Recensione su Hong Kong Express

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6 Ottobre 2020

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

“Hong Kong Express” mi ha incuriosito per i voti molto alti che ha ricevuto da gran parte delle community cinefile online.

Non sono un estimatore totale del cinema orientale, alcune cose le trovo veramente non digeribili, honestly.
Tuttavia, questo film presenta delle caratteristiche orientali – che ho avuto modo di ritrovare anche in altri film, più recenti – che mi sono sempre molto piaciute. Il passaggio, dolce, da una storia all’altra, gli sguardi persi dei protagonisti, la solitudine raccontata con grande dolcezza.

Inizialmente ho avuto una cattiva impressione, lo ammetto. La vicenda della criminale finta-bionda mi ha un po’ destabilizzato, non riuscivo proprio a legarla al racconto così interessante del giovane poliziotto che vive la fine di una storia d’amore acquistando barattoli di ananas con scadenza 1 Maggio. Non appena le due figure si incrociano, però, le cose cambiano.

“Capita a tutti di perdere un amore. Ogni volta che succede a me mi scarico correndo perché così butto via tutti i liquidi dal corpo e non me ne restano più per le lacrime”

La storia del giovane poliziotto mangiatore di ananas, s’infrange, verso la metà del film, contro quella di una giovane che lavora presso un chiosco che vende cibo spazzatura perlopiù. Quest’ultima entra in contatto con un altro poliziotto, anche lui appena lasciato dalla ragazza.

E’ qui, a mio avviso, che il film decolla veramente.

Abbiamo una storia raccontata con dolcezza infinita. Un uomo troppo triste e perso nei propri pensieri per accorgersi che qualcosa sta cambiando. Pesci rossi? Tazze nuove? Scatolette di sardine diverse dal solito? No, non si accorge di nulla, continuando la sua lenta digestione di quanto accadutogli.

“Da quando sono solo in questa casa molti oggetti sono diventati tristi. La sera non vado mai a dormire prima di averli consolati tutti.”

Esatto. Altro punto di grande cinema è proprio questo. Il nostro poliziotto consola, nel vero senso della parola, gli oggetti che lo circondano. Suggestivo, ve l’assicuro.

Non svelo ulteriori elementi della trama, tranquilli.

In sintesi è un film che in poco meno di due ore riesce in ciò che molti altri non riescono neanche in due ore e mezza e passa. Raccontare non una, ma due storie, di solitudine, amori non decollati, ananas e oggetti tristi.
Raccontare il classico sogno americano – attraverso la canzone “California Dreamin” sparata a palla – in una Hong Kong caotica, sporca, piena di gente, quasi a volerla dipingere come un’affollata periferia del mondo.

Se non fosse stato per una prima parte, forse, un po’ forzata sotto certi aspetti, avrei dato più stelline. Comunque sia, si tratta di un’opera coi controcazzi, che va recuperata. Assolutamente.

4/5.

2 commenti

  1. Stefania / 7 Ottobre 2020

    Mi hai fatto proprio venire voglia di vedere questo film: sono completamente digiuna di Wong Kar-wai e, forse, sarebbe ora di dedicarmi alla sua filmografia.

    • carmino92 / 8 Ottobre 2020

      Non te ne pentirai!
      Comunque nemmeno io mi ero mai approcciato a Wong Kar-wai e devo dire che è stata una bella scoperta!

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