo amore per Daisy è dovuto in gran parte al fatto che lei rappresenta tutto quello che avrebbe voluto essere ed è tutto quello che vuole ottenere dalla vita. E nel film, al di là della musica rap, delle solite atmosfere horror vacui di Baz, si vede benissimo; dove i personaggi prendono vita, azzuffandosi, battibeccando, sfiorando il ridicolo per le loro incoerenze per i loro sogni senza futuro, cogliendo in pieno il romanzo.
Ho dimenticato qualcuno? Ops, Tobey Maguire, bè ricordo solo che potevano impegnarsi un po’ di più per quella neve finta… insomma rimane sullo sfondo come un perfetto narratore.
Ultime considerazioni :
– pur avendo curato una fotografia da urlo, Luhrman è caduto nelle scene stile Titanic, quando sulla terrazza Gatsby e Daisy ammirano il panorama sembra quasi di rivedere diCaprio e la Wislet sul ponte della nave e, pur conoscendo il finale d’obbligo in piscina mi chiedo, perché indugiare con le riprese di diCaprio immerso nell’acqua che si fa l’ultimo bagnetto tanto da ricordare un invecchiato Jack?
– mentre guardavo il film, per tutto il tempo ho avuto voglia di correre a lavare la faccia di diCaprio, per togliergli quel brutto color arancione che aveva, ma l’hanno visto? Secondo me Daisy alla fine aveva paura di sporcarsi anche lei.
– in sintesi, sopravvalutato. Il primo tempo è un crescendo, mentre il secondo non tiene il ritmo. Sembra arrivare il grande momento sei lì ad aspettare quella scena epica – c’è stato un attimo, al momento dell’incontro tra Daisy e Gatsby – ma poi si sgonfia tutto senza farti grandi regali, un po’ come le illusioni, no?

Soundtrack : Lana del Rey – Young and beautiful

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Grande? / 18 Maggio 2013 in Il Grande Gatsby

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Film interessante. Soprattutto nella prima parte, quando il nostro Gatsby-DiCaprio è avvolto in un’aura di mistero. Il narratore è il suo vicino di casa, ma di lui sappiamo solo che si tratta di un personaggio ricchissimo e riservato, conosciuto da pochissime persone nonostante dia settimanalmente una festa sfarzosa nella sua villa, alla quale tutti i personaggi più in vista di New York sono invitati. Allora, a fianco del protagonista, ci presentiamo anche noi a questa festa e rimaniamo sbalorditi dalla sua sfarzosità, quasi satrapica, uno spettacolo per i nostri occhi. E mentre ci aggiriamo tra camerieri e invitati finalmente incontriamo colui che ci ha invitati, che ci accoglie col suo più accondiscente dei sorrisi. Iniziamo a fare la conoscenza del famigerato Gatsby, veniamo introdotti nel suo mondo, veniamo infine a scoprire l’intimo segreto che custodisce: il motivo per cui ha accumulato una tale ricchezza, il motivo per cui ogni settimana tiene nella sua villa la più fastosa festa della città, è una ragazza, di cui era perdutamente innamorato, e che voleva riconquistare a tutti i costi. Si chiama Daisy.
Arrivati a questo punto crolla l’aura di mistero di Gatsby, non si tengono più feste nella villa, seguiamo il narratore nella sua preossochè unica attività durante il film, quello di reggere il moccolo durante gli affannosi tentativi di Gatsby di recuperare la donna amata. Si susseguono scene comiche, inizialmente volute, in seguito (tristemente) non volute, tra litigi e incomprensioni. Sotto sotto inizia ad affiorare la noia… E’ quasi più affascinante forse seguire il narratore durante le giornate lavorative perso nella compravendita di obbligazioni nella borsa di New York; peccato che l’affetto che ormai lo lega a Gatsby gli impedisca di pensare a qualsiasi altra cosa. Va bene, allora è tempo di calare il sipario su questa storia. Con un duplice omicidio abbiamo la carica drammatica sufficiente per sopprimere i ghigni e i sorrisini vari che avevano tenuto banco finora. Nonostante tutta la forza di volontà di Gatsby il passato non viene riscritto. Il nostro narratore, sconvolto per la morte dell’amico, sua unica ragione di vita, si reca da uno psicologo da cui darà via al flashback che narrerà l’intera storia. Ci rimane un solo dubbio, soprattutto di fronte alla incredibile frivolezza (e debolezza) di Daisy al confronto di Gatsby: il nostro affascinante protagonista ha votato la propria vita ad un solo scopo, ma per questo è stato veramente il più Grande di tutti, oppure è stato solamente il più enigmatico e incomprensibile dei pazzi?

