32 Recensioni su

Revenant - Redivivo

/ 20157.4710 voti

Buona prova tecnica e attoriale / 24 Luglio 2020 in Revenant - Redivivo

Meritati gli oscar per fotografia e attore protagonista, buona la regia e ambientazioni spettacolari, ma la narrazione è molto lenta, la trama è basilare, e il protagonista sopravvive a fin troppe disavventure estreme per essere credibile.
Non è il mio tipo di film, ma ne riconosco l’alto livello tecnico, sarebbe un 6,5..

Epico / 24 Febbraio 2017 in Revenant - Redivivo

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Lo ammetto, ho iniziato la visione di questo film, peraltro rimandata più volte, con molti pregiudizi in parte dovuti alla mia poca simpatia verso il regista e in parte ai pareri discordanti che ne hanno accompagnato l’uscita. La considerazione più gettonata era che Di Caprio ha vinto l’Oscar ma lo avrebbe meritato di più per altri film. Ora, non entro nel merito delle altre interpretazioni del tanto amato, quanto odiato, Leonardo, ma qui fa un lavoro eccelso nella caratterizzazione di un dei personaggi della mitologia epica della frontiera americana.
Altro punto che non mi invogliava alla visione era la durata, di solito reputo che un film debba avere una durata massima di un ora e mezza, dopo diventa come i celeberrimi ospiti e pesci, comincia a puzzare (nel senso che comincio a spossarmi). Non è stato questo il caso, cosa più unica che rara, l’ho visto tutto d’un fiato e senza neanche continuare a guardare l’orologio. Grandiose immagini (ma li è il paesaggio del nord americano ad aiutare) e dialoghi scarni per una storia epica e leggendaria. L’unica pecca, per me, è la regia “invasiva” di Inarritu, che non rinuncia ai suoi vezzi e stilemi che se in altri suoi film di ambientazione contemporanea potevano pure starci, in una storia collocata in un’epoca classica della storia americana mi è sembrata fuori luogo.
Una curiosità, nella realtà (anche se relativa, visto che all’epoca le informazioni non erano mai certe e i mountain men tendevano a colorare i loro racconti) Glass non ottenne mai la propria vendetta. Fitzgerald era arruolato nell’esercito e vista l’immunità così acquisita rinunciò a ucciderlo (ma ammetto che sarebbe stato un finale poco hollywoodiano). Jim Bridger, il ragazzo del film, diventò a sua volta un’altra leggenda dell’Ovest americano.

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Grande sforzo / 5 Febbraio 2017 in Revenant - Redivivo

Il film è molto lungo, molto violento e la trama è piuttosto semplice.
Detto ciò, bellissima ambientazione e ricostruzione.

Non un capolavoro, ma molto bello / 8 Novembre 2016 in Revenant - Redivivo

Innarritu con questo film si porta a casa tre Oscar, uno dei quali relativo al miglior attore protagonista che dopo anni finalmente va a Leonardo DiCaprio. Il film in sé è interessante: si racconta di una spedizione di cacciatori di pelli guidate da Hugh Glass (DiCaprio) che prima subiscono un attacco da parte degli indiani e restano decimati, poi lo stesso DiCaprio viene aggredito da un grizzly e ferito gravemente. Con lui restano il figlio e altre due persone della spedizione: uno di questi è Fitzgerald (Tom Hardy) spietato e malvagio, interessato solo a prendersi i soldi del lavoro svolto, uccide prima il figlio di Glass, poi lo abbandona nel mezzo della foresta. Glass, ferito nel corpo ma anche e soprattutto nell’animo, ha però la forza di riprendersi e di fuggire da quell’inferno naturale innevato nel quale si trova, per salvarsi e cercare vendetta. Non sarà una cosa facile. Come film è validissimo, diciamolo subito, forse però è vero che non è il capolavoro di Innarritu, né senz’altro la miglior performance di DiCaprio (che comunque, a suo pregio, si è calato alla perfezione nella parte, e questo gli fa guadagnare tantissimo). Forse il problema è la durata del film e qualche punto un po’ lento, ma ci si passa tranquillamente sopra alla fin fine, grazie anche ad una fotografia che definire meravigliosa è poco. Al di là di queste piccole considerazioni, un gran bel film, che ha meritato ciò che ha vinto.

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Non c’è trama, ma gara di resistenza / 18 Luglio 2016 in Revenant - Redivivo

Non c’è trama, ma gara di resistenza – del protagonista ma anche, per simpatia, dello spettatore. Non c’è recitazione, ma modulazione di ansiti e grugniti ed esibizione di smorfie sofferenti. Non c’è sviluppo dei personaggi, ma dinamica di passioni elementari – vendetta, avidità, generosità. Ed elementare è anche il film, forse troppo; le visioni di Glass non apportano sottigliezza, e anzi nelle sequenze oniriche The Revenant diventa scopertamente citazionista (Malick, naturalmente, forse anche Tarkovskij), come se Inarritu non si sentisse del tutto a suo agio.
Cosa salva allora il film? La splendida fotografia, l’ormai celebre piano sequenza iniziale, un salto a sorpresa nel vuoto, gli effetti speciali, con l’attacco dell’orso quasi intollerabile per intensità. Ma soprattutto la rappresentazione di una natura caotica, livida, ostile, che ti fa inciampare a ogni passo e ti disorienta, e che nulla, assolutamente nulla ha a che fare con lo spettacolo patinato di una cartolina.

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Un film che divide…. / 31 Maggio 2016 in Revenant - Redivivo

Anche se questo film ha lasciato diviso nel giudizio molte persone, io l’ho trovato un bel drammatico, con un ottima regia, decisa e ferma, e un’eccellente fotografia, Luoghi fantastici, innevati e solitari, fanno da giusto sfondo alla storia, altrettanto dura e fredda.
Il ruolo di Di Caprio è davvero cucito su di lui per regalargli quest’Oscar, stavolta meritato davvero: oltre lo sforzo fisico anche la sua bravura è emersa alla grande!
Un irriconoscibile Tom Hardy è il “cattivo” di turno e tutta la storia ruota su questa vendetta di Di Caprio.
La scena dell’attacco del Grizzly è stata davvero mozzafiato: perfetta, realistica e brutale. Senza parole….
Un film che lascia riflettere l’importanza della vita, della speranza e della forza d’animo, spinti da un desiderio di giustizia e di amore.
Leo, stavolta l’Oscar te lo diamo, hai anche mangiato DAVVERO carne cruda!!! 🙂 Scontro finale cruento, e il finale a mio parere lascia aperta la storia..
7,5. Grande regia di Inarritu.

