29 Recensioni su

Grand Budapest Hotel

/ 20147.81051 voti

Candido Anderson / 13 Maggio 2016 in Grand Budapest Hotel

Un vero e proprio Candido riletto dal maestro della perfezione, Wes Anderson, alle prese con un film senza fiato e che ingiustamente non è stato premiato alle notte degli Oscar. La particolarià di questa pellicola è, soprattutto, merito delle variegate scenografie e costumi che lo rendono un’ opera naif e suggestiva. Ma, ovviamente, il merito va, anche, al carismatico Fiennes e ad una serie di attori famosi ritratti perfettamente, anche se per pochi minuti (come Keitel o Murray). Tutti hanno un ruolo, in sostanza, che lo rendono protagonista fondamentale della vicenda. Zweig non è lontano, anche se Anderson lo rilegge a sua maniera, eccentrica ma coordinata, senza sfiorare nel burlesque.

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La mia non è una recensione, ma un commento! / 20 Febbraio 2016 in Grand Budapest Hotel

Il film lo consiglio, però soltanto a chi piace il genere.
Il film è molto lento, so che il mio commento può sembrare negativo, in realtà il film è stato sorprendente dal mio punto di vista.
Il mio voto è 7.5, arrotondando per difetto a 7 perché, si, è stato sorprendente, ma non lo paragonerei agli 8 della mia vita.

GRAND “ANDERSON” HOTEL / 26 Dicembre 2015 in Grand Budapest Hotel

L’ennesima opera del grande Wes Anderson che firma una delle più colorate,più vivaci e più divertenti commedie del decennio.

Finalmente! / 26 Settembre 2015 in Grand Budapest Hotel

Finalmente un film di Wes Anderson che mi sia piaciuto,fin’ora ero sempre rimasto deluso dalle sue precedenti opere.Non è che sia un capolavoro,ma l’ho trovato decisamente più dinamico,divertente e maggiormente ricco di trovate.Cast composto come al solito da grandi nomi appartenenti alla “cerchia” di amici.Il finale troppo precipitoso e caotico l’unico punto debole

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Uno dei migliori del 2014??? / 12 Agosto 2015 in Grand Budapest Hotel

Filmetto caruccio, cast eccezionale con un casino di minipartecipazioni.
Storia un po’ fine a se stessa, avrei preferito un intreccio maggiore tra scrittore, protagonista e Zero.

Grand Budapest hotel / 11 Agosto 2015 in Grand Budapest Hotel

Dinamico, vivace, spericolato, semplicemente un capolavoro, caratterizzazione dei personaggi pressoché perfetta, trama affascinante ed in continua evoluzione, leggero, rilassante. Se si riescono ad integrare in una pellicola tutte queste caratteristiche il risultato non può essere che di livello altissimo. Nonostante non sia un film di totale innovazione, (di storie narrate se ne sono viste al cinema),riesce a lasciarti qualcosa di suo, che unicamente appartiene ad esso.

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Ralph Fiennes impeccabile / 15 Luglio 2015 in Grand Budapest Hotel

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Pazzesco, uno stile mai visto: impossibile distogliere lo sguardo dallo schermo, immagini e dialoghi fuggono, sembra che sia fatto apposta per accompagnare il ritmo del viaggio in treno, della discesa sulla slitta, della corsa in moto, della corsa sugli scalini, della frenesia della vita del giovane garzoncello. Pazzesco anche il fatto che si introducano in momenti inaspettati, un maestro con Bill Murray e un buffo ma fantastico Owen Wilson. Ralph Fiennes è stato perfetto. Piacevole.

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Cartolina / 7 Giugno 2015 in Grand Budapest Hotel

Ho visto questo film pensando che fosse drammatico.
All’inizio non capivo, ma poi ho cominciato a ridere fino a star male.
A distanza di due anni e dell’infinite volte che mi sono gustata questo gioiello, quelle stesse battute continuano a divertirmi tantissimo.
Poi che dire cast eccezzionale, Ralpg Finnies miglior sua interpretazione dopo Shinderl list.
I colori pastello e le inquadrature tipiche di Anderson ti riportano fuori dal tempo, sembra di vivere dentro una cartolina.
Una bella favola stralunata come tutti i film del regista.

