Recensione su Youth - La giovinezza

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I personaggi di Sorrentino / 20 Luglio 2015 in Youth - La giovinezza

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

A mio parere, Sorrentino è riuscito nel difficile compito di confermarsi e di non essersi lasciato ubriacare da eventuali e pericolosi “postumi da oscar”.
Youth è un affresco curato, in cui spiccano una serie di personaggi esistenzialmente sospesi, bloccati a una precisa fase della loro vita (così come sono fermi anche in un senso geografico, confinati in un hotel di lusso circondato dal bel paesaggio svizzero). Sono figure che, chi per un motivo e chi per un altro, sono indecise sul loro futuro e sono ancorate fortemente al loro passato. La galleria sorrentiniana di Youth mostra dei personaggi alle prese con un perenne conflitto interiore, a partire dalle due figure principali: Ballinger, un direttore d’orchestra in pensione che sembra essere ricordato solo per alcune delle sue tante composizioni, e che sono le uniche che non vuole condividere col mondo, perchè legate a lui e al dolce ricordo della moglie. Poi abbiamo anche l’amico e confidente Boyle, un anziano regista ormai spinto sul viale del tramonto, ma bramoso allo stesso di tempo di mostrare al mondo che ha ancora della linfa dentro di sè e che nutre un non troppo celato desiderio di un’ultima rivalsa, di lasciare un ultimo lavoro ai posteri. A loro si aggiungono anche tanti altri personaggi, come l’attore Jimmy Tree, etichettato dalla massa per un solo ed unico ruolo, che egli quasi ripudia e con cui fa fatica a convivere, e l’ex-calciatore Diego Armando Maradona. Sorrentino riesce perfino a omaggiare esplicitamente una delle sue grandi fonti d’ispirazione. Ci riesce ricreando un profilo dell’immortale Pibe de Oro colmo di nostalgia, smosso da un plausibile confronto tra il glorioso passato e il futuro incerto che gli si prospetta. In una pellicola dove si esibisce la Giovinezza, non tanto intesa nel suo senso fisico ma in quello mentale e spirituale, la presenza di un simil personaggio non stona minimamente con il contesto generale.
Se i personaggi del film si rivelano interessanti, il merito è sicuramente anche di tutto il cast, con Caine e Keitel in primis. Il britannico e l’americano sono in perfetta sintonia tra di loro, e si vede. Riescono a trasmettere facilmente allo spettatore la sensazione di essere legati davvero l’uno all’altro da una vita, anche solo con i dialoghi apparentemente meno importanti e più spensierati del film.
Ma Youth non è solo una galleria di personaggi alle prese, semplicemente, con le loro vite. E’ anche un film appagante dal punto di vista estetico, dove ogni inquadratura è visibilmente ricercata e ogni sequenza cerca di apparire più memorabile della precedente. Chi ha già ammirato il Sorrentino de La Grande Bellezza sa bene a cosa va incontro e conosce la voglia di perseguire un preciso stile da parte del regista napoletano.
Youth è, in sintesi, una pellicola dove personaggi, dialoghi, immagini e musica si fondono in un’unica, lineare armonia. Una “canzone semplice”, se vogliamo.

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