Recensione su Dogman

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Storia universale / 29 Settembre 2018 in Dogman

Dogman, uscito qualche mese fa al cinema riprende la storia vera del er canaro della magliana (1988) ma non è una riproduzione pedissequa e didascalica della vicenda ma un cosa a sè stante, che prende spunto dalla realtà.
Il film non è ambientato nella fine degli anni 80 o nel quartiere della magliana: non ha una collocazione temporale o geografica precisa è come sospeso;
nessun riferimento agli anni 80 o ai giorni nostri:non ci sono i cellulari, vestiti dimessi, in questa periferia marina un misto di ostia e torbella senza essere nessuna delle due.
in questo grigio panorama ma non uggioso è come se la vicenda particolare possa rispecchiare un qualcosa di più ampio, inclusivo.
Ci sono due personaggi che si muovono e agiscono in maniera opposta in questo liquame: Marcello er canaro, persona buona, un bambino affettuoso con i più deboli (animali) e ben voluto da tutti e il pugile(interpretato da Pesce) l’esatto contrario che usa la sua forza fisica soggiogando e derubando chi è indifeso.
Per tutto il racconto er canaro è la vittima, infatti si empatizza con lui, mentre Pesce è il suo carnefice,che distrugge e si impone.
Un’escaletion di fatti porterà i due ruoli ad invertirsi: lo spettatore non può che trovare giuste le azioni scellerate del protagonista. Quindi Garrone giustifica l’omicidio?
Assolutamente no, anzi sceglie sapiente di non usare i dettagli più orrorifici della vicenda (che avrebbero fatto virare la pellicola sul pulp), non tratta dello scempio del corpo, perchè non è ciò di cui vuole parlare; la sua storia è metafora di altro dove spazio e tempo sono più che altro forme della mente.
Il pugile è stato un peso in vita per Marcello come lo è da morto, come nel poster quel masso enorme è trascinato da una piccola figura un odierna Davide contro Golia.
Secondo me il lungometraggio e’ metafora della nostra nazione, il popolo stanco di certi comportamenti sclera, ma anche se ci si ribella il macigno degli errori passati rimane da portare come cadavere morto, mentre ,come er canaro, gurdiamo in maniera malinconica e vacua questo mare grigio ma comunque infinito, aperto.
Così è anche la condizione di Garrone regista, che come anche ne “il racconto dei racconti” porta con sè il peso della sua italianità di un modo di pensare e culturale diverso,riuscendo allo stesso tempo ad essere internazionale nella fattura dell’opera (a differenza di molti film nostrani che quasi imitano l’america rinunciando alla loro identità ), ricucendo unendo, senza mai smettere di sperimentare: rileggeil passato creando qualcosa di nuovo.
Anche in questa storia c’è Roma, assente ma sempre presente, in un filo conduttore che parte dalla grande conla città eterna come protagonista, per poi passare Non essere cattivo (realismo romano), girando per suburra (qua una storia noir,un po’ sin city), infine il fumettoso Lo chiamavano Jeeg Robot e ora Dogman che è girato lì e richiama Roma senza che essa ne sia la protagonista ma sfondo lontano, solo richiamo al passato. L’urbe dove il cinema italiano è rinato ma dove rischiava di rimaner sempre collocato, con questo film, invece, abbiamo l’inizio del passare oltre ad essa con una storia così universale.

3 commenti

  1. Il conformista / 1 Ottobre 2018

    concordo pienamente a parte sulla fotografia, secondo me è sull’ocra

  2. Nadja / 2 Ottobre 2018

    @tylerdurden bho può essere non sono un’esperta di fotografia

  3. Il conformista / 2 Ottobre 2018

    comunque è un film molto ben riuscito, il migliore di Garrone per ora

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