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Il Dogmatico Formalismo / 27 Febbraio 2015 in Grand Budapest Hotel

Il formalismo ammaliante, celebre marchio di fabbrica del Tarantino degli snob, senza dubbio riesce a far breccia per la sua limpida costruzione, un dogma irrimediabilmente asfissiante e ripetitivo che non concede spazio, prendere o lasciare.

love! / 24 Febbraio 2015 in Grand Budapest Hotel

Amo questo film all’impazzata.. è davvero poesia per i miei occhi!

I colori di Wes Anderson / 24 Febbraio 2015 in Grand Budapest Hotel

Se qualcuno mai non conoscesse il mondo del cinema, riconoscerebbe la regia di Wes Anderson oltre che dai suoi attori feticci dai suoi colori. Un film degno dei suoi predecessori, una storia interessante, articolata, per nulla banale e un cast compatto e capace. Grand Budapest Hotel sicuramente porta in alto il nome di Wes ancora un po’ più su, capace di elevarlo in qualcosa di più secondo me.
Abbiamo alle spalle titoli importantissimi ma forse non accattivanti come questo.
In ogni modo c’è della solidità nella sua mente particolare. La perfezione con la quale firma i suoi film, secondo me, finirà per essere premiata più di quanto gli ultimi oscar stessi hanno fatto.
Deliziosi dettagli che rendono il tutto ancora più bello a far da cornice alla storia, alla musica e alla fotografia intelligente.

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Film FINE e DIVERSO / 23 Febbraio 2015 in Grand Budapest Hotel

credo che nessun altro aggettivo se non fine possa descrivere questo ottimo lavoro di wes anderson;questo è un film che è piaciuto tanto alla gente per il suo essere diverso da tutti i fil che possiamo vedere ad oggi;io personalmente ho apprezzato molto questa pellicola riconoscendo un 8 tuttavia se avessi potuto avrei dato un 7 e mezzo però ho deciso di premiarlo per il gran lavoro che c’è dietro e per il fatto che questo film ha osato fare qualcosa di diverso

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Il voto sarebbe un 7.5 / 4 Febbraio 2015 in Grand Budapest Hotel

Solita commedia di Wes Anderson, un pò surreale con un grande cast e personaggi un pò particolari.
L’ambientazione è in un paese immaginario, Zubrowska (secondo il regista si troverebbe in Germania, se esistesse; a me sembra più la Boemia) dove troviamo il protagonista della storia: il Grand Budapest Hotel.
Il film si apre ai tempi nostri ma come una matrioska apre una serie di storie; l’autore di un libro sul Grand Budapest Hotel ricorda i tempi in cui lo scrisse, nel 1968. A sua volta facciamo un altro salto indietro nel tempo quando lo scrittore intervistando Zero Mustafa, il proprietario del Grand Budapest Hotel, viene trascinato nei ricordi di Zero.
Il film è molto carino, ci si immerge nella storia e nelle atmosfere del tempo con il rapporto tra Gustave e Zero, la famiglia che punta all’eredità e sullo sfondo la guerra.
Cast ricco, non cito tutti perchè rischio di dimenticare qualcuno però dico solo che c’è Harvey Keitel, irriconoscibile. Tanto è che quando alla fine ho scoperto che era presente nel cast e sapendo che personaggio interpretava, ho faticato a riconoscerlo. Lascio a voi la sorpresa.

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3 Febbraio 2015 in Grand Budapest Hotel

Le inquadrature più belle che abbia mai visto, hanno battuto anche quelle di Solo Dio Perdona che fin’ ora erano le mie preferite; il gusto per la simmetria fa venir voglia di avere un fotogramma di ogni scena da poter conservare.

