I Magnifici 7 – Shakespeare l’immortale

Il patrimonio letterario di Sir William Shakespeare continua ad influenzare gli artisti di tutto il mondo: a 400 anni dalla sua scomparsa, le parole del Bardo infiammano ancora teatranti e cineasti. Vi proponiamo 7 tra i più originali adattamenti cinematografici delle sue opere.

I Magnifici 7 – Shakespeare l’immortale

400 ANNI FA MORIVA WILLIAM SHAKESPEARE

Se i suoi natali in quel di Stratford-upon-Avon sono incerti (si parla della fine di aprile 1564), la data di morte di Sir William Shakespeare pare documentata con certezza: 23 aprile 1616 (e, dato assai curioso, secondo alcune fonti, il giorno della nascita e della dipartita potrebbero coincidere), esattamente 400 anni fa.
Il Bardo inglese, il più noto drammaturgo e poeta della storia britannica, ultimo e probabilmente maggiore esponente del teatro elisabettiano, è una delle figure più conosciute e parimenti misteriose della cultura internazionale: a dispetto della sua fama diffusa, come dimostrato dall’incertezza dei suoi vaghi dati biografici, la figura e l’opera di Shakespeare non mancano di suscitare ammirazione e curiosità ancora oggi, a cinque secoli dalla sua scomparsa.
La datazione e perfino la paternità dei suoi componimenti hanno creato non pochi problemi agli storici (convergendo anche in alcuni film: ANONYMOUS, 2011; SHAKESPEARE IN LOVE, 1998), alimentando svariate teorie sulla reale identità dell’autore di testi diventati tra i più importanti della letteratura universale, in cui vengono esaltati temi immortali come la passione, l’amore, la provvisorietà della vita terrena, la brama ardente di potere.
Nei secoli, le tragedie e le commedie di Shakespeare sono state portate in scena innumerevoli volte, rappresentando una delle prove più ambite da schiere di attori, da David Garrick, tra i più impegnati estimatori del Bardo nel XVIII secolo, alla divina Sarah Bernhardt che interpretò il ruolo del principe Amleto di Elsinore anche in un film muto diretto nel 1900 da Clément Maurice.

LA PASSIONE DEL CINEMA PER SHAKESPEARE

Dopo la nascita del mezzo cinematografico, le opere del Bardo sono state oggetto di numerose trasposizioni anche sul grande schermo, fedeli alle composizioni originali o liberi adattamenti delle stesse, sia in termini estetici che narrativi: interpreti e registi come Laurence Olivier, Orson Welles, Alan Rickman e Kenneth Branagh, solo per citare alcune tra le personalità dello spettacolo internazionale che hanno portato frequentemente in scena le opere del drammaturgo inglese, hanno trasmesso alle platee contemporanee l’immutata passione e l’attualità dei lavori di Shakespeare.
Tra i testi shakespeariani visti più frequentemente al cinema, oltre ad Amleto, gli annali annoverano Romeo e Giulietta, portato sul grande schermo fin dal 1900 in oltre 40 versioni, da quella di Bertolucci del ’68, la prima ad aver affidato a due veri adolescenti il ruolo degli sfortunati amanti di Verona, a quella postmoderna di Baz Luhrmann con Leonardo DiCaprio e Claire Danes. I drammi di Macbeth e Otello e commedie come La bisbetica domata e Molto rumore per nulla seguono a ruota.

Tra le tante rielaborazioni esistenti, per la rubrica periodica I Magnifici 7, Nientepopcorn.it vi propone alcuni tra i più originali adattamenti cinematografici di altrettante tra le numerose opere di Shakespeare.

