Valhalla Rising

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Valhalla Rising

Anno 1000. Segregato in una gabbia da alcuni vichinghi che lo costringono a partecipare a feroci combattimenti contro altri uomini, un guerriero muto, soprannominato One-Eye, si ribella e uccide coloro che lo tengono prigioniero. Liberatosi dalla schiavitù, in compagnia di un ragazzo, Are, One-Eye vaga senza una meta precisa, finché non incontra dei vichinghi cristiani che lo convincono a unirsi a loro nel lungo e spossante viaggio in barca che questi ultimi intendono intraprendere per raggiungere Gerusalemme. Valhalla Rising è stato selezionato per il Toronto International Film Festival (2009) e per partecipare Fuori Concorso alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia (2009).
schizoidman ha scritto questa trama

Titolo Originale: Valhalla Rising
Attori principali: Mads Mikkelsen, Gary Lewis, Jamie Sives, Ewan Stewart, Alexander Morton, Callum Mitchell, Andrew Flanagan, Douglas Russell, Maarten Stevenson, Gordon Brown, Gary McCormack, Robert Harrison, Mathew Zajac, Stewart Porter, James Ramsey, Rony Bridges, P.B. McBeath, Mostra tutti

Regia: Nicolas Winding Refn
Sceneggiatura/Autore: Nicolas Winding Refn, Roy Jacobsen
Colonna sonora: Peter Peter, Peter Kyed
Fotografia: Morten Søborg
Costumi: Gill Horn, Kathryn Tart
Produttore: Sigurjón Sighvatsson, Thor Sigurjonsson, Henrik Danstrup, Yves Chevalier, Linda James, Bo Ehrhardt, Christine Alderson, Johnny Andersen, Lene Børglum, Mads Peter Ole Olsen, Carole Sheridan
Produzione: Danimarca, Gran Bretagna
Genere: Azione
Durata: 93 minuti

Dove vedere in streaming Valhalla Rising

Tutto in posa / 12 Febbraio 2016 in Valhalla Rising

Mi aspettavo un filmaccio epico crudo e sporco, invece trovo questo tentativo un po’ patetico di bergmanizzazione del genere. Silenzi, colori freddi e saturi con inserti rosso fuoco giusto per dare un paraculistico contrasto pittorico, il ragazzetto col ciuffone color paglia sbiancata, monologhi rarefatti, primi piani. Tutto è statico, nordico, in posa.

Il viaggio di One-Eye / 9 Aprile 2014 in Valhalla Rising

Questa volta lo scenario è diverso da quelli tipicamente urbani a cui Refn ci aveva abituato e la storia si sposta nelle verdeggianti terre scozzesi, che qui nel film assumono un tono decisamente cupo ed inquietante. Valhalla Rising è la storia di un guerriero, senza un occhio e totalmente privo di voce, ma dotato di incredibile forza. Il suo è un lungo e tortuoso viaggio, fisico e spirituale allo stesso tempo. Il tema della cristianità, della fede, della sua crisi, ossessione ed ipocrisia è qui molto legato alla ricerca di sé stessi, grazie al parallelismo che si crea tra i due protagonisti e gli altri personaggi.
L’atmosfera fredda ed a tratti piuttosto onirica contribuisce a rendere questa pellicola ricca di tensione. Il regista danese valorizza appieno le immagini (e regala anche sequenze di grande violenza), riducendo al minimo i dialoghi. Mads Mikkelsen garantisce una presenza scenica notevole: il suo personaggio non dice una parola ma è abilissimo a coinvolgere lo spettatore con il suo sguardo ed i suoi gesti.

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18 Ottobre 2013 in Valhalla Rising

(Riflessioni randomiche sul film, in ordine sparso)

L’estetica si fa racconto e, come in una pittura rupestre, la sequenza di immagini si sostituisce pressoché totalmente alla parola, narrando una vicenda fuori dal tempo, in cui un uomo “emerso dall’Inferno” torna ad esso, attraversando l’Oceano.