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Presa in giro / 5 Maggio 2016 in Revenant - Redivivo

Film che scimmiotta Tarkovskij e che suona come una presa in giro. Non intrattiene lo spettatore medio-basso da multisala ma non si avvicina nemmeno lontanamente al vero cinema da cui prende spunto. Perciò “The Revenant” è il NULLA.
Il regista messicano si riconferma come un ipocrita di primo livello, dato che anche il precedente Birdman (ottimo film a mio parere) portava avanti una critica al sistema Hollywoodiano, ma ha anche vinto 4 Academy Award….
I conti non tornano.

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Anche no / 11 Marzo 2016 in Revenant - Redivivo

A mio avviso un one-man show detestabile che si salva solo per l’ottima fotografia.

Accettare uno sguardo / 4 Marzo 2016 in Revenant - Redivivo

Alejandro González Iñárritu non chiede, fa. Quindi divide: c’è chi gli sta dietro e lo osanna, c’è chi non lo sopporta. È un dato di fatto comune che la sua poetica, e il suo cinema, siano concepiti innanzitutto per stupire e stupirsi, prima che per raccontare; per specchiarsi, prima che riflettere qualcosa. Quindi è altrettanto scontato che l’autore messicano sia sempre così evidentemente presente, nella sua smisurata ambizione, nei meandri delle proprie opere. Questa ingombrante presenza per forza di cose si impone al pubblico, e impone di conseguenza una visione, un punto di vista, uno sguardo. Con Birdman, opera d’avanguardia e film pioniere di nuovi confini nel linguaggio specifico di questa arte, l’autore ci aveva chiesto uno sguardo che, seppur in bilico tra realtà – dei legami, delle vite, degli scontri umani, dell’interiorità psicologica degli “attanti” che creavano lo spazio scenico – e finzione – dello spettacolo e della spettacolarizzazione dello stesso, se non dell’immaginifico potere dell’arte –, riusciva e doveva restare in equilibrio, in un abbraccio totale alla vicenda; con Revenant il punto di vista è essenzialmente reale, vivido, materico. Più vicino ad un Everest, in tal senso, che ad un La sottile linea rossa. Non c’è un altro punto di vista, non c’è altra opzione: anche nelle brevi sequenze oniriche, resta comunque tale, non si trascende, Iñárritu non lo vuole. E lo si deve seguire, volenti o nolenti. Così, se la sequela, appassionante per quanto smisurata e sempre imprevedibile di Birdman, funzionava nella sua interezza e coerenza, in questo caso riesce solo in parte: si fa faticosa, estenuante, a tratti assurda; vuoi anche per un’eccessiva lunghezza che uno script così scarno non richiedeva. I tempi si dilatano, le azioni e le inquadrature diventano ridondanti. Così si arriva a desiderare di abbandonare l’autore, come lo Hugh Glass protagonista, al proprio destino.

Revenant racconta infatti la lotta ancestrale di un uomo contro se stesso e contro la natura: Hugh Glass è la guida di una spedizione di cacciatori e mercanti di pelli, che a causa di un’imboscata dei nativi di quelle sconfinate terre del Grande Nord, sono costretti a fuggire a piedi per far ritorno al proprio forte; ma durante la marcia, Glass viene attaccato da un orso che lo riduce in fin di vita, in una delle sequenze cinematografiche più esaltanti e spettacolari degli ultimi anni, resa con un intero piano sequenza. Quindi, abbandonato al proprio destino di morte da parte di alcuni compagni, assiste inerme all’omicidio del figlio giunto per mano di Fitzgerald, co-protagonista ed antagonista del film interpretato da Tom Hardy. Ora è spinto dal desiderio di vendetta, e trascinandosi a fatica per i boschi, parte la sua odissea alla ricerca dell’assassino. Che è anche nostra. Perché, come si diceva, la macchina da presa di Iñárritu è spinta da un senso di realismo e realtà, che la trasforma in oggetto che non solo palesa, ma si palesa. Palesa i personaggi, restandogli addosso e non lasciandoli mai, inizialmente nel collettivo, poi sempre più verso il protagonista che ha volto di Leonardo Di Caprio (in odore di statuetta per una prova ancora una volta maiuscola): primissimi piani quindi, inquadrature che avvolgono il corpo, che si spostano per mostrare un fucile e ritornano poi sul volto, che indugiano a farci sentire affanni, respiri e dolori. Il film non lesina certo di campi lunghi ad ampio respiro cinematografico, che mostrano paesaggi romanticamente sublimi, e bellezze naturali sconfinate, rese in maniera ancora una volta impeccabile da Emanuel Lubezki, che palesa, anche lui, in questo caso, l’esperienze vissute a servizio del poeta Malick. Ma è l’essere umano il centro della Natura, il polo magnetico al quale la mdp ritorna, incessantemente, in modo ossessivo: lo sguardo pertanto non abbandona Glass, lo segue, arranca e si trascina con lui, è insieme a lui. Ed ecco che la macchina da presa, oltre che palesare, si palesa, quando, per esempio, avvicinandosi troppo per catturare un altro doloroso respiro del suo assistito, le si appanna l’obiettivo. Non chiedete perciò a Revenant voli pindarici, e verticalità metafisiche: tutto è concretamente reale e tangibile. L’immagine è a servizio di se stessa, non del racconto, è a servizio di quell’uomo che decide di accompagnare, non di ciò che gli accade: ed anche questo è un guardare inerme, non coinvolto. Il senso dell’immagine nel cinema di Iñárritu si esaurisce quasi sempre nei confini dell’inquadratura. Anche in questo caso non travalica, perché quello che il messicano ci chiede è di restare ancorati alla terra, alla materia, proprio come il suo protagonista. Aggrappati alla (sua) vita. Quasi sempre. Perché poi, ci piazza il colpo finale: accadeva in Birdman, dove l’ultima inquadratura ci invitava (non imponeva) ad alzare lo sguardo, a fare una scelta, testimonianza rara nel suo cinema. Ed anche in questo caso, l’ultima inquadratura non solo attrae a sé tutti i sensi stilistici dell’opera, giustificandoli, ma trapassa lo schermo: resta ancora uno sguardo orizzontale, questo è vero, ma evade da quei confini, supera la fisicità e la fissità del presente, intercetta un altro sguardo, il più importante, perché è quello che crea profondità di emozione. E ci dice che c’è sempre stato.

