Recensione su Milk

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17 Febbraio 2011

Harvey Milk vive a New York, ha quasi quarant’anni e fino ad ora ha nascosto la propria omosessualità: i gay, nei primi anni 70, sono ancora considerati dei malati, dei deviati pericolosi e vengono apertamente perseguitati, picchiati, arrestati. La sera del suo compleanno conosce e si innamora di Scott Smith ed insieme a lui coltiva sogni d’amore ed emancipazione; i due si trasferiscono nel quartiere di Castro a San Francisco, un’isola di relativa tranquillità per gli omosessuali d’America. Ed eccoli aprire un negozio di fotografia che diventa in breve un punto di riferimento per il quartiere, un salotto di discussione al riparo dall’intolleranza dei vicini, un punto di partenza per l’iniziativa politica: grazie alla sua passione ed al suo carisma, Harvey diventa presto il leader della comunità omosessuale di Frisco e, dopo non pochi tentativi, viene eletto consigliere comunale della città. Da questa posizione poterà avanti la sua battaglia per il riconoscimento dei diritti ai gay e contro la Proposition 6 caldeggiata dagli integralisti religiosi, che mira al licenziamento degli insegnanti omosessuali (dichiarati o smascherati da un efficace metodo d’indagine). E ancora oltre, si batterà per tutte le minoranze: i neri, gli ebrei, gli anziani, gli hippie, diventando il paladino dei Diritti Umani. Minacciato di morte da anonimi, Milk scoprirà troppo tardi che il pericolo viene da molto più vicino.

Gus Van Sant racconta la vera storia di Harvey Milk in maniera molto elegante e obiettiva, senza calcare la mano, senza aggiungere fronzoli, senza scadere nel sentimentale e nel patetico. Il montaggio, costruito ad hoc, coniuga finzione e filmati dell’epoca – la vita nelle vie di Castro, i pestaggi della polizia, il gay pride – mescolando agli attori personaggi realmente esistiti (e repellenti quanto basta come la cantante e attivista religiosa Anita Bryant). Per completare l’opera, la pellicola è trattata sapientemente con colori sbiaditi “alla Woodstock” e garantisce omogeneità tra il finto nuovo ed il vero vecchio.
Ma quello che rende il film così emozionante è l’interpretazione strabiliante di Sean Penn, che si merita la nomination all’Oscar e anche la statuetta: il personaggio di Harvey è naturale ed intenso, divertente e magistralmente bilanciato tra il lato umano e quello politico. Anche il resto del cast è all’altezza dell’opera: James Franco adeguatamente sexy e affettuoso nella parte di Scott Smith, ed Emile Hirsch che dimostra la sua bravura di attore poliedrico (quanto l’ho odiato in Into the Wild) nei panni dell’attivista Cleve Jones.

Milk non è solo una biografia o uno spaccato della società americana negli anni 70: è un film militante ed intelligente che intende inviare un messaggio di speranza quanto mai attuale.

1 commento

  1. Gabriele / 29 Dicembre 2011

    Alla tua recensione volevo solo aggiungere che il film non va considerato come “gay”. Su internet se si vanno a controllare i film di Van Sant, ogni qualvolta c’è una scena di due gay, o in questo caso di un militante omosessuale, allora il film rappresenta l’orgoglio gay e quant’altro. Ma allora “Vincere” è un film fascista? E “A beautiful mind” è un film mateamtico-scientifico? Ovviamente la risposta è scontata.

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