6 Recensioni su

Youth - La giovinezza

/ 20157.2358 voti

Il tempo che non torna indietro… / 28 Dicembre 2015 in Youth - La giovinezza

Due amici, uno un famoso direttore d’orchestra e l’altro un acclamato regista, si ritrovano come sempre in vacanza in un albergo di montagna nelle Alpi svizzere. La loro particolarità: sono anziani e vedono la gioventù loro sfuocata mentre di fronte gli si presentano giovani di tutti i generi ed età, compresi i figli ormai grandi.
Un film sulla presa di coscienza di cosa erano e cosa sono ora. Con molta poca accettazione di questa seconda fase, inevitabile d’altronde.
Grande interpretazione dei due protagonisti (Michael Caine, Harvey Keitel) e con una preziosa e azzeccata regia del Sorrentino fresco di Oscar che per fortuna non delude.
Un bel film anche se con un finale rovinato perché troppo scontato.
Ad maiora!

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I personaggi di Sorrentino / 20 Luglio 2015 in Youth - La giovinezza

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

A mio parere, Sorrentino è riuscito nel difficile compito di confermarsi e di non essersi lasciato ubriacare da eventuali e pericolosi “postumi da oscar”.
Youth è un affresco curato, in cui spiccano una serie di personaggi esistenzialmente sospesi, bloccati a una precisa fase della loro vita (così come sono fermi anche in un senso geografico, confinati in un hotel di lusso circondato dal bel paesaggio svizzero). Sono figure che, chi per un motivo e chi per un altro, sono indecise sul loro futuro e sono ancorate fortemente al loro passato. La galleria sorrentiniana di Youth mostra dei personaggi alle prese con un perenne conflitto interiore, a partire dalle due figure principali: Ballinger, un direttore d’orchestra in pensione che sembra essere ricordato solo per alcune delle sue tante composizioni, e che sono le uniche che non vuole condividere col mondo, perchè legate a lui e al dolce ricordo della moglie. Poi abbiamo anche l’amico e confidente Boyle, un anziano regista ormai spinto sul viale del tramonto, ma bramoso allo stesso di tempo di mostrare al mondo che ha ancora della linfa dentro di sè e che nutre un non troppo celato desiderio di un’ultima rivalsa, di lasciare un ultimo lavoro ai posteri. A loro si aggiungono anche tanti altri personaggi, come l’attore Jimmy Tree, etichettato dalla massa per un solo ed unico ruolo, che egli quasi ripudia e con cui fa fatica a convivere, e l’ex-calciatore Diego Armando Maradona. Sorrentino riesce perfino a omaggiare esplicitamente una delle sue grandi fonti d’ispirazione. Ci riesce ricreando un profilo dell’immortale Pibe de Oro colmo di nostalgia, smosso da un plausibile confronto tra il glorioso passato e il futuro incerto che gli si prospetta. In una pellicola dove si esibisce la Giovinezza, non tanto intesa nel suo senso fisico ma in quello mentale e spirituale, la presenza di un simil personaggio non stona minimamente con il contesto generale.
Se i personaggi del film si rivelano interessanti, il merito è sicuramente anche di tutto il cast, con Caine e Keitel in primis. Il britannico e l’americano sono in perfetta sintonia tra di loro, e si vede. Riescono a trasmettere facilmente allo spettatore la sensazione di essere legati davvero l’uno all’altro da una vita, anche solo con i dialoghi apparentemente meno importanti e più spensierati del film.
Ma Youth non è solo una galleria di personaggi alle prese, semplicemente, con le loro vite. E’ anche un film appagante dal punto di vista estetico, dove ogni inquadratura è visibilmente ricercata e ogni sequenza cerca di apparire più memorabile della precedente. Chi ha già ammirato il Sorrentino de La Grande Bellezza sa bene a cosa va incontro e conosce la voglia di perseguire un preciso stile da parte del regista napoletano.
Youth è, in sintesi, una pellicola dove personaggi, dialoghi, immagini e musica si fondono in un’unica, lineare armonia. Una “canzone semplice”, se vogliamo.

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La montagna incantata nel terzo millennio / 19 Luglio 2015 in Youth - La giovinezza

Guardando il trailer ho pensato si trattasse di una trasposizione nel terzo millennio de La Montagna incantata di Thomas Mann e con questo spirito ho assistito al film. Ho avuto le necessarie conferme, ovviamente il film è un’altra cosa, sebbene le atmosfere che si respirano siano paragonabili a quelle del libro di cui ho voluto avere questa suggestione. Tutta personale, infatti nessuno ne ha mai parlato, è una suggestione tutta mia anche perchè il libro mi è molto piaciuto, ma ripeto non c’entra nulla con la trama, parlo solo di sensazioni personali ed impressioni.
Unica nota stonata di tutto il film è il finale, troppo stucchevole e scontato.