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Nessuno immaginava di andare verso la vendetta / 28 Febbraio 2016 in Revenant - Redivivo

Revenant è il classico film che solleva molte discussioni. Solleva discussioni perché ha ricevuto molti premi, perché c’è Leonardo diCarpio, perché il regista ha vinto l’oscar solo l’anno scorso, perché è stato girato nella tundra canadese in condizioni difficilissime, e tante altre chiacchiere che fanno perdere di vista la qualità oggettiva del film. Credo che non ci sia bisogno di parlare della trama, la trama si basa su pura e semplice vendetta, come è successo per Kill Bill (n in cui c’è anche lì una guerriera che non muore mai) e come succederà per molti altri film. Ma le critiche riguardo il film e i risvolti banali che potrebbe prendere, data la semplicità della trama, le ho sentite più che altro fondate su un concetto: se il film non fosse stato girato in quelle condizioni, con determinate difficoltà non sarebbe stato valido. Mi ha ricordato un po’ le critiche che hanno mosso a Boyhood l’anno scorso, del tipo che se non lo giravano in dodici anni avrebbe fatto schifo.
Ma il punto è che il film è stato girato in un ambiente reale. Ed è un tipo di cinema, che come Boyhood, non credo potremmo vedere ancora. E’ un tipo di cinema che non è il classico filmone Hollywoodiano farcito di non necessari effetti speciali. E non è neanche il classico film sulla vendetta.
Qui la vendetta non è solo una ragione di vita, ma supera l’istinto proprio di auto conservazione. Un animale non è capace di provare vendetta, se qualcuno attacca suo figlio l’animale combatterà per la sua prole fino a quando è viva. Una volta morta non vorrà mai vendicarla. La vendetta è un qualcosa di totalmente umano. E un essere umano, privato della parola, inselvatichito, ridotto a un insieme di grugniti, non avrebbe più niente a mantenerlo umano. L’istinto di auto conservazione non è una cosa umana, è animalesca. Mentre la vendetta è la cosa più umana che ci sia. Che non solo lo tiene attaccato alla vita, ma anche alla propria natura.
Non avrebbe mai potuto funzionare una storia così incredibile in un ambiente inesistente.
Capolavoro? miglior film dell’anno? Forse no. Forse si. Vale la stessa cosa che ho detto di Birdman, non so dire se è il miglior film, ma di sicuro è un Miglior Film.

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Where wild Powaqas are / 17 Febbraio 2016 in Revenant - Redivivo

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Quindi già dal prologo si capisce che DiCaprio ha litigato con lo shampoo. Dov’è Powaqa? Western del freddo nord, antitetico al più classico Grand Canyon. Somewhere over the rainb… Missouri, da qualche parte nella storia della frontiera, una spedizione accampata sulle rive del fiume si appresta a partire carica di preziose pelli. Accampata malissimo, stanno proprio sotto una collina e non vedono nulla di cosa ci sia oltre. Non serve essere Napoleone per non accamparsi lì eh, ma vabbè, il comandante l’è tant un brav fanciòt ma non è una cima per tutto il film. Dunque per gli indiani è uno scherzo piombargli addosso e ammazzarli quasi tutti. Si salvano in una dozzina, che guidata da Hugh Glass e dal figlioletto mezzosangue e mezzafaccia cercano a piedi di tornare da dove eran venuti. Gli indiani li inseguono, hanno un capo che qualsiasi cosa accada dice “Sono loro, hanno rapito mia figlia Powaqa!” In una scena dolorosa come poche, un’orsa che difende i cuccioli fa a brandelli Leo, che viene abbandonato morente dai compagni e tradito da un tipo badass whose name’s Fitz. Si parte da qui, si trova mezzo morto in mezzo al niente, e deve cavarsela. Non è quantificabile il numero di sofferenze indicibili e tormentose attraverso cui passa Glass, che perde sangue da ogni buco, si cauterizza ferite con la polvere da sparo, si fa delle tracheotomie, dorme dentro a carcasse di animali morte (questa, dimmi di no, era presa direttamente da Man vs wild di Bear Grylls, che lo faceva già nel 2009) e risorge e sopravvive enne volte. Al punto da sembrare immortale, una ca**o di divinità antropozoomorfica grazie alle pelli che indossa, che attraversa i boschi e le acque ghiacciate; io che solo ero spettatore avevo freddo per lui, e ho terminato il film che sembravo un igloo di giacche, con la testa a mò di camino. Oh, hai mica visto Powaqa? Sì, è andata di là. Lui è immortale, mentre tutti quelli che lo aiutano muoiono male. Ed era talmente screpolato lui che avevo voglia di mettermi il burro cacao. Il tutto sullo sfondo di una natura incontaminata/indifferente da National Geographic e oltre, immensa, con una fotografia pazzesca e tutta fatta con la luce naturale, il cuore dell’America. Sul serio, roba da guardare mentre qualcuno in sottofondo legge Walt Whitman, e citare a caso WW è sempre bello. La lotta tra uomo e natura raramente è stata resa cinematograficamente così bene, e fondo, all’estremo. E a Inarritu tutto si può dire ma non di non provare ad allargare gli estremi. In questo regno tutto è materiale e fisico, le persone sono fatte di buchi, cuciture e cicatrici, che portano sia dentro sia fuori. Tra tante crudità, si inseriscono una serie di sogni/ricordi/stommale vagamente romantici e pacchiani, che ho trovato funzionali al racconto quanto banali. Poi torna il rombo di vendetta natura e sangue. La sofferenza passa dagli occhi di Leo a quelli di chi guarda. E ce li si immagina, Ina e Leo, col primo che dice al secondo: “Leo, io più che farti sbrindellare da un orso non so che fare, se non lo vinci così non lo vinci più. Dai che ha chiamato Powaqa, andiamo a farci una birra”.

