Recensione su La guerra è dichiarata

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Nouvelle-Nouvelle Vogue / 15 Giugno 2012 in La guerra è dichiarata

Ma quant’è brava ‘sta Valerie Donzelli! Nella seconda opera da regista di una delle più interessanti attrici francesi del nuovo millennio, la Donzelli dà ampio sfogo all’icona nouvellevougeista che la contraddistungue. Sceglie l’autobiografismo à la Truffaut e l’anti-spleen godardiano, per tratteggiare un film bellissimo che sfiore le corde del cuore e ci tuffa dentro una miriade di emozioni. La storia di Juliette e Romeo, non è altro che quella della stessa regista e del suo ex compagno, che hanno scoperto di avere un figlio con un tumore al cervello. Fermandosi qui, il soggetto potrebbe apparire come quello di un dramma umano difficile e impegnativo, oppure di un medical drama o al massimo di una storia sentimentale sullo sfondo del dolore di due genitori. Invece la Donzelli sceglie un tono allegro, quasi paradossale nel descrivere la vicenda, rinunciando a facili patetismi e ‘anestetizzando’ lo spettatore alle scene del film, anche alle più dure. La guerra è dichiarata, film bellissimo, si muove tra esplosioni di musica, colori e rumori e pianti alternati a risate, in un meccanismo che, ben lontano dall’auto-commiserazione, si pone come ‘antidoto’ al male descritto nel film. Film che, appunto, instaura una specie di senso di comune speranza, o di salvezza pura, al centro di una catastrofe emotiva, come quella di scoprire, per due genitori, di avere un figlio ammalato di cancro. La Donzelli, oltre a calcare la mano sugli aspetti meno dolorosi della vicenda, dà largo spazio alla trasformazione progressiva del rapporto tra Juliette e Romeo(mai nomi più azzeccati, in un paradosso come questo). Come alla fine, la voce off(per una volta non distrurbante nello svolgimento di tutto il film), spiega, i due si lasciano e si prendono tantissime volte, rischiando di rimanere certo non illesi dalla cosa, cambiando, adattandosi alle nuove cose accadute nel loro microcosmo. Il dolore secondo Valerie Donzelli è un nemico che si può battere semplicemente con la compattezza. E nello stesso modo si può combattere la paura. L’impressione finale che dona il film, è quella di un cinema infinitamente umano, in cui si fondono gioia immensa a immenso dolore, e ne riesce immenso cambiamento. L’interpretazione dei due protagonisti è maiuscola: nel grand guignol doloroso delle loro anime, i due trovano spazio per la speranza solo stando insieme. Nella scena, forse la più bella del film, in cui i due sono sulla spiaggia insieme al bambino piccolo, dopo essersi allontanati dall’ospedale, questa cosa emerge chiaramente. Un senso di tranquillità quasi esotica pervade la parte centrale del film, specie dopo l’operazione riuscita del piccolo Adam ad opera del blasonato chirurgo, che dovrebbe salvargli la vita. Ma il cammino per la guarigione del piccolo è lungi dall’essere finito. Come detto, la musica ricopre un ruolo importante nel film. Come nella maggior parte dei film francesi dell’ultimo periodo, la musica descrive esattamente i sentimenti e ciò che vogliono trasmettere i personaggi agli spettatori, in dipendenza anche dalla risoluzione o dallo svoglimento del film, che sia sfavorevole o favorevole. In questo caso, le musiche sono vere e proprie esplosioni di sentimenti e di grandi emozioni, emozioni vere, non dettate dallo sconforto, ma dal desiderio puro di salvezza. Con una regia abbastanza ispirata, La guerra è dichiarata è un vero e proprio inno alla vita, che per quanto disastrosa, catastrofica o anche ingiusta, resta l’unico appiglio quando non ce la facciamo più. ‘Perchè è successo a noi?’ chiede Romeo. ‘Perchè noi ce la possiamo fare’, risponde Juliette. In questo piccolo scambio di parole, sta l’essenza e la vitalità del film della Donzelli. Così tenero da appassionare, così sincero da commuovere, così dolce da farsi amare.

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