Recensione su Rachel

/ 20175.936 voti

Artificio e natura / 6 Giugno 2018 in Rachel

(Sei stelline e mezza)

Rachel Weisz (nomen omen) regge da sola tutto il peso del film: è la sua presenza, il suo physique du rôle, insomma, a giustificare la (ahimé, parziale) riuscita del lavoro di Michell. Con grande padronanza del ruolo, la Weisz è, alternativamente, affascinante, tremebonda, virginale, tentatrice. O, più semplicemente, è una donna che, a dispetto delle convenzioni dell’epoca, tenta di non soccombere alle regole imposte al genere sessuale di appartenenza. Ed è questa sua particolare ambivalenza, composta da artificio/calcolo e natura, a rendere il suo personaggio particolarmente interessante e farne un’eroina pienamente gotica.
Al contrario, ho trovato pessima l’interpretazione offerta dal protagonista maschile, Sam Claflin, a mio parere inadeguato, quasi anacronistico, forse la pecca maggiore del film.

Bella fotografia, altrettanto belli i costumi e le scenografie.
Nel cast, compare anche un baffuto Pierfrancesco Favino.

Non conosco la matrice letteraria firmata dalla Du Maurier (già portata al cinema nel 1952 da Henry Koster, con Olivia De Havilland nel ruolo della Weisz), ma, dal punto di vista cinematografico, nel complesso Rachel è un buon racconto, giocato sulla naturale ambiguità dell’apparenza. Eppure, non convince fino in fondo. Che il suo soffocante desiderio di confondere lo spettatore/protagonista precluda di goderne completamente?

Lascia un commento