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L’inaspettato / 16 Febbraio 2016 in Revenant - Redivivo

Oramai chiunque sa che la fotografia di The Revenant non è bella, ma impossibile.
Il livello tecnico non è magistrale, è impossibile.
Il piano sequenza non è incredibile, è impossibile.
Quante volte ultimamente siete usciti dal cinema sorprendendovi e arrovellandovi il Gulliver su come siano riusciti a fare una scena, a comporre quella scenografia, ed è la domanda che in quel momento ti spiazza, non subisce risposta, ma ti fa sorridere.
Mi sento in dovere di rispondere alle accuse di trama piatta:
Una trama sofisticata è troppo ambiziosa non sarebbe parsa realistica ai fini del film, che non è la mera visione di un’esperienza, ma un vivere al fianco d’ogni scena, d’ogni fredda notte, d’ogni dolore.
Ostentavo dal dare il voto pieno, solite o insolite pippe dei critici intoccabili che non rischiano mai, ma non sono nella loro posizione e di The Revenant non cambierei una virgola.

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/ 7 Febbraio 2016 in Revenant - Redivivo

Per favore, qualcuno dia l’Oscar a quest’uomo!

Giù il cappello per Inarritu / 3 Febbraio 2016 in Revenant - Redivivo

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Dopo quella mastrurbazione mentale di Birdman , ero assai poco propenso ad andare a vedere Revenant.
Per fortuna mi sono ricreduto : film stupendo , riflessivo, crudo , vero. Niente tempi morti o dialoghi inutili (solo qualche flashback nostalgico. vabbè ci sta). I primi 30-40 minuti sono da Oscar : l’attacco degli indiani – super realistico – e l’attacco dell’orso – ancor più reale .
Bello bello bello.
Hardy e Di Caprio si confermano attori strepitosi. Anche se Leo ha dato il suo meglio in The Wolf of Wall Street, x me.Menzione d’onore a Donhall Gleeson.

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Leo sarà finalmente Oscar? / 1 Febbraio 2016 in Revenant - Redivivo

Il film si ispira alla vita del cacciatore di pelli Hugh Glass (interpretato dall’ottimo Leonardo Di Caprio anche se forse non la sua migliore interpretazione).
Speravo venisse introdotto meglio il personaggio di Glass che aveva una moglie indiana (uccisa da soldati americani, però si intravede solo con qualche flashback) e ha un figlio che lo accompagna in questa spedizione. Alcuni momenti d’azione molto spettacolari; l’attacco iniziale degli indiani e l’aggressione dell’orso a Glass; una fase centrale un pò più lenta e in qualche tratto un pò noiosa; una parte finale intensa con paesaggi spettacolari.
L’antagonista di glass è Fitzgerald (bravo Tom Hardy) che sembra interessato solo alle pelli e ai soldi relativi alla loro vendita.
Alcune immagini un pò crude, ne cito solo una: quando Glass si ripara dal freddo all’interno della carcassa del cavallo svuotandolo prima degli organi interni.
Nel resto dell’ottimo cast da citare Domhnall Gleeson (l’ultimo Star Wars, è il figlio di Brendan Gleeson) nei panni del Capitano e Will Poulter (Maze Runner) nei panni del giovane Jim.

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L’oscar a Leonardo ma che pretenzioso sto Alejandro. / 29 Gennaio 2016 in Revenant - Redivivo

Non voglio fare spoiler solo recensire, brevemente, questo film. Dopo un anno ritorno a scrivere e quale occasione migliore se non con Revenant: brutto bello noioso lungo intenso geniale. Io l’ho trovato semplicemente banale. Nulla che mi abbia suscitato un qualcosa. L’unica cosa degna di nota rimane l’attacco dell’orso. Di Caprio non riuscirà mai, dopo l’oscar che sicuramente vincerà grazie a questo film, a togliersi di dosso l’etichetta: eh ma doveva vincerlo per altro. E a ragione. Questo film rimane insipido. Come Birdman. A questo punto è il regista incapace di trasmettermi qualcosa.
Se il film è per pochi lo lascio tranquillamente ai pochi.

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Rambo… Fatti da parte… / 29 Gennaio 2016 in Revenant - Redivivo

“WOW!!!! CHE FILMONE!!!”
“Unico nel suo genere”…
“CAPOLAVORO!!!”…
“Da non perdere!”…
Ma perché non si potrebbe perdere?
Argomento: vendetta! Non molto originale ma non per questo deve essere brutto. 6
Protagonista: Di Caprio in odore di Oscar… Per questo film? Francamente lo avrebbe meritato più per altre interpretazioni che in questa modello RAMBO (tipo sul suo incredibile recupero in poche ore, ma praticamente morto e immobile a eroe che riesce ad andare ovunque… Ma diamogli un po’ di tempo… Non una sola notte. Allora perché lo avrebbero abbandonato se stava così… Non c’era motivo… Mah… Mistero…) 6,5
Fotografia: eccezionale… Nulla da eccepire al riguardo… 9
Trama: trama… Beh dopo 20 minuti sai già praticamente tutto… 5 se non 4…
Non parlo della lunghezza del film che non mi ha particolarmente infastidito. Senza voto.
Che dire… Non certo brutto ma nulla di nuovo. Non ti da niente per cui dire “Ragazzi!!! E’ da vedere… Incredibile…”
Il regista Inarritu ha, secondo il mio inutile parere, espresso in altri film la sua arte in maniera molto più apprezzata: 21 GRAMMI, BABEL, BIUTIFUL e BIRDMAN sono di gran lunga decisamente migliori rispetto a questo. Chissà perché tanto clamore. Forse per il freddo che il povero ex Titanic ha dovuto subire…
Chi può dirlo.
Consigliarlo? Beh… Non vorrei crearmi dei nemici… 
Ad maiora!

