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Storia di una ladra di libri

/ 20137.1397 voti

“Riuscirai sempre a trovarmi nelle tue parole, è là che vivrò.” / 5 Marzo 2016 in Storia di una ladra di libri

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Un film di formazione che non pone in primo piano le terribili tragedie dell’Olocausto ma fa rivivere quei terribili anni attraverso gli occhi di quella popolazione tedesca che ha deciso di vivere senza la “protezione” del partito nazista. Ciò che ne viene fuori è un film bellissimo, intenso, struggente su come la guerra non serva a ricostruire, ma soltanto a distruggere.
Delizioso il personaggio di Liesel, ottimamente interpretata dalla giovane Sophie Nelisse, una ragazzina innamorata dei libri che diventano per lei un mezzo per evadere da un mondo orribile, per continuare a credere nella bontà dell’essere umano.
Oltre alla giovane protagonista è da notare anche l’interpretazione di due mostri sacri del cinema, Emily Watson e Geoffrey Rush.
Addi, amore(tenerissima la scena dell’amico morente che dice a Liesel di amarla per la prima e ultima volta nella sua vita e che riceve da lei il suo primo e ultimo bacio), umanità, amicizia, bene e male condensati in poco più di due ore.
Per me un capolavoro che mi ha fatto toccata nel profondo e mi ha fatto commuovere. Adesso non vedo l’ora di leggere anche il romanzo.

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Noioso o stupendo? un bel 7! / 13 Marzo 2015 in Storia di una ladra di libri

Si potrebbe affrontare la visione di questo film con la paura del solito film noioso e lento, con la solita storia dell’orfanella ai tempi del fascismo, tra guerra e povertà… Ma questo è solo il contorno di una storia più profonda, che tocca dentro, che va altre la violenza e la brutalità della guerra. Che narra di questa famiglia che, nonostante sia unita per forza, verrà legata dal dolore e dall’amore. Una storia di forza, di amicizia, amore e speranza. e di libri. Mi ha sorpreso davvero, la protagonista Sophie Nèlisse bravissima, ottimo cast tra cui eccellenti Geoffrey Rush su tutti. Dolce e amaro il ruolo di Rudy, da un bravissimo e toccante Nico Liersch. un bel 7.

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Quanto può essere grande un segreto?? / 16 Febbraio 2015 in Storia di una ladra di libri

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Una parte di me potrebbe anche definire questo film non propriamente scorrevole, non particolarmente innovativo..
la parte più superficiale che “assapora ciò che vede in modo diretto” potrebbe anche ritenerlo forse un pò noioso.
Si parla di guerra, di fascismo, di Hitler, di persone condannate, di sofferenza e di dolore ma…

Ma c’è quella parte di me, quella che sta sotto che vive incurante di tutto ciò che la circonda e che si nutre
solo di energia, di emozioni e di profondità che si è lasciata coinvolgere dal profilo psicologico di alcuni dei
protagonisti…

Quella parte che provando ad immedesimarsi nell’esistenza dei loro personaggi ha subito emozioni, ansie, paure ma ha
anche subito un enorme forza che nascosta in superficie emerge in maniera potente nelle profondità della loro anima.

La psicologia dei personaggi di questo film non può, a mio modesto parere, passare come noiosa.. è una psicologia
profonda, profondissima e tanto pesante quando stupefacente.

Annusando il film mi sono chiesto: Quanto grande può essere un segreto??

Alla fine ciò che il film mi ha indotto a pensare è tutto attornato a questa domanda… quanto grande può essere un segreto?

Noi esseri umani abbiamo la capacità, forse inconscia forse no, di dare vita a queste esistenze teatrali non solo nei film
ma anche nella vita stessa, abbiamo la capacità e non so se possa essere un vanto di mettere la nostra stessa vita in secondo piano rispetto al segreto nel nome del quale viviamo.

Se mi fermo a pensare a questo da un lato mi spavento ma dall’altro penso che allora la vita che conosciamo e che vediamo anche riflessa nella vita degli altri non è tutto ciò che abbiamo… non può esserlo se “decidiamo” di dedicare l’unica esistenza che abbiamo (o almeno per quel che ne sappiamo) a quel segreto a quella storia che la nostra anima nasconde o protegge anche in nome della nostra stessa vita.

