Recensione su Café Society

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Nostalgia / 5 Ottobre 2016 in Café Society

Allen è ciò che rimane di un cinismo che, molto differente da quello che è diventato moda, non dimentica di essere acuto.
Pur essendo molto cambiato nel tempo, diventando da sprezzante nella sua patologia, a nostalgico e (per certi versi) accomodante, non ha fortunatamente perso l’acume per scavare, attraverso una storia banale nel suo percorso, nei sentimenti viscerali che traboccano nei personaggi. L’eleganza del contesto dei primi decenni del ‘900 accompagna esaltando una nostalgia che è prima sostanza (e protagonista del film), poi forma, con una sincronia di risultato che ne aumenta la portata.
D’altro canto Cafè Society fa perno proprio sull’aspetto emozionale, a dispetto di lavori passati che su tutt’altro puntavano, con il risultato di “banalizzarsi”, farsi meno autoriale scansando l’intellettualismo: la conseguenza di una vecchiaia non troppo serena per Allen?
Io personalmente apprezzo questa deriva alleniana del suo ultimo periodo. Sembra quasi che stia creando tutto ciò che un tempo aveva sapientemente distrutto, o snobbato, un po’ chiedendo ammenda, un po’ (come risultato) prendendosi autoironicamente per i fondelli. Pare stia avendo una filmografia al contrario, e suoi vecchi film cult lì a stroncare, criticamente, molte delle ultime opere; è quantomeno divertente.
Belli i costumi, belle le musiche, e una fotografia quasi sempre virata sul giallo, assieme alla spinta sui bianchi e abbassamento di nitidezza in alcuni ritratti della Stewart chiamano ancora gran voce la protagonista: nostalgia, nostalgia, nostalgia.
E il film è riuscito a mettermi in balia dell’altalena emotiva, lasciandomi quel senso di amaro fastidio che è l’ottica per ripercorre a ritroso tutto il film, una volta conclusosi.

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