Qualche commento aggiuntivo… E’ stata una prescisa scelta stilistica, comprensibile, e forse per alcuni anche efficacie, ma io ho odiato col cuore l’anacronismo di quella musica rap, house o quello che era, alle feste di Gatsby mentre vedevo proiettati violini, organi e sassofoni. Fotografia invece stupenda, anche se finalizzata, in molti punti, al 3D. L’espressività di Maguire è quanto di più adatto esistesse per il suo ruolo, perfettamente contrapposta alla vitalità di DiCaprio. Chissà se questa è la volta buona per l’Oscar al miglior attore protagonista? Ormai è diventato un terno al lotto e ogni volta è quella buona… Possiamo almeno dire che si stia impegnando al massimo per guadagnarselo e, fortunatamente per noi spettatori, con ottimi risultati.

Infine, cosa rara e non da poco, la trasposizione a film supera per efficacia e scorrevolezza l’originale su carta, più manieristica ed eccessivamente ricercata nella forma, tanto da appesantire quanto di Grande c’è in questa storia.

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G G / 18 Maggio 2013 in Il Grande Gatsby

Tratto dall’omonimo romanzo di Francis Scott Fitzgerald del 1925, a cui è molto fedele, questo film è un imponente spettacolo visivo (budget di 104 milioni di dollari, per andare sul sicuro) che nonostante punti più agli occhi che alla testa e non sia di certo un capolavoro riesce a non dimenticarsi per strada l’ABC dell’arte cinematografica. La regia e la sceneggiatura di questa ode alle bevande alcoliche sono dell’australiano Baz Luhrmann (Romeo + Juliet sempre con DiCaprio protagonista, il sopravvalutato Moulin Rouge, la palla Australia), che ridendo e trincando riesce ad essere come già detto molto fedele al romanzo, aiutato dal suo ridotto numero di pagine e dalla durata della pellicola (140 minuti circa). Sostenuto dalla bravura degli attori il nostro prode riesce a mostrare allo spettatore lo spirito di Gatsby, personaggio eccezionale con le debolezze che ogni essere umano ha (e che solo gli abitanti di Vulcano possono evitare), rendendolo un personaggio molto sfaccettato e complesso, che attira l’attenzione dello spettatore anche quando non presente sulla scena.

Tra gli attori ovviamente DiCaprio spicca su tutti. Lontani anni luce i tempi in cui dava vita al piattissimo Jack Dawson, ritrova Crocodile Dundee alla regia dopo 17 anni e interpreta il suo Gatsby in maniera veramente ottima, riuscendo a dare un senso a ogni minimo gesto o smorfia. Attraverso i suoi occhi possiamo capire cosa sta dietro al personaggio, volendone sempre sapere di più e cercando di carpire quali sono le sue vere intenzioni, attirati a lui come uno scozzese al whisky. Tobey Maguire, ex Spider-Man nella “non imperdibile” trilogia di Raimi, è pacioccoso il giusto e anche lui perennemente con un bicchiere in mano, con il suo Nick in continua balia degli eventi che lo toccano senza mai esserne veramente il protagonista, quasi uno spettatore non pagante. Carey Mulligan già in Drive con Ryan Gosling e in Shame con Michael Fassbender è Daisy (“Sono contenta che sia una bambina. E spero che sia stupida: è la miglior cosa che una donna possa essere in questo mondo, una bella piccola stupida.”, una sua battuta iniziale leggermente modificata nel film), che si aggiunge alla masnada degli alcolisti.

