Recensione su Requiem for a Dream

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nessuna requie dopo il film / 25 Maggio 2012 in Requiem for a Dream

La cinematografia, la letteratura, forse addirittura la storia vera e propria ci hanno così abituato a vicende di vendetta, di redenzione dopo il peccato, di rivincita dopo i torti subiti, o al contrario, di declino dopo la grandezza, che sembra quasi naturale avvicinarsi all’analisi del film forti di questo schema interpretativo fortemente dualista. Rinunciare a questo schema, per così dire, “a parabola”, è senza dubbio uno dei meriti del regista. Immaginate piuttosto una linea discendente. Non a caso i primi, effimeri momenti di felicità sono anche i soli dove lo spettatore sente la presenza del bivio, del pericolo, e vorrebbe partecipare attivamente. L’inquietudine è perciò massima in quei punti, mentre ciò che segue è solo la speranza, sempre disattesa, di scoprire che quello che i protagonisti stanno vivendo sia un cammino reversibile. Sarà presto chiaro che il regista non ha di mira nessuna catarsi. La caduta libera dunque, e non la parabola. Le prime note del requiem. Il sogno che non ha due anime ma una sola. La linearità è suggerita anche dall’andamento temporale, che ci porta lungo tutte le stagioni fino all’inverno. Come l’anno solare anche il sogno naturalmente finisce, mentre prosegue la viceda dei personaggi, ma non è lecito sapere come, essendo appunto il sogno l’elemento centrale, e la vita dei personaggi strumentale al racconto, nella logica del film.
Il crescendo è ben costituito sia dalle scene che dalla smussatura dei dialoghi, via via più taglienti e rarefatti. Infine, ultima nota positiva, gli effetti stilistici, pur non sempre in perfetta armonia con la progressiva accellerazione del film (compito però quasi impossibile!) risultano vere e proprie colonne portanti, e non elementi accessori, sempre pesanti quando infilati a forza nella trama.
Consigliato assolutamente, ma con cautela per gli animi più impressionabili.

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