Recensione su Full Metal Jacket

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Tra le rovine di Hué / 4 Agosto 2017 in Full Metal Jacket

Certi grandi classici chiedono solo di essere rivisti, di tanto in tanto. Quello che secondo me è il miglior film sul Vietnam di sempre (io lo trovo superiore a Apocalypse Now) è sezionabile chirurgicamente in due parti ben distinte, di cui la memoria collettiva ha dimostrato forse maggior affezione verso la prima, ovvero la terribile formazione di un Marine sotto il famigerato Sergente Maggiore Hartman; lo sguardo “finale” di Vincent D’Onofrio alias Palla di Lardo, così iperreale ma così penetrante, è giustamente un’icona del cinema di Kubrick. Io preferisco comunque di gran lunga la seconda parte, in particolare le stupefacenti scene della caccia al cecchino vietnamita; ottima la fotografia di Douglas Milsome, che nei credit non compare con la consueta dicitura di “direttore della fotografia” ma come lighting cameraman (fu promosso da Kubrick dopo aver fatto la second unit per Alcott in Barry Lyndon), grandiosa la scenografia che propone le rovine di Hué in un panorama suburbano londinese, nei pressi di una centrale del gas, tra macerie, fumo e incandescenze come in un paesaggio post-apocalittico.

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