Per quanto riguarda la ricostruzione storica ci sono alcuni anacronismi, a cui nessuna pellicola ambientata nel passato, seppur curata, riesce a scampare. Qui abbiamo infatti un Empire State Building già ultimato (in realtà la sua costruzione iniziò nel 1930) e l’Ulisse di James Joyce stampato (romanzo sì pubblicato nel 1922 ma a Parigi, negli Stati Uniti arriverà nel 1936). Questi sono nel complesso del film particolari minori, un po’ come avviene ad esempio in Django Unchained con, per citarne una, la presenza degli occhiali da sole, che arriveranno in America nel 1929, cioè ben 71 anni dopo l’anno in cui la pellicola è ambientata. Per intenderci, non siamo ai livelli dei jeans in Ben-Hur.

Capitolo “musica”: la colonna sonora è imponente, ben utilizzata all’interno del film e mai buttata lì a casaccio tanto per sfruttare il Dolby. Qual è il problema? Che è curata dal famoso rapper Jay-Z ed è hip hop. Qui vale più o meno lo stesso discorso degli errori storici, ma al contrario: un conto è se la presenza di contaminazioni riguarda film in cui questo aspetto non ha importanza data la natura stessa della pellicola (ad esempio lo stesso genere musicale de Il grande Gatsby è stato inserito in un film come L’uomo con i pugni di ferro, di disimpegno, casinista e tendente al trash), un altro è se un fattore molto importante per rendere allo spettatore l’atmosfera del film come l’onnipresente jazz dei “Roaring Twenties” viene sostituito da un elemento ultramoderno. In questo modo le feste nella casa di Gatsby diventano simili alle moderne discoteche, ma lo spirito che ci sta dietro non è lo stesso per via di diversi fattori, come l’età media più alta data la presenza di persone di ogni annata o il ceto sociale elevato di queste feste. Una pecca non da poco.

In conclusione non è il capolavoro a cui molti urlavano ma Il grande Gatsby è comunque una pellicola buona, con una buona fotografia, un’ottima interpretazione da parte degli attori e una fedeltà al romanzo apprezzabile. Peccato per la colonna sonora, che è armonica nel film come un eschimese in Gabon, ma tappandosi un po’ (tanto) le orecchie si può passare oltre.

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Se Luhrmann non sa che dire / 17 Maggio 2013 in Il Grande Gatsby

Nel cinema, si sa, esistono adattamenti belli e infedeli o, viceversa, fedeli e brutti. Il Grande Gatsby di Baz Luhrmann riesce nella difficile impresa di conciliare queste due tendenze. Con un’opera che, però, non è solo un pessimo adattamento, ma anche, in termini assoluti, un brutto film.

Il regista australiano, radicalizzando la sua estetica dell’accumulo e dell’eccesso, riduce il romanzo di Fitzgerald a un pretesto per mettere in scena balli sfrenati e fiumi di champagne, feste sfarzose e coloratissime, sempre più esagerate e colossali, in mezzo a una confusione posticcia e coreografata.

Feste che, vuote come sono, dovrebbero fungere da eco per la solitudine di Gatsby. Ma di vacuo, qui, c’è soprattutto lo sguardo del regista. Luhrmann si compiace nella rappresentazione dei party, rapito dalla propria innegabile capacità di orchestrare festosi fracassi. Fa bene, perché è l’unico tipo di rappresentazione che gli riesca. Come i suoi personaggi, infatti, Luhrmann riesce a trovare una dimensione intima solo in mezzo alla folla e al frastuono. Viceversa, quando è costretto a gestire situazioni che vedono coinvolte poche persone in imbarazzo, magari chiuse in una stanza, il suo sguardo fallisce miseramente, incapace di ancorarsi a un saldo punto di vista.

L’impressione generale, insomma, è che a Luhrmann non interessino poi così tanto le sorti dei personaggi interpretati da DiCaprio e Carey Mulligan. E infatti, terminate le occasioni per inondare la macchina da presa di lustrini e paillettes, il film si affloscia inesorabilmente. Fino a un finale dove, mentre i personaggi vanno incontro al proprio destino, parole scritte a macchina si imprimono sullo schermo. Ma ormai è troppo tardi, e la pedissequa citazione letteraria non basta a recuperare lo spirito decadente del libro di Fitzgerald.

Il Grande Gatsby del 2013 è soprattutto una celebrazione dello sfarzo e del lusso, e poco male se tutto questo luccicare serve a nascondere grettezza e ipocrisie. Il regista australiano ama solo la superficie, che sia fatta di marmi, sete o fiori colorati, e si rivela poco sensibile alle emozioni.

