Recensione su Dracula

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7 Agosto 2013

Tra il vasto quantitativo di pellicole che nel trentennio ’20 – ’50 la Universal dedicò al mondo del soprannaturale, il Dracula di Browning è sicuramente (assieme al Frankenstein di Whale) una delle più riuscite.

Punto di forza dell’opera è senza dubbio l’atmosfera gotica e oscura che aleggia pregnante per la sua intera durata; un’ atmosfera costruita attraverso una scelta
di costumi e scenografie più che azzeccata (tra quest’ultime risaltano i brevi scorci della Transilvania iniziali, gli interni del castello di Dracula e i sotterranei dell’Abbazia di Carfax alla fine), il tutto sorretto da un commento musicale di funeree marce orchestrali, che scandiscono le inquietanti sequenze principali. Persino gli effetti speciali (che, naturalmente, oggi possono far sorridere) riescono a sorprendere lo spettatore odierno, una volta che si sia lasciato avvolgere dalla suddetta atmosfera.
Magistrali poi le interpretazioni di Edward Van Sloan (nel ruolo del Professor Van Helsing), di Dwight Frye (nel ruolo del viscido e psicotico Renfield) e ovviamente di Bela Lugosi, il cui magnetico charme si confà perfettamente alla sensualità voluttuosa di Dracula e la cui tetra mimica facciale è perfettamente ritratta dagli intensi primi piani della fotografia di Karl Freund che non nasconde i retaggi del suo consistente lavoro nel cinema espressionista tedesco del decennio precedente.
In conclusione, nonostante la breve durata (poco più di 70 minuti) e una sceneggiatura ridotta all’osso, la pellicola è quella che meglio trasmette
lo spirito del romanzo, pur differenziandosene per alcuni particolari della trama, restando in questo insuperata sia da Herzog che da Coppola. Non si stenta insomma a capire come sia potuta diventare un vero cult del genere.

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