Recensione su Valley of the Gods

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Luddisti, plutocrati e Navajo / 22 Agosto 2022 in Valley of the Gods

Uno scrittore luddista (uno che disprezza i cellulari, che ancora usa il fax, che si porta appresso pure nella sua jeep) deve superare la separazione dalla moglie. Ci proverà con un viaggio nelle terre Navajo, e grazie alla forza catartica della scrittura. Il viaggio e la storia da lui scritta creeranno una commistione che, nelle intenzioni del regista, dovrebbe rendere difficile definire quali siano i confini tra realtà e finzione.
Dalle influenze kubrickiane, lynchiane e, aggiungerei, anche sorrentiniane, questo film sembra essere la ragione per la quale è stato inventato l’aggettivo “pretenzioso”.
I film onirici bisogna saperli fare, ma questo non ha mai un’immagine potente, un’idea lontanamente interessante, e ha un ritmo – anche per colpa del montaggio, che certamente non aiuta una scrittura già carente – che è quanto di meno sensuale e avvolgente ci possa essere.

***SPOILER***
Nel sottofinale vedremo una sorta di riproposizione del bambino di 2001 – Odissea nello spazio, figlio però delle montagne, intento a distruggere la società capitalistica.
Il finale vero è proprio, invece, è a la Inception (sarà vero o sarà falso?).

P.S. Spero che per John Malkovich non sia già iniziata la fase di questi film senza senso; spero sia stato solo un errore del suo manager. Lui, comunque, è riuscito a essere ottimo anche qui.

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