Recensione su Infanzia clandestina

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22 Settembre 2013

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Perché poi, va detto, è il periodo. Il periodo in cui quelli che erano ragazzini sotto le dittature sudamericane degli anni ‘70 sono finalmente diventati grandi, e registi, e hanno messo insieme l’esperienza e l’età giusta per raccontare la loro storia. I mean, e farcelo sapere. Da quanto aspettavano questo momento, quale poteva essere la loro urgenza di dire e raccontare agli altri, a noi, a tutti. La loro storia che si innesta sullo sfondo storico di morti e repressioni e fascismi di varia natura, e paura. Magari fra 10/15 anni verranno fuori tutti insieme numero enne film di giovani registi più o meno dell’ex Unione Sovietica, che racconteranno la LORO fase di passaggio, da qui a là, la LORO visuale di fatti storicamente enormi, che sui libri di storia annullano le vicende individuali nella cronologia di date e persone. Questi film vanno forzatamente a formare un genere a sé, tanti sono i caratteri simili e le situazioni inevitabilmente ricorrenti. E questo non fa eccezione.
La storia, e la memoria personale degli autori, sono le variazioni sul tema. Qui sono eventi circa accaduti al regista da pischello (tallà!). Argentina, è cascato Péron (e anche Madonna non è che stia poi così bene), i genitori di Juan, guerriglieri di non so più cosa marxismo rivoluzione giù per di là, sono scappati e poi rientrati clandestinamente nel paese, per lottare dall’interno. Altrettanto clandestinamente devono vivere, nella casa dello zio Beto, un simpatico esemplare di gaucho Mr. Satan di Dragonball. Mr. Satan deve essere proprio un archetipo, ci sono un sacco di persone (e personaggi di film) che io vedo uguali a Mr. Satan:/ La loro copertura è in una casa dove si impacchettano noccioline tostate al cioccolato, per cui pistole e noccioline come se piovesse. Ma Juan, che a scuola si chiama Ernesto dal nome del Che, invita gli amici per la sua festa di compleanno (fittizia, dico, non il suo compleanno, quello di Ernesto), e si innamora di una (e figurati…), e a poco a poco riscopre la normalità; ma non può, perché la sua famiglia rebolucionaria normale essere non può, e finirà strattonato dalle due parti, nell’impossibilità di poter accontentare sia se stesso sia gli amati genitori. I quali, ovviamente, moriranno tutti. Scappano, e lui prova a spiegarle, ma lei non può capire. Tornano, i genitori sono pizzicati uno dopo l’altro dai fasci, prima il padre dalla faccia squadrata e con gli occhiali squadrati, poi la madre almost gnocca. L’approfondimento sull’impossibilità di essere entrambe le cose, normale e clandestino, è la qualità originale interna alla vicenda di formazione di Juan, risultando in una sceneggiatura che vede, dagli occhi del suo protagonista, il precipitare di una situazione sulla quale lui non ha alcun controllo, la follia dei grandi, sia i buoni che i cattivi, e mostra lo smarrimento che in quegli occhi si produce.

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