Recensione su Frozen - Il regno di ghiaccio

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12 Febbraio 2014

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Un cartone Disney a mio personalissimo avviso abbastanza deludente che per tutto il tempo non mi ha mai fatto abbandonare l’idea che negli Studios avessero poco tempo da perdere dietro la trama e la caratterizzazione dei personaggi perché ci si doveva concentrare sui giochetti col ghiaccio in CGI.
Tanto ci penserà il fan e lo scrittore di fan fiction a riempire i buchi.

Tanto per cominciare si poteva tranquillamente evitare di dire in giro che il film si voleva ispirare alla fiaba di Andersen “La regina delle nevi”, e magari almeno per quel che mi riguarda avrebbe potuto guadagnare qualche punto. In realtà la Disney possedeva i diritti per questa storia dal 1946 ma i discendenti di Andersen, sentendo a istinto puzza di cagata, hanno posto un veto ferreo su una eventuale trasposizione cinematografica. Per aggirare l’ostacolo Disney ha fatto l’unica cosa che gli è sembrata logica: inventarsi in fretta e furia un film con una tipa che spara neve dalle mani con la scusa che tanto la Dreamworks aveva appena sfornato il delizioso Le 5 leggende e al massimo avrebbero gridato a un vago plagio a tema invernale.
Infatti con la favola non c’entra una beneamata.
Cosa che potrebbe anche starmi bene, a patto che si crei qualcosa di altrettanto sfizioso.

Fin dall’inizio veniamo gettati in un mondo di totale nulla a livello di trama, ma anche solo di mera logica narrativa. In Scandinavia, in un non meglio precisato regno di Arendelle in cui gli spaccatori di ghiaccio cantano felici (ma il canto è una cosa che invaderà il film come uno tsunami, spesso nei momenti meno opportuni), scopriamo che la piccola Elsa, primogenita ed erede al trono, è nata col peculiare potere di controllare a suo piacimento il ghiaccio e la neve. Ok, bello.
Non tanto originale ma bello.
Ma come? Perché?
Nessuno si prende la briga di spiegarci da dove arrivino questi poteri (nessun altro in famiglia ne sembra fornito, nel regno i poteri magici fanno venire subito in mente malefici e sortilegi da strega malvagia), ci viene detto solo che, molto vagamente, “ci è nata”. Come un X men, insomma. Poteri che non hanno motivo d’esistere in un regno in cui la magia sembra non esistere e gli unici esseri che hanno le capacità di interagire con questi suoi poteri (ma solo parzialmente) sono i troll di montagna. Che anche questi me li devono spiegare.
Chi sono? Che ci fanno lì?
In base a cosa prendono in simpatia e adottano Kristoff, che almeno a inizio film sembra abbastanza bene inserito nel gruppo dei rompighiaccio e niente affatto solo come asserisce di essere in seguito, quando parla degli amici che l’hanno adottato? E cosa li renderebbe tanto esperti d’amore e magia? Conoscono la magia di Elsa e sono gli unici esseri magici della zona, ne sono forse responsabili?

Il capo dei troll, Granpapà, avvisa il re e la regina di essere in grado di curare la piccola Anna (sorella di Elsa vittima di uno sfortunato incidente di gioco), ma solo perché sarebbe stata colpita alla testa e non al cuore. Ok. Diciamo che questa affermazione già mi spoilera mezzo film perché capisco immediatamente dove vuole andare a parare in un film in cui le idee non abbondano ma ci può stare (dubito che un bambino piccolo ci arrivi), ma perché poi dopo aver dovuto cancellare la neve dai ricordi della piccola Anna, per cancellare gli effetti della magia di Elsa, i genitori decidono che è l’idea dell’anno per controllare i poteri di una bambina a dir poco sconvolta per aver fatto involontariamente del male all’adorata sorellina e che è spaventata a morte da poteri che non comprende isolarla totalmente dal resto del mondo, e soprattutto rendono possibile che Anna e Elsa si allontanino tanto?
Specie se sembra che per anni bastino solo un paio di guanti a contenere i suoi poteri.
Misteriosi, poi, quei guanti… Sono guanti speciali? Magici? Non sembra proprio. Messa così sembra che una persona che può creare dal nulla palazzi di ghiaccio, pupazzi di neve parlanti e che getta l’intera Arendelle in un inverno perenne venga fermata per anni dal mistico potere della lanolina della nonna.

