15 Recensioni su

Chiamami col tuo nome

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L’amore che sta in estate / 1 Luglio 2023 in Chiamami col tuo nome

Call me by your name, diretto da Luca Guadagnino, è un capolavoro cinematografico che cattura l’anima dello spettatore con la sua delicata e appassionante storia d’amore. Ambientato nella splendida campagna italiana degli anni ’80, il film ci trasporta in un turbine di emozioni mentre seguiamo l’intenso legame che si sviluppa tra Elio, interpretato in modo straordinario da Timothée Chalamet, e Oliver, interpretato da Armie Hammer. La loro chimica sullo schermo è magnetica e la loro relazione viene rappresentata con una sensibilità e una sincerità commoventi. Call me by your name è un viaggio emozionale che esplora il potere dell’amore e la scoperta di sé stessi, lasciando un’impronta indelebile nel cuore dello spettatore.

L’amore tra i protagonisti di Call me by your name è un’esperienza magica e travolgente. La chimica e l’intensità che si sviluppano tra Elio e Oliver sono palpabili e toccano profondamente lo spettatore. La loro storia d’amore è un turbine di emozioni, che passa dalla dolcezza e dall’innocenza alla passione e all’intensità. Il film cattura in modo sublime la scoperta del primo amore e il senso di meraviglia che accompagna questo sentimento. L’amore tra Elio e Oliver ci ricorda l’importanza di abbracciare appieno i nostri sentimenti e di abbandonarci alla bellezza e alla complessità dell’amore.

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Sotto la doratura superficiale / 7 Novembre 2021 in Chiamami col tuo nome

Di una dolce estate italiana tra campagne assolate, laghetti limpidi e borghi serafici non mi pare che questo film abbia molto da dire.
Una storia omosessuale timida e tirata per le lunghe nelle fasi iniziali, dialoghi stentati (nel senso che i due stentano proprio a parlare, ma NON perché si voglia dare un’idea di comunicazione difficoltosa, no, è proprio che spiccicano poche parole in generale TUTTI in questo film, tranne il pippone retorico e autocompiaciuto del padre alla fine) e boh, un’idealizzazione a tratti stucchevole e dell’Italia, e del rapporto tra genitori (intellettuali) e figlio (prodigio della musica), sia mai che le persone colte non accettino l’orientamento non eterosessuale del figlio, e proprio del rapporto tra loro.
Francamente ho letto trame migliori anche tra le fanfictions ispirate a manga e anime a suo tempo, romanticizzato e banale. E lento, lento Madonna, alla fine non ne potevo più.
Do 5 per le musiche azzeccate e la buona recitazione (tra parentesi pessimo accento italiano di tutti gli attori stranieri, prendere qualche lezione in più gli faceva tanto schifo?), nonché per la bellezza idilliaca dei luoghi, ma davvero un film eccessivamente incensato di lodi.
Roba da fangirl dei due attori o delle ship gay inserite nelle varie produzioni televisive più per riempire la quota lgbtq+ che per raccontare/rappresentare qualcosa.

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10 e lode! / 16 Agosto 2021 in Chiamami col tuo nome

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Bello, bello e ancora bello! Ho visto migliaia di film di tutti i generi e di tutte le epoche. Questo però mi ha lasciato il segno. Non amo la regia di Guadagnino e neppure più di tanto i film a tematica gay, spesso retorici e scontati. Ma questo film per me racchiude magia e sentimento. La narrazione, l’utilizzo di musiche perfettamente accostate ad immagini, dialoghi perfetti, location più che perfetta, personaggi di contorno squisiti, la bravura degli attori e la mai banalità della trama rendono, per me, questo film un vero CAPOLAVORO. Visto, rivisto e stravisto. Raramente ho guardato un film più di due volte in un periodo ravvicinato. Questo l’ho rivisto ben 8 volte in due mesi, per carpirne più dettagliatamente ogni immagine, ogni dialogo, ogni istante di sentimento che profonde. Ogni volta, nel dialogo genitore-figlio finale mi sono commosso, come quando parte il treno e la magia della loro storia d’amore è finita. Il tutto condito con l’atmosfera anni 80 in cui tutto era forse più difficile ma autentico di oggi. Lo consiglio a cui ha voglia di emozionarsi, lasciando perdere i tecnicismi registici o quant’altro. Lasciatevi trasportare dall’empatia dei protagonisti e vivete con loro, fino alla fine, questa stupenda storia d’amore! Scene memorabili: il ballo di Oliver sulle note di “love my way”, la corsa in bicicletta con gli intramezzi della musica di Ravel fino alla dichiarazione d’amore di Elio, nonché l’espressione di quest’ultimo nella scena finale. Un film che non meritava un solo Oscar, ma molti di più.