22 Gennaio 2015 in Grand Budapest Hotel

Wes Anderson ha il mio amore imperituro ormai da un po’ e se ad ogni nuovo film mi dico: “ha raggiunto il suo massimo, più Wes di così non si può”, al film successivo sono puntualmente smentita. Ed è proprio il caso di The Grand Budapest Hotel, dove nuove vette di perfezione stilistica sono raggiunte e la sua maniacalità esplode senza freni nella simmetrie dei movimenti di macchina, degli attori, perfino nelle scritte in sovrimpressione. Tutto ciò che è estetica, in questo film, è di mio gusto: dalle scenografie dello stupendo hotel, ai costumi curatissimi e bellissimi della Canonero, alla fotografia deliziosamente rosata. Il lato narrativo poi non è poi da meno: è Anderson, è storia dolce e malinconica, forse più del solito, con una violenza più accentuata e dialoghi serrati e riusciti, sia nella loro melassa che nello loro scurrilità. Aggiunti la ost del solito Desplat, qui gigantesco e un ammasso di attori a Wes cari, più qualche volto nuovo, che danno vita a delle macchiette che si inseriscono perfettamente nella storia e nell’atmosfera (Adrien Brody nell’inseguimento finale, inquadrato nella suo abito nero da villain con gli organi in sottofondo è, come ho letto in giro, cartoonesco nel migliore dei modi possibili), questa storia nella storia nella storia è un nuovo tassello che arricchisce il discorso di Anderson con ulteriori sfumature, sempre rispetto a quelli che sono i temi portanti del suo cinema. Può piacere o meno, ma è innegabilmente bravo nel fare ciò che fa.

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Affascinante…. 8 / 15 Gennaio 2015 in Grand Budapest Hotel

Proprio uno spettacolo per gli occhi! Un cast davvero pieno di stelle, una colonna sonora minuziosa e piacevolmente sorprendente, una soria raccontata attraverso la storia di una storia.. che altro dire: Fiennes e il suo “garzoncello” tengono a bada tutto il film con una bravura maniacale, la stessa cura di ogni fotogramma che racchiude nei dettagli un piccolo film, curato tutto nei minimi particolari, anche i più sciocchi…. Un racconto tutto da gustare. Da ridere l’inseguimento nella neve! da vedere, sicuramente!!! 8 è a dir poco!

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14 Novembre 2014 in Grand Budapest Hotel

Difficilmente nel cinema occidentale contemporaneo si denota una cura così minuziosa per le singole inquadrature, che sembrano quadri in movimento. A questo si aggiungono l’ottima coreografia nella direzione di un cast d’eccezione e una sceneggiatura avvincente. Sicuramente uno dei migliori film del 2014.

Grand Budapest Hotel, un’avventura a Zubrowka / 10 Agosto 2014 in Grand Budapest Hotel

Grand Budapest Hotel si mette in mostra sicuramente per un’ambientazione degna di nota, artificiale sì (e non solo) ma allo stesso tempo quasi fiabesca, curata fino al minimo dettaglio e piacevolmente ricolma di una spiccata eleganza.
Sale, corridoi, ascensori, ma anche montagne e città innevate. Una serie di ambienti che, nell’immaginaria Repubblica di Zubrowka, possono apparire particolarmente bizzarri. Proprio come i suoi personaggi, incastrati con perizia nella storia. E bizzarre possono apparire anche le numerose vicissitudini a cui devono far fronte i protagonisti (la sequenza della fuga dalla prigione, ad esempio).
Un’ora e quaranta circa assolutamente piacevole per stile, eleganza e una galleria di personaggi (nonché un bel cast), che difficilmente farà storcere il naso.

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3 Agosto 2014 in Grand Budapest Hotel

Ho visto questo film quasi per caso qualche settimana fa, e devo dire che mi è piaciuto tantissimo! Purtroppo credo di dover premettere che sono d’una ignoranza mostruosa in ambito cinematografico (a mia discolpa posso però dire che sto cercando di rimediare), quindi non conoscevo il regista e non credo di aver colto nessuna sottigliezza tecnica, però parlando solo di gusti ed emozioni “di pancia” l’ho trovato un film delizioso. Ho riso, ho sorriso, mi è anche spuntata qualche lacrimuccia (ma sono un caso disperato, riesco a commuovermi anche con alcune pubblicità io ), l’ho trovato di una delicatezza disarmante. Sono più che soddisfatta di essermi imbattuta in questo film, e le intenzioni sarebbero appunto quelle di cercare di vedere anche altro di questo regista.
Per di più, mi sono appena procurata alcune opere di Zweig, cui questo film è ispirato, spero di poterle leggere al più presto.