In questo senso ho trovato questo film un abisso.. un abisso di pensieri e riflessioni, un abisso di profondità spirituale
e non è la gemania di hitler o l’immagine degli stati uniti, della libertà o della prigionia, non sono i racconti delle
vicessitudini della guerra, non è la visione della morte, ne la libertà dei libri il tema centrale del film, almeno quello che
ho colto io… è la nostra esistenza, è la nostra anima, è tutto quello che ognuno di noi è nonostante quel che sembra
e nonostante la vita che si trova da vivere davanti a se…

L’immagine fortissima che ho colto è che nonostante tutto la nostra radice più vera e profonda è quella che spesso nascondiamo ma quella che in realtà non possiamo nascondere… potremmo solo incontrare persone che la ignoreranno nonostante ci siano accanto tutto il tempo o che non la vedranno mai nemmeno se cercheremo di mostrarla e poi ci saranno esistenze che anche in pochi secondi riusciranno ad ignorare ciò che noi trasmettiamo e vedranno subito e soltanto oltre l’involucro nostro corpo, oltre l’aspetto delle nostre azioni e dentro il nostro spirito.

Quanto può essere grande un segreto?? molto di più di quanto possiamo esserlo noi stessi… può permetterci di vivere trascurando il tempo oppure condannarci a farlo assecondando il suo incedere.

Partendo dal personaggio del padre che è stato il primo ad indurmi a questi pensieri mi sono chiesto dall’inizio quale fosse la magia che gli permetteva di arrivare senza ostacoli allo spirito della nuova figlia adottiva, cosa permetteva a quei modi gentili e spontanei di essere credibili?? forse il fatto di aver vissuto delle esperienze tali da poter capire quali fossero realmente le cose importanti della vita.

Perchè quella bambina dal passato così complicato si fidava subito di lui?

Ogni reazione di quest’uomo era naturale, spontanea, spontaneità che deriva solo da chi ha ben chiaro il valore della sua esistenza e il sentiero della sua vita, di colui che non deve inventarsi e costruire ma che è già nel percorso.

Poi c’è Liesel che perde il fratello durante il viaggio per la libertà, che viene accolta da quest’uomo senza barriere e da questa donna che rappresenta un pò l’immagine del regime hitleriano, autoritaria, fredda e soldato che manda avanti l’intera famiglia.

Questa ragazza, dotata di intelligenza e curiosità, che si trova costretta a vivere nascondendo la sua natura, nascondendo il suo passato che si trova costretta a vivere secondo i piani di chi per lei ha deciso ogni angolo della sua vita o che solo pensa di poterselo permettere.

Il suo personaggio mi ha fatto pensare che l’intelligenza germoglia dove vive la superficialità..
ogni cosa che fà è come un filo d’erba sull’asfalto e nessuna dittatura potrà modificare questa legge naturale.

C’è Rudy che dimostra anche se non dovrebbe essercene bisogno che quello che due esseri umani possono costruire semplicemente incontrandosi non potrà mai essere ne distrutto ne capito da nessun tipo di esercito.

Max sembra voler ricordarci quanto sia importante nelle nostre vite credere in qualcosa, quando quel qualcosa in cui si crede diventa l’alimentazione più indispensabile per un essere umano, ci ricorda che alla fine ciò che ci rende magici più di ogni altra creatura è la parola, la possibilità di comunicare.. il nutrimento che deriva dall’energia delle parole è in assoluto il nostro bene più prezioso.

E poi ci sono due donne, che sono quelle che mi riportano al centro della sensazione primaria che ho vissuto guardando questo film, che mi riportano inesorabilmente alla domanda che trovo scolpita a caratteri cubitali nella mia mente…

Quanto può essere grande un segreto?

La prima, la meno protagonista nella storia, la moglie del sindaco che introduce Liesel nella biblioteca che conserva come il ricordo del figlio scomparso, quella stanza è il suo legame con una ferita che mai si chiuderà… quant’è grande il segreto di questa donna??

Infine il profilo che mi ha maggiormente colpito è quello della madre adottiva di Liesel, quello della signora Rosa che agli occhi di tutti tranne che di suo marito prima, di Liesel e Max poi, e non so cosa pensare agli occhi di se stessa, è l’opposto della persona che dimostra di essere.

Il suo segreto è grande, enorme, più grande della sua esistenza, più grande della sua vita e si chiama Amore.

Rosa sacrifica il suo spirito per dar modo a ciò che ama di poter resistere, vivere ed esistere.