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Che delusione. / 28 Gennaio 2016 in Revenant - Redivivo

La fotografia è bellissima come bravissimo e molto espressivo Leonardo Di Caprio ma il film non mi è piaciuto per niente. Sicuramente andrò controcorrente ma non mi ha mai preso e l’ho trovato lentissimo, noiosissimo e dura veramente uno sproposito. Decisamente bocciato per me.

FILM NON PER TUTTI / 27 Gennaio 2016 in Revenant - Redivivo

Sei li seduto comodamente al cinema ,ma quello che senti non e’ il caldo e la comodita’ della poltrona,quello che senti e’ il freddo che ti entra nelle ossa ,il vento che ti taglia la faccia,l’umidita’ di qui fiumi e di quelle foreste,lo sporco di quella terra sotto la quale viene seppellito Glass e quella sensazione di inferiorita’ data dai paesaggi immensi ,dagli spazi sconfinati e dalla paura che ti segue per tutto il film,non ti senti mai ,mai al sicuro li fuori.
Di Caprio e’ fantastico ,sicuramente da Oscar, forse altre volte lo e’ stato di piu’ e non ha vinto ,questa volta penso proprioa la porti a casa.
La sua interpretazione e’ perfetta in tutto e per tutto.
Ma il personaggio che piu’ mi ha emozionato e’ stato quello di John Fitzgerald , si esatto il cattivo ( se in quel mondo possano esserci dei buoni ) di turno ,ecco lui e’ quel qualcosa in piu’ ,l’interpretazione di Hardy e’ intensa e il suo personaggio viaggia sempre sopra le righe ,impersonifica al meglio la brutalita’ di quel mondo e di quei tempi .
PERFETTO.

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La cattiveria / 26 Gennaio 2016 in Revenant - Redivivo

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Questo film mi ha disturbato nel profondo… lo trovo infinitamente cattivo, di quella cattiveria che non sembra esserci, ma in realtà invade tutto. E’ fatto di uomini che conducono una vita crudissima, e i pochi che mantengono una scintilla di bontà fanno una brutta fine… l’ingenuo giovane viene imprigionato, il capitano muore, l’indiano (a parere mio) si suicida (emblematico il cartello “siamo tutti selvaggi”)… e il protagonista? dopo aver affrontato e superato l’indicibile, si lascia morire perchè si rende conto che la vendetta è inutile… e chi glielo fa notare? proprio Fitzgerald, che lancia questa cattivissima perla di saggezza poco prima di morire. Alla fine, è ancora lui il vincitore. E se questa non è cattiveria pura, non so cosa possa esserlo.

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. / 23 Gennaio 2016 in Revenant - Redivivo

Viscerale, crudo e maestoso, The Revenant è un film dalla trama scarna, assolutamente classica e prevedibile pure quando devia dalla realtà dei fatti, che va visto con la consapevolezza che di fronte ad un’opera del genere una sceneggiatura densa e innovativa è relativamente poco importante. C’è un canovaccio e tanto basta, perchè l’essenza del film è in altro. Sono i paesaggi, le interpretazioni sofferte, la fotografia sopraffina del dio Lubezki e la regia sicurissima e altissima di un Iñárritu che danza sinuoso con la camera ad essere il fulcro di The Revenant. Piuttosto lungo (tagliare il minutaggio non avrebbe avuto conseguenze negative, ma va bene anche così) e sfiancante nel suo mostrare crudelmente le vicissitudini di un Leonardo Di Caprio derelitto e determinato, immerso nella natura più bella e realistica che si potesse proporre in un film del genere, ha un paio di scene da grande cinema. E’ innegabile la bellezza di quella con l’orso, perfettamente realistica e della prima scena di battaglia, un compendio della maestria della regia. Bravi tutti gli attori, in particolare Hardy col suo villain pragmatico e molto evocativa la colonna sonora. Tante strizzate d’occhio al cinema malickiano in certi passaggi, i più onirici, ma anche e soprattutto un chiaro ancoraggio al versante più “terreno” di una storia molto semplice ma riuscita.

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Revenant, ovvero: il meglio (o il massimo?) che il western di oggi può offrire / 23 Gennaio 2016 in Revenant - Redivivo

Revenant è indubbiamente un film interessante per tutta una serie di motivi.
È girato in condizioni estreme, in località difficilmente accessibili e proprio per questo meravigliose.
Ha una fotografia splendida – ancorché aiutata dalla bellezza dei paesaggi e dalla suggestione visiva che da sempre accompagna la neve – con l’utilizzo, per le scene in esterni, di sola luce naturale.
Quest’ultimo aspetto, così come il primo, già da soli rendono l’idea di quanto sia stato arduo girare un film come questo, in un’epoca in cui troppo spesso si abusa della grafica computerizzata, anche per le location che fanno da sfondo alla storia.
La rincorsa alla neve e ai paesaggi vergini ha portato la troupe a girare in inverno (con temperature di decine di gradi sotto lo zero) in posti dove la luce del giorno dura pochissime ore (per il resto le giornate erano occupate da spostamenti degni di spedizioni sherpa, da quanto si racconta).
Su questo aspetto ha ragione Inarritu: sarebbe stato enormemente più semplice girarlo davanti ai green screen, con una tazza di tè in mano, ma il film sarebbe probabilmente venuto una me**a (cit.).
Così come bisogna convenire con il regista quando afferma che non girerà mai più un film in queste condizioni perché “è vero che sono un pazzo, ma non sono uno stupido”.

Ambientato tra North e South Dakota (lo si intuisce dai riferimenti fluviali – Missouri e Yellowstone – oltre che dalla geo-localizzazione delle tribù indiane degli Arikara e dei Pawnee), il film è stato in realtà girato tra Canada (British Columbia per le scene nelle foreste, Alberta per il resto) e Montana (la scena delle rapide), con un finale che, per cause di forza maggiore (l’arrivo della primavera) si è dovuto traferire nell’altrettanto suggestivo scenario della Terra del Fuoco, all’altro estremo del continente americano, con uno stacco paesaggistico che si può notare anche ad un occhio meno esperto.