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La fantasia vive ancora / 1 Agosto 2014 in Grand Budapest Hotel

Delizioso, fiabesco e stavolta realmente appassionante. C’è quel tocco frivolo e bizzarro tipico di Anderson che si accompagna ad una reinvenzione storica intelligente e spiritosa; poi, come sempre, una magica magnifica fiera dell’oggetto d’antan, del dettaglio retrò, oltre che una spumeggiante galleria di caricature, dal garzoncello indiano al carcerato tatuato fino alla dolce ragazzina con la voglia sulla guancia a forma di Messico. La fantasia vive ancora e sta sulla sedia di questo regista, rilassatevi e sgranate bene gli occhi.

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23 Luglio 2014 in Grand Budapest Hotel

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

In un paese fittizio, tipo quelli che si inventano per i tesori che deve cercare Zio Paperone nelle storie su Topolino, c’è un hotel fittizio sul cucuzzulo di una montagna, con la neve alta così, e un concièrge fittizio che si chiama Gustave, e il neoassunto pischello Zero. Che si conoscono, agiscono, scappano, sono presi, riscappano. And so on.
Sempre più perfetti come bambole, questi personaggi di Anderson, in hotel di bambole ma con i toni leggeri e tenui dello slapstick, lo stop motion, mille attori super (io Tilda non l’avevo riconosciuta, nascosta sotto troppi troppi chili di vecchiezza). Tutto delizioso e delicato e lieve, persino gli angoli si finisce per immaginarseli smussati, così, e poi il tono, i movimenti, i colori che accarezzano, lo stile e i caratteri. Il flashback del protagonista volge indietro a uno sguardo malinconico e sperso a una vecchia Europa benestante e cosmopolita, dove ci si scopava le vecchie ma col sorriso sulla bocca di lui e la dentiera di lei, e ci sono i fascismi e idiotismi e la messa alla berlina delle istituzioni supposte “dell’ordine”.
Da più parti l’accusa per Wes è di essere caduto in una sorta di manierismo autoreferenziato. Che personalmente preferisco identificare come cifra propria e scelta stilistica. All’incirca un discorso analogo a Tim Burton, dei cui film ormai quasi nessuno è mai soddisfatto perché vorrebbe che rifacesse centro volte Edward e Big Fish. Ma quello è andare indietro e non avanti, e seguano un po’ il sentiero che gli pare. Tutto tenuto conto, a me piace.
E vivi si muore.

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Bellissimo!!! / 4 Luglio 2014 in Grand Budapest Hotel

Magica atmosfera in questo nuovo film di Wes Anderson.
La storia del Grand Budapest Hotel pieno di fascino.
Colori, ambientazioni, dialoghi.
Nulla fuori posto e tutto molto suggestivo.
Quando ci si muove nelle stanze dei vari ambienti si resta ammaliati dalle bellezze degli arredamenti.
Pochi film di questo “giovane” regista (quasi mio coetaneo, quindi…. 🙂 ) ho visto e quanto prima voglio recuperare il tempo perduto.
Bellissimo!
Ad maiora!

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1 Luglio 2014 in Grand Budapest Hotel

Se anche fosse un film muto, le sole immagini riuscirebbero a meritare l’intera visione.
Estremamente raffinato : nelle scenografie, nella scelta dei colori, degli abiti e dei personaggi.
Ogni dettaglio è esattamente al suo posto, come in un dipinto e nulla sfugge all’occhio del regista come a quello dell’osservatore.
Nella sontuosa struttura del Grand Budapest Hotel si susseguono personalità di tutto punto, in perfetto stile Anderson.
C’è la solitudine, ricolmata dalla ricerca -l’egoismo a tal punto ostentato da generare divertenti ed appaganti sketch (ammettiamolo, anche grazie alla presenza di Dafoe)- il fascino un po’ retrò per ciò che è bello ma anche decadente.
Non manca mai , però, l’occasione per allontanarsi dal “nido” e fuggire alle ingiustizie del tempo e del destino.
Rispetto ad altre sue pellicole, sono costretta a giudicarlo un po’ “scarno.
Un’ottima cornice a racchiudere il solito insegnamento tra movimento ed ironia.