Rosa traveste il suo mondo in quello che gli altri vogliono vedere ma quando conta davvero, quando nessun giudizio indiscreto vale più della realtà del sentimento si spoglia, e con l’eleganza che vive in una donna profondamente acuta, riesce ad essere se stessa e nel nome di quell’amore che forse realmente soltanto una madre può donare è il vero elemento che mantiene in vita tutta la storia della famiglia Hubermann e di chi ne ha realmente incrociato l’esistenza.

Quanto può essere grande un segreto??

tanto da dover difendere la purezza del proprio spirito dall’ignoranza di chi non può nemmeno immaginarne i confini..

tanto da utilizzare la propria vita, la propria esistenza e con essa lasciare la più grande educazione che un bambino possa ricevere nel corso della sua vita.

tanto da poter decidere di dedicare tutta la vita a nasconderlo.

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2 Febbraio 2015 in Storia di una ladra di libri

Visto che ci son già recensioni lunghissime, sarò breve: deludente.
Non coinvolge.
A tratti pure soporifero.
Dò la sufficienza per la bravura degli attori protagonisti.
Confido nel libro.

Il voto sarebbe un 7.5 / 28 Gennaio 2015 in Storia di una ladra di libri

Bel film sugli orrori del nazismo tratto dal romanzo omonimo di Marcuz Zusak.
Film ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale con la particolarità che la voce narrante è la Morte.
La protagonista è Liesel, ragazza abbandonata dalla madre e adottata da una famiglia tedesca; il padre Hans (il bravo Geoffrey Rush), simpatico e con cui subito stabilisce un’intesa, e la madre Rosa (Emily Watson) inizialmente burbera e apparentemente solo interessata alla sovvenzione per l’adozione.
Liesel stringe amicizia con un suo coetaneo Rudy, che si innamora quasi istantaneamente di lei; ma la vita della famiglia viene sconvolta dall’arrivo dell’ebreo Max, figlio di un amico di Hans, in cerca di un rifugio dai nazisti.
Il film alterna sapientemente momenti più drammatici dove il nazismo, la pagina nera della storia moderna, ancora una volta sconvolge con i suoi orrori e momenti invece più soft con la passione di Liesel per i libri e gli attimi famigliari. Intenso, appassionante riesce a strappare lacrime e sorrisi allo stesso tempo.

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Davvero? / 25 Luglio 2014 in Storia di una ladra di libri

“Adesso succederà QUEL qualcosa” mi chiedo dopo un’ora dall’inizio della visione. Il contesto ce l’ho: Germania, Seconda guerra mondiale.. dovrebbe bastarmi. Ma davvero posso accontentarmi della solita tiritera “tedeschi cattivi, americani buoni” per apprezzare la sceneggiatura di un film? Proseguo e attendo la svolta, quel momento in cui la protagonista, giovane ladra, ruberà per salvarli quei libri proibiti, che rischiano di essere distrutti. E li salverà perché ne comprende il valore, e capisce e sa che la guerra è assurda e che non miete solo vittime umane ma uccide anche la fantasia, la cultura, le tradizioni di popoli interi. E invece no, 131 minuti di film e io questo non lo sento, non nella forza che mi aspetto, non con quella incrollabile convinzione che questo è giusto.
In definitiva “Storia di una ladra di libri” mi ha lasciata piuttosto indifferente, non è riuscito a coinvolgermi emotivamente come avrei voluto. E’ sicuramente ben fatto, ben ambientato e gli attori sono innegabilmente bravi. Ho apprezzato molto, perché è davvero umano, vero e toccante, il rapporto tra Liesel e la madre adottiva Rosa che comunicano e si amano al di là delle parole ma attraverso sguardi e piccoli gesti, in una sorta di codice segreto a cui nessuno ha accesso.

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La rivalsa del cinema comodo. / 25 Giugno 2014 in Storia di una ladra di libri

È sempre facile fare un film come questo. Sempre. Seconda guerra mondiale, ebrei, Hitler, tante belle cose. Ma non è facile far fare da sfondo al periodo storico, concentrandosi completamente sull’anima dei personaggi. Premetto: i vari “La vita è bella” o “Il bambino con il pigiama a righe” e tanti altri hanno tentato, e il clichè del film sulla persecuzione ebrea ha sempre fruttato tanto sia a livello cinematografico che economico. Ma questo film non ha vinto nulla proprio perchè, a mio avviso, è bello. Ti strappa via dalle mani l’epoca a tal punto che ogni tanto dimentichi la guerra, dimentichi i nazisti. E poi boom. Ricatapultato nella realtà. E come al solito, Geoffrey Rush non sbaglia mai mai mai mai mai. 8. Pieno.