La storia è quella (in parte) vera dell’esploratore Hugh Glass, abbandonato in mezzo al nulla dopo essere stato attaccato da un grizzly e creduto morto dai suoi compagni.
A tali vicende Inarritu ha aggiunto una duplice vendetta familiare che a tratti lascia perplessi, ma che permette al regista di sfogare la sua pulsione verso la rappresentazione onirica (vendetta familiare di Glass), nonché di mantenere un certo aggancio al politically correct (vendetta familiare dei nativi, che giustifica così le loro azioni violente).
La sceneggiatura si è dunque un po’ allargata per esigenze di spettacolo, rendendo la storia di Glass meno verosimile agli occhi dello spettatore (anche a causa di alcune evidenti forzature mediche).
A ciò si aggiunga una disperata rincorsa al realismo della rappresentazione, che finisce, invece, per portare a risultati diametralmente opposti a quelli voluti. Nella assai cruenta scena iniziale dell’assalto Arikara ai cacciatori di pelli, vediamo frecce che sembrano telepilotate verso i crani dei malcapitati. Si potrebbe affermare: finalmente un po’ di realismo! E invece, a pensarci bene, è esattamente il contrario: gli indiani non erano così stolti da mirare alle teste, con una percentuale di successo che sarebbe stata di un decimo rispetto al colpo mirato al busto.
Dunque prevale l’esigenza di spettacolarizzazione, opposta a quella che aveva portato Arthur Penn nel mitico Piccolo grande uomo, a farci vedere indiani che si avvicinavano ai bianchi armati di fucile soltanto per toccarli con un bastone al fine di umiliarli.
Per altri versi, tuttavia, è un film che si avvicina molto ai western della New Hollywood, quelli della svolta, quelli che si allontanarono dal rigoroso canone dell’età classica (alla John Ford, per intenderci). Il riferimento principale va ovviamente al Jeremiah Johnson di Sydney Pollack (Corvo rosso non avrai il mio scalpo) e non soltanto per le ambientazioni nevose (anche se quello di Pollack era un film decisamente più intimista).

Capitolo regia: innegabilmente interessante lo stile di Inarritu, con questa pletora di piani sequenza calati in mezzo all’azione (memorabile quello iniziale).
Il film è visivamente molto suggestivo e questo è forse il merito principale della pellicola.
Per il resto, una serie di dejavu che rimandano a Malick (e qui il pluri-premiato Lubezki potrebbe aver dato qualche suggerimento) ed altri che voglio immaginare siano omaggi al grande Tarkovskij (oltre alla presentazione iniziale della famiglia di Glass, le carrellate sull’acqua e la scena onirica ambientata nelle rovine della chiesa).

Ed eccoci al tormentato capitolo attori.
Di Caprio – che ormai insegue l’oscar come un’ossessione e che probabilmente quest’anno lo vincerà essendo capitato in una stagione e in una cinquina fortunata – è innegabilmente bravo nell’esplorare tutto lo spettro della sofferenza umana (aiutato, si racconta, da qualche malessere effettivamente patito a causa delle condizioni ambientali estreme).
Eppure la sua espressione è sempre fortemente costruita a tavolino, artificiosa. Di Caprio non ha assolutamente la naturalezza dei grandi attori della generazione precedente alla sua (i vari De Niro, Al Pacino, Jack Nicholson).
Il ragazzo si applica ma non ha le doti, si potrebbe dire, invertendo il noto adagio pronunciato ai colloqui scolastici dai nostri professori.
Eppure, nel panorama – non esattamente entusiasmante – degli attori di oggi, il buon Leo emerge come una delle punte di diamante di Hollywood (se è per questo lo è anche Ben Stiller, seppure in altro ambito).
Apprezzabili in pieno, invece, alcuni attori minori, come buona parte di quelli che interpretano i nativi e il giovanissimo Will Poulter, quest’ultimo, così come i primi, aiutati da un viso assai espressivo e da tratti somatici molto caratteristici.

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Il momento di Leo / 23 Gennaio 2016 in Revenant - Redivivo

Questo è il suo momento! Film creato per sostenere questo grande attore che, forse, riusciranno a dargli l’ambito (e meritato) premio cinematografico. Al di là della sua eccezionale interpretazione bisogna avere un occhio di riguardo sulla magnifica tecnica dell’intera opera, capeggiata dal vincitore totale dello scorso anno. Inarritu con questo suo lavoro si è reso impetuoso davanti agli occhi del cinema americano, ancora una volta a stupito me e non solo, ancora una volta ha adoperato i suoi immensi piani sequenza che ti fanno amare il film in tutto il suo complesso… Grande autore e grande troupe, fotografia senza eguali e colonna sonora già con la statuetta in mano! Trama genericamente un po’ stopposa e pochi dialoghi, ma merita. Hardy stupisce sempre di più. Questo può essere il film dell’anno…

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La Calcolata Formalità / 22 Gennaio 2016 in Revenant - Redivivo

Visivamente debitore della parte più cool del Cinema Malickiano, l’ultima pilotata operazione di Inarritu è un abbaglio formale ben impacchettato, tenta il verosimile, ma romanzando quando sovviene, una visione cruda, ma non troppo da crear scandalo, con qualche grossolana sbavatura tecnica e i due grugni monolitici di Di Caprio al seguito, insomma una simpatica paraculata.

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Non 12 ma forse 10 li merita / 21 Gennaio 2016 in Revenant - Redivivo

CAST:
DiCaprio in questo film dà il meglio di sé, l’espressività colma alla grande la mancanza di dialoghi significativi e se poi aggiungiamo che per girare questo lungometraggio ne ha dovute passare di tutti i colori…Beh credo che stavolta la statuetta sia sua. Lo sforzo fisico e psicologico, la fatica, il dolore, emozioni difficili da interpretare anche solo per pochi istanti, DiCaprio lo fa per due ore e mezza comunicando allo spettatore quel senso di angoscia che fa da cornice a Revenant.
Passiamo ad Hardy, sono sicuro che se non ci fosse stato DiCaprio ad oscurare la sua prestazione ora staremmo qui a parlare di un Hardy magistrale, il cattivo che si fa odiare, spietato cinico ed egoista. Meriterebbe anche lui l’Oscar ma poi forse sarebbero un po troppi.