  • Coriolanus
    6.5/10 24 voti
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    7.CORIOLANUS

    Nel 2011, l’attore inglese Ralph Fiennes ha diretto e interpretato CORIOLANUS, dramma bellico ispirato al Coriolano di Shakespeare che narra le gesta di Caio Marzio Coriolano, condottiero romano descritto da Plutarco e Tito Livio.
    Fiennes ha deciso di spostare l’ambientazione della vicenda dalla Roma delle guerre contro i Volsci (VI sec. a.C. circa) alla città di epoca contemporanea, dove si muovono moderni carri armati e soldati che maneggiano moderne armi da fuoco e dove gli antichi messaggeri a cavallo sono stati sostituiti dai telegiornali: Caio Marzio (Fiennes) è il giovane patrizio a cui i romani devono la vittoria di Corioli contro i Volsci e il loro condottiero, Tullio Aufidio (Gerard Butler). Colui che ora è conosciuto come il Coriolano, prossimo a diventare console, non ha rispetto dei cittadini e non conosce la diplomazia: presto, grazie anche alle trame ordite dai tribuni della plebe, l’eroe diviene un traditore e viene cacciato dalla città. Ma la sua vendetta sarà grande: alla testa di un esercito e alleato col nemico Aufidio, Coriolano marcerà su Roma, pronto a distruggerla.
    Candidato all’Orso d’Oro a Berlino 2011, il film di Fiennes ha visto Vanessa Redgrave vincere il British Independent Film Award per la sua interpretazione di Volumnia, madre di Coriolano, tra i fautori della sua nomina a console.
    Un bacio, lungo come il mio esilio, dolce come la mia vendetta!

  • Cesare Deve Morire
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    6.CESARE DEVE MORIRE

    Con CESARE DEVE MORIRE, Orso d’Oro a Berlino 2012, i Fratelli Taviani hanno portato in scena un efficace esperimento di metanarrazione. Approfittando della messinscena teatrale del Giulio Cesare di Shakespeare affidata alla regia di Fabio Cavalli e alla recitazione dei detenuti della sezione di Alta Sicurezza del carcere romano di Rebibbia, la coppia di registi ha seguito le varie fasi della preparazione dello spettacolo, dai provini per la scelta del cast alle prove, in una sorta di docufiction che intreccia il testo letterario ad un progetto di riabilitazione quotidiana dei carcerati.
    L’opera storica di Shakespeare si concentra sull’assassinio in Senato (44 a.C.) di Gaio Giulio Cesare, primo dei dodici Cesari dell’Impero: secondo le fonti, la congiura ai danni del dictator della repubblica romana venne ordita in gran segreto dal pretore Gaio Cassio Longino, deluso dalla mancata nomina a console, andata al fido Marco Antonio. Longino chiamò a sé quella parte di nobilitas romana insofferente nei confronti del potere di Cesare, accattivandosi gli inaspettati favori di politici e militari che avevano affiancato con generosità il futuro imperatore fin dalle campagne in Gallia.
    Ribaltando l’interpretazione tradizionale della vicenda e affidando a Bruto, il nipote assassino e traditore, il ruolo del liberatore e a Cesare quello del tiranno, il testo shakespeariano pone l’accento sul mercato umano di passioni e tradimenti a cui nessuno, plebeo o patrizio, sfugge. L’opera dei Taviani, a sua volta, mostra la progressiva presa di coscienza ed il riscatto personale dei carcerati impegnati nella rappresentazione dell’opera che assimilano la lezione del dramma, analizzando la profondità e la complessità dei legami tra gli uomini, il peso delle azioni da essi compiute e gli effetti che queste generano.
    Romani, amici, cittadini, datemi ascolto. Sono qui per seppellire Cesare, non per tesserne le lodi. Il male che gli uomini fanno vive dopo di loro, e spesso il bene viene sotterrato con le loro ossa. Così sia per Cesare.

  • Il pianeta proibito
    7.6/10 65 voti
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    5.IL PIANETA PROIBITO

