Recensione su Pietà

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Pietà
Regia:

13 Dicembre 2012

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Kim Ki-Duk è un mio idolo e quindi sono di parte. L’inizio, con la scritta “il 18° film di Kim Ki-Duk”, lascia scappare inarrestabile uno “sticazzi?”, poi per fortuna il film vale davvero la pena, ha vinto a Venezia dando merda agli italiani ecc. Polemiche ecc, io gli italiani li ho visti, facevano schifo. Allora, c’è questa specie di killer cattivissimo che, per conto di un usuraio, va dai poveracci a spezzargli le ossa se quelli non possono restituire i prestiti. E ha un gran lavoro, ogni giorno storpia qualcuno, e lo fa umiliandoli e facendoli soffrire, nessuna pietà. Finché non si trova di fronte una tipa che dice di essere sua madre, che lo abbandonò in fasce, ed è tornata per stare con lui. Lui per essere sicuro che sia davvero lei le dice: “se sei mia madre lasciati stuprare”. Lei si lascia stuprare, quindi bingo. Cominciano una felice vita madre figlio. Ma. Ve lo spoilero? Bah, nì, insomma, alla fine muore chiunque, il killer è vittima di una macchinazione atta a metterlo nelle stesse condizioni di dolore e disperazione in cui metteva lui i poveracci, e il film si conclude con una scena buia e bellissima di un camion su un’autostrada di notte che lascia una lucida e silenziosa scia di sangue dietro di sé. Whoa! Le emozioni sono esasperate al limite, la vendetta e la riparazione del male sono il filo rosso che tiene legato il maiale, ehm, cioè, l’insieme. Il tutto in una città sudcoreano non meglio identificata, ma arrugginita e cadente, che mostra i postumi della sbornia industriale, in cui il tessuto sociale sta implodendo e la gente non ce la fa a campare. Cowabunga! AmicaP si è alzata e ha sostenuto che il film non andasse vietato ai minori di 14, bensì di 42.

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