Refn abbonda in simbolismi quasi animistici (il passaggio attraverso il limbo nebbioso, il “sapore” dell’acqua e l’acqua stessa intesa come strumento di passaggio da un “mondo” ad un altro) ed in potenti suggestioni pittoriche (senza tralasciare curiose deviazioni pop: basti pensare alla plastica immobilità dei corpi dei nativi, prepotentemente simili a quella di soldatini giocattolo) e, vista la solida geometria delle membra e la fissità delle pose, addirittura scultoree: non credo sia un caso, per esempio, che il volto in controluce di Mikkelsen, in almeno un paio di occasioni, non ricordi quello di una statua classica. Il suo occhio cieco, poi, è chiaramente quello vuoto dei marmi classici (così come, perlomeno, sono giunti a noi), eternamente fissi su un obiettivo noto solo ad essi (anche di One Eye non conosciamo scopi ed intenzioni, se non quello di liberarsi), ma non manca di riportare alla memoria anche la figura di Odino, il più importante degli dei del pantheon nordico, cieco ad un occhio (ecco, a mio parere, concedetemi l’ulteriore forzatura, uno dei significati del titolo: un dio del Valhalla… anzi “il” dio del Valhalla risorge/emerge dall’Inferno, appunto) o di eroi che, pur privati parzialmente di un senso, possiedono altri, indicibili poteri (non è un caso che One Eye sia un guerriero invincibile, quindi, e tale dettaglio mi ha fatto pensare, per esempio, anche alla figura di Zatoichi, il massaggiatore cieco abilissimo con la katana creato dal giapponese Shimozawa Kan).

Il gusto del regista danese per la precisione compositiva raggiunge alte vette, coinvolgendo lo spazio naturale che, in questo film, è totalmente soggiogato, piegato alla volontà estetica di Refn, tanto da trasformarsi in fondale artificiale, in quinta passiva: non esistono spazi costruiti (l’unico manufatto realizzato dall’uomo è la gabbia di One Eye), così il cielo plumbeo, le rocce, l’erba e gli alberi sono l’unica cornice possibile alla storia. L’ambiente non interviene mai nel racconto, se non in forma di simbolo, come detto, eppure è un elemento fondamentale e costitutivo dello stesso, poiché lo circoscrive con precisione: l’effetto, per dire, è quello dei fondali dei videogames. Essi paiono infiniti, ma possiedono un limite preciso, oltre il quale non esiste neppure l’ignoto.
Ho l’impressione che Refn abbia utilizzato questo concetto (o uno molto simile ad esso), per sottolineare l’inconcludenza del viaggio dei vichinghi (o di Cristoforo Colombo, o -per estensione- dell’Uomo) che, pretestuosamente, alla ricerca di un luogo, di un fine, di uno scopo, devono fare i conti con la finitezza (o, forse, con la compiutezza) del mondo.

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28 Giugno 2013 in Valhalla Rising

Opera per molti aspetti ingannatrice (alzi la mano chi non ha pensato almeno per un secondo ad una versione/fusione danese dei più noti King Arthur di Antoine Fuqua o Kingdom of Heaven di Ridley Scott), dopo la prima mezz’ora si rivela essere più un film filosofico che uno improntato sull’azione.
Tutta la pellicola ruota attorno concetto di ricerca: ricerca di svago per i Vichinghi pagani di inizio film, ricerca di certezze per quelli convertiti al Cristianesimo e ricerca di sé per il protagonista, interpretato da un eccezionale Mads Mikkelsen in versione muta e orba da un occhio.
Sicuramente la pellicola di Nicolas Winding Refn è sconsigliata a tutti coloro che si aspettano sangue, combattimenti (che non mancano) e dialoghi memorabili (praticamente inesistenti).

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30 Maggio 2013 in Valhalla Rising

Valhalla Rising.