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CHIAMIAMOLO COL SUO NOME / 1 Dicembre 2020 in Chiamami col tuo nome

Film confezionato ad arte per piacere. Elegante nella confezione quanto prevedibilmente retorico nella forma.

Tecnicamente ineccepibile. Filmato benissimo, fotografato con stile, recitazione di livello, messa in scena eccellente. Aggiungete una storia d’amore omosessuale ed avrete un perfetto film da oscar. E allora cos’è che Non ti ha convinto? Sostanzialmente proprio la storia. La trama è noiosa. Aldilà di alcuni passaggi significativi, la storia è un continuo girare a vuoto per laghi. Tutti posti bellissimi, per carità, ma fanno solo da cornice a gente che parla poco o affatto e compie ancora meno azioni. Tagliando un ora di film la storia resterebbe inalterata. Manca un vero conflitto.

Elio è un ragazzo (un Timothée Chalamet formidabile) che nell’estate del 1983 passa dall’essere vergine a bisessuale. Questo dovrebbe stravolgere il suo mondo. Invece Elio diventa più passivo di un plantigrado. Questo doppio rito di passaggio viene celebrato con la noia. Il fatto che verso la fine si provi a giustificare questa apatia mi lascia ancora più deluso.
Un altra cosa che non ho capito è l’età dell’uomo con cui ha questa relazione amorosa. Sappiamo che Elio ha diciasette anni ma il personaggio di Oliver ne dimostra più di trenta. Quando si legge di queste storie sul giornale di solito non si commenta con “una storia da oscar”.

Scherzi a parte l’ho trovato convenzionale. I genitori sono comprensivi, gli intellettuali sono migliori, i gay sono buoni, l’Italia è bella. Al netto di un ottima fattura la storia non mi ha offerto molto. Alla fine della fiera l’ho trovato interessante per la ricostruzione dell’Italia anni ’80 che per la trama. Giusto un gradino sopra a “Sapore di mare” dei Vanzina.

Voto: 6,5 che sfiora il 7

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Poetico… / 13 Aprile 2019 in Chiamami col tuo nome

Per fortuna una storia gay non viene raccontata con i soliti stereotipi cinematografici!!
Un film pieno di poesia, nella regia, nelle ambientazioni, nell’epoca, per di più accentuato dalla spontaneità dei due protagonisti, giovani e innocenti ma spaventati dai loro sentimenti.
Chi l’ha visto sa di cosa parlo e farne una recensione mi è un po’ difficile perché sono molte le sensazioni trasmesse: la scena in cii si salutano alla stazione è qualcosa di delicato e tremendamente doloroso, senza dire una parola in un solo abbraccio si scambiano tutto l’amore rimasto.
Trovo un po’ fuori luogo…oddio, non proprio, ma comunque strano, che due genitori notino e accettino i sentimenti del figlio: non so se negli anni 80 gli “adulti” erano davvero in grado di comprendere l’omosessualità con tale spontaneità. Ma ammiro comunque il coraggio di averlo raccontato con dolcezza.
Bravi i protagonisti e ottima regia.
Se lo merita un 7.

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Idillio / 3 Aprile 2019 in Chiamami col tuo nome

