5 Recensioni su

La fantastica signora Maisel

/ 20178.069 voti

wow wow wow / 20 Febbraio 2020 in La fantastica signora Maisel

lei è davvero meravigliosa!

Formula Palladino / 21 Gennaio 2019 in La fantastica signora Maisel

Prima stagione
La pluripremiata serie tv originale Amazon La fantastica signora Maisel è una comedy ambientata a New York, principalmente tra Upper West Side e Greenwich Village, nella seconda metà degli anni Cinquanta.
La storia di Midge Maisel (la bravissima ed estremamente graziosa Rachel Brosnahan) è quella, un po’ sui generis, di una efficientissima e brillante casalinga della upper class ebrea che, lasciata dal marito per una segretaria sciapa, trova una inaspettata valvola di sfogo e un mezzo di affermazione personale nella stand-up comedy.
Diciamo che, anche cronologicamente, siamo dalle parti dell’intraprendenza à la Mildred Pierce, ma, invece di sfornare torte salate e aprire un diner, la protagonista sfida le convenzioni dell’epoca (e non solo) salendo su un palco e affacciandosi in un contesto pressoché esclusivamente maschile. Come pochi, Midge sa intrattenere un pubblico (sia esso quello intervenuto a un party o a una manifestazione a Washington Square) con aneddoti salaci e battute fulminanti, spesso improvvisate.
Costretta a tornare a vivere con i due figli piccoli dai suoi genitori, Midge inizia a condurre una doppia vita: di giorno, è commessa in un grande magazzino di Manhattan di articoli di cosmesi, capacissima (perché, in quanto perfetta esponente femminile della middle class, è esperta di belletto e bellezza e ha un personale invidiabile, con caviglie da 21 cm.); di sera, sfoderando un senso dell’analisi e un turpiloquio inaspettati, afferra un microfono e sale su un palco, all’insaputa di parenti, ex marito e amici.

Il plot della Signora Maisel è interessante, perché parla di emancipazione in maniera apparentemente poco convenzionale, optando per una collocazione temporale e sociale particolarmente emblematica: famiglia ebrea americana pre-’68, con tutte le implicazioni sociologiche del caso.
Peccato che lo slancio originale si perda, a mio parere, in una serie di schemi comportamentali e relazionali già visti nella precedente serie tv creata da Amy Sherman Palladino, Una mamma per amica (Gilmore Girls) (2000-2007). Qui, si ripropongono, invariate a prescindere dal contesto, le stesse dinamiche esistenti fra la protagonista e il resto dei personaggi che le ruota intorno, in particolare con la madre.

Puntualmente, come accadeva in Una mamma per amica, la protagonista vede/comprende cose che sfuggono a tutti (ma proprio a tutti) gli altri personaggi che, di conseguenza, appaiono invariabilmente estremamente macchinosi (vedi, i padri di Midge e Joel) o particolarmente stolidi (l’elenco sarebbe lungo, ce ne sono almeno un paio a episodio, ma basti pensare alla collega di Midge fissata coi divi del cinema, all’amica Imogene o a quella poveraccia di Penny Pen), imbrigliati dalla loro cecità (dovuta principalmente alle convenzioni, of course). Midge è un faro (e la Brosnahan è davvero luminosissima, catalizzatrice), ma, nonostante le sue tante sfaccettature e le sue divertenti abilità dissimulatorie, è una protagonista monocorde perché pefettamente imperfetta e, quindi, matematicamente adorabile e perfino invidiabile nella sua curiosa sfortuna e nella sua capacità di trovare con apparente facilità un “piano B”. Il fatto è che anche Lorelai Gilmore era esattamente così, tenace “imprenditrice di sé stessa”.

Midge è una Lorelai pre-rivoluzione sessuale, con tutti i limiti e, contemporaneamente, le potenzialità del caso. Perciò, confezione a parte (molto curata nella definizione del contesto, con un tocco estemporaneo nella scelta dei brani dei titoli di coda) e riflettendo sul fatto che non mi pare di aver mai visto altrove una messinscena tv o cinematografica che parli esplicitamente di affrancamento sociale di una donna attraverso la comicità, questa serie tv non riesce a entusiasmarmi particolarmente. Anche la sua impostazione da musical non è una novità: Stars Hollow, il paesino di finzione in cui si svolge Gilmore Girls, è il set permanente di un musical che ruota intorno a Lorelai e figlia, con tanto di Grant Lee Buffalo a fare (ogni tanto) da cantore.