Il Valhalla, la sala dei morti in battaglia, è una specie di palazzo per gli affamati di gloria. Ci accede solo chi ha combattuto con onore. Un posto dove è difficile entrare, non per tutti insomma. Il Paradiso è roba da femminucce al confronto.
Nel 2009, 1009 anni dopo il periodo in cui prende piede la vicenda, Refn elabora un film epico che vede come protagonista un prigioniero assetato di sangue, mosso dall’odio, dalla vendetta, dalla rabbia. Un guerriero silenzioso, sporco, tatuato, con cicatrici visibili su ogni singola parte del corpo. E’ un uomo che vive giorno per giorno la sua vita in gabbia, sapendo che di certo ci sarà non la morte bensì il prossimo combattimento.
I vichinghi che lo tengono prigioniero infatti lo usano e abusano della sua prestanza fisica per intrattenersi in giochi selvaggi. E’ invincibile, qualcosa di più profondo della rabbia lo muove. Non è solo brutalità, il tipo ha qualcosa di sacro, i suoi silenzi sono solenni, è quasi profetico. Pur non pronunciando parola, lui ha una voce ovvero quella di un bambino, un biondino che provvedeva a fornirgli cibo nei giorni di prigionia. In condizioni sovrumane (vive incatenato, in una gabbia di legno, vittima delle intemperie), cova rancore, lo fermenta e quando ha l’occasione uccide i suoi sfruttatori appartenenti a un prestigioso clan.
One-Eye, questo è il nome affibbiatogli dal bambino, inizia così un percorso, un lungo cammino per lande desolate, brulle. Il suo unico amico è proprio questo ragazzo. Il viaggio è una ricerca, un cammino spirituale, tanto che i due incontrano un gruppo di persone, dei vichinghi cristiani, pronti ad andare in Terra Santa. Il loro obiettivo è quello di riprendere la Terra del Signore, Gesù Cristo, combattere gli Infedeli e soprattutto diventare ricchi. In una certa maniera cercano anch’essi la gloria terrena e ultraterrena. Il punto è che Gerusalemme non si trova proprio dietro la capanna, dopo il primo viaggio ne abbiamo un secondo più lungo e impervio del precedente. I nostri decidono di unirsi a “Gli uomini di Dio”. Il viaggio non solo sarà accompagnato da una nebbia “maledetta”, la paura verso i miscredenti, il delirio (si vorrebbe uccidere il biondino) ma anche da stenti per la fame, morti e reciprochi sospetti.
Arrivati alla tanto cantata Terra Santa, i nostri si accorgono di non essere affatto nei pressi di Gerusalemme. Quello che appare ai loro occhi è un paesaggio fantastico ed apparentemente privo dell’impronta umana, purtroppo (per loro) questa landa di nessuno in realtà è popolata da tribù di selvaggi. Da ora in avanti emergono le diverse caratteristiche del gruppo. Da un lato abbiamo One Eye e il suo piccoletto, dall’altro il leader cristiano, egli se ne esce fuori con questa massima: “…Se questa non è la Terra Santa, lo diventerà. Convertiremo le tribù primitive,, creeremo una nuova civiltà che durerà millenni”.
Curioso aneddoto, nel 1700 i padri fondatori americani volevano realizzare un Impero millenario, una nuova Roma, quelli che diventeranno gli U.S.A.
Non è difficile intuire come il gruppo si sfasci.
One Eye ha una missione, oltre a seguire il proprio cammino fino a raggiungere il Valhalla, quello di proteggere il biondino…

Note del Don.
Appena pronunciation il nome, “One Eye” il mio cervello per colleagare il nome al fatto che avesse un occhio solo ci ha impiegato più o meno 30 secondi. Non sto scherzando. Fortunatamente poi la mia ragazza mi ha aiutato. Ehh le donne. A ogni modo credevo fosse qualche nome vichingo, tipo Wahnahay ma… torniamo seri.

Alcune scene sono sicuramente lente, credo però che una parte di voi (commenti dei giorni scorsi) abbia sbagliato a definirlo un “film noioso”. Senza dubbio le scene facenti parte del capitolo V e VI hanno qualcosa che spazia dal critico al liturgico. Molte parti sono solenni, i discorsi sono ricchi di pause, neanche il doppiaggio l’ho trovato male (se volete sentire un doppiaggio mal riuscito vi consiglio il film Gettin’ Square).

DonMax

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