Ho recuperato ora questo film e magari tra una settimana cambierò idea, ma quello che mi è rimasto è ben poco.
Non è un brutto film anzi, e visivamente bello, la sceneggiatura funziona bene ma ha un qualcosa che non mi convince.
E’ tutto troppo facile, i due protagonisti sono perfetti sia fisicamente che esteticamente, i genitori di lui accettano senza problemi la sua omosessualità. Un film così libero, tutti così liberi di amare, tutti scopano con tutti,tutto così pulito tutto così ricco. Quando la mia mente stava per mandare a fanculo tutti ho capito: questa storia non vuole rappresentare la vita ma solo un’idea.
Infatti gli stessi personaggi sembrano usciti fuori dalle opere d’arte: Oliver è uguale ai bronzi greci, perfetto scolpito, mentre Elio sembra una creatura di Caravaggio un piccolo bacco preso dal suo amore carnale. I due rappresentano due facce diverse dell’amore, una più perfetta, trattenuta, una irrazionale appunto baccante. Uno segue più l’apollineo l’altro è dionisiaco. Cioè uno pure abbandonandosi alla passione rientra nel cammino prestabilito (Oliver), mentre l’altro si fa bruciare dalla sua passione. Un film che sebra semplice ma che è complesso dietro, e ringrazio satana che non abbiano puntato sui problemi da coppia gay, o che non abbiano esplicitato le scene di sesso, il vedo non vedo è sempre il modo migliore di mostrare (secondo me).
Guadagnino dirige bene l’opera, come aveva già dimostrato in altri film,ma qui la storia ha una struttura più solida anche se questo si avvicina molto al filo del rasoio tra essere un qualcosa a essere puro esercizio stilistico. Un film insomma che mi ha davvero colpito, ma che ha dei difetti come dei dialoghi troppo perfetti, pomposi e dei personaggi che sanno sempre cosa dire e lo dicono con le parole giuste. Ma in fondo è un grande mito, una storia idilliaca infatti è ambientata d’estate, in un posto di vacanza e vista dagli occhi di un giovane. Tutto appare perfetto in questo idillio, ma come dice Woody Allen alla fine di Io e Annie, almeno nell’arte bisogna ricercare la perfezione.

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. / 31 Marzo 2019 in Chiamami col tuo nome

Troppo lungo, alcune scene potevano tranquillamente essere tagliate. Inoltre, i due personaggi sembrano vagamente appartenenti a un classico romanzo di Fitzgerald: Oliver che è sexy e lo sa, intelligente e lo sa, Elio è una sorta di ricco annoiato che cerca qualcosa nell’arte.
Ho apprezzato invece la chimica fra i due attori e la spontaneità di questa storia d’amore, benché forse il film sia troppo focalizzato sui due e lascia in sospeso alcune parentesi che aveva aperto (come la pseudo relazione tra Oliver e Chiara o quella tra Elio e Marzia, che viene praticamente liquidata con due parole).

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. / 16 Luglio 2018 in Chiamami col tuo nome

Mi ci è voluto molto tempo per riuscire a scrivere una recensione su questo film. Innanzitutto è il mio primissimo di Guadagnino, lo conoscevo di nome, ma non mi è mai venuta la curiosità di andare a sbirciare la sua filmografia.
La prima volta che ho visto Call me by your name è stata quando era appena uscito (non in Italia) e l’ho guardato in lingua originale.
Il fatto che si parlasse più di una lingua l’ho trovato esaltante. Mea culpa, non aveva ancora letto il libro, che merita tanto rispetto quanto il film. Personalmente credo che l’adattamento sia fatto alla perfezione, è proprio il caso di dire che le due opere, quella cartacea e quella cinematografica, si equiparano magistralmente.
Ogni personaggio è caratterizzato benissimo, ha una sua storia, la si può percepire anche solo dalle immagini, perché alla fine Call me by your name è un film che parla per immagini, i dialoghi sono solo la ciliegina sulla torta. La vera scoperta per me è stata Timothée Chalamet. L’avevo visto in altri film, non sapendo chi fosse, era passato totalmente inosservato ai miei occhi – probabilmente perché non aveva mai avuto molto spazio per esprimere il suo talento.
Quel ragazzino, in questo film, è erotismo puro. Incarna una sensualità senza genere, penso che abbia fatto un lavoro eccellente nell’interpretare Elio, un personaggio per nulla facile.
Armie Hammer lo conoscevo già, mi piaciucchiava, ma penso che questo film gli abbia reso davvero giustizia. Ad ogni modo, il successo della pellicola è completamente meritato, tutto il cast è fantastico, dalla più piccola comparsa. Un’armonia perfetta.
Inutile dire che alla fine ho pianto come una cretina. Le inquadrature, i colori, la scelta dei luoghi, i dialoghi, è tutto pura arte. Per non parlare della scelta delle musiche.
Era da tempo che non mi ritrovavo ad esaltarmi tanto per un film.