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23 Giugno 2014 in Grand Budapest Hotel

Ispirato alle opere di Stefan Zweig, e al suo imperituro pacifismo ( tangibile nell’edulcorata fisionomia del film ), Grand Budapest Hotel, figlio del genio e dell’estetica raffinata di Wes Anderson, apre le porte alla fantasia e all’immaginazione, lasciando che queste leggano con piglio meno amaro, anche quelle avvilenti realtà che popolano l’esistenza. E di conseguenza la pellicola assume i caratteri di un lessico essenziale, ma al contempo articolato, che non ha bisogno di fondamentali parole per raggiungere un significato. Né ne contempla uno. Difatti non vi è sfumatura, non vi è chiaroscuro. Solo una vivace spaccatura fra modernità e rimpianto.

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4 Giugno 2014 in Grand Budapest Hotel

Wes Anderson mi ha stufato. E non è perché ho visto tutti i suoi film, ma perché vedendo tutti i suoi film è chiaro qual è l’andazzo che ha preso: se i primi avevano bei personaggi, bei dialoghi, set/costumi meno fiabeschi e inquadrature non per forza simmetriche, da Moonrise Kingdom in poi non ci restano che un paio di personaggi carini (i protagonisti), qualche battutina qua e là vagamente memorabile, set/costumi solo fiabeschi e inquadrature a ogni costo simmetriche. In due parole: che palle.
Sorvolerei sulla questione dell’estetica se solo non avesse sommerso tutto il resto. Qualcuno ha detto che i film di Wes Anderson sono diventati un’occasione per prendere attori famosi e vestirli in maniera stravagante: esattamente. A me però dei suoi film piacevano i personaggi, i dialoghi, il modo in cui si rapportavano, con l’estetica che rappresentava quel tocco particolare in più, mentre ora si riducono a “il cattivo vestito di nero” o “la ragazza con la voglia a forma di Messico” (?), in altre parole macchiette perfettamente al centro dello schermo perché non sia mai che siano decentrate. È la conseguenza naturale dell’aver abbandonato il taglio realistico per uno completamente surreale/fiabesco, però boh, non è per questo che lo consider(av)o uno dei miei registi preferiti.
Sì, è un film carino, Ralph Fiennes è sublime, il duetto di personaggi protagonisti è adorabile, la storia ha quello spirito un po’ scanzonato che sicuramente vi piacerà tanto, ma anche basta.

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Quando la fantasia diventa arte / 22 Aprile 2014 in Grand Budapest Hotel

Un film fantasioso , godibile, ben realizzato , con inquadrature eccellenti , estremamente appagante dal punto di vista visivo e con un sontuoso cast di attori che immagino si sia divertito un mondo durante le riprese , fra i quali non ho proprio riconosciuto Harvey Keitel se non dopo aver visto scorrere il suo nome durante i titoli di coda ,.
Da vedere.assolutamente.

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Grand Budapest Hotel – L’eleganza nei dettagli / 17 Aprile 2014 in Grand Budapest Hotel

