Recensione su Tony Manero

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Prigioniero di un sogno da due soldi / 18 Ottobre 2016 in Tony Manero

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Disturbante in maniera quasi didascalica, contraddistinto da un’escalation di atti moralmente discutibili che fanno da contraltare all’aberrazione sociale, politica e militare del Cile di Pinochet, il film di Larraìn mi è piaciuto per via del suo risvolto thriller: con ogni evidenza, l’inquietante Raùl è uno psicopatico, un vero e proprio serial killer, uno sciacallo.
Vittima di un’ossessione (John Travolta/Tony Manero), ha saputo trasformare abiezione ed egoismo in uno strano carisma che, inesplicabilmente, attira le perdute donne che gli gravitano intorno, trasformandole in cieche amanti che, pur constatando e criticando i suoi difetti e pur consapevoli della sua inutilità dal punto di vista umano e sessuale, desiderano la sua informe attenzione tanto da arrivare al tradimento della propria carne, pur di assicurarsi i suoi falsi favori.

La Santiago del Cile di Larraìn si risolve in una periferia squallida, livida, abitata da reietti costretti in edifici al limite della fatiscenza, svuotata dai coprifuochi, percorsa da squali in divisa e in borghese, abitata da persone che sembrano negare o accettare l’evidente dittatura, nascondendosi dietro la gioia fittizia di uno show televisivo e di un frullatore: Raùl sembra il perfetto risultato di un contesto tanto desolato. Tra un coito abortito e una testa fracassata, nello stesso ambiente in cui si muove la iena Raùl si agita un timido anelito alla libertà, ma Raùl non sa cosa significhi “libertà”, giacché egli è prigioniero di un sogno da due soldi.

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