19 Recensioni su

Cosmopolis

/ 20126.3260 voti

troppo complicato per noi comuni mortali, david! / 27 Giugno 2017 in Cosmopolis

pattinson m’è antipatico a pelle, ma comunque un ruolo così controverso poteva essere interpretato ancora meglio da qualche ragazzo più esperto. Fatto sta che “Cosmopolis” vive e respira grazie alla sceneggiatura scritta dal grande David Cronenberg in soli 6 giorni, tratta dal libro omonimo di Don DeLillo. Cronenberg si dimostra mille passi avanti rispetto a tutti e narra di una società legata indissolubilmente ai soldi.

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Scrivo anche io una recensione ignorante / 5 Gennaio 2015 in Cosmopolis

Film travolgente. C’è bisogno che un film richieda ore extra di studio per essere definito travolgente così come lo intendo io. Perché è travolgente una frase che dice in poche parole ciò che deve essere necessariamente detto con più parole. E’ l’unico modo per non annoiarsi, e una cura contro l’ADHD. E’ una disposizione che sfogo nella lettura del simbolismo e ora nella visione di Cosmopolis. Credo che, quando c’è troppo da dire, il riassunto del riassunto sia l’unico modo per comunicare ciò che si pensa senza diventare la vittima delle proprie digressioni e speculazioni. Alcune cose semplicemente vanno dette in una certa forma e non in un’altra. Personalmente il film mi ha conquistata a partire da: “Dove?” “Ad aggiustare il taglio” “Il presidente è in città” “Non ci riguarda. Voglio aggiustare il taglio; attraversiamo la città”. Non ho nominato a caso il simbolismo “poi spiegai i miei sofismi magici con l’allucinazione delle parole!” e a tutti coloro che fanno arte “le allucinazioni sono innumerevoli. E’ proprio quello che ho sempre avuto: più nessuna fede nella storia, la dimenticanza dei princìpi. Non ne parlerò: poeti e visionari sarebbero gelosi. Sono cento volte il più ricco, siamo dunque avari come il mare.” Rimbaud mai capito io.

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3 Maggio 2014 in Cosmopolis

Pattinson non è nemmeno male, la storia pure…ma il film è lento, lento, lento…da far calare la palpebra più volte.
O probabilmente sono io che non l’ho capito del tutto.
Fatto sta che…no more.

Capolavoro / 21 Aprile 2014 in Cosmopolis

Opera d’arte di Cronenberg; Cosmopolis critica e descrive la società moderna, il capitalismo, le relazioni interpersonali, i soldi…in un modo che pochi registi hanno fatto fin ora.
Cinema vero.

5
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Il

Pattinson, eterno vampiro / 4 Gennaio 2014 in Cosmopolis

Film d’autore con trama semplice: vuoi vedere che c’è il trucco?
Un giovanissimo miliardario americano, di quelli della peggior specie, decide, nonostante i vani tentativi di dissuasione da parte dei propri agenti di sicurezza che temono per la sua incolumità, di attraversare New York (città quest’ultima, in preda ad un caos che sembra più apocalittico che economico) a bordo della sua super limousine/appartamento/ufficio/centro ospedaliero, per recarsi dal proprio barbiere di fiducia. Durante il viaggio il protagonista incontrerà una serie di personaggi, strettamente legati alla sua posizione, e verrà informato di essere in pericolo di vita.
Il film è senza dubbio lento, lentissimo, quasi fermo (IL TRAFFICO!!!), e l’incedere affannato dell’auto, nella quale si svolge gran parte della trama, non fa altro che accentuare questa immobilità resa comunque di grande effetto dall’esperto regista.
A David Cronenberg, storico e maniacale sezionatore del corpo in tutti gli aspetti, vanno sicuramente riconosciuti almeno due meriti:
Il primo sicuramente è quello di aver centrato in pieno, la scelta dell’attore principale, tanto che, la parte del protagonista è l’aspetto più riuscito del film. Robert Pattinson, dal canto suo, ha già qualche anno di esperienza alle spalle circa il ruolo del vampiro di turno.
L’unica differenza questa volta risiede solamente nel fatto che ad un’ingordigia di sangue, romantica e di stokeriana memoria (mediocremente riuscita con Twilight), si lascia il posto ad una cinica, molto più antica e nello stesso tempo ultra contemporanea, sete atavica di potere, ricchezza e chi più ne ha…
L’altro merito che bisogna rilevare è il coraggio con il quale il regista ha voluto affrontare la vicenda, concentrandosi (non senza esagerare purtroppo) sul “come”, sul “modo” in cui trattarla piuttosto che sul cosa raccontare in sé.
L’errore di valutazione però, è stato proprio quello di ritenere accattivanti per il cinema, in maniera ossessiva, dei dialoghi a dir poco estenuanti (ricopiandoli per intero dal romanzo di De Lillo), col risultato di tediare, quasi inevitabilmente, uno spettatore già poco aiutato da una linearità (leggi monotonia) della trama.
Credo, però, che il più grosso difetto di questo film stia nell’essere fin troppo pieno di morali, che a mio parere risultano soltanto stantie e che lasciano poco o nulla ad uno spettatore che, per l’attenzione dedicata, meriterebbe qualcosa in più.
Bello il concetto che ronza di continuo, attorno alla trama, sull’asimmetria.
Da accentare, infine, la prova magnifica del “solito” grande, Paul Giamatti.