Non so se e come si evolverà il personaggio di Midge nella seconda stagione (già disponibile su Amazon. Ne è già stata programmata una terza), ma non so cosa possa offrirmi di speciale per altri 10 episodi la bella Midge che già non abbia visto anche in altri prodotti tv (vedi, Mad Men e la sua carrellata di personaggi femminili in evoluzione). Quel che so è che la logorrea che affligge le serie tv della Palladino (qui, sicuramente funzionale alla comicità del personaggio) non è più nelle mie corde e che la signora Maisel dovrà fare i salti mortali per stupirmi, stupende gonne a ruota multicolori a parte.

Nota: nella versione italiana, il termine stand up comedian è stato tradotto con “comico” e confesso che, pur conscia del fatto che non esiste un debito corrispettivo nella nostra lingua, un po’ mi infastidisce. Il nostro avanspettacolo e la comicità a cui siamo abituati in Italia è diversa da quella di cui si serve Midge per comunicare, anche se, negli ultimi anni, sono tanti gli “emuli” della stand up comedy anche nel nostro Paese. Però, con “comico” io intendo ben altra cosa da quello che, negli anni, hanno fatto su un palco Woody Allen, Louis C.K. e soci.
.
Voto prima stagione: 6 stelline.

Seconda stagione
[Aggiornamento del 27 marzo 2019]
Per quel che mi riguarda, nessuna variazione rispetto alla prima stagione, pregi e difetti inclusi.
Se, pure, si viene a conoscenza di ulteriori dettagli relativi alla vita privata della manager Susie (Alex Borstein) e si assiste a una crisi personale della mamma di Midge (Marin Hinkle), la storia si arrotola spesso su se stessa, continuando a proporre sempre gli stessi argomenti, senza particolari novità e incrementando la densità e la velocità dei dialoghi. Anzi, diverse parentesi narrative (perdonate la reiterazione e i continui parallelismi, ma la cosa è più forte di me) riprendono pari pari alcuni passaggi di Una mamma per amica (vedi, il viaggio a Parigi e la rottura/riappacificazione dei genitori di Midge). Anche il rapporto tra Susie e la signora Maisel somiglia sempre di più a quello tra Sookie e Lorelai, con la manager sempre più eccentrica ed emotiva.
Insomma, non ce la faccio più.
Però, c’è un fattore positivo che continua a incuriosirmi: l’ambivalenza di Midge che, da una parte, è decisamente progressista, ma, dall’altra, ama districarsi e, contemporaneamente, bearsi tra le convenzioni imposte dal suo ruolo (giovane donna estremamente graziosa e brillante).

Voto seconda stagione: 6 stelline.

Terza stagione
[Aggiornamento del gennaio 2020]
Sono ufficialmente stufa. La terza stagione ripete quanto detto nelle prime due, con gli stessi meccanismi, esasperando ulteriormente caratterizzazioni e toni (anche questo è tipico della “formula Palladino”), avvalendosi di più denaro, il che vuol dire, più comparse, decine, centinaia di comparse, più costumi e perfino numeri musicali (ebbene sì).
Speravo nella conclusione della serie. Non è così.

Voto seconda stagione: 5 stelline.