Il Grand Budapest Hotel riserva ad ogni ospite un trattamento regale, le signore anziane, sposate o vedove che siano, possono inoltre contare oltre al servizio già impeccabile offerto dalla farsesca struttura, sull’intrattenimento personale del concierge Gustave H (Ralph Fiennes), ed è proprio delle avventure di quest’ultimo (4:3) raccontate per voce del suo amico, testimone, garzoncello, Zero Mustafa (2:35,1), a sua volta trascritte e pubblicate per non essere dimenticate da un qualsiasi scrittore (Jude Law), trovatosi nel posto ed al momento giusto, perché quando sei un autore (1,85:1) (Tom Wilkinson) non inventi un racconto ma semplicemente ti viene consegnato casulamente da altri. Ma tornando a Gustave H (4:3), l’amore di comodo per la vedova Madame D (Tilda Swinton), gli procurerà un’avventura indimenticabile come mai prima era avvenuta nella (immaginaria) Repubblica di Zubrowka. Tutto inizia sempre con qualcosa di tragico, in questo caso la morte della vedova, che lascia in eredità al concierge il famoso dipinto “Ragazzo con mela” dall’inestimabile valore, questo attirerà su di lui le ire e invidie del di lei figlio Dimitri (Adrien Brody). Da qui in poi le vite di Gustave H e Zero diventeranno una corsa contro il tempo, per smascherare un complotto ordito per far ricadere le colpe sul concierge dell’assassinio di Madame D. L’ormai ricchissimo Mustafa (2:35,1) davanti ad un pregiatissimo vino racconterà allo scrittore l’incredibile avventura che lo vide protagonista in prima persona in quegli anni adombrati da una guerra imminente. Wes Anderson dirige con la sua pregiatissima eleganza formale una commedia, che cela all’interno un incredibile impianto drammatico ben nascosto da battute e situazioni che la pellicola instancabilmente inscena coscentemente una di seguito all’altra. L’autore de “Le avventure acquatiche di Steve Zissou”, confeziona una sorta di antologia del suo cinema (come un sarto che realizza da solo il proprio abito) in questo racconto nel racconto, nel racconto (la ripetizione non è casuale), evitando di autocompiacersi dello spettacolo creato. Concentriche orbite elittiche rapiscono lo sguardo trasportandolo nella razzista Repubblica di Zubrowka, o più precisamente in quel piccolo luogo fuori dal tempo che è il Grand Budapest, hotel la cui “vita” è caratterizzata dalla routine giornaliera dei dipendenti, che vede in Gustave H e successivamente in Zero le uniche particelle anarchiche di un organismo altrimenti perfetto la cui decadenza sembra non solo certificata ma anche inevitabile. Anderson disegna una matrioska fatta di colori e personaggi, dipanati su più piani temporali dalla tutt’altro che scontata semplicità, muovendosi da vero conoscitore dello spazio appiana qualsiasi complessità narrativa del racconto, nel racconto, nel racconto (la ripetizione non è casuale), semplicemente lasciando alle immagini il compito di narrare la storia, al punto che “Grand Budapest Hotel” ricorda in molte parti quel cinema fatto di sola luce senza audio ma comprensibilissimo grazie al perno che faceva sull’immaginazione. Tutto nella pellicola funziona con la precisione di un orologio (ed il tempo sia arrivo che partenza delle traiettorie visive in questa pellicola), dagli interpreti (magnifici praticamente tutti e nemmeno un cameo viene sprecato), alla sceneggiatura, passando per un montaggio coscienzioso dei tempi necessari per far ridere o creare tensione, ma in grado di impreziosire il magnifico comparto visivo della pellicola. E’ proprio il “Grand Budapest Hotel” quella metà che volevamo raggiungere qualche anno fa quando salimmo con lo sguardo su “Il treno per il Darjeeling”, dopo essere stati stupiti dall’eleganza dello squalo giaguaro nelle profondità dell’oceano, ma probabilmente solo ora il racconto è arrivato al suo autore e poco importa se anche questa volta ci ritroviamo nuovamente di fronte ad una “famiglia allargata”, perché proprio come gli ospiti dell’hotel siamo nuovamente a casa.

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16 Aprile 2014 in Grand Budapest Hotel

Credo di perdere i colpi.

Sono brutti momenti per la mia mascolinità.
Mi sono innamorato del modo di fare i film di quel fottuto hipsterone tenerone di Wes Anderson.

L’autore colpisce e stupisce con il suo “The Grand Budapest Hotel” un film che ho trovato semplicemente magico, oserei strabiliante. La trama concerne l’avventura rocambolesca e donchisciottesca di un improbabile duo composto da un giovane facchino, tal Zero Moustafa, e da un affascinante portiere di un albergo, tal Gustave H.
E’ in un Hotel, isolato come quello di “Shining” ma molto meno terrificante, è proprio nei pressi dell’improbabile e pittoresco “Grand Budapest Hotel”, in un paese immaginario dei confini dell’Europa che prende piede la vicenda.

Repubblica di Zubrowka, anni ’30 circa, forse.. ma cosa importa ? Cosa sono le date quando si è di fronte a una pellicola che ha praticamente tutto ? Sappiate che si passa da una diatriba ereditaria al film di genere carcerario e ancora a quello d’azione. La violenza, la violenza è un elemento presente ma mai spettacolarizzata o ostentata. Torna quindi l’ingenuità tipica del regista.

Addirittura nel film è presente un inseguimento sulla neve che mi ha ricordato vagamente “Solo per i tuoi occhi” pellicola della saga 007. E poi lo stop-motion signore e signori, il montaggio veloce, i ritmi altrettanto rapidi, voli pindarici a livello cronologico, un narratore onnisciente, scene tragicomiche e, per la prima volta (credo) dei cattivi davvero cattivi. Alla faccia de “I Cani”, dunque.