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5 Giugno 2013 in Cosmopolis

Non lo capito. E non mi e piaciuto, e non lo verdrò una seconda volta. Pattinson come sempre mi e piaciuto.

L’imprevedibilità dell’esistenza / 4 Maggio 2013 in Cosmopolis

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Qualcuno mi aveva detto di non andare a vederlo in caso avessi ore di sonno arretrate, perché mi sarei addormentata di sicuro. Ed infatti è proprio quello che è successo la prima volta che l’ho visto, il che me lo ha fatto valutare negativamente – è raro che io mi addormenti durante la visione di un film, mi è successo con pochi.
Comunque, devo dire che sono partita prevenuta anche per la presenza di Pattinson. Non è malaccio (in Remember Me mi è sembrato discretamente bravo), ma deve ancora lavorare sull’espressività.
In ogni caso, il film l’ho rivisto, questa notte, e mi è sembrato migliore di quanto ricordassi.

Packer è un miliardario che decide di aggiustare il taglio, così si ritrova a dover attraversare Manhattan per raggiungere il suo barbiere di fiducia, a bordo di una limousine che è praticamente come una casa per lui – addirittura fa un check-up medico al giorno, in quella stessa auto super-tecnologica.
Non è il giorno migliore per attraversare la città a causa di una visita del Presidente, la morte di un rapper e delle “manifestazioni” violente.
Durante il viaggio accadono molte cose, fin troppe, e alla fine del film il miliardario si ritrova a dover fare i conti con una grave perdita ed un suo ex dipendente.

E’ chiaro – mia modesta opinione, mi tocca sempre precisarlo – che il film indichi una sorta di declino del personaggio. Parte ricco e si ritrova povero, parte in una limousine bianca ed immacolata che si ritrova a fare i conti con la protesta che impazza nel mondo, uscendone macchiata ed ammaccata. Parte dal lusso di Manhattan e si ritrova nel bronx, in un complesso di appartamenti inabitati, nella casa di un poveraccio disperato.
Durante il viaggio riflette su molte cose e ne discute con dipendenti e consulenti vari. Incontra più volte sua moglie – unita a lui in una sorta di matrimonio combinato – che non sembra intenzionata ad andare a letto con lui, poiché ritiene sia uno spreco di energie per lei che è una scrittrice ed una poetessa.
Insomma, non è un film in ascesa, ma in discesa, nonostante il personaggio si renda conto solo alla fine di quello che realmente è accaduto alle sue finanze ed in cosa si è trasformata la sua esistenza.
Il suo matrimonio finisce, proprio per questo.
Insomma, il miliardario non ha più la sua pistola tecnologica, non ha più una scorta, non ha più una bella macchina, non ha più un soldo. Il suo intero mondo è andato distrutto e la colpa è esclusivamente sua. Lui stesso ha gettato via la pistola, lui ha ucciso la propria guardia del corpo, lui ha voluto affrontare quel viaggio – pur sapendo delle proteste e degli ingorghi creati dagli avvenimenti sopracitati -, lui ha sbagliato i calcoli basandosi su un’armonia ed una simmetria che nel mondo non esistono realmente.
Questo film è la metafora dell’imprevedibilità dell’esistenza.

