Recensione su Paranoid Park

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M / 2 Dicembre 2019 in Paranoid Park

Paranoid Park è forse l’esperimento più estremo di Gus Van Sant, se ci si sofferma sul solo mezzo cinema: l’autore fa infatti di tutto per sbagliare, perlomeno se si guardano a quelli che sono i canoni del film classico (in generale, e di quello americano in particolare): voce narrante che si sovrappone ai dialoghi, clip pseudo-amatoriali (e di scarsa qualità video) che interrompono la narrazione, musiche allegre in momenti di tensione o dramma, musiche malinconiche in momenti “leggeri”, dialoghi censurati, montaggio che ritorna più volte negli stessi punti e, soprattutto, una vicenda portante lasciata del tutto irrisolta (a meno di non considerare la pira dei fogli come una risoluzione o una catarsi, cosa che evidentemente non può essere).
Il film che è stato (anche da Van Sant stesso) inserito dunque come ultimo elemento di una trilogia si rivela in realtà assai diverso dai precedenti Gerry ed Elephant (per inciso, a mio parere due film superiori a questo), che sperimentavano sì, eccome, ma in tutt’altra direzione. Questa è una pellicola eccentrica, volutamente sbagliata, ma che con la maestria del grande regista GVS riesce a mantenere in qualche modo equilibrata. Non è un capolavoro, è evidente, ma è un unicum, e come tale preziosissimo.

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