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Una celebrazione dell’eros / 27 Giugno 2018 in Chiamami col tuo nome

Questo film non ha tanto lo scopo di raccontare una storia – la trama di per sé ammonta a ben poco – quanto quello di colpire i sensi dello spettatore, di inebriarlo, per così dire, attraverso un accumulo di immagini e di situazioni sensuali: la bellezza vagamente sfatta della villa; la piatta campagna padana; il caldo estivo; la disinvoltura dei modi borghesi; la seduzione, praticata con studiata indifferenza o con impulsiva sfacciataggine; e naturalmente i giovani corpi di entrambi i sessi.

È un film che celebra l’eros, senza nessuna morbosità, senza escludere i sentimenti – che con l’eros non sono affatto incompatibili, ma che qui ne condividono in parte la fugacità. È dunque – fatalmente – una celebrazione della giovinezza. Per la coppia anziana di omosessuali c’è un misto di ironia e compassione; e si pensi al discorso del padre, alla fine, sul corpo che a un certo punto nessuno più guarda. Tutto il resto passa in secondo piano: l’amicizia sembra un premio di consolazione.

Quanto all’omosessualità, penso che paradossalmente non sia davvero il tema centrale del film. Se al posto di Elio ci fosse stata Chiara la natura del film non ne sarebbe stata stravolta. Il rapporto omosessuale qui è del tutto normalizzato, pur con le limitazioni dell’epoca in cui la vicenda è ambientata: non ci sono né sensi di colpa né punizioni del fato per protagonisti belli e dannati; tutto è naturalizzato, ed è appunto non essenzialmente diverso da un amore eterosessuale, se non che questo ci sarebbe apparso più banale.

Bella prova del protagonista, Timothée Chalamet, che rende perfettamente i manierismi di un adolescente. Bravi quasi tutti gli altri, ma peccato per la macchiettistica coppia italiana. Minuziosa la ricostruzione d’epoca, mentre la resa dell’ambiente erudito tradisce qualche ingenuità (un giovane studioso avrebbe davvero bisogno di una lezioncina su chi era Prassitele?). Con venti minuti in meno il film sarebbe stato più gradevole.

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Ogni buco è trincea / 29 Marzo 2018 in Chiamami col tuo nome

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Ancora l’Italia idilliaca. Ancora l’Italia elegante di Fellini, Visconti e il contemporaneo Sorrentino. Chiamami col tuo nome non è il ritratto critico di un’alta borghesia sempre più degradata nei costumi e nella morale, pur essendo ambientato negli anni corrotti di Craxi. Vicino a Morte a Venezia (1971) nella tematica del desiderio omosessuale tra l’uomo maturo e l’efebo, lontano nella profondità d’analisi. Mentre Visconti associava alla bellezza innocente e proibita una dannata fatalità, Guadagnino accenna ad un presagio di morte ma nei riguardi dell’efebo e senza giustificarlo. Tutto si risolve con estrema facilità, come la statua intera che emerge dal Garda senza la coordinazione di una squadra archeologica o di sommozzatori, rivelandosi in tutta la sua bellezza. Così i nostri protagonisti non fanno i conti con nessuno per soddisfare i propri desideri, la fidanzata chiede a Elio (l’efebo) di non farla soffrire, ma lui poco dopo la tradisce, mentre questa presenza femminile ingombrante viene fatta sparire dalla sceneggiatura. Nemmeno nel confronto con i genitori c’è difficoltà, il figlio adolescente fa sesso con il ben più maturo Oliver, allievo ospitato gentilmente dal padre, nessuna sorpresa. A quanto pare nell’annuncio lavorativo c’era scritto: “offro vitto, figlio e alloggio”. Anche perché quella tra i due protagonisti è solo un’avventura sessuale. Ancora più comico è quando il padre ammette la propria omosessualità repressa e vede nell’avventura del figlio una sorta di rivincita, ma scusate… in tutto questo la moglie-madre dov’è?! la famiglia che ha costruito è un incidente di percorso?! La madre è come sempre a curare il giardino e se prova ad intervenire nelle conversazioni tra uomini, questi cambiano discorso! Sfondo di tutto questo è Crema, paese che conosco bene dato che abito nelle vicinanze. Per questo mi sorgono spontanee altre domande: Dov’è questa natura cosmopolita?! Dov’è questo scambio tra tradizione provinciale e la più alta cultura mondiale?! Dov’è questa vita di corte?! Un archeologo come fa a mantenerla?! Forse dobbiamo sacrificare il realismo a beneficio della poesia. Quale poesia in un bacio romantico subito dopo aver vomitato o nel masturbarsi con una pesca (per la serie, ogni buco è trincea), per poi assaggiarla. La poesia è forse nei vaneggiamenti privi di testa e di coda dei protagonisti, nel citare Bach, Bunuel e Prassitele tra una chiavata e l’altra. Ma sempre con il ritegno di non far mai vedere il sesso, perché quello sì che è vergogna. Un film per niente azzardato ma anzi timoroso del buon senso dell’alta borghesia che qui si celebra da sola in un rapporto autoerotico. Perché la frase dice: “Chiamami col tuo nome che io ti chiamerò col mio”. Ora immaginate una coppia che fa sesso, dove ognuno chiama l’altro con il proprio nome. Tutto questo non vi suona egocentrico, individualista, malsano, deviato?!