REGIA:
Inarritu è il regista moderno per eccellenza, sfrutta tutta la tecnologia che il ventunesimo secolo ci offre e condisce il tutto con un gusto per le immagini favoloso. Il film è un primo piano continuo intervallato da immagini innovative e per niente banali. L’ambientazione scelta è valorizzata dalla regia che ne mette in risalto l’immensità e l’ostilità. Il film è veloce quando serve e rallenta in maniera esponenziale quando all’azione devono prevalere i sentimenti.

FOTOGRAFIA:
Non credo serva dire che Lubezki è un genio, certo, solo 10 anni fa fare queste riprese senza l’uso di luci artificiali sarebbe stato impossibile, ma con la tecnologia più avanzata spazio alla fantasia e al godimento visivo. Le luci e i colori si fondono alla perfezione con l’angosciante trama e conferiscono al film la cosiddetta ciliegina sulla torta.

SCENEGGIATURA:
Forse l’aspetto più trascurato del film, come confermano gli Accademy Awards negandogli la candidatura. La sostanza c’è ma forse poca e oltretutto oscurata dal resto, sarà stata una scelta per non appesantire troppo il film ma personalmente un colpo di scena in più l’avrei aggiunto.

ALTRO:
Montaggio sia video che sonoro all’altezza delle rispettive candidature agli Oscar, mezzo voto in più per il sonoro in tinta con l’ambientazione e di fondamentale importanza in molte scene.

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Grugniti nella foresta / 21 Gennaio 2016 in Revenant - Redivivo

Un Iñárritu irriconoscibile per un Di Caprio tutto grugniti orseschi e visioni in audio ovattato, un corpo sottoposto a ogni tempra possibile versione Rambo (lo so è assurdo, ma ho avuto perfino il dubbio di qualche citazione, magari inconscia…). Non è un brutto film, è un film incerto se prendere la direzione pensosa e intimista nei canoni del regista o intraprendere la corsia accelerata del western revenge d’azione, e ne vien fuori un ibrido senza originalità. Anche il villain di Hardy sconta questa incertezza; per uscire dai canoni del sadico bastardo che porta ogni spettatore a immedesimarsi nella vendetta del protagonista, il personaggio di Fitzgerald ne esce quasi giustificabile, solo un egoista che pensa alla pellaccia sua e contro il quale non nutriamo tutta sta gran sete di sangue.
L’osanna generale per la fotografia di Lubezki dovrebbe tener conto della “facilità” di immortalamento di neve immacolata, mulinelli d’acqua, austere sequoie e fuochi di campo notturni; con una natura così e le lenti giuste, mi sembra difficile sbagliare il colpo.
L’Oscar agli effetti è assicurato, l’orso in CG è quasi perfetto.

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hanno fatto 30 ….ma non 31 / 20 Gennaio 2016 in Revenant - Redivivo

A livello tecnico perfetto. Fotografia e regia spettacolari. Di Caprio diverso dal solito ma egualmente fenomenale. Pecca l’intreccio narrativo. Troppo piatto. Per il resto un grande magnifico film.

Leonardo ora lo vinci! / 19 Gennaio 2016 in Revenant - Redivivo

Come si fa a dare un basso voto a questo Capolavoro?
Sicuramente ci sono delle scene che non funzionano.
Ma secondo il mio modesto parere a livello visivo è uno dei film più belli che io abbia mai visto. Leonardo DiCaprio dice 4 Parole in 156 minuti,ma i suoi sguardi e la sua sofferenza sono da Oscar.
Non parliamo della Fotografia.Emmanuel “Chivo”Lubezki pronto a stringere la più ambita statuetta per la terza volta consevutiva.
Veramente complimenti a Inarritu,che ha diretto questo film magistralmente,ma anche a tutto il cast attoriale e tecnico del set.
Veramente un grande film!

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IMHO, un quasi capolavoro / 18 Gennaio 2016 in Revenant - Redivivo

Voto 9/10, siamo davvero di fronte ad un quasi capolavoro, non è un capolavoro perché gli manca quel qualcosina che lo renderebbe tale, ma stiamo parlando di un film assurdo, eccezionale, uno dei migliori, se non il migliore del suo genere. Il film è arte, è il cinema. Se qualcuno volesse imparar o capire come si tiene una macchina da presa, basta vedere come Inarritu ha girato questo film, regia pulita, senza sbavature e riprese davvero ardue da girare che sembrano semplici quando non lo sono per niente. La fotografia è incredibile, una delle migliori degli ultimi anni.

Riguardo gli attori, vabbè, come al solito non serve descrivere l’interpretazione di Leo, chapeu. Tommy altrettanto eccezionale, magnifico.

A mio avviso meriterebbe di vincere tutti gli Oscar in cui è nominato, soprattutto riguardo la regia, Inarritu si è consacrato definitivamente, dopo Birdman, adesso questo, tanta roba il messicano

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La sfida di Iñárritu alla Natura / 18 Gennaio 2016 in Revenant - Redivivo

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

A prescindere dalle libertà che, nell’adattare la vicenda di Glass per il cinema, Iñárritu ha deciso di prendersi, il film sembra difettare proprio di epicentro narrativo: la trama è abbastanza esile e la pellicola sembra concentrarsi principalmente sulla rappresentazione del conflitto tra Uomo e Natura. Così, la vendetta di Glass sembra addirittura passare in secondo piano, benché sia il motivo per cui il trapper supera qualsiasi avversità con una riserva di risorse quasi ultraterrena. Ciò, di fondo, non sarebbe un male (Herzog insegna), se non fosse che, a conti fatti, il lavoro di Iñárritu sfiora il più puro autocompiacimento, fondandosi su una sorta di martirologio del protagonista e di una sfida personale nei confronti di un contesto naturale che, oggi come allora, limita e condiziona le azioni umane.