In sostanza, l’ho apprezzato, ma continuo a pensare che Pattinson non sia ancora pronto per un film del genere. L’ho trovato monocorde e poco espressivo – magari l’intento di Cronenberg era proprio quello, chi può dirlo.
Ho letto che inizialmente la parte era stata assegnata a Colin Farrell e, onestamente, lo avrei trovato molto più adatto al ruolo, chissà perché poi hanno deciso di scegliere Pattinson.

Non è il solito Cronenberg, comunque, e non credo che questo film sia del tutto riuscito. Però, obiettivamente, è davvero un bel film, con una bella fotografia e dei bei dialoghi contorti.
Consiglio la visione, se avete abbastanza pazienza e se vi piacciono i film complessi da decifrare.

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Non l’ho capito / 9 Marzo 2013 in Cosmopolis

No sul serio, come da titolo, non l’ho capito. Forse dovrei vederlo almeno un’altra volta, ma onestamente non mi sprona a farlo, quindi resterò nella mia ignoranza dicendo che non l’ho capito.

24 Febbraio 2013 in Cosmopolis

Credo che il mio voto abbia fatto scattare il “6.0” per questo film, me ne rallegro perché l’insufficienza era amorale 😀

14 Gennaio 2013 in Cosmopolis

Mi è piaciuto più del libro, ma mi è piaciuto in quello strano modo con cui avevo in parte apprezzato il libro. Verboso era la versione cartacea, e verbosa è la versione film.E’ difficile spiegare perchè mi sia piaciuta, anzi forse dovrei dire perchè mi ha “affascinata”, dato che si tratta di un magnetismo diverso dal semplice “bel film”. Le atmosfere che crea Cronenberg fanno molto del lavoro, ma i dialoghi, i dialoghi sono un qualcosa di estremo, anche illogici, così come nel libro, ma catturano, catturano fino a tenermi ferma immobile con lo sguardo fisso allo schermo, completamente dentro il film. Stupende le musiche di Shore e Metric, e bravissimo Pattinson, grande prova a mio parere, rispecchia il personaggio del libro. Lo stesso dicasi per Giamatti, il dialogo finale tra i due è forse il più bello del film.
Lo rivedrei all’istante.

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13 Gennaio 2013 in Cosmopolis

Film silenzioso dai dialoghi alienanti e ricco di claustrofobica tensione che analizza la modernità, l’economia e il comportamento dell’uomo ed il vuoto che sta dentro di esso. Da amare o da odiare.

14 Dicembre 2012 in Cosmopolis

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Il film di Cronenberg con Pattinson è tratto da un libro di Don DeLillo che avevo preso alla biblioteca comunale di Melbourne perché quelli più famosi dello stesso autore non li avevo trovati. E mi aveva fatto schifo. Comunque, il film ricalca abbastanza le del libro impronte e mi è piaciuto decisamente di più. Erick sta in una limo, è ricco sfondato e dalla sua limo iper-protetta e tecnologica scambia miliardi sui mercati finanziari con la sola imposizione delle mani sui braccioli. Questa limo si muove in una Nuova Iorca incasinata dalle manifestazioni, contro i ricchi, contro la visita del Presidente degli Stati Uniti e, per non farsi mancare nulla, c’è anche una credibile minaccia diretta direttamente a lui. Ciò nonostante lui vuole andare a farsi tagliare i capelli dal suo barbiere di fiducia, che sta in un bugigattolo lontanissimo. Parte, questa specie di Odissea, con autista guercio e guardie del corpo. Sulla limo insieme a lui si muove una successione di personaggi, ipermoderni e sconnessi dalla realtà quanto lui. Piccoli geni della modellazione finanziaria, Juliette Binoche che lui puntualmente si scopa, la moglie fighissima, che la… non mi ricordo più, una famosa, e che non è mai stata così fica. Ed è l’unica che non si scopa. In compenso si fa la guardia tettona del corpo, perde tutto per colpa dello yen, va dal barbiere, uccide la guardia del corpo e va dalla minaccia. La minaccia ha la faccia di Paul Giamatti, mezzo barbone in un caseggiato decadente. Finale col confronto tra i due. Per quando la storia resti oltremodo bizzarra, è mio parere che nel visivo Cronenberg riesca assai bene a rendere il senso di un mondo impazzito e in balia di poche piccole persone fallibili che determinano la fine del mondo con pochi clic, e di quanto vacua sia la di loro vita, e i sentimenti malati che non possono avere perché vivono ormai nell’irrealtà. Per cui alla fine Erick va perché vuole confrontarsi con qualcosa, una qualche sua nemesi, di vero, come un passaggio obbligatorio di una vita noiosa per far finire il tedio della ricchezza.

