Recensione su Principessa Mononoke

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6 Febbraio 2014

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

La tematica centrale, ovvero il delicato rapporto tra uomo e natura e come avidità, egoismo, smania del progresso possano compromettere ogni equilibrio, trova forse una “soluzione” nel dialogo finale tra i protagonisti: i due dichiarano di amarsi (credo sia più chiaro nella versione originale, ma comunque si era capito), eppure si vedono costretti ad allontanarsi a causa della loro stessa natura. Essi incarnano infatti realtà opposte, anche se non troppo lontane: lei, cresciuta nella foresta tra i lupi e non disposta a ritornare tra gli uomini, è la natura, lui, principe dall’animo nobile e coraggioso, resta pur sempre un umano.
C’è quindi un’incompatibilità di fondo tra uomo e natura? O meglio, ai due non è concesso di fondersi completamente, ma solo di convivere a debita distanza (vicinanza sarebbe meglio)? Queste le domande che mi sono posta riflettendo sulla decisione di “troncare” così tutte le buonissime premesse ad una storia d’amore.
Mi ha colpito molto la capacità dell’autore di rappresentare il Male attraverso creature fantastiche ed immagini tanto affascinanti quanto spaventose. L’odio si trasforma in demoni. I demoni crescono lentamente in noi e ci divorano dall’interno. L’acqua, simbolo di purezza, è anche l’elemento purificatore, ma va accompagnata dalla volontà di guarire e di fare del bene.
Emblematica la figura di Lady Eboshi, che non si riduce ad una semplice antagonista, ma rappresenta anche la sottile linea di confine tra bene e male (dopo tutto è amata dal suo popolo e si è fatta protettrice degli emarginati, tra cui le schiave liberate e i lebbrosi).

Bello, bello, bello, magico, coinvolgente, profondo. Myazaki mi sorprende sempre.

(PS: è la prima recensione semiseria che provo a scrivere e non sapevo bene da dove iniziare, quindi mi sono concentrata sugli aspetti che mi hanno colpita di più :))

6 commenti

  1. Stefania / 6 Febbraio 2014

    Uno dei pregi del film, secondo me, è proprio quella “sottile linea di confine” incarnata da Eboshi: i personaggi di Miyazaki, qui come non mai, sono costituiti anche da zone d’ombra. Il Male non è assoluto, in quanto entità sovrannaturale, immanente e soverchiatrice: il Male può essere considerato anche come un compromesso. E questo è un concetto (s)travolgente.

  2. grigia / 6 Febbraio 2014

    Concordo pienamente! Grazie della riflessione, hai precisato un concetto che io avevo appena colto ma che non ero riuscita ad esprimere completamente 🙂

  3. Francesco / 6 Febbraio 2014

    Per me il miglior film di Miyazaki, a pari merito con Nausicaa Della Valle Del Vento 🙂

  4. Francesco / 6 Febbraio 2014

    Kiki mi è piaciuto moltissimo pure a me, ma rispetto a Nausicaa e Mononoke mi è rimasto meno impresso. La città incantata è stato il mio primo film di Miyazaki. L’ho visto parecchi anni fa e ammetto di avere la visione del film un po’ arruginita. Però ricordo che mi piacque molto (da lì ho iniziato a recuperarmi le pellicole dello Studio Ghibli), e che aveva una grafica che era uno spettacolo per gli occhi.
    Ah e poi il Senza Volto è il mio personaggio “miyazakiano” preferito 🙂

    • Francesco / 6 Febbraio 2014

      Ero indeciso se scrivere “mi è piaciuto moltissimo” o “è piaciuto moltissimo pure a me”. Ho risolto il problema non accorgendomi di averli messi entrambi XD

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