Recensione su Il Grande Gatsby

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7 e mezzo, otto grazie a DiCaprio. / 23 Maggio 2013 in Il Grande Gatsby

Ero partita con molte speranze verso questo film e purtroppo non sono rimasta pienamente soddisfatta. O meglio, alcune cose hanno soddisfatto pienamente le mie aspettative, altre mi hanno deluso; meglio andare con ordine.
Il film si apre con il co-protagonista Nick Carraway, ricoverato per alcolismo in una clinica, il quale racconta al suo medico la storia di Jay Gatsby. Perché si trova lì? Come ci è arrivato? Non ci è dato saperlo. Ok, nel libro Nick è la voce che narra e quindi c’era bisogno di un espediente per far partire il meccanismo, ma, esclusa la scelta a mio avviso pessima, non sarebbe stato meglio spiegare un po’ di più questa situazione iniziale?
Nonostante questo primo incespicare, la prima parte del film è davvero buona: la frivolezza dei Buchanan, il festino newyorkese, le feste di Gatsby sono dirette in maniera magistrale, troppo ridondanti, troppo colorate, troppo eccessive e per questo dipingono fedelmente l’atmosfera “ruggente” creata da Fitzgerald nel libro.
Il film mi ha letteralmente rapito con la comparsa di Gatsby/DiCaprio, maestoso, affascinante, carismatico quanto basta per essere ed interpretare al meglio questo personaggio letterario quasi leggendario. Oltre alla bravura del protagonista, ho trovato molto bravo anche Joel Edgerton, gorilla e pieno di se’ fino alla nausea (stesso sentimento che provo per il personaggio cartaceo), e di rilievo anche Isla Fisher e Elizabeth Debiki perfettamente calate nello spirito dell’epoca, le quali danno punti a favore a questa pellicola.
Un po’ sottotono Daisy di Carey Mulligan che non si fa notare particolarmente troppo e rende il personaggio un po’ piatto, rispetto alla donna ammaliante, sensibile, fastidiosa e frivola di Fitzgerald. Stendiamo un velo pietoso su Tobey McGuire.
Mi è piaciuto molto l’incontro tra Gatsby e Daisy e il sipario tragi-comico messo in scena da Luhrman, stessa cosa anche per la scena delle camicie, memorabile sia nel libro che nel film.
Tutto funziona nella prima parte, McGuire a parte (mi dispiace ma non riesco a sopportarlo in questa pellicola), nella seconda il film perde mordente, perché Luhrmann non è riuscito a ricreare la tragicità che è presente nel libro. Dalla colazione a casa Buchanan fino alla fine del film, tutto perde consistenza e se nel libro il castello di carta di Gatsby crolla per lasciare spazio alla drammaticità e alla solitudine di questo personaggio così contorto, nel film trova spazio il ridicolo e la pochezza. Quando i due uomini si fronteggiano all’interno della stanza di albergo tutto sembra una scenetta che ricalca quasi il comico, fatta eccezione per DiCaprio che riesce comunque a mantenere lo spessore del personaggio.
Nota dolente che pervade la fine del film è la ripresa passo passo delle frasi del libro, più che parlare di sceneggiatura, si assiste a un copia incolla di citazioni prese e incollate sullo schermo tanto per dire “Guardate come sono fedele al libro!”.
La fedeltà al libro è presente quando Baz Luhrmann esagera e va fuori dalle righe piuttosto che quando ricalca e copia spudoratamente l’opera di Fitzgerald, facendo risultare la pellicola piatta e a volte noiosa.
In conclusione, nonostante le scopiazzatura dal libro, l’interpretazione di McGuire, l’espediente iniziale e la mancanza di tragicità verso il finale il film mi è piaciuto perché in alcune parti, specialmente all’inizio, Baz Luhrmann riesce a cogliere lo spirito del tempo e del libro ma portando la sua visione personale.
Nonostante questo, però, sono convinta che l’unico ad aver capito il vero spirito di eccesso,grandezza e drammaticità dell’opera sia stato Leonardo DiCaprio, che resterà, almeno per me e finché non ci sarà un’altra trasposizione, IL grande Gatsby.

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