Recensione su Non lasciarmi

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Non mi e’ piacciuto. / 17 Luglio 2017 in Non lasciarmi

Non ho molto da dire riguardo questo film. Claustrofobico, dolce e amaro nello stesso tempo. Ma non è lì il problema. Il problema è che non c’è un perché. Tutti i film che ho visto in vita mia, hanno un perché. Tranne questo!

14 commenti

  1. Isaac / 19 Luglio 2017

    Mi sembra legittimo chiedere, in che senso non c’è un perché?

    • Kostas Tsaltas / 19 Luglio 2017

      Nel senso che secondo me, si e’ creata una situazione paradossale ed irreale in cui e’ lecito creare dei cloni allo scopo di avere dei pezzi di ricambio qualora dovessero servire e poi si va a vedere come vivono questi cloni la loro esistenza, i loro sentimenti e pensieri di fronte a questo destino atroce che gli e’ stato imposto da una società immaginaria malata. Bene, io alla fine del film, mi sono chiesto perché …

  2. Isaac / 20 Luglio 2017

    Ammetto che questo è un grave limite del film, sarebbero bastate poche righe di sceneggiatura per chiarire la situazione, cosa che nel libro invece viene spiegata e giustificata. Tuttavia non mi sembra abbastanza per dare 1 come voto e definirlo una ca**ta, visto che affronta un problema etico non da poco in maniera assolutamente non banale. Poi può non piacere per carità, però io la penso così.

    • Kostas Tsaltas / 20 Luglio 2017

      Non ho letto il libro e poi la mia reazione e’ stata impulsiva. Rimane il fatto che ho cercato di “entrare” nel film e non ci sono riuscito. Una realtà’ ipotetica collocata ne’ al passato ne’ al futuro ma nel presente. Un presente talmente irreale che non mi ha permesso di apprezzare la sceneggiatura, le interpretazioni e tutto il resto. Ma, dico io, c e’ tanta roba reale nel mondo da raccontare…ce’ veramente bisogno di creare situazioni irreali per verificare come reagirebbe un essere umano in esse? A giudicare dalle recensioni e dai voti dati sembra di si.

  3. Isaac / 21 Luglio 2017

    “Ma dico io, c’è tanta roba reale nel mondo da raccontare… c’è veramente bisogno di creare situazioni irreali per verificare come reagirebbe un essere umano in esse” cit, Beh si, altrimenti perché fare film? Altrimenti perché esistono generi come la fantascienza, il fantasy l’horror, ecc….?
    Una storia valida è solo una storia reale? 2001: odissea nello spazio fa schifo perché è irreale?

    • Kostas Tsaltas / 21 Luglio 2017

      Personalmente delle situazioni troppo irreali, morbose , create da menti malate, non mi interessano. E comunque tutto quello che ho visto nel passato, aveva sempre una via di fuga, non per forza un lieto fine ma almeno una via di fuga. Per esempio nel giardino delle vergini suicide la via di fuga era il suicidio mentre in soylent green, altro film distopico e deprimente, la via di fuga era l’ eutanasia. 2001 e’ un film che dopo una breve rappresentazione dell evoluzione dell uomo, ti porta nel futuro e poi racconta una situazione “possibile” e quindi mi va bene anche se preferisco Solaris che e’ piu introspettivo. Il mio punto su never let me go e’ che la situazione e’ collocata nel presente, si accetta a priori che in un mondo dove i valori umani sono molto contorti, la clonazione di esseri umani allo scopo di utilizzarli come pezzi di ricambio sia assolutamente legale e da questo fatto non si scandalizza nessuno. E come se non bastasse, i ragazzi sono talmente plagiati che non reagiscono ed accettano il loro atroce destino senza ma e senza come. Ma dimmi perche io devo sottostare a questa violenza psicologica? Scusatemi, io rispetto i vostri gusti e la vostra voglia e capacita’ di andare “oltre”. Questi sono i miei limiti e mi fermo qui.

  4. Stefania / 21 Luglio 2017

    Non ho visto il film in questione, né letto il romanzo di Murakami a cui si ispira, ma, personalmente, credo che, se usata bene, la distopia sia uno strumento narrativo molto interessante proprio perché sollecita apertamente lo spettatore domandandogli come reagirebbe/come si comporterebbe in un contesto che l’avanzamento scientifico e tecnologico potrebbero rendere concreto… domani 🙂 Insomma, mi pare un valido strumento di riflessione sul presente, anche se, solitamente, l’impianto ha caratteristiche fantascientifiche che, in qualche modo, sembrano proiettarlo nel futuro.
    Può piacere o meno, eh. Però, la fuga (parziale) dalla realtà è uno dei “concept” più noti nella storia universale del racconto, orale e scritto… C’è bisogno anche di lei: è acclarato 🙂

    • Kostas Tsaltas / 21 Luglio 2017

      Ciao Stefania! 🙂 Strano, ma i film distopici mi piacciono moltissimo. THX1138, Truman show, dark city, eternal sunshine of a spotless mind, 1984 , il giardino delle vergini suicide, code 46, soylent green, ZPG ecc sono film che adoro perche mi fanno entrare nel loro mondo e poi mi danno anche una via di fuga oppure una spiegazione(!). In never let me go mi sono sentito in trappola e non mi e’ piacciuto e tutto cio’ senza nemmeno una spiegazione. Ad alcuni sara’ piacciuto proprio per questo elemento. Tanto per parlare…

      • Stefania / 21 Luglio 2017

        Ah, ma allora c’è un ma! 😀 La tua frase “c’è veramente bisogno di creare situazioni irreali per verificare come reagirebbe un essere umano in esse?” travia, eh 🙂
        P.s.: come mai dici che “Il giardino delle vergini suicide” è un film distopico?

        • Kostas Tsaltas / 21 Luglio 2017

          I genitori nel giardino delle vergini suicide non sono mica come quelli in dogtooth ma comunque non sono il meglio ti possa capitare, non trovi?

          • Stefania / 21 Luglio 2017

            Quindi, se non ho capito male, definisci distopici Il giardino… e Kynodontas perché all’interno dei nuclei famigliari descritti viene costituito un ordine sociale alternativo a quello tradizionale, diffuso “all’esterno”? Una specie di distopia domestica? Ho inteso correttamente?

        • Kostas Tsaltas / 21 Luglio 2017

          Penso di si.

          • Stefania / 22 Luglio 2017

            Beh, è una cosa interessante: non avevo mai preso in considerazione quei film da questo punto di vista. Effettivamente, ho sempre concepito la distopia come un fenomeno diffuso, esteso a macrorealtà. Però, effettivamente, la famiglia può essere considerata un modello in scala della società e, effettivamente, il concetto può essere applicato anche a quel contesto. Grazie per lo spunto! 🙂

  5. Kostas Tsaltas / 23 Luglio 2017

    Prego, mi fa piacere. Le mie sono comunque sensazioni da semplice appassionato del cinema.

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