Recensione su Blue Jasmine

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13 Dicembre 2014

Un Woody Allen atipico in una tragicommedia assolutamente sui generis.
Il Woody ironico e spassoso è ormai definitivamente accantonato; quello delle commedie forbite e cerebrali forse anche. Gli esperimenti nel noir erano belli proprio perché tali.
E allora che fa il grande regista newyorkese per reinventarsi, ancora una volta? Propone questa commedia agrodolce, che resterà come uno dei suoi lavori più interessanti di questi ultimi anni.
Intanto la trama: Woody sembra strizzare l’occhio ai mostri sacri della letteratura americana del Novecento, a Francis Scott Fitzgerald e un po’ a Capote, con un racconto potenzialmente fuori dal tempo.
Il regista, ormai nel pieno della sua maturità artistica, sa dove vuole andare a parare, sembrerebbe che abbia le idee chiare fin da subito… Ma c’è da dire che tali idee non riesce apparentemente a renderle al meglio fin dal principio, dato che ci va almeno una buona mezz’ora prima di uscire da una fumosa sensazione di inconsistenza.
Poi il film decolla, grazie anche ad una notevole Cate Blanchett, che interpreta al meglio il ruolo della protagonista su cui ruota l’intero intreccio e la cui importanza era pertanto fondamentale.
Lo scontro sociale che mette in scena Woody in questa pellicola è grottesco, antropologicamente discutibile, ma per altri versi condivisibile: da un lato l’ipocrita high-society, falsa e subdola fino a sfociare nel criminale; dall’altro un proletariato che ha i connotati macchiettistici e circensi di una sub-humanitas (del resto lo faceva anche Fellini), capace però di comportamenti dignitosi e sinceri.
Certo, è forse un atteggiamento un po’ snob e antipatico, quello che Woody mette in scena in questa sua pellicola, ma mi sa tanto di reale, veritiero.

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