    Benché l’accostamento sia un po’ avventuroso e non trovi troppo palesi agganci con la materia narrativa shakespeariana, leggenda vuole che il primo sci-fi a colori della storia del cinema, IL PIANETA PROIBITO (Forbidden Planet, 1956) diretto da Fred M. Wilcox, non si basi esclusivamente su una storia ideata da Irving Block e Allen Adler, ma anche sulla commedia fantastica La tempesta di William Shakespeare.
    Il testo, da talune parti considerato l’addio alle scene del drammaturgo inglese, si inscrive in quella produzione del Bardo in cui temi affrontati in precedenza, come la morte e la rinascita, vengono inseriti in contesti mitici: qui, il mago Prospero, vero duca di Milano, è esiliato su un’isola insieme alla figlia Miranda. È sua intenzione riscattare il proprio titolo, usurpato dal fratello Antonio: questi, di passaggio con la sua nave vicino all’isola, viene coinvolto insieme al suo complice, Alfonso re di Napoli, in un rovinoso naufragio causato da una tempesta di natura magica evocata da Prospero con l’aiuto di Ariel, spirito dell’aria.
    Anche i protagonisti de IL PIANETA PROIBITO, al comando di John J. Adams (Leslie Nielsen), giungono su una terra lontana e sconosciuta, il pianeta Altair IV, alla ricerca dei membri di un’altra spedizione di cui si sono perse le tracce da oltre vent’anni. Pare che solo uno solo degli astronauti coinvolti nella vecchia missione sia sopravvissuto: infatti, il dottor Morbius, corrispettivo del mago Prospero, vive su Altair IV in compagnia di sua figlia Altaira, alter ego di Miranda, e di Robby, un automa ligio osservante delle leggi della robotica di Asimov, che trova corrispondenza in Ariel e in un secondo spirito della commedia shakespeariana, Calibano.
    Noi siamo di natura uguale ai sogni, la breve vita è nel giro d’un sonno conchiusa.

  • West Side Story
    7.3/10 105 voti
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    4.WEST SIDE STORY

    Sulle musiche di Leonard Bernstein, le tormentate vicende amorose di Romeo e Giulietta vengono trasferite dalla Verona medievale alla New York contemporanea e le beghe tra Montecchi e Capuleti diventano gli scontri di strada tra i Jets e gli Sharks, due gang che si fronteggiano nell’Upper East Side. Prima musical di Broadway che film, WEST SIDE STORY (1961) è stato diretto e coreografato sia per il teatro che per il grande schermo da Jerome Robbins. Nel 1962, la pellicola co-diretta da Robert Wise vinse ben 10 premi Oscar, tra cui quelli per il Miglior Film e la Miglior Regia. A partire dall’infatuazione tra ragazzi provenienti da contesti nemici, il musical di grande successo richiama i passaggi fondamentali della nota tragedia shakespeariana che, ispirandosi a sua volta al mito classico di Piramo e Risbe codificato da Ovidio, esalta il concetto di amore ideale osteggiato da forze avverse.
    Chi sei tu che, avvolto nella notte, inciampi nei miei più reconditi pensieri?

  • Rosencrantz e Guildenstern sono morti
    7.9/10 58 voti
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    3.ROSENCRANTZ E GUILDENSTERN SONO MORTI

    Ne l’Amleto di Shakespeare, compaiono fugacemente due personaggi: si tratta di due cortigiani danesi, amici d’infanzia del tormentato principe, ora assoldati come spie dal terribile Claudio affinché comprendano se Amleto sia realmente pazzo o meno ed infine incaricati di condurre l’erede al trono di Danimarca su suolo britannico, portandolo verso morte (creduta) certa. Benché si tratti di figure marginali, la coppia di voltagabbana composta da Rosencrantz e Guildenstern ha colpito la fantasia di un grande drammaturgo inglese dei nostri giorni, Tom Stoppard: dopo aver scritto e allestito la tragicommedia teatrale di successo Rosencrantz e Guildenstern sono morti (andata in scena per la prima volta nel 1966), Stoppard ne ha sceneggiato e diretto l’adattamento cinematografico (Rosencrantz & Guildenstern Are Dead, 1990), premiato con il Leone d’Oro a Venezia, affidando il ruolo dei curiosi protagonisti filosofeggianti a Gary Oldman (Rosencrantz) e Tim Roth (Guildenstern), dando vita ad un progetto artistico profondamente ironico e divertente a dispetto della sua complessità concettuale e delle sue riflessioni su temi spinosi come il senso della vita e della morte. I due si muovono all’interno della vicenda shakespeariana in maniera letteralmente inconsapevole, caratterizzati da un’incertezza costante che si ripercuote anche sulla definizione delle proprie identità.
    C’è del marcio in Danimarca.

