Recensione su Io Capitano

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Un documentario mancato / 16 Ottobre 2023 in Io Capitano

[Riflessioni disordinate]

Nelle innumerevoli interviste e dichiarazioni rilasciate finora su questo film, Garrone ha parlato sempre di Io capitano come di un film che offre un punto di vista diverso, rovesciato, sulla questione dei migranti, rispetto a quello offerto dalla narrazione tradizionale prodotta dalla politica e dalla media dei media (scusate il mediocre gioco di parole).
Ho compreso l’intento e lo apprezzo tantissimo, ma sono d’accordo fino a un certo punto con la pretesa di offrire un “altro punto di vista”. Basta sentir parlare della propria esperienza una qualsiasi delle persone che hanno affrontato uno dei viaggi-tipo raccontati nel film, per avere questo “altro punto di vista”. Intendo dire: Garrone non ha offerto un punto di vista inedito, una prospettiva inattesa, perché questa posizione è quella che i migranti raccontano (e che, questo è vero, non tutti ascoltano) e che tanti giornalisti, mediatori culturali, ecc. offrono al resto delle persone, tutti i giorni.
Credo che un approccio davvero “altro” alla questione sia già stato contemplato e messo in pratica – con risultati diversi- da film come Terraferma di Crialese, Fuocoammare di Rosi e, sicuramente, Tolo tolo di Zalone (sì, Zalone), un film, quest’ultimo, che con scelte spiazzanti, secondo me, ha realmente osato raccontare la questione dei migranti nel Mediterraneo in modo inedito.

La messinscena di Io capitano è estremamente composta, in tutto e per tutto.
Il film è molto ben fotografato, con luci e cromatismi calibrati, capaci di esaltare la naturale bellezza dei contesti africani.
Montaggio linearissimo al servizio della struttura fiabesca della narrazione.
Il casting è stato perfetto e preciso, nell’assecondare gli intenti del film: facce pulite, dolci, ingenue, severe ma “belle”, quelle dei migranti; ambigue, se non al limite dell’avanzo di galera da romanzo d’appendice, quelle dei criminali.

Garrone non si è sbizzarrito in nessuna maniera (narrativa, tecnica, artistica): Io capitano è la drammatizzazione cinematografica di una cronaca di stampo documentario, un’operazione mossa da eccellenti intenti sociali ed etici che, però, non mi pare si distingua per merito cinematografico.
Se dovessi valutare questo progetto per il suo valore morale, a Garrone, darei tutti i premi, gli attestati e i riconoscimenti del mondo e un’interminabile stretta di mano calorosa, perché è chiaro da molto tempo che il regista romano è persona sensibile ed empatica e che fare questo film è stato un lavoro molto impegnativo, anche dal punto di vista emotivo. Ma, cinematograficamente parlando, il film non mi ha convinta.
Banalmente, da questo autore, mi aspettavo (davvero) altro. Magari, proprio un documentario.

Comunque, penso che sia un film da vedere e da consigliare, perché è un racconto lineare e onesto, attuale in modo drammatico, inconcepibile e doloroso, eppure vecchio come il mondo.
Sempre che, per paradosso, considerandolo un’opera di finzione cinematografica, chi -finora- non ha dato peso o non ha prestato fede alle testimonianze reali, guardandolo, pretenda di mettere in discussione quel che il film racconta.

Per tutta la durata del film, ho pensato che Massimo Ceccherini (co-sceneggiatore, con altre illustri penne e con lo stesso Garrone: i due hanno lavorato insieme anche alla sceneggiatura di Pinocchio), potrebbe passare dall’essere stato eliminato dall’Isola dei Famosi per una bestemmia in diretta nazionale alla Notte degli Oscar 2024 (ndA: in questo momento, Io capitano è in corsa per entrare nella shortlist dell’Academy dedicata ai film stranieri).

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