9 Recensioni su

Pietà

/ 20127.4185 voti

7 Febbraio 2014 in Pietà

Tre giorni per digerirlo e ore e ore a meditarci.
Il film è durissimo, esplicito, come le vite che racconta.
L’adesione al realismo, la denuncia dei lati più nascosti della società sudcoreana – che può benissimo essere la nostra – e il non censurare le peggiori bassezze morali che stanno in noi, il tema della crudeltà della prevaricazione sono tutti motivi per vederlo.
Imperdibile.

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Sporca nebbia / 30 Ottobre 2013 in Pietà

Sull’altare del dolore vengono sacrificate le umane emozioni. Queste emozioni sono diverse fra loro, ma nella loro intima ragione celano tutte la stessa essenza.
Vendetta, pietà, in questa pellicola sono due facce della stessa medaglia, ed entrambe tradiscono le loro intenzioni, come se perdessero di vista il loro scopo. Eppure si compiono, e nel loro tragico epilogo lasciano una sorta di turbamento, di fugace smarrimento. Come se fosse stata solo sporca nebbia.

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Un film che fa riflettere / 18 Ottobre 2013 in Pietà

Film con una trama davvero bella ed accativante, diretto bene e con bravi attori sopartutto la protagonista. Però mi c’è qualcosa che non mi torna e che quindi non mi fa gridare al capolavoro

24 Giugno 2013 in Pietà

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Pietà è un film che ha nell’equilibrio il suo valore più grande. Inizialmente ero un pò freddo nei confronti del lavoro di Kim Ki Duk e non per mancanza di stima nei confronti del regista quanto perchè c’è una forte tendenza orientaleggiante che muove le giurie della Mostra del cinema di Venezia. Invece, Pietà è un’opera che funziona come un carillon, armonica in tutte le sue parti, a cominciare dagli interpreti i cui volti sono più che perfetti per i ruoli.
Il tema della famiglia che si dissolve e si ricompone travalica i legami di sangue, mette in rilievo gli affetti ed i sentimenti, demolisce le asprità e la crudeltà e si incastra perfettamente con quello della vendetta.
Come se non bastasse, il riferimento all’impoverimento sociale e ad una crisi che costringe ad un crescente indebitamento i piccoli artigiani trova sbocco nell’umanità di questa “anomala” famiglia. E’ molto bella la scena in cui il protagonista sale in cima ad un palazzo e contempla la città in cui i grandi grattacieli si ergono sopra la baraccopoli. Anche la metafora del cibo è funzionale, credo, a questo tipo di discorso e viene usata in maniera molto sottile.
Contrariamente ad altri, questo film entra nell’animo con gentilezza, si fa spazio e si imprime nella mente che a posteriori rimugina sui due personggi che potrebbero benissimo essere le due figure della Pietà di Michelangelo.

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13 Dicembre 2012 in Pietà

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Kim Ki-Duk è un mio idolo e quindi sono di parte. L’inizio, con la scritta “il 18° film di Kim Ki-Duk”, lascia scappare inarrestabile uno “sticazzi?”, poi per fortuna il film vale davvero la pena, ha vinto a Venezia dando merda agli italiani ecc. Polemiche ecc, io gli italiani li ho visti, facevano schifo. Allora, c’è questa specie di killer cattivissimo che, per conto di un usuraio, va dai poveracci a spezzargli le ossa se quelli non possono restituire i prestiti. E ha un gran lavoro, ogni giorno storpia qualcuno, e lo fa umiliandoli e facendoli soffrire, nessuna pietà. Finché non si trova di fronte una tipa che dice di essere sua madre, che lo abbandonò in fasce, ed è tornata per stare con lui. Lui per essere sicuro che sia davvero lei le dice: “se sei mia madre lasciati stuprare”. Lei si lascia stuprare, quindi bingo. Cominciano una felice vita madre figlio. Ma. Ve lo spoilero? Bah, nì, insomma, alla fine muore chiunque, il killer è vittima di una macchinazione atta a metterlo nelle stesse condizioni di dolore e disperazione in cui metteva lui i poveracci, e il film si conclude con una scena buia e bellissima di un camion su un’autostrada di notte che lascia una lucida e silenziosa scia di sangue dietro di sé. Whoa! Le emozioni sono esasperate al limite, la vendetta e la riparazione del male sono il filo rosso che tiene legato il maiale, ehm, cioè, l’insieme. Il tutto in una città sudcoreano non meglio identificata, ma arrugginita e cadente, che mostra i postumi della sbornia industriale, in cui il tessuto sociale sta implodendo e la gente non ce la fa a campare. Cowabunga! AmicaP si è alzata e ha sostenuto che il film non andasse vietato ai minori di 14, bensì di 42.