La svolta nella trama avviene nel momento in cui i genitori di Elsa e Anna devono allontanarsi per un impegno improrogabile (quale, come al solito, non c’è dato modo di sapere) e la nave affonda durante una tempesta, facendo di Elsa una giovanissima e sempre più terrorizzata, isolata e glaciale regina, che è costretta ad aprire le porte del suo palazzo per l’inevitabile cerimonia di incoronazione.
Cerimonia in cui riuscirà a scambiare due parole in croce con la sorella, ma basta quello: nonostante Elsa venga ritenuta una persona fredda e distante basta solo quel minuto in cui le due sorelle si scambiano un paio di convenevoli per rendere chiaro come il giorno a chiunque di noi che persona sola e disperatamente bisognosa di contatto umano e dell’affetto di sua sorella sia Elsa.
Chiaro per tutti tranne che per Anna.
Che alla festa incontrerà Hans.
Con atmosfere canterecce di duetti creati dal nulla sul modello di Giselle e Quell’altro si innamorano a prima vista e chiedono a Elsa il permesso di sposarsi immediatamente: Elsa naturalmente rifiuta al grido di “non puoi sposare qualcuno che hai appena conosciuto” (e metà delle principesse Disney che l’anno preceduta ebbero un ictus fulminante) e durante un litigio che può essere parafraso pressappoco così:
Anna: MA IO LO VOGLIO! LO VOGLIO! LO VOGLIO!
Elsa: Cerca di ragionare solo per un attimo.
Anna: VOGLIO! VOGLIO! VOGLIO!
I poteri di Elsa vengono scoperti, e il turbamento causa un vero e proprio scoppio di magia invernale che costringeranno la povera Elsa alla fuga, e l’ancor più povera Anna a lasciare tutto in mano al suo vero amore Hans (comunque questo regno passerà di mano in mano con la stessa facilità di un testimone durante una staffetta nel corso della pellicola) e correrle dietro, con l’aiuto di un Kristoff che ora provvidenzialmente raccoglie il ghiaccio in totale solitudine, mentre all’inizio tutti facevano gruppo in allegrezza.
Sulla trama mi fermerei qui.
Tanto l’idea di fondo è chiara, mi sembra un film in cui gli interrogativi si sprecano.

*

Ora, devo dire che l’ingenuità della trama forse è il minore dei problemi: il cartone animato Disney purtroppo non ha mai particolarmente strizzato l’occhio all’adulto svezzato e si è sempre concentrato su quel suo mondo di magia e incanto che riesce ancora ad affascinare tanto il piccino quanto l’adulto predisposto.
Cosa che in generale mi va benissimo.
Non ho mai preteso che Disney mi desse quello che mi dà un film di David Lynch.
Ma è importante anche e soprattutto il messaggio che deve arrivare al bambino quando va a vedere un film del genere: infantilizzato, ingenuo quanto si vuole, ma deve essere un messaggio che farà breccia nel suo cuore grazie a una trama e a personaggi memorabili e toccanti e che lo accompagnerà, si spera almeno un pochino, fino all’età adulta.
Qui i messaggi buoni fanno fatica ad attecchire perché sono obiettivamente resi male: Anna e Elsa restano separate per buona parte della loro vita, ma sono ancora disposte a credere l’una nell’altra e ad amarsi fino a compiere estremi sacrifici (quando si tratterà di correre tra le braccia del suo amato per aver salva la vita e sciogliere quella scheggia di ghiaccio che le ha colpito il cuore – l’unica cosa vagamente simile alla favola originale) o morire nel tentativo di salvare la sorella, Anna sceglierà senza un tentennamento la seconda). Ma le motivazioni per questa separazione, per questo dolore, sono a mio avviso incredibilmente inconsistenti.
I genitori di Elsa sono due infami che rivaleggiano con Gothel per sadismo.
Il peggio è che nelle convinzioni dei sovrani e della stessa Disney lo farebbero per il bene delle bambine.

