Recensione su Codice 46

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25 Maggio 2015

Il problema, con un’opera di fantasia, e in particolare con un film che può tranquillamente essere definito «di fantascienza», è sempre quello della sospensione dell’incredulità; ed è qui che Winterbottom fallisce rovinosamente. Una società del prossimo futuro in cui il problema principale è l’incesto causato dalla pratica troppo diffusa della clonazione ricorrerebbe davvero a un sistema di punizioni così barocco come quello descritto nel film, con l’esilio in plaghe desolate e la cancellazione della memoria dei rei? Multe e prigioni sarebbero divenute forse troppo banali? La protagonista, in compenso, si rende colpevole di una truffa ai danni della propria azienda, ma dopo averla colta sul fatto il capo si limita a spostarla di reparto (e infatti la ragazza diventa recidiva cinque minuti dopo); per lo stesso reato un suo collega era stato spedito al confino, pur essendo innocente (anche gli avvocati sembrano spariti dal futuro secondo Winterbottom). La svelta criminale rimane incinta come un’adolescente alle prime armi, mentre il suo partner lascia scadere il proprio permesso di soggiorno… e invece di venire imbarcato a forza sul primo aereo è costretto a restare dove si trova. Ogni quattro parole tutti ne intercalano una in francese, in un ritorno di fiamma della grandeur che avrà lasciato scettici persino i Galli più sciovinisti. A questo punto lo spettatore ormai incredulo ha perso ogni simpatia per la sorte dei personaggi; tranne forse per un attimo, quando a Samantha Morton viene cancellata la memoria della sua recente storia d’amore, con una violenza tanto più agghiacciante quanto più presentata come un’ordinaria routine.

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