Recensione su Edward mani di forbice

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Edward mani di forbice
Regia:

L’imperitura bellezza della malinconia / 30 Dicembre 2022 in Edward mani di forbice

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Edward Scissorhands è quel tipo di film che, seppur visto svariate volte, appare sempre diverso, come se ogni inquadratura, ogni impercettibile sfumatura dei suoi colori, cambiasse a seconda di un tuo vissuto, o di una tua nuova esperienza.
Quella che è oggettivamente la migliore opera di Tim Burton ( non la più iconica, a mio parere ), perché più incisiva e stratificata rispetto alle altre, è anche quella che più agisce come specchio deformante di una realtà quasi sospesa nel tempo, con le sue regole, le sue idiosincrasie, i cui spettri hauntologici aleggiano ancora oggi.
Burton, grazie anche a una colonna sonora ( firmata da Danny Elfman ) in grado di veicolare le stesse immagini, proiettandole al di fuori della pellicola, come ombre di una lanterna sull’anima, riesce a rendere vive tutte quelle solinghe emozioni che un cuore abbandonato prova quando si immerge nelle ipocrite acque di una società manierata e convenzionale, fatta di case apparentemente uguali, dalle nuance accese e sgargianti, come a voler esorcizzare il bruno profilo del protagonista, considerato diverso, quasi assente da quella luce che irradia le geometrie artefatte dei tetti e dei prati sempre verdi che accolgono ogni sera, allo stesso orario, le medesime auto dei suoi proprietari, e che delineano un’avvilente e sconfortante omologazione.
La fiaba in tal senso diventa critica, pur modellandosi sull’ogivale livrea della pellicola, che riesce a collimare perfettamente con il senso di disagio scaturito dal volgo, in risposta a ciò che molto probabilmente non odia, ma che fa fatica a capire. E quindi si assiste a un imperituro esilio, dove il ricordo del protagonista, però, non appassisce, conservando la sua candida forma nel tempo.

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