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Senza infamia e senza lode / 28 Maggio 2014 in Storia di una ladra di libri

Ho trovato la pellicola molto meccanica che procede per velati sentimentalismi che non colpiscono lo spettatore. Mi aspettavo di piangere alle varie morti ma sono rimasta indifferente, forse perchè l’unico personaggio che mi piaceva davvero era il piccolo Rudy. Nemmeno Geoffrey Rush mi ha colpito, il suo personaggio era piatto e poco ”sbilanciato” ed ho apprezzato solo la sua abilità con gli accenti (essendo un Austrialiano è molto difficile essere così duttile). Concludo dicendo che il tema dei libri doveva essere meglio sviluppato, per questo rinuncio alla sufficienza. Facciamo un 5 e mezzo?

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19 Aprile 2014 in Storia di una ladra di libri

Nonostante le tante recensioni positive questo film mi ha lasciato del tutto indifferente, anzi mi sono quasi annoiato. Sarà che in genere al cinema non mi piace vedere i personaggi che restano muti e immobili quando ci si rivolge a loro, come fa la protagonista all’inizio del film e per questo non sono riuscito a provare un briciolo di simpatia o compassione per lei.
Non ho poi capito il significato della presenza della Morte come nel prologo e nell’epilogo.

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3 Aprile 2014 in Storia di una ladra di libri

Nell’ormai consolidato scenario delle intramontabili trasposizioni cinematografiche dalla letteratura si inserisce “Storia di una ladra di libri”, che trae origine dal best-seller australiano “La bambina che salvava i libri” di Markus Zusak, pubblicato nel 2005 e tradotto in diversi paesi del mondo. Di questo adattamento si prende cura Brian Percival, già regista di “A boy called dad” (2009) per il cinema e di svariati episodi della serie cult “Downton Abbey”. In questo pacchetto da co-produzione internazionale troviamo un cast brillante, in cui l’attenzione è certamente rivolta verso la neo-attrice Sophie Nélisse (premiata con il Genie Award per “Monsieur Lazhar” e per la seconda volta in azione davanti alla cinepresa), e il contributo musicale del memorabile premio Oscar John Williams (tra i suoi lavori, “Guerre Stellari”, “E.T. l’extra-terrestre” e “Schindler’s list”, per intenderci).

Il messaggio veicolato dal film, come ben si può evincere, è quello della funzione salvifica della cultura e della letteratura, in attrito con la cornice della Germania nazional-socialista e dello scoppio di una delle guerre più dilanianti che l’Europa del Novecento possa custodire nella propria memoria storica. Non che sia una grande novità, per i più, se si ha a mente il bellissimo “The Reader” di Stephen Daldry, raffinata e intellettualistica perlustrazione del senso di fame sessuale e culturale. In entrambi i casi abbiamo voci accorate, che non solo leggono e reiterano storie fantastiche, ma che combattono a colpi di parole un ostile muro d’ignoranza, in ogni sua sfaccettatura. Il motivo-motore è quindi encomiabile, ma in “Storia di una ladra di libri” questo telaio di intenti così stuzzicante finisce con lo sguazzare in un tripudio di luoghi comuni, trattati con oltraggiosa semplicioneria, a partire dal candido pallore della giovane protagonista, analfabeta in un’epoca di profondo classismo. Idilliacamente ingenua, Liesel si rapporta con una cerchia di personaggi ancor più scialbi ed irritanti (dalla matrigna neanche troppo crudele al rifugiato che non riesce ad esprimersi se non attraverso insulse metafore), portati agli estremi dello stereotipo, con una recitazione che, per usare un eufemismo, lascia l’amaro in bocca.

Persino Geoffrey Rush, che non ha certo bisogno di presentazioni, ha l’aria di essere annoiato del suo stesso ruolo. Un fenomeno frequente, quando la regia e la sceneggiatura creano palesi incoerenze, regalando sequenze da brividi (e non di quelli piacevolmente solleticanti). La storia viene narrata anche dal punto di vista esterno dell’Eterna Signora, tra vita e morte, concorrendo con brevi monologhi a rendere questo prodotto già accademico ancor più didascalico, con una fin troppo marcata impronta televisiva. Quella che voleva essere una storia di formazione con uno stimolante fil rouge artistico corre (ma noiosamente in slow-motion) verso un finale goffo, sbrigativo e pure disonesto, in veste di contentino, a discapito di eventi non conclusi riguardanti altri temi portanti e fondamentali, ossia l’amicizia e l’amore. Pieno di sfacciati sentimentalismi, il film cerca una sua poesia ma non ha una salda metrica sulla quale costruirsi. Su come sarebbe finita, ce lo suggerisce la ricorrente e tediosa ninna nanna iniziale: l’effetto soporifero è assicurato, e lo spettatore era già stato avvisato.