In questa messinscena, il regista messicano si è avvalso di una fotografia (Lubezki) e di una colonna sonora (Sakamoto) che, letteralmente, plasmano il contesto: l’una descrive un mondo, anzi, una sorta di demi-monde infernale, con toni lividi e mortali, mentre l’altra si sublima al punto da essere quasi un effetto sonoro, musica che si fa rumore d’ambiente.
Tecnicamente, quindi, il lavoro di Iñárritu risulta ineccepibile, con -in aggiunta- movimenti di macchina virtuosistici e un piano sequenza iniziale di grande impatto.
Taccio sulle considerazioni ammirate generate dalle riflessioni sull’allestimento di un set che deve essere stato pieno di difficoltà gestionali.

Sull’interpretazione di DiCaprio, ho poco da dire, se non che la reputo decisamente positiva: la sua è una prova essenzialmente fisica, indice di un grande controllo dei propri mezzi espressivi, in cui la parola è strumento superfluo, sostituita da un sacrificio fisico che travalica quello del personaggio. Il freddo patito è vero, la fatica -seppur in proporzione differente rispetto a quella che deve aver patito il vero Glass- idem, e così via. Paradossalmente, forse, non è la sua prova più convincente, ma di certo rientra tra le sue migliori interpretazioni.
Bravi anche Hardy e il suo occhio folle.

Posto che la cosa non inficia in maniera determinante le mie valutazioni in merito, non ho gradito appieno il fatto che nella sceneggiatura siano stati inseriti alcuni elementi così sfacciatamente “accomodanti”: stando al romanzo di Punke a cui il film si ispira parzialmente, Glass voleva vendicarsi perché Fitzgerald gli aveva sottratto il fucile e un coltello, i mezzi che, se fosse sopravvissuto, gli avrebbero permesso di procurarsi con maggiore facilità il cibo, di proteggersi, ecc.
Glass vuole vendetta per motivi “pratici”, quindi: in un mondo primitivo votato alla pura sopravvivenza, un pretesto del genere sorregge la sua vendetta in maniera decisamente plausibile. Invece, Iñárritu ha voluto empatizzare a tutti i costi con la platea contemporanea, inventandosi una famiglia che il trapper non aveva, pur di rendere la sua avventura più “vicina” al comune sentire.
Anche la ricerca della figlia del capo Arikara, inserita per giustificare le rappresaglie dei nativi contro i bianchi, è una forzatura. Pur legata ad ottimi e condivisibili intenti votati a sottolineare la brutalità degli invasori e sfruttata per dimostrare che una buona azione non resta mai impunita, è una vicenda superflua: il fatto che si narri che le tribù indiane fossero in lotta fra di loro avrebbe sottolineato a sufficienza quanto il conflitto fosse inevitabile a prescindere.

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The Revenant: una vendetta fra le peregrinazioni dell’anima. / 17 Gennaio 2016 in Revenant - Redivivo

Nell’ideale e desolato realismo di The Revenant, cesellato di silenzi e di viscerali e crude verità, dove angolazioni ed inquadrature vivono di una quasi irreale perfezione, e dove la pregevole fotografia giganteggia fra le selvagge declinazioni di un ambiente inospitale, ma spietatamente affascinante, si può scorgere un nitido e vivido disegno di antinomia, in cui le leggi della natura e dello spirito si scontrano, realizzando una sorta di Odissea della rivalsa.
Alejandro González Iñárritu traspone ( in parte ) per il grande schermo l’omonimo romanzo, dove i rimandi ad una percezione onirica figlia del suo pellegrinaggio da regista son ben evidenti. E quindi ci si inabissa nelle sue visioni, fra le vertigini abissali delle sue illusioni, come un grande e voluttuoso respiro.
Leonardo DiCaprio veste i panni di un esploratore e cacciatore di pelli ( Hugh Glass ), tornato dalla morte per compiere la propria vendetta. L’attore, in questa interpretazione senza sbavature, in cui il linguaggio del corpo supera di gran lunga quello verbale ( anche in virtù della natura intrinseca del ruolo ), dimostra una maturità attoriale degna di un grande artista. Non la più incisiva o intensa della sua carriera, ma sicuramente quella più faticosa.
Una pellicola dalla feroce estetica, e dalla rarefatta poesia.

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Il miglior western di sempre? / 23 Dicembre 2015 in Revenant - Redivivo

Non sono un fan della violenza al cinema, né quando è gratuita (ovviamente) né quando è sistematica, cioè quando sarebbe irrealistico non mostrarla, ad esempio nei film sulla mafia, sulla guerra, o in tutti quei contesti dove le regole civili sono sospese, come molti contesti storici preindustriali, o il far west.
Sapevo che The Revenant sarebbe stato un film molto violento, ma non conoscevo il contesto. Nella mia ignoranza mi stupivo, quindi, che un autore visionario e sensibile come Iñárritu si fosse dato alla violenza gratuita come un Tarantino qualunque.
Si è invece dato al western come un Tarantino qualunque. Molto meglio di Tarantino, anzi. Gli fa le scarpe a Tarantino, a dirla tutta.
Iñárritu si è imbarcato in un progetto complicatissimo da scrivere e da mettere in scena per poter raccontare la tragedia interiore (e solamente interiore) di un uomo perduto nei boschi in cerca di vendetta per il figlio. E complicatissimo era il compito degli interpreti dei due ruoli principali: un uomo quasi paralizzato e incapace di parlare per mezzo film, e il suo “nemico” spietato ma non psicopatico.
Come trovare la bellezza in un contesto simile? Iñárritu ci riesce: con il sottotesto anticoloniale che emerge non solo dalla bassezza degli interessi americani e europei, ma dalla varietà e complessità delle dinamiche sociali e storiche dei nativi stessi, e dalla durezza e fierezza dei volti dei loro interpreti; con una serie di pianisequenza iniziali mozzafiato sulle battaglie fra cacciatori e nativi; con effetti speciali realistici e legati alle interpretazioni degli attori; con la fotografia che gioca con le luci e le strutture naturali di boschi e montagne; con le musiche evocative dei minimalisti Alva Noto, Bryce Dessner e Ryuichi Sakamoto; con le studiate interpretazioni psicologiche e fisiche di Tom Hardy e Leonardo Di Caprio, posseduti da (anzi, impossessatisi di) demoni infernali.

Il miglior western possibile? Il miglior western di sempre? Scritto e diretto da un messicano?

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