Ma nel frattempo la festa è finita, e Luhrmann non sa più che dire.

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Il – fin troppo – Grande Gatsby / 17 Maggio 2013 in Il Grande Gatsby

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Io, così come tutti, non vedo mai di buon occhio i film presi di pari passo dai libri, perché non saranno mai un copia-incolla fedele. Più che altro, penso sempre di aspettarmi qualcosa che più si avvicina alla mia immaginazione. Questo Gatsby di Luhrmann è fin troppo “grande” e sfarzoso, nel libro si coglie, nonostante il grande lusso, l’intimità dei protagonisti, legati da un filo quasi impercettibile. Purtroppo il film ricalca poco questa intimità. A parte questo, ottima fotografia, bellissimi colori, costumi azzeccati, ti fanno entrare con forza nell’età del Jazz, spesso atmosfera un po’
“macchiata” dalla colonna sono contemporanea con brani Rap e R&B (Jay-Z, Will.I.Am) ma altri brani di pregevole fattura (Gotye, Florence and the Machine e l’orecchiabilissima e malinconica Young and Beautiful di Lana Del Rey).
Narrazione piuttosto lenta, fatica ad andare avanti e poi, il ritmo aumenta di colpo sul finale. Peccato che nel film non ci sia una delle frasi piu’ particolari di tutto il libro, Occhi Di Gufo che è l’unico ad arrivare al funerale di Jay Gatsby e grida sulla sua tomba: “Povero vecchio bastardo”, frase poi ripetuta al funerale di F.S. Fitzgerald da Dorothy Parker.
Bravi gli attori, Di Caprio non “spiazza” gli spettatori con questo film, semplicemente conferma la sua bravura. Arriverà l’Oscar finalmente?

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alti e bassi / 17 Maggio 2013 in Il Grande Gatsby

Un film pieno di alti e bassi. Avendo visto la versione 2D si nota, anche troppo, come tante scene di questo film fossero studiate per il 3D. La prima mezz’ora ne è piena: zoom, carrellate a non finire, corse in macchina, primi piani vicinissimi e sfondi appiattiti etc… Visivamente il film è molto bello, con scenografie e costumi che rispecchiano l’opulenza della classe ricca dell’epoca. Come altri film di Luhrmann è tutto molto carico: persone, oggetti, colori. Lo schermo è sempre pieno.
Su questo però a volte stonano questi cieli azzurrissimi o prati verdi quasi fosforescenti. Un eccesso di saturazione e di CGI che ultimamente si nota in troppi, troppi film e che mi fanno rimpiangere i cari vecchi sfondi dipinti! L’altra cosa che può spiazzare è la colonna sonora per nulla anni venti, ma tutta incentrata sul rap e l’R&B contemporaneo. Purtroppo, seconde me, non riesce a produrre lo stesso effetto omogeneo ed estraniante ottenuto da Sofia Coppola con Marie Antoinette e la sua colonna sonora Indie. In alcuni punti stride, in altri però è molto riuscito come il bellissimo pezzo di Lana del Rey (che però è anche l’unico pezzo non R&B).
Ultima nota. Di Caprio in molte inquadrature somiglia tantissimo a Marlon Brando! Sarà il trucco? L’ambientazione?O una lenta trasformazione fisica?

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16 Maggio 2013 in Il Grande Gatsby

Ho trovato il protagonista molto bravo, tanto ho fatto fatica a sopportare J.Edgar tanto mi è piaciuto come Jay Gatsby una persona che insegue un bel sogno nonostante tutto e tutti. I comprimari, chi più chi meno, mi sono sembrati deboli, soprattutto Tom, il marito di Daisy mentre la povera Jordan assomiglia troppo a Olivia (ho rimpianto tutto il tempo la bella Lois Chiles!!)
Sulle scelte registiche potrei forse dire qualche cosa di sbagliato avendo visto la versione 2D ma nella prima parte troppe scene sono “troppo studiate” tanto da risultare artefatte (esempio l’arrivo di Nick a casa di Daisy con il vento che fa svolazzare le tende) ma in quasi tutto il film le sequenze con immagini sovrapposte o fondali fittizi davano più l’idea di un cartone animato piuttosto che un effetto speciale.

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