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Paranoid Park

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M / 2 Dicembre 2019 in Paranoid Park

Paranoid Park è forse l’esperimento più estremo di Gus Van Sant, se ci si sofferma sul solo mezzo cinema: l’autore fa infatti di tutto per sbagliare, perlomeno se si guardano a quelli che sono i canoni del film classico (in generale, e di quello americano in particolare): voce narrante che si sovrappone ai dialoghi, clip pseudo-amatoriali (e di scarsa qualità video) che interrompono la narrazione, musiche allegre in momenti di tensione o dramma, musiche malinconiche in momenti “leggeri”, dialoghi censurati, montaggio che ritorna più volte negli stessi punti e, soprattutto, una vicenda portante lasciata del tutto irrisolta (a meno di non considerare la pira dei fogli come una risoluzione o una catarsi, cosa che evidentemente non può essere).
Il film che è stato (anche da Van Sant stesso) inserito dunque come ultimo elemento di una trilogia si rivela in realtà assai diverso dai precedenti Gerry ed Elephant (per inciso, a mio parere due film superiori a questo), che sperimentavano sì, eccome, ma in tutt’altra direzione. Questa è una pellicola eccentrica, volutamente sbagliata, ma che con la maestria del grande regista GVS riesce a mantenere in qualche modo equilibrata. Non è un capolavoro, è evidente, ma è un unicum, e come tale preziosissimo.

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Il genio di Van Sant / 5 Marzo 2013 in Paranoid Park

Colpisce ancora Gus, dopo “Elephant” ritorna a parlare di disagio giovanile e problemi adolescenziali in una nuvolosa e cupa Portland.
A tratti un po’ lento, forse, e un po’ confusionario causa continue analessi/prolessi. Da vedere!

1 Gennaio 2013 in Paranoid Park

Gus Van Sant torna a parlare del disagio giovanile, o meglio, delle problematiche esistenziali dei giovani americani. Apatia, problematiche nei rapporti sentimentali -da non confondere con le storie di cuori infranti che riempiono il cinema classico per teenager- mancanza di ideali e di punti di riferimento negli adulti. Il regista cerca di mostrare uno spaccato di vita senza spingere ad una critica e senza cercare una soluzione: vuole solo mostrare quello che accade nella mente di un ragazzo.
Interessante la narrazione non lineare -che non è certo una novità- anche se a mio parere è troppo frammentario e a tratti rende difficile la lettura. Nonostante nel film venga esposta solo la visione del protagonista, il distacco con il quale viene raccontata la storia non aiuta certo lo spettatore ad immedesimarsi nella vita del giovane, si potrebbe quasi definire una visione documentaristica interiore.
Come al solito per i lavori di questo regista, i ritmi della narrazione sono piuttosto lenti ma sempre ben godibili, grazie anche ad una ineccepibile fotografia.

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