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Un quadro color pastello / 3 Marzo 2018 in Chiamami col tuo nome

Una goduria per gli occhi, colori pastello tra i quali prevale un azzurro tenue (lo stesso degli occhi del protagonista). Colori simili a quelli del disprezzo di Godard, e paesaggi vicini a quell’immaginario, anche qui un personaggio è biondo e uno è moro. Anche qui richiamo ai bronzi come nel film francese.Una storia d’amore che non punta sul suo essere per così dire diversa, perché omoerotica, ma che vuole essere un discorso dal particolare al generale. Vuole raccontare le fasi dell’amore, il viverlo in maniera diversa, con più o meno consapevolezza e coscienza dell’ineluttabile fine.

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. / 22 Febbraio 2018 in Chiamami col tuo nome

Tripudio dei sensi e dell’immagine, l’ultimo film di Luca Guadagnino è un bellissimo ritratto di una storia sentimentale nata sotto il sole del nord Italia, atemporale (anni ’80 sulla carta ma conta veramente poco il contesto storico e l’accenno a Craxi è inutile), intenso e passionale come i sono i primi amori. Splendidamente fotografato, il film è un inno al senso estetico, potendo contare su montagne di scene congelabili nella loro bellezza e su uno sviluppo tutto sommato prevedibile che lascia modo all’occhio di chi guarda di scorrere ammirato sui dettagli più minuti, curati e graziosi. Non vedo nulla di rivoluzionario nella storia in sè, che può benissimo essere slegata dalle tematiche LGBT, visto come corre via liscia e “normale”, ma in definitiva un film fatto bene, narrato con eleganza e tenerezza, più interessato a rendere su schermo la sensazione che non il raziocinio dietro lo sviluppo della vicenda (se si può parlare di raziocinio dietro l’amore… Comunque il personaggio di Oliver soffre un minimo della mancanza d’approfondimento introspettivo). Molto evocativa la colonna sonora e grande occhio per le location. Verso l’epilogo, se quanto mostrato in precedenza è stato bastevole, si stringe il cuore per la fine di questa bellezza dorata, salvo tornare poi (un po’ cinicamente) coi piedi per terra grazie al finale dilatato e “meteorologicamente” freddo e più cupo (ma con la viva fiamma del caminetto a segnalare che ci saranno, perchè no, tempi d’oro lungo il corso di una vita ancora da vivere).

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Odi et amo / 29 Gennaio 2018 in Chiamami col tuo nome

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

(Vaneggiamenti sparsi)

Con Chiamami col tuo nome, mi pare che Guadagnino abbia decisamente affinato le sue qualità narrative.
Se pure la sceneggiatura è a firma dell’illustre collega James Ivory, che a sua volta ha adattato un romanzo (omonimo) di André Aciman, con questo lavoro Guadagnino dimostra di aver raggiunto un equilibrio fra racconto e messinscena: è riuscito a dosare gusto formale, ricercatezza estetica, citazioni nobili e ritmo della narrazione con maturità ed eleganza.
Il suo lavoro precedente, A Bigger Splash, benché molto interessante e originale, mostrava -in questo senso- una tale discontinuità da farmi temere un analogo esito incerto.
Invece, questo è un film compatto, completo, omogeneo, che -dall’inizio alla fine- non si smarrisce mai e giunge a compimento con una padronanza di mezzi tale da far apparire “semplice” il lavoro a monte.