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Le parole sono la vita: la fantastica storia di una ladra di libri. / 2 Aprile 2014 in Storia di una ladra di libri

“Un piccolo dato di fatto: voi morirete. Malgrado ogni sforzo, nessuno vive per sempre. Mi spiace fare da guastafeste. Il mio consiglio è: quando arriverà il momento, non fatevi prendere del panico, pare che non aiuti. Suppongo di dovermi presentare in modo appropriato, ma del resto mi incontrerete più o meno presto, non prima del tempo, certo: è mia norma e regola evitare i vivi. Beh, apparte ogni tanto. Una volta ogni lunghissimo lasso di tempo io non posso farne a meno. Nasce in me un interesse. No so che cosa ci fosse di preciso in Liesel Meminger, ma mi aveva rapita e mi sono interessata”.

Così prende inizio la pellicola di Brian Percival “Storia di una ladra di libri”, adattamento cinematografico del romanzo “La bambina che salvava i libri” di Markus Zusak. La Morte è colei che ci accompagna per tutta la vicenda, la narratrice che tutto sa e che tutto osserva dall’alto, quasi divertita per l’affannarsi degli esseri umani.

Ambientata durante la Seconda Guerra Mondiale, la vicenda prende inizio poco prima dello scoppio del conflitto. La protagonista Liesel (Sophie Nélisse), abbandonata da una madre in fuga dalla Germania per via della sua fede comunista, trova rifugio in un piccolo paese della Germania presso l’umile dimora di una famiglia tedesca. Qui viene accolta da Hans Hubermann (Goeffrey Rush), un uomo dotato di un’anima gentile e di un indole scherzosa, a tratti ingenua come quella di un bambino, e dalla moglie Rosa Hubermann (Emily Watson). Quest’ultima dal principio appare come una donna austera, irascibile, quasi infastidita dall’arrivo della ragazza. Col tempo però Rosa lascia cadere questa maschera, rivelandosi sensibile e affezionandosi alla piccola.

Per Liesel adattarsi non è un’impresa delle più facili. Sola al mondo, timida e ancora scossa a causa della recente morte del fratellino, Liesel viene inizialmente emarginata dai ragazzi del luogo, nonché derisa per il fatto di non saper né leggere, né scrivere. L’unico a volerle essere amico è il piccolo e solare compagno di scuola Rudy, con il quale Liesel trascorre gran parte del proprio tempo libero. Rudy si affeziona sempre di più alla giovane, restandole fedele anche quando la ragazza gli confessa un terribile segreto. Con l’aiuto di Hans inoltre Liesel impara finalmente a leggere e scrivere. In lei nasce così una passione che la porta a prendere segretamente in prestito i libri dalla casa del borgomastro della città, la cui ricchissima biblioteca le era stata mostrata in precedenza dalla moglie del borgomastro stesso, un uomo pericoloso e fedele al regime.

Lo scoppio della guerra porta all’arrivo in casa degli Hubermann di Max, un ragazzo ebreo che trova rifugio dalle leggi razziali presso Rosa e Hans in base alla parola data proprio da quest’ultimo al padre del ragazzo durante la Prima Guerra Mondiale. Costretto a vivere alcuni anni in cantina per non mettere in pericolo se stesso e la famiglia che lo ospita, Max diventa per Liesel una figura fondamentale, che stimola la ragazza a coltivare la propria passione per la lettura in un periodo in cui perfino pensare poteva risultare pericoloso. Liesel impara così a osservare il mondo con occhi diversi, utilizzando la sua capacità descrittiva per alleviare la prigionia del ragazzo. Solo una volta, quando a causa di un bombardamento tutti gli abitanti della città sono rifugiati nel rifugio antiaereo, Max, rimasto solo, riesce finalmente a vedere il cielo stellato, commovendosi sotto la sua pallida luce.

