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Tony Manero

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Prigioniero di un sogno da due soldi / 18 Ottobre 2016 in Tony Manero

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Disturbante in maniera quasi didascalica, contraddistinto da un’escalation di atti moralmente discutibili che fanno da contraltare all’aberrazione sociale, politica e militare del Cile di Pinochet, il film di Larraìn mi è piaciuto per via del suo risvolto thriller: con ogni evidenza, l’inquietante Raùl è uno psicopatico, un vero e proprio serial killer, uno sciacallo.
Vittima di un’ossessione (John Travolta/Tony Manero), ha saputo trasformare abiezione ed egoismo in uno strano carisma che, inesplicabilmente, attira le perdute donne che gli gravitano intorno, trasformandole in cieche amanti che, pur constatando e criticando i suoi difetti e pur consapevoli della sua inutilità dal punto di vista umano e sessuale, desiderano la sua informe attenzione tanto da arrivare al tradimento della propria carne, pur di assicurarsi i suoi falsi favori.

La Santiago del Cile di Larraìn si risolve in una periferia squallida, livida, abitata da reietti costretti in edifici al limite della fatiscenza, svuotata dai coprifuochi, percorsa da squali in divisa e in borghese, abitata da persone che sembrano negare o accettare l’evidente dittatura, nascondendosi dietro la gioia fittizia di uno show televisivo e di un frullatore: Raùl sembra il perfetto risultato di un contesto tanto desolato. Tra un coito abortito e una testa fracassata, nello stesso ambiente in cui si muove la iena Raùl si agita un timido anelito alla libertà, ma Raùl non sa cosa significhi “libertà”, giacché egli è prigioniero di un sogno da due soldi.

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27 Gennaio 2013 in Tony Manero

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Film vincitore del Torino Film Festival.
Detto che finalmente anch’io posso dire che meritava di vincere piuttosto quel rozzone e schematico e crucco diDie Welle, il film offre un protagonista sgradevole mica poco anzi assai, immerso nel casino della dittatura militare cilena. Raoul nella vita ha il solo scopo di dire “Io sono Tony Manero” alla tv (contrasto tra la tv dove tutti sono felici e deficienti e applaudono mentre nelle strade la polizia non fa altro che perseguitare gli oppositori politici, mentre tutto il resto è nel caos). Per farlo spacca tutto e tutti, non ha i soldi per comprarsi il pavimento con le luci della Febbre del sabato sera e allora ammazza il traffichino di botte (il traffichino, una specie di rigattiere/ricettatore, tra l’altro è uguale a Antonelo Venditti. Quindi quando lo ammazza –> soddisfazione). Al suo cinema gli tolgono La febbre, per mettergli Grease tra l’altro, e no, non va bene, che non può più studiarsi le battute a memoria, e allora ammazza il proiezionista spaccandogli la faccia sul proiettore.
Quel che è fastidioso è che ha tre donne, di età varie, che si scopa e se lo vogliono scopare e lo vedono come un mito, mentre finisce per fallire in tutto e per tutto quello che fa. Una specie di Paperino incattivito e vecchio, col pisello che non tira e che raggiunge il climax defecando sull’abito bianco di un suo rivale per non permettergli di partecipare alla trasmissione. E spalma pure (tiè).
Finisce che non finisce, perde, com’era ovvio, ma continuerà a spaccare tutto. Tutti.
Da segnalare la locandina/citazione con il ghigno di Aguirre furore di dio (Herzog+Klaus Kinski) nel cinema.

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