Recensione su Annientamento

/ 20186.2215 voti

Poco sapore, poca profondità / 14 Marzo 2018 in Annientamento

I soliti limiti delle produzioni Netflix, particolarmente quelle a tema fantascientifico. C’è un colore quasi falso, una sensazione di superficialità che in alcuni momenti ricorda perfino i film tv anni ’90 della domenica pomeriggio; nonostante l’impiego di tecniche all’avanguardia, questa sensazione di posticcio rimane, a cominciare dal layout grafico seriale, questi film sanno di lavori “su commissione” quasi laterali rispetto all’autentica esperienza cinematografica. C’è poco da fare: i film confezionati per visioni extra-sala hanno meno profondità, sembra quasi congenito. Dal regista e sceneggiatore di quel capolavoro che è Ex_Machina ovviamente ci si poteva ben aspettare un riassestamento, un “lavoro di transizione” magari verso il prossimo colpo magico. La sua mano c’è, il film non è dozzinale – ferme restando le sensazioni sopra descritte – anche se devo constatare amaramente che la figliolanza di Interstellar e Arrival, quella deriva intimistica che io mal digerisco, è ancora attiva. Sembra che l’eroe o l’eroina di turno non possa fare a meno di avere come conflitto interiore l’elaborazione di un lutto; dall’abitudine passiamo alla patologia, un po’ come è stato per lunghissimo tempo la condizione di orfani per gli eroi Disney. Sì ok, qui il lutto c’è e non c’è, ma siamo emotivamente da quelle parti lì (anche se le note del Neil Young più classico danno sentimento a un paio di buone sequenze). La Portman è brava, un ruolo simile a quello della Adams in Arrival, ma qui lei mi è sembrata più quadrata; invece non ho trovato all’altezza della protagonista le altre componenti della crew, personaggi grossolani a livello dei telefilm per adolescenti, compresa Jennifer Jason Leigh. A dir la verità neanche Oscar Isaac ne esce granchè bene. Per fortuna Garland gioca un po’ con il body horror, dando un po’ di sapore a un film altrimenti insipido.

3 commenti

  1. Stefania / 14 Marzo 2018

    Spero di recuperarlo in settimana!
    Però, questa non è una produzione Netflix: è una co-produzione Paramount, DNA Films, Scott Rudin e Skydance Media, con distribuzione Netflix in tutto il mondo (ad esclusione di Belgio e Cina e un altro Paese che ora mi sfugge, se non sbaglio).
    En passant, Garland si è lamentato molto della scelta del distributore di limitare la diffusione in sala a pochi Paesi e di inserirlo pochi giorni dopo nel catalogo on demand: lui dice di aver “pensato” il film per le sale cinematografiche, non per la tv.

  2. paolodelventosoest / 14 Marzo 2018

    Hai ragione, tecnicamente non è una produzione Netflix. Ma la scelta di Paramount di sbarazzarsene dicendo “Ok, questo non ci è venuto molto “da sala”, diamolo a Netflix” mi sembra assottigliare la differenza. Quello è: un film da scatolone catodico, in questo caso non c’è il dolo ma la colpa, diciamo 😀

  3. Stefania / 16 Marzo 2018

    Uhm. L’unica cosa che mi sento di dire in merito all’acquisizione dei diritti del film da parte di Netflix è che la piattaforma sembra disposta a spendere vagonate di soldi non solo per produrre film di qualità complessiva discutibile, ma anche per accaparrarsi i diritti di quelli della stessa qualità prodotti da altri. Ed è un “atteggiamento” che, da utente, non capisco, boh.
    Ah, il film non mi è piaciuto 🙂

Lascia un commento