Ambientata durante uno dei periodi più tragici del recente passato, la storia procede senza particolari momenti drammatici. L’evoluzione del personaggio di Liesel, l’amore fino all’ultimo celato da parte del piccolo Rudy, le melodie della fisarmonica di Hans, l’allegria di Max e le urla di Rosa, creano una rara atmosfera di umanità che confina la guerra sullo sfondo della vicenda. È infine la Morte, esigendo il suo triste tributo, a farci tornare alla triste realtà, senza farsi mancare il senso dell’humor.

La pellicola, drammatica e commovente, è in assoluto piacevole. Ad impreziosirla una colonna sonora firmata nientemeno che da John Williams e premiata da una nomination agli ultimi Oscar. Una visione insolita del conflitto, visto attraverso gli occhi di una bambina, fa di “Storia di una ladra di libri” una pellicola originale e niente affatto banale, il cui messaggio è rivolto tanto ai grandi che ai più piccoli. Nel corso delle oltre due ore di film risulta quasi impossibile non innamorarsi dei personaggi che vi prendono parte. In particolare l’espressività della piccola Sophie Nélisse, al debutto sulla scena internazionale, unite all’esperienza e all’intensità di un fuoriclasse come Goeffrey Rush, rendono poi la pellicola quasi imperdibile.

“Tutto quello che ho imparato è che la vita non fa promesse, perciò meglio cominciare. Ho sempre cominciato con l’ignorarlo, ma so che tutto è cominciato con un treno, con la neve e con mio fratello. Visto dall’automobile il mondo sembrava come in un globo di vetro con la neve e in un luogo chiamato via del Paradiso un uomo col cuore a fisarmonica e una donna vestita di tuoni aspettavano la loro nuova figlia. Lui viveva sotto le nostre scale come un gufo tranquillo e senza ali, finché il sole dimenticò il suo viso. Il libro galleggiava lungo il fiume come un pesce rosso inseguito da un ragazzo coi capelli color limone. A Max che mi ha dato agli occhi”.

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“Cosa direbbero i tuoi occhi se potessero parlare?” / 31 Marzo 2014 in Storia di una ladra di libri

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

“Storia di una ladra di libri” è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di formazione di Markus Zusak, ambientato in un villaggio tedesco durante la Seconda Guerra Mondiale.
Liesel Meminger è una ragazzina abbandonata dalla madre che è costretta a fuggire dalla Germania per le sue idee politiche. Rosa (Emily Watson) e Hans Hubermann (Geoffrey Rush), una strana coppia di coniugi estremamente generosi, la adottano. Hans insegna alla figlia adottiva a leggere, a scoprire il mondo affascinante racchiuso in ogni libro. Quando gli Hubermann decideranno di nascondere il giovane ebreo Max, la formazione di Liesel sarà completa. Max, infatti, insegnerà alla giovane a dare voce e parole ai propri occhi perché ” l’unica differenza tra noi e un grumo di argilla… è la parola”. Le regala, allora, il libro più prezioso che possa mai avere tra le mani, quello che potrà scrivere lei stessa riempiendo le pagine imbiancate del Mein Kampf. Infatti, mentre il Fuhrer obbliga la gente a bruciare i libri, un giovane e sensibile ebreo spinge una ragazzina, il simbolo del futuro, a lasciare se stessa libera di esprimersi, a essere un “essere vivente” e lo fa donando delle pagine rese bianche cancellando le parole dell’orrore.
Il regista Brian Percival adatta il libro al grande schermo, traendone un film di formazione. Tuttavia, la voce fuori campo, quasi fuori storia, confonde e risulta quasi inutile ai fini della narrazione cinematografica. Il risultato è un film adatto alle famiglie, con un Geoffrey Rush che sembra ricordarci Lionel Logue del “Discorso del re”, un personaggio che in maniera delicata è uno dei fulcri intorno cui ruota la storia, un film che lascia un messaggio costruttivo e che in maniera attuale si rivolge a giovani e non. Questo film vuole arrivare dove Wikipedia e Google hanno sostituito la lettura di un libro e dove la messaggistica istantanea fa cadere nel dimenticatoio l’arte di esprimere se stessi attraverso le parole, possibilmente non tronche (o tronke?) e storpiate.

