Recensione su L'infanzia di un capo

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Progetto insensato / 14 Agosto 2019 in L'infanzia di un capo

Figlioletto terribile di una coppia in crisi si trasforma da adulto in dittatore. Spunto potenzialmente interessante, ma che l’autore decide di realizzare mostrandoci cento lunghissimi, logoranti minuti di intemperanze infantili, seguiti da dieci minuti di funzionari zelanti e folle adoranti in una versione alternativa della storia del XX secolo. Non si comprende lo scopo di tutto ciò, che rischia anche di far pensare che un ragazzino psicopatico possa essere causa sufficiente di una dittatura. La bravura degli interpreti – compresa quella di Tom Sweet, lo sgradevolissimo fanciullo – va largamente sprecata in questo progetto insensato.

4 commenti

  1. Stefania / 14 Agosto 2019

    Come ho scritto nella mia recensione al film, ho trovato interessante il lavoro di Corbet, perché prova a mostrare come un ego ben coltivato possa strabordare senza freni e come, secondo me, ben si presti a essere metafora della nascita di una dittatura su larga scala (servono anche altri elementi per fare di un uomo un dittatore, certo, ma l’aspetto freudiano della questione mi è sembrato stuzzicante). In realtà, credo che sia volutamente ironico: come a dire: “Signora mia, ma vede come ha cresciuto suo figlio? Si rende conto che un’educazione diversa ci avrebbe risparmiato una dittatura?”
    Il film è imperfetto (nel mostrare la nascita di un regime dittatoriale, Haneke ha fatto di molto meglio con Il nastro bianco, per esempio), ma questo film mi è sembrato interessante, posto anche il fatto che Corby, all’epoca, fosse un esordiente alla regia.

    • Achero / 14 Agosto 2019

      Indubbiamente è vero che servono anche altri elementi per fare di un uomo un dittatore; ma il punto che volevo sottolineare è che servono altri elementi – oltre al dittatore – per fare di un paese una dittatura. Questo lo dico alla luce dell’ambiguità del finale: di che paese Prescott è diventato dittatore? Dall’architettura sembrerebbe una qualche nazione europea (il film è stato girato in Ungheria), però Prescott è americano, e i suoi funzionari parlano tutti inglese con – mi pare – accento americano. Quindi forse non si sbaglia pensando che l’autore abbia voluto indicare, sia pure ambiguamente, gli Stati Uniti. E allora l’impressione è che l’elemento capace di fare la differenza sia un singolo uomo, visto che nella storia come la conosciamo gli Stati Uniti non sembrano mai aver corso seriamente questo rischio. Mi pare una visione assolutoria, che lava le colpe di chi favorisce l’ascesa degli autocrati o non la combatte a sufficienza.
      Anche dal semplice punto di vista psicologico, comunque, mi sembra che le cose non funzionino molto bene nel film: il comportamento del bambino mi sembra eccedere le colpe dei genitori. A tratti ho avuto la sensazione che l’autore volesse mostrare una sorta di cattiveria di natura – o magari una concatenazione fatale di eventi, che alterano il carattere del ragazzino, al di là delle colpe degli adulti.
      Ma forse sto solo tentando di razionalizzare il fatto che il film proprio non mi è piaciuto… 🙂

      • Stefania / 16 Agosto 2019

        Non so se la questione della lingua sia influente, non ho notizie in merito e non ci avevo pensato, è un’idea intrigante. Ma se si trattasse solo di un’esigenza di scena?
        Sul comportamento del bambino: personalmente, ho optato per quella che definisci “cattiveria di natura” alimentata dal comportamento degli adulti.
        (comunque, capisco bene il “fare le pulci” a una cosa che non ti è piaciuta 😉 )

        • Achero / 16 Agosto 2019

          Come ricorderai, in tutto il film ci sono persone che parlano in francese o in tedesco (con i sottotitoli), a volte anche a lungo. Quando qualcuno parla in inglese senza accento vuol dire che è inglese o americano. Poi magari il regista voleva intendere che Prescott si era portato dietro una squadra di funzionari suoi connazionali, però mi pare strano.

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