Recensione su Il delitto perfetto

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Dial M for Murder / 21 Settembre 2015 in Il delitto perfetto

Un giallo all’antica. Un mosaico in cui ogni piccola tessera è messa al punto giusto… un nulla basterebbe a far crollare un così precario castello di carte, pur solido all’apparenza.
Una storia di origine teatrale la cui natura Hitchcock decise di preservare girando la quasi totalità delle scene in un unico ambiente (il soggiorno in cui avviene anche l’omicidio): il regista pone rimedio all’inevitabile pesantezza che potrebbe derivarne cambiando in continuazione la soggettiva (in particolare è memorabile l’inquadratura dall’alto in cui il protagonista spiega come uccidere la moglie all’improvvisato killer che ha lì per lì assoldato).
Dopo il colpo di scena del finale, a cui pochi avrebbero pensato (nei dettagli più che nel lieto fine fin troppo annunciato), Hitchcock dimostra tutta la propria capacità di autoironia con un’ultima, stravagante inquadratura in cui l’ispettore si liscia i baffi con un pettine, come per ostentare la propria bravura.
La stessa ostentata bravura di un Hitchcock che pare dichiarò che avrebbe potuto dirigere un film del genere anche al telefono.
Discreta prova dei due attori principali, la bellissima Grace Kelly e un Ray Milland che interpreta in modo riuscito il marito freddo e cinico (ma sempre pacato). Il diabolico organizzatore del delitto che è perfetto solo sulla carta, ma che comincia a rivelare tutte le sue difficoltà di esecuzione fin da subito. Giusto per ricordare quanto sia impossibile prevedere le mille sfaccettature di una realtà pur intrappolata in una banale e lineare quotidianità.

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