Recensione su Estate violenta

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L’estate del ’43. / 23 Giugno 2014 in Estate violenta

Elegante e viscerale, il film di Zurlini sembra vivere di opposizioni apparentemente inconciliabili eppure possibili, come i sentimenti che avvicinano ed allontanano i due protagonisti, divisi da posizioni (e convenzioni) sociali che, nel solco del mélo per antonomasia, li struggono, li consumano e (vedi l’abbandono, con rimorso, della piccola Colomba) fanno loro compiere gesti dal sapore definitivo, se non avventato.
Benché causa degli intrecci e degli sviluppi narrativi, le importanti vicende storiche che circoscrivono il racconto passano in secondo piano dinanzi al “pasticcio” amoroso che obnubila le coscienze ed oscura in parte i tormenti personali di Carlo, ignavo per via di inespressi tormenti edipici.

La bella fotografia in b/n di Tino Santoni e le musiche di Mario Nascimbene (con il bel tema musicale in inglese cantato da Teddy Reno) si sposano adeguatamente all’atmosfera tesa ma sovente languida del film, anche se talora, ingiustificatamente, il tappeto musicale diventa troppo didascalico, con intermezzi militareschi francamente ingenui.
Credibile l’animata sequenza finale, decisiva, del bombardamento aereo.

Trintignant perfetto per il ruolo, la Rossi Drago a tratti incerta (talvolta ingessata, in alcuni momenti struggente). Cameo di Enrico Maria Salerno, incisivo e mussolinianimamente calvo: questa esigenza di scena mi ha ricordato molto quella a cui si è prestato anche Michele Placido ne La sconosciuta di Tornatore. Mi trovo a riflettere blandamente sul fatto che un cranio totalmente glabro, cinematograficamente parlando (vedi anche il Kurtz di Coppola/Brando, tra i primi che mi vengono in mente), è sempre foriero di una certa violenza d’atto e di pensiero, di derive psicologiche.

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