Recensione su Moonrise kingdom – Una fuga d’amore

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sette e mezzo / 11 Dicembre 2012 in Moonrise kingdom – Una fuga d’amore

La musica: è vero c’è sin dall’inizio un esplicitare l’intento del film rafforzato anche dal finale, se le lezioni musicali con Britten raccontano la “variazione sul tema” con la destrutturazione della partitura e sulla sua ricomposizione finale (il disco è ancora lì nella chiusa) radicalizzando il concetto che con gli stessi elementi (musicali, filmici, narrativi, simbolici) si può costruire tutto un insieme “infinito” di storie, Anderson segue visivamente quanto inciso con il suo tratto trigonometrico del cinema. E a me piace. Non saprei dire se aggiunga o meno qualcosa alla sua filmografia, è evidente che però sappia dire con elegante precisione quanta nevrosi e sconfitta ci sia nella vita. E questa volta mette in primo piano i ragazzini che sono il vero concentrato delle idiosincrasie di Anderson in quanto adulti in dodicesimi in tutto e per tutto già terribilmente strutturati. Ma questo è sempre stato nei suoi film, qui l’elemento in più secondo me è dato dall’accentuarsi della componente simbolica/favolistica determinata dall’ambientazione sospesa del campo scout all’interno di un’isola che fa di tutti i personaggi solo e solamente il ruolo che impersonano: la madre, gli avvocati, il servizio sociale, il poliziotto, il delatore, l’orfano etc etc. A me fa pensare ai lego, strumenti di composizione giocosa assoluta, con gli stessi elementi avrebbe potuto raccontare tutta un’altra storia e probabilmente lo farà.
E’ divertente nel suo essere comunque profondamente controllato, i ragazzini sono eccezionali.
Mi ha colpito l’introduzione della morte (non del tentativo di, non della tensione alla morte) reale e cruda, ma più scioccante per lo spettatore che per i personaggi che con il ciclo della vita hanno una estrema e tranquilla confidenza; la leggera capacità di gestire il tema del sesso anche ad altezza ragazzini (e la traduzione del dialogo durante il bacio è totalmente esplicita tanto da giustificare la crisi edipica al contrario di Murray); il sottolineare come l’elemento fantasia sia legato alla magia dell’affabulazione il tutto agevolato dal fatto che negli anni sessanta l’evasione fosse vincolata quasi unicamente al medium libro; il cinema in questo è l’elemento magico come il binocolo, è il potere di Wes.
Interessante il sostrato edipico che secondo me c’è un po’ ovunque, anche Ward ha un problema con il suo padre putativo di cui tiene una foto nella tenda, ma una volta incontrato l’amore e il sesso e una volta avendo compiuto lo scontro con la figura paterna attraverso una lotta che passa da una sconfitta a un salvataggio (una uccisione del padre molto interessante perché ne prende il ruolo in maniera incruenta) ecco spuntare la foto dell’amata, Ward è finalmente adulto. E c’è un accenno al doppio con la madre da parte di Suzy (stesso profumo, alla fine Sam veste come il poliziotto) la rottura con la propria famiglia è come punto centrale la madre e il suo tradimento.

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