La messa è finita / 23 Maggio 2020 in La messa è finita

Quinta fatica di Nanni Moretti, “La messa è finita” è un piccolo capolavoro. Il tono è agrodolce: vi sono dei momenti in cui si ride di gusto delle gag tipiche del cinema di Moretti; vi sono altrettanti momenti tragici, dove vengono messe in luce anche le capacità da attore drammatico dello stesso Moretti.
La tematica principale è quella del “ritorno”: il protagonista ritorna nella sua Roma dopo anni di missione. Ma ciò che trova è completamente diverso da ciò che ha lasciato: anche il prete più credente si ritrova ad essere avvolto in una cappa di esasperazione. L’unico modo per poter “ritornare” ad una serenità interiore è partire per una nuova missione.
Altra tematica molto forte è quella dell’alienazione: nonostante la fede, Don Giulio si ritrova ad alienarsi sempre di più, da sé stesso e dagli altri, fino a provare quasi una nausea Sartriana. Nonostante il titolo, infatti, “La messa è finita” è un film che parla tutto meno che di religione: non vi è nemmeno una critica all’autorità religiosa, semplicemente, nonostante l’apparenza, viene completamente escluso il discorso sulla vocazione(direi molto saggiamente).
La critica alla piccola borghesia degli anni ’80 è molto forte: in certi momenti Moretti parte all’attacco, proprio come nei suoi primi tre film(quelli da me peraltro preferiti dell’autore romano). Per certi versi il cinema di Moretti può essere, almeno a mio parere, fino a questo film visto come un unico immenso film: gli attori sono diversi, è vero, ma lo stile, le situazioni, i personaggi sono pressoché uguali, pur non cadendo mai nella vuota ripetizione di un cliché.
E’ un film all’apparenza strano, quasi di accumulo(le scene condensate in 90 minuti sono tantissime): ma è un accumulo pieno di perfezionismo, il perfezionismo quasi nevrotico che caratterizza il cinema di Moretti.

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