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Pattinson=soldi / 30 Ottobre 2012 in Cosmopolis

In tempo di crisi subire per tutta la durata del film l’inutile piagnisteo di una persona annoiata non ha scusanti. Far interpretare il protagonista al sopravvalutatissimo pattinson (ovviamente solo per una questione di finanziamenti) è quanto di più deleterio ci possa essere per un grande come Cronenberg. Detto questo, film trascurabilissimo! Se volete avvicinarvi a Cronenberg guardatevi Videodrome, La mosca, A History of Violence e La promessa dell’assassino

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20 Ottobre 2012 in Cosmopolis

Adatto unicamente a chi ha la prostata asimmetrica.
Non è arabo, è la tesi sulla quale si basa uno dei tanti discorsi narcolettici del film che è tutto un continuo citarsi addosso. In breve: due palle!
Inquietante la somiglianza del medico che esegue l’esame della prostata (sempre sulla limousine, quasi l’unico sfondo di tutto il film) con Giovanardi. Una casualità?

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5 Giugno 2012 in Cosmopolis

‘na merda.

Mah! / 3 Giugno 2012 in Cosmopolis

Probabilmente non lo rivedrò mai più, tuttavia non me la sento di dare una valutazione definitiva su questo film. Tirarne le fila non è facile, né, sopratutto, immediato. […]
E poi Cronenberg, di solito, non mi piace.
A parte Inseparabili – visto molti anni fa ma di cui, a prova del suo indubbio valore, mi è rimasta addosso ancora un’impressione molto forte e una fascinazione potente (tra l’altro, un’interpretazione mirabile di Jeremy Irons) – il resto normalmente non fa per me.
Comunque, Cosmopolis: (qualche pro)
– ha un intreccio curioso, originale, piuttosto oscuro a tratti, ma comunque attraente – in senso letterale: ti tiene lì, a guardare quello che succede e dove vuole andare a parare [delusione del finale compresa : David, non hai voluto scegliere, e ci passi la patata bollente? no a una fine scontata, da cliché; no a una fine sorprendente che avrebbe perso comunque potenza, perché tutto il film lo è; no a una fine in cui vince il potere – sebbene in panni ormai deteriorati… beh, facciamo che non ti dico dove, per questa non-scelta, ti avrebbe messo Dante ;-)]

– offre spesso scelte registiche e riprese interessanti: il contrasto rumore-silenzio, dentro-fuori, eleganza-trasandatezza, e sopratutto il punto di vista quasi sempre ribassato, insomma, una visione tipo “bara”, in particolare riguardo alla limousine, anche se di soffitti alti, cieli e grandi spazi se ne vedono ben pochi comunque a sottolineare (credo) il tema dell'”underground”, versione contemporanea del viaggio agli inferi di mitica memoria, e forse anche l’ineluttabilità di certe svolte, di certe azioni intraprese, che ci costringono e insieme ci si “stringono” sempre più addosso