Leggi tutto

. / 20 Marzo 2018 in La fantastica signora Maisel

(Aggiornato S1-4)
Sarà per averne sentito parlare in modo così entusiasta da alcuni, sarà che in testa avevo ancora i ricordi di G.G. (quelli dei bei tempi), ma mi sarei aspettato di più da questo nuovo prodotto targato Amy Sherman-Palladino.
L’andamento è fatto di alti e bassi, un po’ troppi, da qui la mia valutazione che si mantiene sulla sufficienza senza particolari entusiasmi. Ci sono momenti briosi, momenti un po’ smorti, momenti che incuriosiscono e momenti di noia in cui sembra la stiano tirando ripetitivamente un po’ troppo per le lunghe. Tutto questo in un mix il cui fondo, ad ogni modo, è costituito, più che dalla critica agli happy days dei ’50s a stelle e strisce, dai temi su cui (ormai è chiaro) ad Amy S-P piace insistere parecchio: i conflittuali ed onnipresenti rapporti madre-figlia; l’incomunicabilità in una famiglia tradizionalista (se in G.G. era una famiglia WASP, qui è una famiglia jewish, altro micromondo d’habitat tipicamente nordamericano con le sue convenzioni, i suoi valori, i suoi rituali su cui il cinema e la letteratura hanno già rastrellato abbondantemente) tra genitori dirigisti legati al valore del “perbene”, dell’apparenza, della rispettabilità, e figli alla ricerca di autonomia individuale in barba anche alle convenzioni e ai piani parentali; l’uscita dal conformismo; l’indipendenza della figura femminile[1]. Tutto questo presentato, per fortuna, con una buona dose di ironia (e sarcasmo), senza troppi piagnistei e buttandola spesso sul paradosso per sdrammatizzare e cogliere nel segno. Ma la parte migliore resta comunque quella dei “monologhi” della protagonista Miriam, a volte gli unici momenti di luce in alcuni episodi uggiosi e scialbi.
Si distinguono per simpatia e qualità gli indovinatissimi personaggi comprimari, quelli di contorno, dimostrazione che Amy Sherman-Palladino ha una certa mano nel delineare figure emblematiche, svitati e quant’altro, nonché nel caratterizzare in modo efficace i minimondi in cui si aggira.
S1
Voto: 6, non male come idea, sembra funzionare.
S2
Voto: 4, netto calo rispetto alla precedente, forse la peggiore del serial.
S3
Voto: 5-, leggermente in ripresa ma soffre ancora tanto la ripetitività di degli stratagemmi narrativi già notata in S2.
S4
Voto: 5, risente ancora dei difetti riscontrati nelle precedenti S2 e S3 che continuano purtroppo a riproporsi anche qui (con l’aggiunta di un po’ di didascalismo fuori luogo) facendo ormai perdere di freschezza al prodotto anche per via della ripetitività e inconcludenza di alcune svolte narrative che fanno un po’ girare a vuoto la trama – soprattutto per quanto riguarda la protagonista Miriam; si salvano giusto i soliti siparietti di Susie e attirano l’attenzione le apparizioni di diversi volti noti[2] in casa Sherman-Palladino; atmosfere che ricordano molto (si parva licet) quelle alleniane quando si tratta delle dinamiche interne alla famiglia Weissman (ma un po’ anche la sottotrama di Joel e una buona parte dell’episodio 7[3]).
*
*
*
*
*
*
*
***AVVISO SPOILER***

[1]:Considerazioni. Ho riscontrato alcune spiccate similitudini di fondo tra i personaggi e le situazioni di questo “Ms. Maisel” e quelli di “G.G.”. In fin dei conti Miriam, la nostra Ms. Maisel, non è altri se non una Lorelai Gilmore degli anni 50, che senza il background culturale del femminismo, della X generation, del rock e compagnia bella (per forza di cose visto che una trentina d’anni e un paio di ere geologiche culturali separano Miriam da Lorelai), deve aspettare lo “scossone” della separazione dal marito per realizzare che la vita inquadrata ed eterodiretta dalla famiglia e dall’ambiente sociale di appartenenza le sta strettissima, la insoddisfa, la imprigiona, la spinge a fuggirne. Rose, la madre, non è che una riproposizione del tipo della Emily Gilmore ma meno perfida (passatemi il termine) e sicuramente molto meno smaliziata. E Susie…la burbera Susie, la ruvida Susie, la scorbutica Susie, che finge menefreghismo e scostanza verso Miriam, salvo poi dimostrare di essere anche lei una dalla corazza dura e il cuore morbido e di esserle sul serio affezionata ricorda parecchio, per certi versi, il Luke Danes delle prime puntate di G.G.
Sarà per via di tutto ciò se ho trovato una certa ripetitività in tutta la serie? Situazioni e concetti già visti e sentiti nei precedenti lavori di Amy S-P? Mah…
[2]: Tutta gente del cast di Gilmore Girls: Chris Eigeman (Gabe, il direttore del giornale per il quale scrive Abe Weissman), Kelly Bishop (Benedetta, la “boss” dei matrimoni), Milo Ventimiglia (lo sconosciuto che Miriam incontra al parco) solo per dire quelli che ho riconosciuto subito senza dover cercare in giro.
[3]: Lo spettacolo con ipnotizzazione mi ha ricordato moltissimo l’analoga scena de La maledizione dello scorpione di giada.