Ed eccoli i nostri eroi: due macchiette ancorate alla loro professione, ai loro ruoli, nei rispettivi lavori. Questa tediosa quotidianità, tediosa per Zero non per Gustave il chiavatore di vecchiette, viene bruscamente interrotta dalla morte di una delle clienti dell’albergo nonché amante del fascinoso portiere. Dietro la morte, spesso, si cela un’eredità e dietro un’eredità, sempre, una serie di problemi.
La losca famiglia della vecchietta è pronta ad uccidere pur di ottenere la cospicua somma di danaro, cifre da capogiro si nascondono fra le righe degli atti. Miliardi e dipinti, arte e pecunia.
Ed è da un dipinto che comincia la battaglia che vedrà contrapposti due schieramenti, una lotta che vede come sfondo un’Europa in guerra.

DonMax

Note.
Attenzione però a non nutrirsi esclusivamente delle pellicole del regista. Le stesse possono avere o portare effetti indesiderati anche gravi. Sto parlando della malattia nota come Disturbo di Wes Anderson o Sindrome WA, patologia che colpisce alcuni individui che dopo la visione dei lungometraggi del regista credono di essere personaggi dei suoi film.

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Il solito Wes. / 11 Aprile 2014 in Grand Budapest Hotel

Siamo daccapo: di film in film, Wes Anderson affina le sue capacità tecniche, crea mirabilie scenografiche (queste sono, forse, le migliori scene realizzate ad hoc che ho visto finora nelle sue pellicole: l’albergo, per esempio, è maestoso, monumentale, meraviglioso, sia in stile fin de siécle che anni Sessanta), si diverte ad esaltare i dettagli più minuti, dirige con competenza ed estrema vivacità frotte di ottimi attori, crea siparietti deliziosi (l’evasione dal Check 19, per esempio).

Però, non fa che rimestare sempre la stessa (gradevole) zuppa.
Il film è visivamente ricchissimo, ha un buon ritmo, offre suggestioni molteplici, diverte in più punti, ma… Ma.

Ricicla (pur con sapienza) figure e strutture già ampiamente utilizzate nei suoi lavori precedenti, si cita, è ampiamente autoreferenziale, nulla aggiunge alla sua poetica, né alla sua estetica, se non una nuova carrellata di volti e di simpatiche peculiarità.
Ci sono il solito tema della fuga, quello della ricerca, quello dell’amore blandamente osteggiato, quello del modello da ammirare, quello dell’imprevisto e del dramma affrontato con pragmatismo, tutto “semplicemente” ambientato in un nuovo contesto.
E’ indubbia la qualità della messa in scena, il palpabile coinvolgimento e piacere del cast di essere immerso in una dimensione tanto esteticamente (e pregevolmente) caratterizzante, ma non so per quanto tempo questa ripetitività possa giovare al buon Anderson.
Temo che, alla lunga, il semplice artificio temporale (piano piano, le sue storie stanno arretrando nel tempo: un giorno, di questo passo, potremmo vedere un film di Wes Anderson ambientato alla corte del Re Sole) che gli permette di sfruttare amabilmente la sua passione per le ambientazioni rétro non potrà accontentare sempre il pubblico. La codificazione estrema di un linguaggio potrebbe essere, quindi, controproducente.

Piccola, ma non soprassedibile (perlomeno, per me) stonatura: lungi da me intenti bacchettoni e pur supponendo che il contrasto fosse voluto, l’uso ripetuto di alcune espressioni triviali all’interno di dialoghi forbiti ed eleganti mi ha lasciato perplessa. Non so se date espressioni siano presenti nella versione originale o se siano state introdotte in quella italiana: resta il fatto che taluni termini stridono eccessivamente con l’atmosfera generale, altrimenti gradevolmente affettata.

Note perlopiù personali: il personaggio di Dmitri, interpretato da un nerissimo Adrien Brody, è quello di contorno potenzialmente più interessante, pregno di umori diabolici, ma è quello stranamente meno sfruttato dal plot.
Strepitoso il trucco che cancella letteralmente le fattezze di Tilda Swinton per consegnare allo schermo una credibilissima ottuagenaria.

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