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14 Giugno 2015 in Youth - La giovinezza

(Ho ritrovato il Sorrentino de L’Uomo in Più e Le Conseguenze dell’Amore.
Mi sento più serena adesso)

Per come la vedo io, la grande rivoluzione estetica di Sorrentino è iniziata con Il Divo ed ha raggiunto l’apice ne La Grande Bellezza: in Youth ho cominciato a vederne la parabola discendente.
Ho ritrovato L’Uomo in Più nel dualismo dei due protagonisti, necessariamente risolto nella caduta di uno che innesca il “risveglio” dell’altro, il quale idealmente prosegue in vece del compagno il percorso cominciato insieme (ma sarà poi vero? Tony Pisapia sceglie l’ergastolo, Fred Ballinger interrompe a metà il concerto decisivo, così come bruscamente è stato interrotto il grande film di Mick Boyle).
Ho rivisto in quella di Fred Ballinger la monotonia, l’inevitabilità, la sfiancante ripetitività della vita di Titta Di Girolamo, allo stesso modo non senza qualche stanco guizzo vitale e qualche concessione all’ironia.
La voce di Sorrentino – non soverchiata e schiacciata, come ne La Grande Bellezza, dal carico di aspettativa, dall’imponenza e dalla necessità (in senso filosofico) del progetto – risuona forte e libera ovunque: nelle considerazioni sul cinema, gli attori, la televisione; nella citazione a Novalis sull’illusione del progresso che riporta sempre inevitabilmente alle strade percorse dai padri; in quella, commuovente, al Diego Maradona fin de siècle.

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prigione alpina / 25 Maggio 2015 in Youth - La giovinezza

E’ decisamente il piacere estetico a colpire di questo ultimo lavoro di Sorrentino, per chi come me ha Amato molto il compromesso tra storia a messa in scena delle conseguenze dell’amore qui lo sbilanciamento è evidente ma la musica e come essa si accompagna all’immagine fa dimenticare tutto il resto!

“La leggerezza è una perversione.” / 21 Maggio 2015 in Youth - La giovinezza

È perfettamente Inutile raccontare la trama di Youth – La giovinezza, così come di qualunque altro film di Paolo Sorrentino. Sorrentino non è un narratore, è un agopuntore che con le immagini, le parole e la musica scatena temi e sensazioni che non hanno nulla a che vedere con l’intreccio della storia. I temi qui vanno dalla vecchiaia, alla morte, al piacere, al cinema. La sensazione è di malinconia, quella sana, repressa dalle quotidiane occupazioni e liberata solo da un’estate passata in una spa di lusso sulle Alpi. Se non ci siete mai stati, allora per sguinzagliare quella stessa malinconia può bastare la visione di Youth.
Gli aforismi di Sorrentino, originali o citati, messi in bocca a personaggi che un momento prima sembrano saggi venerandi e quello dopo crollano impotenti in lacrime per una parola o un ricordo, quegli aforismi sono troppi e distribuiti indiscriminatamente su personaggi troppo diversi, che così per un minuto o due sembrano in trance, impossessati tutti dallo stesso unico Spirito rivelatore. Da una parte la cosa appiattisce i personaggi, dall’altra è la poetica stessa di Sorrentino. A chi lo “accusa” di cinismo, Sorrentino risponde che l’hanno frainteso: quale cinismo? ma che avete bevuto? è leggerezza, la mia! La poetica di Sorrentino non ha bisogno di simboli né metafore né spiegazioni; è palese; è esposta. Chi la cerca nella narrazione non ce la trova, e conclude che la storia “non si capisce”; chi la trova nei dialoghi la sottovaluta, e conclude che “sono solo aforismi”. È tutto molto più semplice, evidente, immediato, leggero di così, risponde Sorrentino con ogni suo nuovo film, e Youth con la sua dolcezza inappellabile è il film che lo grida con più forza, senza un solo fotogramma lasciato al caso.
Non è tutto perfetto. Anzi, una delle scene più amate, quella con Jane Fonda, ha per pochi minuti rotto l’incantesimo: un dialogo prevedibile, un trucco volutamente esagerato (ma perché?), un montaggio tradizionale, una scenografia poco ricercata rispetto allo strabiliante resto. Anche la corte di giovani autori attorno al personaggio di Harvey Keitel, un regista, non centra l’obiettivo, non accade nulla di sensazionale fra le due generazioni che collaborano.
Nonotante le imperfezioni, le perfezioni rifulgono. Quello che ha in mente Paolo Sorrentino in mente non ce l’ha mai avuto nessuno. Forse Federico Fellini. Forse Totò. Forse nemmeno Fellini e Totò. Forse Paolo Sorrentino è il più grande artista della storia del cinema; forse è il più grande artista vivente. Penserò a dei controesempi. Magari mi sbaglio.

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