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Poeticamente contrastante / 30 Marzo 2014 in Storia di una ladra di libri

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Purtroppo non ho letto il libro per concedere a questo film un commento oggettivamente completo, posso però definirmi scissa in un logorante dissidio interiore che non mi lascia capire essenzialmente se il film mi sia piaciuto o meno, per questo gli ho dato un voto intermezzo che possa così lasciar comprendere la mia ambiguità nella procinta opinione.
Questo film è un tripudio di luoghi comuni e di banalità incorniciate da un tema valido e stuzzicante, come quello della salvaguardia e il rispetto per la cultura letteraria in tempo di guerra (argomento tralaltro trattato con superficialità e sempliciotteria), è il pallore candido della giovane protagonista, strappata violentemente alla madre e al fratellino, sola in un mondo di punti interrogativi, analfabeta in un epoca di simbolismi e classismo sociale, che ingenuamente si nasconde, una volta appresa la lettura e la scrittura dalla premura di un padre non suo,nel fascino dei libri, dolce, delicato, poeticamente incantevoli i paesaggi,accompagnati da musiche ricche di phatos e suspance,i colori soavi, pungenti, avvolgenti, ma purtroppo la semplicità con cui il regista ha deciso di far si che la storia evolva protendono avvincendevolmente verso una climax che non raggiunge mai il suo culmine.
Avvincente il contrastro tra vita e morte, la signora eterna che pronuncia brevi monologhi durante la sceneggiatura, creudele narratrice, “stragata dagli umani” e la (S)fortunata bambina dai capelli biondi di cui narra le vicende, particolare, un’ immagine vista di rado, ma eloquente e coerente con il film.
Contrastante sarebbe l’aggettivo migliore, per ogni donna che prende parte all’interno della sceneggiatura,insopportabilmente pungente la signora Rose, benefattrice generosa ma egoista che accoglie a malo modo un ragazzo ebreo in casa di nome Max,ambivalenti fra l’audacia, la spigliatezza di darsi da fare con poco, che sfama e sostenta il suo particolare nucleo, lo difende e gioisce difronte alla sconfitta incombente morte sul giovane ospite,succubi ma decise come per la reclusa moglie del “generale capo”, la dolcezza di madre che rimpiange il figlio andato e accoglie la sconosciuta assetata di sapere.
Simultanei gli uomini, Hans padre adottivo di Liesel, incantevolmente infantile, distrattamente incosciente, un anima leggiadra che vive assorto passivamente ciò che intorno accade e che quando si espone scioglie in un pianto spaventato e ridicolmente in dissenso con le figure losche, pericolose e decise che aleggiano in ogni dove; coraggioso ma inscuro Rudy, folle ma succube dalla sue età, sincero, solare, vivo, reale. Magnetico Max, una delicata brezza di poeticità e rispetto, una vittima non vittimista, la voglia di vita, la grazia e la gratutudine di un uomo riconoscente, la malinconia e la caducità di essere strappato alla propria radice.
Banale il finale, sarebbe stato “Esplosivo” se l’aleggiante aria di speranza e positività che trasaliva dai numerosi luoghi comuni che nell’arco della storia evolvono, fosse perpetrata, accontentando così, la sete di scoprire, che nonostante tutto, i nostri beniamini fossero riusciti a concludere insieme quel cerchio di paura e di dissapori, ma no! Strappati come da un sogno, il finale cade violento, con un dolce miglioramicomairicambiato (perchè l’amicizia fra uomo e donna non esiste e non hanno più come sottolinearlo in ogni sceneggiatura dei peggiori filmetti romantici) che a stento riesce a dichiararsi prima di morire… Goffo il bisogno di riscatto degli ultimi 3 minuti del film, un contentino disonesto, quasi già preannunciato, perchè scritto nel file rouge che collega il destino dei maggiori protagonisti, ma sincero seppure inconcludente.

Non so se lo consiglierei. oggettivamente, sul nazifascismo sono stati prodotti infinite quantità di cinematografie, questa sicuramente non è fra le migliori.

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29 Marzo 2014 in Storia di una ladra di libri

Ambientato in un piccolo paese della Germania, Storia di una ladra di libri si delinea inizialmente come spaccato di vita adolescenziale al tempo del nazionalsocialismo, ideologia malata che contrasse la nazione, e che infiammò le micce del Secondo grande conflitto mondiale. In un contesto dove xenofobia, anticomunismo e totalitarismo, marciano come soldati in fila, la piccola protagonista lancia un acuto grido in risposta a tutte quelle flebili voci che ancora si ergono fra le ceneri di un rogo di silenzi. Un grido di pensieri e parole, le stesse che animano le pagine di un libro, e che riescono a smuovere anime e tempeste. Questo grido è una speranza, quella di preservare le parole, e gli ideali che le han mosse, e non da una mera distruzione, ma da un’omertà che non genera null’altro che obbedienza.