  • Falstaff
    7.9/10 14 voti
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    2.FALSTAFF

    Orson Welles è stato un noto estimatore di William Shakespeare, letteralmente innamorato della sua opera, legato ad essa da una passione nata durante gli anni della giovinezza: prima ancora di quelli cinematografici (OTELLO, 1952; MACBETH, 1948), erano famosi i suoi adattamenti teatrali delle opere del Bardo. Il progetto del FALSTAFF (Campanadas a medianoche), portato a teatro nel 1960 e sul grande schermo solo nel 1965, nacque circa trent’anni prima, nel 1939, quando Welles, all’epoca ventiquattrenne, portò in scena un’opera nata dalla fusione di cinque drammi shakesperiani (i cosiddetti Five Kings: Enrico V, Riccardo II, Enrico IV e Le allegre comari di Windsor, da cui trasse la figura di Sir John Falstaff, il vorace, vizioso, vanitoso e florido cavaliere protagonista del film). Il FALSTAFF wellesiano, interpretato dallo stesso cineasta (perfettamente adeso al personaggio, sia nel fisico che, apparentemente, nella filosofia di vita), rappresenta la demistificazione dell’apparenza: Falstaff, ormai cinquantenne, non si vergogna della sua pinguedine o della dentatura rovinata dagli anni e da una vita sregolata. La sua sgangherata accettazione della vecchiaia, mascherata da lazzi, simulazioni, iperboli verbali, menzogne, irride la falsità di un mondo che sembra avere bisogno delle bugie per accettare i propri difetti. Il film di Welles, particolarmente complesso dal punto di vista speculativo e caratterizzato dal ribaltamento di alcune prospettive offerte dai drammi shakespeariani usati come matrice, denota una profonda conoscenza della letteratura del Bardo da parte del cineasta statunitense e porta pienamente in luce il rispetto che Welles portava nei confronti della sua intera opera. Il film venne premiato a Cannes con un premio speciale, “per il suo contributo al cinema mondiale”.
    Dio, Dio, come noi uomini, da vecchi, siamo soggetti al vizio di mentire!

  • Il trono di sangue
    8.3/10 77 voti
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    1.IL TRONO DI SANGUE

    Affascinato da Shakespeare, con IL TRONO DI SANGUE (Kumonosu-jô), nel 1957, Kurosawa Akira decise di trasporre il Macbeth sul grande schermo, ambientando la sanguinosa vicenda del re di Scozia, forse la più cupa di tutta l’opera del Bardo, addirittura tacciata nell’ambiente teatrale di essere fonte di sventura, nel Giappone di epoca feudale e adottando alcune forme espressive del raffinato teatro , in primis il concetto di spazio scenico come filtro tra il mondo del divino e quello umano: in questo caso, infatti, il mezzo cinematografico mette in scena un evento che si svolge in bilico tra la vita reale e quella ultraterrena, con presagi annunciati da figure provenienti da un’altra dimensione, come lo Spirito della Foresta, un personaggio in cui Kurosawa concentrò quelli delle tre famose streghe shakespeariane portatrici della profezia fatale. Il ruolo di Washizu, il corrispettivo nipponico di Macbeth, venne affidato all’attore-feticcio di Kurosawa, un Mifune Toshiro perfettamente eccessivo nella sua teatralità.
    La passione di Kurosawa per Shakespeare condusse il cineasta giapponese ad una nuova trasposizione di un suo dramma: nel 1985, infatti, fu la volta di RAN, altra vicenda calata nel medioevo nipponico, ispirata a Re Lear.
    Gli angeli sono sempre rilucenti anche se il più rilucente fra loro è caduto.

[Nella foto: Jeanne Moreau e Orson Welles in un’immagine tratta dal film FALSTAFF]

1 commento

  1. paolodelventosoest / 22 Aprile 2016

    400 anni fa. Please correct 🙂

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