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5 Novembre 2012 in Pietà

Se l’intenzione del regista era quella di realizzare un’opera che fosse un’allegoria della miseria morale , della mancanza di valori , del profondo degrado interiore che affligge una buona parte della società moderna , direi che l’obiettivo è stato ampiamente raggiunto .
Durissimo , con momenti tali da mettere a disagio ma assolutamente necessari al contesto generale, dove manca l “umana pietas”e qualsiasi sentimento che non sia il desiderio di vendetta , dove non c’è una singola sequenza fuori posto e dove inquadrature drammaticamente splendide sui luridi tuguri dove gli ultimi superstiti di rottamai e di lavoratori del ferro strappano esistenze , che saranno presto spazzate via dalla città nuova e moderna che cresce tutto intorno , dipingono un quadro perfetto dell’indifferenza dei forti verso i più deboli .
Uno di quei film che colpiscono a fondo , che lasciano un segno , una scia , come quella tracciata nell’allucinante finale , ed al quale viene da pensare anche molto tempo dopo che lo si è visto e quindi da evitare da chi voglia trascorrere le classiche “due orette di svago” .

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20 Ottobre 2012 in Pietà

Se fossi un critico probabilmente scriverei che è un film bellissimo, con immagini rarefatte e una regia geniale ma sono solo una povera spettatrice egoista che ad un certo punto si è rivolta direttamente ai protagonisti pensando: “Ma se facessimo che morite un po’ tutti e la facciamo finita lì?” La richiesta è stata soddisfatta ma ci sono volute quasi due ore di grigiore, violenza gratuita, immagini sommamente poetiche ed allegoriche che io (naturalmente) non ho saputo cogliere. Il tutto si può sinteticamente riassumere in chi semina vento raccoglie tempesta.
Alla fin fine non è un brutto film, ha derive da palla coreana ma è vedibile e non ci sono poi neppure scene troppo trucolente (mi aspettavo peggio anche se lo sgranocchiare escrementi potrebbe diventare una moda), il problema è che non coinvolge neppure un cicinin e se han premiato questo film a Venezia non oso immaginare come siano gli altri.
Nota sociologica: interessante è la rappresentazione della figura femminile in tutti i personaggi del film. Ogni donna, madre o moglie, è destinata unicamente a soffrire a causa delle (stupide o crudeli) azioni degli uomini.
Nota culinaria: per tutto il film la carne o pesce da cucinare viene portata a casa ancora viva. Sicuramente i critici avranno trovato una spiegazione poetica che io non ho capito, mi son solo chiesta come avrebbe fatto il protagonista se voleva mangiare carne di mucca, se la sarebbe caricata in spalla per macellarla in bagno?

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La rappresentazione della disarmonia / 23 Settembre 2012 in Pietà

Il cinema di Kim Ki-duk è impuro, operativamente semplice ma solido, eseguito velocemente sul traino dell’ispirazione e dell’idea portante della sceneggiatura. E’ permeato di elementi alti e bassi, di contaminazioni culturali di diversa provenienza. Procede per giustapposizioni paratattiche anzichè per sistemi unitari. Non incarna teorie sovraordinate, ma l’esigenza di comunicare dell’autore. Preferisce la comunicazione metaforica e antinaturalistica, perchè più efficace e conforme alla sua estetica.
Opposizioni e contrasti, talvolta disturbanti, sempre presenti nelle opere precedenti, in Pietà vengono ribaditi. Lo stridere delle disarmonie sottese del film si rafforzano nella rappresentazione di un ambiente urbano operaio disperato, dove gli ingranaggi minacciosi dei macchinari preannunciano le mutilazioni cui Kang-do sottopone le vittime insolventi dell’usura. Il cristianissimo concetto di pietà si sviluppa fino a negare se stesso. Le posizioni inizialmente definite ed inequivocabili si sfumano e perfino si ribaltano, da una parte l’abiezione dell’usuraio incapace di provare empatia, ingranaggio egli stesso di un meccanismo finalizzato alla moltiplicazione del denaro, dall’altra l’amore improvviso e incondizionato di una madre, capace in poco tempo di destabilizzare il sistema di valori di Kang-do.
Col procedere circolare della pellicola lo sdegno si placa, la complessità prende il sopravvento, gli opposti finiscono per equivalersi, in un’operazione a togliere più che ad aggiungere. Il pensiero orientale prevale su quello occidentale e cristiano.
Ma il nostro non prende posizione, non assolve nè condanna, ci pone solo dei dubbi e degli interrogativi, uno su tutti il più affascinante, ribaltamento di un ribaltamento: la finta pietà inscenata per il solo desiderio di vendetta non è mai diventata vera pietà nemmeno per un istante?

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19 Settembre 2012 in Pietà

Tipico film non memorabile ma che sembra costruito proprio in modo da poter vincere senza problemi i concorsi cinematografici. Non annoia, il suo punto di forza e’ sicuramente una trama molto lineare che non stanca, ma comunque abbastanza densa di particolari e sfumature. Ma soprattutto nei momenti finali non riesce a lasciare il segno, chiudendosi in modo un po’ troppo asciutto; si ha l’impressione generale che la vicenda rimanga fine a se stessa e in parte isolata dalla realta’.

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