Inizialmente, apprezzando i colori e le luci del Ponente ligure, dove Aciman ha ambientato il suo romanzo, mi ero crucciata del fatto che Guadagnino avesse scelto la zona dei laghi della Lombardia per questo film. A visione conclusa, credo di aver intuito i motivi della sua scelta (che non si collega solo al fatto che, in quelle zone, vive il regista).
Fra le location scelte per girare il film, infatti, il Lago di Garda e Sirmione in particolare sono profondamente legate al concetto di estatica sensualità che pervade tutto il film. Quei luoghi hanno dato i natali al poeta latino Catullo, uno dei più noti cantori classici dell’amore. Non troppo lontano, a Mantova, nacque Virgilio, maestro delle georgiche, degli idillii pastorali.
Una dolce mollezza (o, per restare in ambito letterario, la pigrizia, l’otium di Orazio, che invitava a rifuggere l’affanno derivante dalle ambizioni lavorative e politiche) sembra fondare ogni atto dei vari personaggi, pronti a godere della vita in senso epicureo, satolli della bellezza dei luoghi, della musica, della lettura, della cultura, delle persone, delle passioni.

Elio e Oliver, invece, non sembrano ancora sazi e scoprono di provare l’uno per l’altro curiosità, attrazione e repulsione (questa, legata per l’uno alla novità del sentimento e delle pulsioni fisiche e, per l’altro, a remore personali, dovute a una maggiore esperienza). La loro fugace relazione ha, per l’appunto, un che di ellenistico: è pura e lancinante bellezza stereotipata e sensualissima, come quella dei bronzi romani studiati da Oliver e dal padre di Elio, come quella -perfetta- delle pesche, delle albicocche e dei melograni che crescono nel giardino della madre di Elio. Non a caso, la tradizione greca, per esempio, riporta che il melograno nacque dal sangue di Dioniso, dio legato alla linfa vegetale, quindi alla vita, e alla liberazione dalle inibizioni, mentre la tradizione biblica dice che è uno dei sette frutti della Terra Promessa: il giardino della villa è un luogo paradisiaco, un hortus conclusus in cui si mischiano culture e sentimenti (indirettamente, vi fa accenno anche Elio, a proposito del mix di ricorrenze a cui è legata la sua famiglia). La frutta è legata all’idea di prosperità e di longevità: tutti mangiano i frutti di questo giardino incantato, immersi in una serenità ultraterrena.
In un paio delle scene più significative del film, tornano entrambi questi elementi inanimati dal grande valore simbolico: il braccio reciso di un bronzo romano, usato per suggellare l’inizio concreto dell’intesa fra Elio e Oliver, e una pesca, protagonista suo malgrado di un momento particolarmente tormentato di Elio in cui, a volerla trovare, riecheggia la metà meno nota del distico elegiaco più famoso di Catullo: Amo e non amo, sono pazzo e non sono pazzo.

Chiamami col tuo nome è un film volutamente colto (nella messinscena, nelle citazioni), ha un sapore “borghese” nella caratterizzazione dei luoghi, dei personaggi e delle loro abitudini, ma si dimostra estremamente universale, semplice e disarmante nel mostrare la naturalezza dei sentimenti positivi (quelli fra amanti, amici, genitori e figli e quelli nei confronti del bello e della varietà della cultura e della conoscenza, intesa anche come preparazione accademica, specialistica).
Il discorso finale del padre di Elio al figlio denota un’astrazione parimenti inumana e terrena: sogni, speranze, ricordi, proiezioni personali si esplicano nella gioia pura di aver appreso che la propria creatura ha provato per la prima volta sensazioni sublimi come l’Amore e la Pena d’Amore. L’arcana empatia mentale ed emotiva di quest’uomo lo rende una creatura fantastica, un genio (inteso come nume tutelare) del luogo (la villa e il suo giardino, ma anche il cuore del figlio).
A richiamare la valenza magico-esoterica dei comportamenti dei genitori di Elio, c’è la sequenza finale, sui titoli di coda. Il ragazzo è ancora preda della triste malìa di Oliver, appena palesatosi al telefono. I due si sono chiamati rispettivamente l’uno con il nome dell’altro. Elio, quindi, è ancora Oliver. La madre lo chiama gentilmente e ripetutamente, finché, come Orfeo, Elio si volta, riconoscendo il proprio nome. E spezza l’incanto dolce e malevolo, per tornare sulla Terra, pronto a nuove esperienze ed Amori.

