Recensione su Apocalypse Now

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Testa di Kurtz / 15 Novembre 2012 in Apocalypse Now

Sono tra i pochi a non aver amato il romanzo di Conrad, Heart of Darkness, tra i pochi a non avere il brividino quando sentono la sussurrata litania “The horror… The horror…”. Parlo di quella scossetta interna che avvertiamo davanti ad opere che ci hanno sedotto per il loro alone di mistero. Ok, tutto questo con me non ha funzionato, e non so bene perchè; tant’è, ma da qui partivo per arrivare al film, diciamo pure un pochino prevenuto.
Coppola ha scelto di trasporre l’arcano che suscita la foresta africana del libro nella giungla vietnamita; ottima scelta, quella di partire da un soggetto senza filmarlo pedissequamente, rivela una capacità artistica superiore e intraprendente.
Il film è davvero un fuoco d’artificio, folle fino allo psichedelico; in una cornice verde e limacciosa esplode la guerra in tutta la sua incandescenza, partendo tronfia come le Valchirie di Wagner per finire inghiottita nel silenzio del buio ancestrale, dove il nocciolo duro è la testa massiccia e lucida dello spettrale Brando, un cranio e un viso dove la regia indugia grandemente, cogliendo ogni gioco di luce e sfumatura del colore. Sarà che è più attuale, sarà la forza dell’immagine, ma il Kurtz cinematografico di Coppola è tremendamente più affascinante dell’originario Kurtz cartaceo.
Questa pellicola l’hanno definita un po’ troppo estetizzante, e così è in effetti. E’ eccessiva, straniante. Ma è una grande pagina di cinema, un passaggio obbligato, una esplorazione dell’abisso tra ipnosi e poesia. E un fragoroso atto d’accusa all’ipocrita morale gerrafondaia: “Noi addestriamo dei giovani a scaricare napalm sulla gente, ma i loro comandanti non gli permettono di scrivere “cazzo” sui loro aerei perché è osceno. E maledizione, è proprio così che va, tragicamente così.

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