– la sceneggiatura cerca di rompere gli schemi narrativi classici a favore dell’espressione (ipotizzo) del viaggio interno, psicologico, che non è mai lineare, anche se lo sembra (come l’apparente costante scivolare verso una meta della limousine)

– interessante la carrellata di personaggi così fortemente connotati, proprio come “apparizioni all’uopo”, figure della nostra psiche, parti di noi che esteriorizziamo per incontrarle quando serve (soprattutto in fase di revisioni, come quella che vive Packer), con tanto di uccisione – letterale – del Super-Io (il responsabile della sicurezza) per potersi permettere lo stato di abbandono/trasandatezza da un lato, e per, dall’altro, segnare inequivocabilmente la caduta del potere

Tuttavia (qualche contro)
– i dialoghi sono eccessivamente cervellotici e spesso privi di senso. Sospetto sia voluto, e faccia parte del ritratto del “vuoto pneumatico” di questa epoca in cui viviamo negli aspetti enfatizzati dal film. Ciò non toglie che se mi costringi a rivedere il film per essere sicura di aver colto tutto quello che c’era da cogliere (se c’era), caro David, violi una delle regole di fondo del cinema – e detto tra noi, poiché non parliamo di capolavori, non credo proprio di volerci stare. Certo, bisognerebbe conoscere il libro di De Lillo, ma dal film non mi è certo venuta la voglia di farlo.

– Eccesso di morbosità in alcuni passaggi, es.: l’ispezione del medico che dura… non so… qualcuno ha cronometrato? oppure, lo sparo sul palmo… mah! D’accordo, David, che tali eccessi sono una delle tue cifre, però ce n’è davvero sempre così bisogno? Non avevamo già capito cosa stava succedendo (nell’uno e nell’altro caso) a Packer?

Insomma… potendo, sarebbe stato meglio scrivere un commento a Inseparabili 😉

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Il cosmo della polis / 3 Giugno 2012 in Cosmopolis

Un gran film. Tecno-dramma in salsa filosofica, in cui in un arco temporale definito e compresso viene sintetizzato tutto l’universo umano (occidentale) nelle sue varie forme e nella sua immensa complessità. Vita e morte, sesso e istituzioni, ricchezza e miseria, capitalismo e anarchia si intrecciano in una tela di ragno complessa e incomprensibile, formando una valida rappresentazione di come il mondo si è trasformato grazie al dio della ricchezza Pluto e alla irrazionale razionalità umana. Cronenberg (“La mosca” (1986), “A history of violence” (2005), Videodrome (1983)) si riscatta dal deludente “A dangerous method” (2011) e ritorna ai topos a lui tanto cari (la morte, la trasformazione, la debolezza interiore) confezionando un’opera sorretta da una sceneggiatura in cui conta il “come”, non il “cosa”, e che non esita a usare macchinazioni, mcguff ed ellissi per arrivare al punto focale, riuscendo su una base apparente semplice a costruire una cattedrale estremamente complessa e articolata. I personaggi si muovono come fossero in una tragedia greca, soverchiati e schiacciati da forze fuori dalla loro comprensione e dal loro controllo, ed il vero miracolo cinematografico (ma anche non) Cronenberg lo attua riuscendo a far recitare Robert Pattinson (che sarebbe come ridare l’udito ai sordi o le gambe a Pistorius), attore che nei panni del vampiro luccicante aveva dato prove di inespressività quasi leggendaria e che qui oltre a recitare bene riesce a reggere un microcosmo di personaggi che gli ruotano attorno come satelliti, in un film che mascherato in una finta coralità nasconde un “one-man movie”; i dialoghi (fulminanti e allo stesso tempo monolitici) sono eccezionali, ed è un continuo ping pong trai vari attori, con botte e risposte fulminanti e improvvisi cambi di argomento, il tutto sorretto da un montaggio ottimo e funzionale; la fotografia passa i vari cambi di luce, virando sempre su tinte scure, e non facendo mai abituare lo spettatore alla luminosità; Musiche di Howard Shore, autore delle colonne sonore di vari film dello stesso Cronenberg, di Scorsese e della trilogia del “Signore degli Anelli”. Oltre al protagonista vi sono Kevin Durand (Little John in compagnia del Robin Hood XXL di Russel Crowe e il mutante Blob nel marveliano e mediocre film dedicato a Wolverine), Juliette Binoche, che a fare il cioccolato è stata sostituita da Banderas e Paul Giamatti, che ci sta come un limone tra le cozze.