Bravi e decisamente adatti ai vari ruoli tutti gli attori protagonisti.
Per quanto riguarda i protagonisti, fisicamente, Chalamet è un adolescente perfetto, un modello caravaggesco, ma il suo personaggio non è solo bello d’aspetto, efebico (caratteristica che, comunque, si presta bene a un ruolo che presuppone un rapporto con un mentore): è intelligente, sensibile, pronto alla scoperta e il giovane attore rende molto bene le sfaccettature della personalità di Elio. Ermie Hammer è un efficace simulacro di amore e bellezza: aitante, premuroso e sincero, incarna un archetipo senza tempo.

Anche il reparto tecnico si distingue. In particolare, ho apprezzato il lavoro degli scenografi, molto attenti ai dettagli d’epoca e al tono di svagata eleganza conferito all’ambiente della villa in cui si svolge gran parte del film, e i brani originali composti da Sufjan Stevens.

Ritengo probabile che, visti i suoi antagonisti, non vincerà alcuno dei 4 Oscar 2018 a cui è candidato, ma Chiamami col tuo nome è un film “importante”, capace di tracciare un sentiero in seno alla cinematografia italiana.

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Un Guadagnino esemplare / 5 Gennaio 2018 in Chiamami col tuo nome

Ornato da una bellezza quasi didascalica, impregnata com’è, di cultura classica e umanistica, ”Call Me by Your Name” sonda con la delicata ricercatezza di un petalo di rosa, irriverente, ma allo stesso tempo candido, inumidito dal baleno vermiglio della passione, il rapporto omosessuale tra un diciassettenne e un universitario, nella cornice di un’Italia politicamente ancorata al nome di Craxi.
Un’Italia degli anni ’80, letta attraverso l’esercizio letterario e artistico del trasporto, dell’impeto e del dolore.
Guadagnino ossequia i suoi maestri ( cinefili e non ) trasponendo e modellando sulla livrea del libro, una vasta gamma di emozioni, riconducibili a stati d’animo inespressi, o avidamente sognati, e infine cercati.
La sceneggiatura segue il passo disteso degli amanti, tra bonaccia e mare mosso, con dialoghi cuciti sulle bocche e sugli sguardi degli attori, vestiti all’occorrenza da inquieti e suscettibili silenzi, interrotti solo dal rumore sordo e reboante del desiderio.
Forse Guadagnino si perde troppo nei tratti distintivi, tra gli elementi che si ripetono nei suoi schemi, volti sia a omaggiare che a percorrere strade solitarie, ma nel cammino non si perde, e acquista sempre più autonomia, fino alla poesia finale, in cui si incrocia estetica e maniera.

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André Aciman da ogni parte / 5 Gennaio 2018 in Chiamami col tuo nome

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Devo ammettere che aspettavo l’uscita di questo film da tanto, tanto tempo. Lessi il libro di Aciman, da cui Guadagnino trae il film. Rimasi rapita dalla lettura di questo libro, umana e pura. In tutto il libro si protrae all’infinito quel sentimento di attesa dell’arrivo della passione, quel “en train de” che rappresenta il momento più bello di ogni storia d’amore o di non amore, quel momento che di solito ha il tempo di un battito d’ali. Nel libro questo momento, il più bello, è ampliato all’inverosimile, quel momento in cui si è sul punto di imbattersi in una passione dirompente. Il film, in questo senso e non solo, è un appendice perfetta del libro. Un prolungamento, un completamento, che riprende esattamente questo momento.
I protagonisti sono stupendi, hanno colto esattamente i sentimenti dei personaggi del libro. Un Oliver sicuro di ciò che vuole, che mostra insicurezza e timidezza; un Elio insicuro, giovane e dirompente, che mostra invece di essere sicuro di quello che fa e che vuole, ma che poi si perde a pensare che forse quello che voleva era solo un momento di capriccio, e inizia a pensare a ciò che tutti noi da ragazzi abbiamo pensato in certi momenti. Si vedono perfettamente i sentimenti che mutano, si trasformano, restano immutabili, nelle facce dei protagonisti. Una storia così bella è raccontata da un formidabile Timothée Chalamet e da un affascinante Armie Hammer.
Do un dieci soggettivo. Gli rendo in un voto tutto ciò che questo libro e questo film mi hanno dato.

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