23 Giugno 2011
Non è perfetto per quanto riesca a trarre buone cose da una storia che parte forse nell’ovvietà per poi non esserlo per nulla. Una riunione di famiglia, un evento che riporta a casa tutti i componenti, una figlia/sorella diversa, allontanata, amata, sofferta, respinta, non capita che nasconde un segreto, ma il segreto non è banale, è molto più complicato. Il tutto all’interno di un inno al multicularirsmo, pieno di musica, di condivisione, senza paletti razziali, senza ideologie che dividono. Eppure i meccanismi degli affetti famigliari coltivano egoismi e distrazioni, amore, ma anche insofferenza.
Bella e vincente l’idea de disagio autodistruttivo di Kim causa di una tragedia, non conseguenza, propabilmente nato dalla normalità della vita di famiglia, dalla freddezza distaccata di una madre anafettiva.
Brava la Hathaway, bravi un po’ tutti. La camera a mano schiaffeggia i personaggi e le situazioni, a tratti è disturbante, ma si cala nel nervosismo che prende via via tutti i protagonisti
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