Leggi tutto

Brillante / 3 Marzo 2018 in La fantastica signora Maisel

Prima stagione
Probabilmente la migliore commedia “divertente” degli ultimi anni :-).
Ebbene si, sono rimasto molto sorpreso da questa serie, iniziata per caso e divorata quasi in una serata.
La storia, seppur semplice, in realtà racconta dell’emancipazione femminile (siamo nel 1958) attraverso le vicende di una donna, Miriam “Midge” Maisel, che da moglie e madre esemplare, il cui unico scopo è assecondare la famiglia, ritrovatasi sola, scopre di essere diversa, di poter aspirare a ben altro.
Gli otto episodi scorrono velocemente, accompagnati da una colonna sonora di tutto rispetto (Frank Sinatra, Duke Ellington, Harry Belafonte, Edith Piaf, Charlie Parker, Peggy Lee, solo per citarne alcuni) che la rendono quasi un musical. I monologhi comici di “Midge”, ambientati quasi tutti al Gaslight Cafe, sono esilaranti, con battute sempre molto veloci.
Rachel Brosnahan (“Midge”) veramente strepitosa, sempre allegra e divertente, ed assieme a lei Alex Borstein l'”amica” manager, Tony Shalhoub e Marin Hinkle i genitori, comprimari di tutto rispetto.
Assolutamente da non perdere.
Seconda stagione
Una seconda stagione forse un po’ discontinua, con alti e bassi, forse dovuto al fatto che viene dato molto più spazio ai co-protagonisti con trame parallele, ma che in qualche modo si ricollegano a “Midge”. Altra novità, le location, spesso l’ambientazione è al di fuori della solita New York e, in alcuni casi, i cambi molto repentini (al pari dei dialoghi :-)) potrebbero disorientare.
Naturalmente ritroviamo i punti di forza della serie, i fantastici monologhi della protagonista, (quello al lago di fronte a ..omissis.. è un vero spasso :-)), la colonna sonora, sempre in linea con il contesto, i dialoghi, sempre molto veloci e solo apparentemente leggeri.
Chiudo con l’unica nota negativa della serie, ancor più evidente in questa seconda stagione, il rapporto di “Midge” con i propri figli, che dire inesistente è poco, peccato.
Il mio consiglio, comunque, è sempre lo stesso, da vedere.

Leggi tutto

Il grande ritorno di Amy Sherma-Palladino / 23 Gennaio 2018 in La fantastica signora Maisel

Dopo la parentesi revival con Gilmore Girls per Netflix, Amy Sherman-Palladino, sempre insieme al marito Daniel, sceglie un’altra piattaforma di streaming e ritorna alla grande con una comedy divertente, frizzante, anni ’50 eppure attualissima.

In otto episodi facciamo la conoscenza della signora Maisel, moglie e madre impeccabile, come vuole la tradizione, pronta a supportare e aiutare ad ogni costo il marito, crescere i figli e allo stesso tempo badare alla casa. Sempre e comunque al servizio della famiglia. Sempre smagliante e mai con un centimetro di troppo in vita o nei polpacci. Particolarmente significativa la scena notturna che vede la protagonista struccarsi di nascosto dal marito, per poi ritruccarsi al mattino all’alba, poco prima che quest’ultimo si svegli.

Ma cosa succede se quel marito decide di lasciarti? Cosa succede se il suddetto marito confessa il tradimento con la propria segretaria?
Succede che quella vita all’apparenza perfetta crolla e finalmente viene fuori la vera Mrs. Maisel, rimasta nascosta e intrappolata per troppo tempo nei ruoli di madre e moglie. Succede che riscopre il suo essere donna, con delle aspirazioni, desideri, insicurezze e una grande voglia di rivalsa. Ma soprattutto con un grande talento, quello per la comicità e la battuta pronta, quello che il marito fedifrago e noioso non ha mai avuto.

Nell’anno della serialità dominata dalle donne, e delle lotte contro un sistema patriarcale e misogino che ingabbia la figura femminile, Amy Sherma-Palladino realizza una serie perfetta per il suo tempo, sull’emancipazione, indipendenza e libertà della donna. Con ironia e intelligenza confeziona una comedy esuberante con una grande interprete – Rachel Brosnahan – sulle cui spalle si regge, benissimo, l’intero show. Very Marvelous!

Leggi tutto
inserisci nuova citazione

Non ci sono citazioni.

Non ci sono voti.