Elsa è un personaggio che non dà quanto potrebbe e dovrebbe: è convincente come gelida regina di ghiaccio come io lo sarei da ministro della cultura. Il film dovrebbe spingere il bambino a credere nel fatto che non importa quando una persona cara può apparire fredda e ostile, bisogna sempre lottare per conquistare il suo amore e la sua fiducia, che sono le chiavi per sciogliere il ghiaccio e riportare una metaforica primavera nel mondo, ma quando è così palese che tutto quel ghiaccio prodotto da Elsa è solo una facciata per mascherare il dolore, quando la sua voglia di sorridere e parlare con la sorella minore è così palese il messaggio perde di importanza.
Belle mica aveva uno che le andava bisbigliando all’orecchio “Ma guarda che se poi la Bestia la ami si trasforma in un principe fighissimo, eh?” E il fatto che durante una scena che dovrebbe essere toccante Anna incominci a cantare dietro a una Elsa giustamente irritata non aiuta. Ma di nuovo, è un film in cui a momenti si canta anche sul water.

E poi c’è il voltafaccia infame di Hans: Hans, il principe dei sogni che ha solo finto di amare l’ingenua Anna a prima vista e di voler vivere felice e contento con lei a vita solo perché nella sua famiglia era il dodicesimo in linea di successione e voleva un regno a caso per gustarsi un pizzico di potere.
Mi ha sorpresa non poco, lo ammetto.
Ma non in positivo.
Una delle poche cose buone di Disney è il modo in cui almeno quando si è piccoli fa sognare cose come il vero amore, quello che ti colpisce come un fulmine ed è per sempre: ultimamente Disney sembra averne fatto un’arte del distruggere quello che ha creato nel corso dei decenni. Prima con Come d’Incanto e ora con Frozen, sembra aver fatto marcia indietro sul concetto di “vissero per sempre felici e contenti” e si siano spostati sul binario di un maggiore realismo. Fin qui, di nuovo, va tutto benissimo. Ma siamo lontani anni luce da una Merida che vuole essere libera e decidere al momento giusto chi sposare o una Tiana che impara a guardare oltre i mille difetti del viziato principe Naveen, imparando a sua volta a smussare gli angoli del suo carattere e a riconoscere le priorità della vita.
Qui abbiamo due che si innamorano fulmineamente.
Ad Anna poi dopo tutto il casino piantato per sposarlo subito perché LO VOGLIO LO VOGLIO LO VOGLIO basta un giorno in compagnia di un tizio che gira con un alce, con cui condivide carote e odore corporeo per dimenticare il principe perfetto dei suoi sogni, e solo la provvidenziale bastardaggine di Hans la salva dall’accusa di essere una sgualdrina. Perché non è che conoscersi da un paio di giorni sia molto meglio che conoscersi a un ballo.
E poi decidere che LO VOGLIO LO VOGLIO LO VOGLIO.

Per concludere, le canzoni sono veramente troppe e inserite nei momenti più assurdi, le voci italiane mi dispiace dirlo ma non le sopporto, così come gli adattamenti italiani dei testi delle canzoni (persino la deliziosa Let it go perde parecchio e preferisco la versione originale). Lo trovo inconsistente a livello di trama e fastidioso a livello di messaggio. I personaggi non sono nulla di eccezionale, anche se devo ammettere che Anna è molto più simpatica e divertente di quello che credevo e la scena in cui si sveglia con i capelli da Bellatrix Lestrange mi ha fatta ridere di gusto.
Belle le animazioni, ma è tutto lì.

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