Recensione su Grand Budapest Hotel

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22 Gennaio 2015

Wes Anderson ha il mio amore imperituro ormai da un po’ e se ad ogni nuovo film mi dico: “ha raggiunto il suo massimo, più Wes di così non si può”, al film successivo sono puntualmente smentita. Ed è proprio il caso di The Grand Budapest Hotel, dove nuove vette di perfezione stilistica sono raggiunte e la sua maniacalità esplode senza freni nella simmetrie dei movimenti di macchina, degli attori, perfino nelle scritte in sovrimpressione. Tutto ciò che è estetica, in questo film, è di mio gusto: dalle scenografie dello stupendo hotel, ai costumi curatissimi e bellissimi della Canonero, alla fotografia deliziosamente rosata. Il lato narrativo poi non è poi da meno: è Anderson, è storia dolce e malinconica, forse più del solito, con una violenza più accentuata e dialoghi serrati e riusciti, sia nella loro melassa che nello loro scurrilità. Aggiunti la ost del solito Desplat, qui gigantesco e un ammasso di attori a Wes cari, più qualche volto nuovo, che danno vita a delle macchiette che si inseriscono perfettamente nella storia e nell’atmosfera (Adrien Brody nell’inseguimento finale, inquadrato nella suo abito nero da villain con gli organi in sottofondo è, come ho letto in giro, cartoonesco nel migliore dei modi possibili), questa storia nella storia nella storia è un nuovo tassello che arricchisce il discorso di Anderson con ulteriori sfumature, sempre rispetto a quelli che sono i temi portanti del suo cinema. Può piacere o meno, ma è innegabilmente bravo nel fare ciò che fa.

1 commento

  1. Mariarita / 3 Giugno 2015

    appena finito di guardarlo! splendido..condivido ciò che hai detto… 😉

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