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Il sughero. / 2 Giugno 2012 in Cosmopolis

Non so che voto attribuire a questo film, semplicemente perché non l’ho compreso.
Forse, mi manca un sottofondo culturale adeguato, forse non sono propriamente conscia delle dinamiche della società contemporanea. Non saprei.

So che mostra qualcosa per parlare di qualcos’altro, so che si tratta di una metafora (e non ritengo che quando si parla di economia si stia davvero parlando di economia), so che utilizza un messaggio parzialmente cifrato per muovere alla riflessione sulla fatica di esistere (non di vivere), ne sono un esempio lo strano rapporto col cibo del protagonista ed il fatto che smarrisce abiti, persone e “parti” del corpo col tempo.
Ma non l’ho compreso.

Detto questo, è una pellicola tecnicamente ineccepibile, gelidamente precisa nel definire il peso dei personaggi nel contesto narrativo, ben interpretata, ma non la ritengo convincente, né illuminante, nonostante i numerosi panegirici imbastiti.

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28 Maggio 2012 in Cosmopolis

Questo è il Cronenberg che mi piace. Questo è un film che dimostra come la maturità artistica di un regista che si è contraddistinto per una serie di film incentrati sulla metamorfosi non solo psichica ma anche fisica (La mosca, Videodrome, Scanners), possa applicare la stessa tematica anche a qualcosa di più esteso della singola mente umana, ad un modello di vita, che in questo caso è il capitalismo.
E per farlo il regista canadese utilizza i registri stilistici che lo hanno accompagnato per tutta una carriera: la trasformazione carnale, il sesso come veicolo e strumento catartico, l’asimmetria del corpo umano.
Se con Existenz sembrava aver chiuso un ciclo con Cosmpolis riesce ad andare oltre.
Il personaggio di Pattinson (sa recitare!) compie un lungo e lento viaggio attraverso la città, chiuso all’interno dello spazio isolato ed ovattato della sua limousine. E mentre intorno a lui si scatena il caos e la violenza, mentre il mondo precipita in una spirale di tumulti e confusione, il suo viaggio, estremamente rallentato gli consente di incontrare una serie di personaggio simbolici che attraverso lunghi dialoghi (sceneggiatura eccezionale!) gettano luce sulla visione disincantata e crudele dell’autore del romanzo (de Lillo) e che Cronenberg fa sua.
Non è un film facile. E’ un fiume di parole e di nozioni. Ma è significativo. Cronenberg applica il concetto di mutazione ad una realtà evanescente come quella del mercato finanziario, traduce l’andamento in borsa delle monete nell’asimmetria di un corpo umano, fa della carnalità di un rapporto la chiave per la trasmissione di informazioni.
Un pò come in Existenz.
Un pò come in Inseparabili quando l’utero tripartito diventa il perno dell’attrazione fisica.
Lo sguardo cinico sull’attualità finanziaria e sulla tragicità della crisi ha molte sfaccettature, che vanno oltre il semplice tumulto in cui precipita la limousione-casa di Pattinson. Il suo stesso personaggio (giovane, ramapante, ricco e assuefatto di ogni cosa, saturo di vizi e in crisi) e quello di Paul Giamatti (ossessionato, schizzato e disperato) sono due facce della stessa medaglia. Il giudizio perentorio di Samantha Morton sulla morte del futuro e quello disilluso di Juliette Binoche sulla fine di un’esistenza prima dei 40 anni si sovrappongono.
E’ un Cronenberg che si risolleva dal piattume dell’ultimo film (a Dangerous method), ritorna alle sue origini per parlare del nostro domani (proprio come suggerito da Samantha Morton).
E con una sceneggiatura brillante ed un cast perfetto confeziona un film da svolta. Sicuramente più di Crash e di Existenz.

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