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Un po’ di umanità / 28 Marzo 2014 in Storia di una ladra di libri

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

All’inizio del film stavo già un po’ storcendo il naso, non tanto per le scene, comunque interessanti, ma più che altro per l’impressione che il film stava dando.
L’opera è tratta da un romanzo di Markus Zusak ed è ambientata in Germania durante il periodo del dominio nazista. Una bambina è costretta ad abbandonare la madre che non può più mantenerla e viene così affidata a due coniugi che la crescono. Essi si mostrano gentili, ad una prima occhiata non davano l’aspetto di genitori accondiscendenti e che potessero crescere bene la bambina, che invece vive in un piccolo contesto, come quello della famiglia, che cerca di tirare avanti in un ambiente devastato. Grazie alla letteratura la bambina cresce ed impara a leggere e scrivere, inoltre impara a guardare il mondo con gli occhi diversi, grazie soprattutto a Max, suo grande amico, un ebreo che viene accolto e nascosto dai due coniugi.
Malgrado un plot banale, una sceneggiatura a tratti non perfetta ed alcune scene certamente da rivedere, è un film che non fa rimanere impassibili. Ti colpisce come una secchiata d’acqua fredda, merito certamente delle ottimi interpretazioni di personaggi ben scritturati, ma anche della genuinità di una ragazzina che vive la sua infanzia in un contesto sempre più tetro ed in preda alla guerra. Per tutto il film assistiamo quasi la bambina che cresce e si evolve, certamente i libri riescono a farla crescere bene, ma sarebbe sbagliato ed assurdo asserire che psicologicamente la bambina esca indenne dall’orrore di quegli anni.
La guerra c’è e si sente, però non colpisce tanto l’immagine in sé, quanto i rapporti umani che si creano.
Il punto forte di questo film è uno solo: racconta una storia e lo fa in modo a tratti banale, però riesce a far affezionare ad i personaggi e ciò è cosa buona e giusta, perché quando poi moriranno tutti lo spettatore si rende conto dell’atrocità della guerra, dell’odio e della morte. Dunque, un lungometraggio ben realizzato, ed interpretato alla perfezione. Le uniche pecche sono sicuramente in parte nella sceneggiatura, che è sì buona (ricordo che è un adattamento), però si avvale di determinati cliché un po’ fuori luogo. Inoltre, c’è un tocco di ironia e sarcasmo in alcuni dialoghi e battute del film, però li ho colti blandamente e sono ancora perplesso sulla loro reale utilità o se sia davvero in armonia con il racconto. Il dialogo finale della “morte” (chiamiamola così) che vorrebbe far emozionare descrivendo le anime dei vari personaggi quando muoiono può sembrare interessante, ma è secondo me inetta al film che meritava un epilogo forse migliore. Indubbiamente, si tratta di una furbata per colpire un determinato tipo di pubblico. Alcune sequenze all’inizio, tipo quelle nella scuola mi hanno rimasto basito e non è affatto un merito dell’opera: insomma è un po’ stupido inserire nelle vicende il cliché della bambina presa in giro dai bulletti ed invece l’unico ragazzino (ma va?) dai capelli color limone che si occupa di lei e che si innamora.
Questo povero ragazzo che tenta di farsi baciare in tutti i modi ma resta in perenne stato di friendzone ed è accontentato solo quando muore (mannaggia la miseria). A parte gli scherzi, è per farvi capire che ci sono determinati elementi che rendono la storia a tratti un po’ stupidotta e ingannevole. Però, detto questo, i dettagli magari potevano essere più curati, perònon si può dire che di film come questo ne escano a bizzeffe. Al contrario è un buon tentativo, ben vengano film sulla seconda guerra mondiale così diversi dagli altri: si concentra sul lato umanitario.
Infatti, più che un film di guerra in cui vengono evidenziati in modo troppo marcato e senz’altro facilone il divario tra buoni e cattivi (nazisti ed ebrei), preferisco considerarlo un film sull’umanità e le sue varie sfumature, perché non esistono i buoni ed i cattivi, questo la bambina lo capisce anche grazie alla letteratura che viene esaltata e giustamente, in questo film.

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