Recensione su The Marvelous Mrs. Maisel

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. / 20 Marzo 2018 in The Marvelous Mrs. Maisel

(Aggiornato S1-4)
Sarà per averne sentito parlare in modo così entusiasta da alcuni, sarà che in testa avevo ancora i ricordi di G.G. (quelli dei bei tempi), ma mi sarei aspettato di più da questo nuovo prodotto targato Amy Sherman-Palladino.
L’andamento è fatto di alti e bassi, un po’ troppi, da qui la mia valutazione che si mantiene sulla sufficienza senza particolari entusiasmi. Ci sono momenti briosi, momenti un po’ smorti, momenti che incuriosiscono e momenti di noia in cui sembra la stiano tirando ripetitivamente un po’ troppo per le lunghe. Tutto questo in un mix il cui fondo, ad ogni modo, è costituito, più che dalla critica agli happy days dei ’50s a stelle e strisce, dai temi su cui (ormai è chiaro) ad Amy S-P piace insistere parecchio: i conflittuali ed onnipresenti rapporti madre-figlia; l’incomunicabilità in una famiglia tradizionalista (se in G.G. era una famiglia WASP, qui è una famiglia jewish, altro micromondo d’habitat tipicamente nordamericano con le sue convenzioni, i suoi valori, i suoi rituali su cui il cinema e la letteratura hanno già rastrellato abbondantemente) tra genitori dirigisti legati al valore del “perbene”, dell’apparenza, della rispettabilità, e figli alla ricerca di autonomia individuale in barba anche alle convenzioni e ai piani parentali; l’uscita dal conformismo; l’indipendenza della figura femminile[1]. Tutto questo presentato, per fortuna, con una buona dose di ironia (e sarcasmo), senza troppi piagnistei e buttandola spesso sul paradosso per sdrammatizzare e cogliere nel segno. Ma la parte migliore resta comunque quella dei “monologhi” della protagonista Miriam, a volte gli unici momenti di luce in alcuni episodi uggiosi e scialbi.
Si distinguono per simpatia e qualità gli indovinatissimi personaggi comprimari, quelli di contorno, dimostrazione che Amy Sherman-Palladino ha una certa mano nel delineare figure emblematiche, svitati e quant’altro, nonché nel caratterizzare in modo efficace i minimondi in cui si aggira.
S1
Voto: 6, non male come idea, sembra funzionare.
S2
Voto: 4, netto calo rispetto alla precedente, forse la peggiore del serial.
S3
Voto: 5-, leggermente in ripresa ma soffre ancora tanto la ripetitività di degli stratagemmi narrativi già notata in S2.
S4
Voto: 5, risente ancora dei difetti riscontrati nelle precedenti S2 e S3 che continuano purtroppo a riproporsi anche qui (con l’aggiunta di un po’ di didascalismo fuori luogo) facendo ormai perdere di freschezza al prodotto anche per via della ripetitività e inconcludenza di alcune svolte narrative che fanno un po’ girare a vuoto la trama – soprattutto per quanto riguarda la protagonista Miriam; si salvano giusto i soliti siparietti di Susie e attirano l’attenzione le apparizioni di diversi volti noti[2] in casa Sherman-Palladino; atmosfere che ricordano molto (si parva licet) quelle alleniane quando si tratta delle dinamiche interne alla famiglia Weissman (ma un po’ anche la sottotrama di Joel e una buona parte dell’episodio 7[3]).
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***AVVISO SPOILER***

[1]:Considerazioni. Ho riscontrato alcune spiccate similitudini di fondo tra i personaggi e le situazioni di questo “Ms. Maisel” e quelli di “G.G.”. In fin dei conti Miriam, la nostra Ms. Maisel, non è altri se non una Lorelai Gilmore degli anni 50, che senza il background culturale del femminismo, della X generation, del rock e compagnia bella (per forza di cose visto che una trentina d’anni e un paio di ere geologiche culturali separano Miriam da Lorelai), deve aspettare lo “scossone” della separazione dal marito per realizzare che la vita inquadrata ed eterodiretta dalla famiglia e dall’ambiente sociale di appartenenza le sta strettissima, la insoddisfa, la imprigiona, la spinge a fuggirne. Rose, la madre, non è che una riproposizione del tipo della Emily Gilmore ma meno perfida (passatemi il termine) e sicuramente molto meno smaliziata. E Susie…la burbera Susie, la ruvida Susie, la scorbutica Susie, che finge menefreghismo e scostanza verso Miriam, salvo poi dimostrare di essere anche lei una dalla corazza dura e il cuore morbido e di esserle sul serio affezionata ricorda parecchio, per certi versi, il Luke Danes delle prime puntate di G.G.
Sarà per via di tutto ciò se ho trovato una certa ripetitività in tutta la serie? Situazioni e concetti già visti e sentiti nei precedenti lavori di Amy S-P? Mah…
[2]: Tutta gente del cast di Gilmore Girls: Chris Eigeman (Gabe, il direttore del giornale per il quale scrive Abe Weissman), Kelly Bishop (Benedetta, la “boss” dei matrimoni), Milo Ventimiglia (lo sconosciuto che Miriam incontra al parco) solo per dire quelli che ho riconosciuto subito senza dover cercare in giro.
[3]: Lo spettacolo con ipnotizzazione mi ha ricordato moltissimo l’analoga scena de La maledizione dello scorpione di giada.

1 commento

  1. Stefania / 19 Gennaio 2019

    Mi mancano ancora due episodi per terminare la prima stagione, ma sono estremamente d’accordo con te, soprattutto per quel che riguarda i parallelismi con Una mamma per amica (Gilmore Girls): di fatto, Midge Maisel è una Lorelai Gilmore pre-’68 (sarà un caso, poi, che, vitino di vespa della Maisel a parte, siano fisicamente molto simili, entrambe more con gli occhi azzurri? Ho sempre pensato che Lauren Graham somigliasse a Betty Page, pensa un po’, che, cioè, avesse una presenza molto 50’s).
    All’epoca, mollai il colpo con le ragazze Gilmore anche per via dei vorticosi e-se possibile- sempre più logorroici dialoghi quaqquaraquosi (!). E ora me li ritrovo qui, praticamente identici. Se non fosse che il mio compagno di divano si è appassionato alla faccenda (e sono sbalordita, dato che non ha mai sopportato Una mamma per amica!), credo che io non sarei andata oltre il terzo episodio (pur apprezzando la prova di Rachel Brosnahan, lei sì meravigliosa, l’ambientazione e lo strano effetto, quasi distopico-al-contrario, se vogliamo un The Handmaid’s Tale al contrario).

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